lunedì 13 aprile 2015

Le ragioni di Francesco che vuole riavvicinare due popoli lontani




Il Papa: fu genocidio. Ira dei turchi 

(Gian Guido Vecchi)  Sono passati cent’anni da Metz Yeghern, «il Grande Male» del popolo armeno, un milione e mezzo di persone sterminate sistematicamente durante la Grande Guerra dai «Giovani Turchi» nel crepuscolo dell’impero ottomano: le deportazioni cominciarono a Costantinopoli il 24 aprile 1915. La messa per l’anniversario del «martirio» voluta dal Papa in San Pietro sarebbe già importante di per sé, il saluto di Bergoglio ai patriarchi e fedeli armeni e al presidente Sargsyan la rende storica. Francesco cita la dichiarazione di Woityla sul «primo genocidio del XX secolo» e sillaba: «La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, generalmente considerata come il primo genocidio del XX secolo, ha colpito il vostro popolo armeno — prima nazione cristiana —, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi. Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia» . Il genocidio dei cristiani armeni in Turchia è negato, guai a parlarne, non è una sorpresa che il governo di Ankara abbia convocato ieri il nunzio vaticano Antonio Lucibello ed espresso «profondo dispiacere e disappunto» per le parole del Papa, Il ministro degli Esteri Mevlut Cavuysoglu le ha definite «inaccettabili» e «infondate». Il premier turco, Ahmet Davutoglu, ha invece parlato di espressioni «parziali» e «inappropriate». Irritazione poi culminata nel richiamo in patria per consultazioni dell’ambasciatore turco in Vaticano. Francesco, da parte sua, nel messaggio consegnato ai patriarchi alla fine della messa ha scritto: «Dio conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh». Ma la riflessione del Papa va oltre: «Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: a me che importa?, “sono forse io il custode di mio fratello?”». Francesco ricorda di aver definito il presente «un tempo di guerra, una terza guerra mondiale a pezzi, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione», e scandisce: «Purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi — decapitati, crocifissi, bruciati vivi — oppure costretti ad abbandonare la loro terra». Così è «necessario e doveroso» ricordare «quell’immane e folle sterminio» patito dagli armeni, perché «nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla». Di qui l’appello del Papa: «Tutti coloro che sono posti a capo delle Nazioni e delle Organizzazioni internazionali sono chiamati ad opporsi a tali crimini con ferma responsabilità, senza cedere ad ambiguità e compromessi» . G.G.V.

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Genocidio armeno: "Il 95% degli storici condivide questa definizione

di Maria Chiara Biagioni

“La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo, ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana”. Le parole pronunciate ieri da Papa Francesco non sono affatto piaciute al governo turco che ha reagito in maniera seria e contrariata, mettendo addirittura a rischio i rapporti di buona fiducia tra la Turchia e la Santa Sede. Eppure sulla questione armena e sul genocidio sofferto dal suo popolo, non è la prima volta che la Chiesa cattolica si esprime in termini così chiari e inequivocabili. Già nel 2001 Giovanni Paolo II in una nota congiunta con il Catholicos armeno Karekin II - citata ieri da Francesco - usò lo stesso termine: genocidio. “Lo fece però in Armenia - osservaAldo Ferrari, docente di lingua e letteratura armena all’Università Ca’ Foscari di Venezia - e questa dichiarazione non ebbe l’impatto mediatico mondiale che hanno invece ricevuto le parole di Papa Francesco, pronunciate a Roma in una Messa solenne specificamente dedicata al popolo armeno e al centenario del suo genocidio. Non è dunque una parola nuova, ma incontestabilmente fortissima”. 

Perché si fa così fatica a usare il termine “genocidio”? 
“Il 95% degli storici condivide che l’unica definizione possibile a quello che si è consumato è genocidio. Un intero popolo è stato sterminato e scacciato dal territorio natio”. 

