lunedì 14 settembre 2015

Benedict Daswa, primo beato sudafricano



​Durante l'Angelus di domenica 13 settembre in piazza San Pietro Papa Francesco ha ricordato che "oggi, in Sudafrica, viene proclamato Beato Samuel Benedict Daswa, padre di famiglia, ucciso nel 1990 - appena 25 anni fa - e ucciso per la sua fedeltà al Vangelo: la sua testimonianza si unisce alla testimonianza di tanti fratelli e sorelle nostre, giovani, anziani, ragazzi, bambini, perseguitati, cacciati via, uccisi per confessare Gesù Cristo. Tutti questi martiri, Samuel Benedict Daswa e tutti loro, li ringraziamo per la loro testimonianza e chiediamo loro di
intercedere per noi".

Samuel Benedict Daswa, ha detto ancora il Papa, "nella sua vita
dimostrò sempre grande coerenza, assumendo coraggiosamente
atteggiamenti cristiani e rifiutando abitudini mondane e pagane.
La sua testimonianza aiuti specialmente le famiglie a diffondere
la verità e la carità di Cristo".

La cerimonia di beatificazione si è svolta domenica in Sudafrica, a
Tohoyandou. A rappresentare il Pontefice è stato il cardinale Angelo
Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Dopo aver ricevuto il battesimo a 17 anni, Benedict Daswa diventa maestro elementare e poi direttore di scuola primaria. Fornisce il suo
villaggio di un campo sportivo ed allena i ragazzi della squadra di
calcio. E con le sue stesse mani, contribuisce alla costruzione di
una chiesa e di una scuola, trasportando sassi e ghiaia dal fiume al
villaggio. A 30 anni si sposa con Shadi Eveline Monyai, dalla quale
ha 8 figli. Sfidando usi e costumi locali, lava i loro pannolini e aiuta la moglie nelle faccende domestiche. Catechista e animatore parrocchiale, nel 1990, dopo un nubifragio si oppone ai capi-villaggio che parlano di una maledizione, frutto di stregoneria, e decidono di assoldare uno sciamano perchè individui il responsabile del sortilegio e lo allontani dal villaggio. Viene deriso per aver rinnegato le tradizioni popolari e una settimana dopo, ricorda Radio Vaticana, "cade in un'imboscata: alcuni rami messi di traverso sulla strada che deve percorrere lo costringono a scendere dall'automobile, permettendo così l'assalto di un gruppo di compaesani armati di pietre e bastoni.

Rincorso e malmenato senza pietà, ustionato con acqua bollente e finito a colpi di pietra, prega ad alta voce fino all'ultimo respiro". Il suo martirio appare subito chiaro, il processo per la beatificazione avviene in tempi rapidi. Anche se la giustizia umana non li ha puniti, i figli di
Benedict hanno perdonato gli assassini perchè, dicono, "cosi avrebbe
fatto nostro padre".

Secondo il cardinale Amato, "tre sono i messaggi che il nuovo beato lascia a tutti noi: anzitutto ci invita a essere testimoni autentici di Cristo e della sua parola di vita. Come egli ha testimoniato con il sangue la sua fede, anche noi siamo chiamati a farlo con la quotidiana e
sacrificata fedeltà alla pratica dei comandamenti di Dio e soprattutto al suo precetto di amore e di perdono in famiglia, in comunità, nella società. In secondo luogo il Beato Benedict Daswa ci incoraggia ad essere evangelizzatori e missionari di Cristo. In terzo luogo Benedict è un padre di famiglia che amava la vita accogliendola, curandola e
proteggendola come un prezioso dono di Dio. È questo un messaggio che il nostro Beato rivolge con urgenza a tutte le famiglie cristiane del mondo: accogliere la vita con generosità e riconoscenza verso Dio, creatore di ogni vita sulla terra. La Chiesa, famiglia di Dio, ama la vita, protegge la famiglia, educa i suoi figli a diventare buoni cristiani e
onesti cittadini". "Onorando il Beato Benedict, la Chiesa - ha concluso Amato invita i cattolici a nutrire solo sentimenti di carità, di fraternità, di concordia, di solidarietà al di là delle differenze etniche, sociali e religiose. La Chiesa cattolica esalta i suoi Martiri e i suoi Santi perchè essi sono messaggeri di pace e di bontà. Le loro vite sono medicine
efficaci per risanare i cuori dalle ferite dell'odio, della divisione, del disprezzo del prossimo". 
Avvenire