Allora dove si pone il problema? 
“A differenza della Germania che dopo la guerra e la sua sconfitta, è stata costretta a riconoscere il genocidio degli ebrei, la Turchia non è mai stata posta in questa situazione e ha continuato a negare, dalle origini sino ad oggi, di aver compiuto questo genocidio. La richiesta ora di ammettere la verità, viene rivolta a uno Stato che sta acquisendo un ruolo geopolitico sempre più importante: la Turchia è membro della Nato ed è un Paese islamico moderato e, sebbene qualcuno dubita sulla moderazione dell’Islam turco, non si vuole mettere in difficoltà questo Paese. Se la Turchia ha reagito male alle parole del Papa, questo rappresenta un grosso problema a livello internazionale. Non a caso anche il nostro governo sta tenendo un profilo basso sulla questione”. 

Se la questione non è storica, allora è puramente politica? 
“Il genocidio c’è stato. Non può essere onestamente negato. Chi lo nega o lo sminuisce, fa un’operazione parallela a quella di taluni storici che appartenendo a discutibili ideologie, negano l’olocausto degli ebrei. È una oscenità punto e basta. Detto questo, il problema politico rimane perché la Turchia è un Paese forte e importante che prosegue la sua politica di negazionismo”. 

Quali conseguenze potrebbero esserci se la Turchia ammettesse il genocidio? 

“Le conseguenze immediate sarebbero relativamente modeste, perché per le leggi del diritto internazionale, l’Armenia non potrebbe richiedere i territori della Turchia orientale abitati un tempo dagli armeni perché all’epoca non esisteva uno Stato armeno. Ci sarebbero rivendicazioni economiche per la restituzione ai discendenti dei beni confiscati alle persone uccise. Si tratterebbe di un impegno economico consistente ma non credo sia questo il problema principale per una Turchia in impetuoso sviluppo economico. L’elemento principale è di carattere culturale e morale. Riconoscere il genocidio significherebbe riconoscere che buona parte di coloro che sino ad oggi sono stati descritti in Turchia come eroi e fondatori della Patria moderna della Repubblica, sono in realtà assassini e ladri. Inoltre la Turchia dovrebbe ammettere di aver mentito per decenni, in particolare sui manuali scolastici creando una visione falsificata della storia per ciò che riguarda gli armeni e il genocidio. Sarebbe un mea culpa radicale. Un passo difficile e politicamente addirittura impensabile oggi”. 

Impensabile ma possibile?
“Sono ottimista perché la Turchia di oggi è irriconoscibile rispetto alla Turchia di 20 anni fa. Sta cambiando tutto e per alcuni aspetti - anche se ci sono ombre - tutto sta migliorando. Ci sono poi intellettuali turchi che tranquillamente parlano di genocidio riconoscendolo senza nessuna difficoltà. Sono storici seri. Ma ci sono anche giornalisti e registi come l’autore del film ‘Padre’ (‘The Cut’) Fatih Akin, che parla del genocidio armeno. Per questi intellettuali progressisti - che sono una minoranza, ma una minoranza colta - la questione armena rimanda soprattutto a un’altra questione seria e vitale per il Paese e, cioè, quella della libertà di coscienza e di espressione. Finché la Turchia non potrà parlare liberamente del suo passato e, in particolare, degli armeni e dei curdi, non potrà essere e considerarsi un Paese realmente democratico e progredito”.
Sir

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Le ragioni di Francesco che vuole riavvicinare due popoli lontani 
 Corriere della Sera - Comunità di Sant'Egidio 
(Andrea Riccardi) I massacri del 1915 non riguardarono solo gli armeni, bensì i cristiani nell'impero ottomano: siriaci cattolici e ortodossi, assiri, caldei, greci. Per la prima volta lui Papa ha ricordato questo con chiarezza. Francesco non assume una posizione antiturca.(...)

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Quel genocidio armeno che Wojtyla e Bergoglio hanno riconosciuto 
 Vatican Insider 
(Andrea Tornielli) Fu Giovanni Paolo II il primo a usare la parola che è considerata tabù in Turchia. E un'avvisaglia di crisi con Ankara vi fu già all'inizio del pontificato di Francesco -- La durissima reazione del governo di Ankara nei confronti della Santa Sede a motivo delle parole usate ieri da Francesco per definire lo sterminio sistematico degli armeni (...)