martedì 7 luglio 2015

Dalle Ande al Pacifico



Nella seconda giornata del Pontefice in Ecuador. 

(Gianluca Biccini) Da Quito a Guayaquil e ritorno. Dagli altipiani andini alla costa sull’Oceano pacifico, passando dai quasi tremila metri di altitudine della capitale alla città più popolosa del Paese che sorge sul mare, con una forte escursione termica, per finire addirittura con la pioggia. La seconda, lunghissima giornata del viaggio in Ecuador di Papa Francesco, lunedì 6 luglio, è stata impegnativa da tutti i punti di vista. E la gente del posto non ha fatto mancare il suo sostegno al Pontefice con imponenti manifestazioni di affetto: a ogni spostamento fiumi di persone si sono riversati lungo le strade per testimoniare il loro amore e la loro gratitudine. Milioni di ecuadoriani hanno presidiato gli incroci per veder passare la papamobile o hanno raggiunto i luoghi in cui era prevista la presenza di Paquito, come cominciano a chiamarlo affettuosamente, accogliendolo come un amico, come uno di loro.
Imponente — nonostante il sole cocente e l’elevatissimo tasso di umidità — la partecipazione alla messa, la prima in Ecuador, celebrata a Guayaquil. E Francesco non si è risparmiato: sorridente, ha stretto mani, abbracciato e baciato bambini e ammalati, benedetto chi glielo chiedeva. A una bimba ammalata ha donato una rosa.
Nella città costiera Francesco è giunto al mattino, quando il suo aereo è atterrato allo scalo José J. de Olmedo. Durante il volo il Papa ha registrato un messaggio di incoraggiamento e benedizione per Lisandro Zeno, un venticinquenne argentino della città di Rosario, il quale soffre di leucemia e guida una campagna tra le reti sociali per promuovere la donazione di sangue e di midollo osseo. Nel messaggio il Pontefice assicura preghiere al giovane e lo affida alla protezione della Vergine. 
Da Guayaquil parte il turismo di massa diretto alle Galápagos; ma non per questo la città, che ha anche un importante ruolo nella storia dell’indipendenza dell’America latina, è esente dai mali caratteristici del continente. Lo testimoniano i tanti slums in cui umili famiglie vivono in piccole baracche di legno e bambù con tetti di lamiera. Per questo, quando venne qui durante il viaggio del 1985, Giovanni Paolo II visitò il guasmo, borgata periferica, i cui tuguri ricordano le villas miserias argentine.
Ma Wojtyła ha lasciato anche un’eredità spirituale: la devozione per la divina misericordia. Al punto che l’arcivescovo Antonio Arregui Yarza ha voluto fosse eretto un santuario a essa dedicato, che è stato ultimato nel settembre 2013. E Francesco lo ha visitato prima di trasferirsi al parco di Los Samanes per l’Eucaristia. È stata una visita breve, di pochi minuti, che però darà un nuovo impulso alla struttura e ai suoi spazi dedicati alla formazione cristiana e al servizio verso i bisognosi. Il Papa vi ha pregato insieme con le duemila persone che erano all’interno e ha anche scherzato con loro: «Vi do la benedizione, ma non vi farò pagare nulla», ha detto suscitando il sorriso dei presenti.
Quindi a bordo della papamobile ha raggiunto l’immensa spianata, dove ha celebrato la messa per la famiglia alla presenza di almeno un milione di fedeli, molti dei quali accampati sin dalla sera precedente. Per l’occasione il Pontefice ha adoperato un pastorale di legno: si tratta di una copia del pastorale, realizzato da un gruppo di detenuti di Sanremo, che Francesco utilizzò durante il viaggio in Terra santa, nel maggio del 2014. Il pastorale originale, molto caro al Papa, si danneggiò proprio in quella occasione. Per questo ne fu fatta una copia esatta — quella utilizzata a Guayaquil — con il legno di ulivo di Betlemme.
Francisco amigo, el pueblo está contigo! Francisco valiente, amigo de la gente!: i cori da stadio con cui è stato accolto il Pontefice. Bellissimo l’altare, ornato con piante variopinte e fiori locali. Sono gli stessi con cui si sta realizzando un progetto per la riforestazione del Manabí, la provincia che ha per capoluogo Portoviejo. 
Ai piedi della grande immagine della Vergine di Guayaquil, veneratissima in questa città, hanno concelebrato l’ordinario, che da giovane sacerdote coordinò la visita di Giovanni Paolo II, e i cardinali Vela Chiriboga, emerito di Quito, e Salazar Gómez, presidente del Celam. Le letture sono state proclamate da Nicolás Parducci Sciacaluga, ex ministro, padre di cinque figli, e da Econ Yeny, catechista della diocesi di Yaguachi. All’omelia il Pontefice, più volte applaudito, ha sottolineato l’importanza della famiglia e riferendosi all’episodio evangelico delle nozze di Cana, ha rilanciato la buona notizia che «il vino migliore sta per arrivare» anche «per quelli che per una ragione o per l’altra ormai sentono di aver rotto tutte le anfore». E in proposito alla preghiera dei fedeli sono state elevate intenzioni per i padri, «perché sappiano educare i figli»; per i governanti, «perché cerchino con tenacia soluzioni ai gravi problemi — educazione, abitazione e salari — che affliggono la famiglia»; e per i nuclei che soffrono o che si sono disuniti, «perché ricevano aiuto e consolazione, frutto della solidarietà cristiana». 
I ritmi delle musiche tradizionali, le danze, le braccia tese che sventolavano bandierine colorate: tutto il contorno che ha accompagnato la celebrazione della messa ha richiamato la semplice allegria di questo popolo che va avanti nonostante tutto. E Francesco sembra proprio sentirsi a “casa”, in un’atmosfera familiare che lui stesso ha sentito il bisogno di rievocare quando, all’omelia, ha ricordato la figura di sua madre. 
Stesso clima durante il pranzo con la comunità dei gesuiti del collegio Javier di Guayaquil. Tra loro l’anziano Francisco Cortés, noto come “padre Paquito”. Appoggiato al bastone, questo sacerdote spagnolo di quasi novantuno anni — cinquanta dei quali vissuti come missionario in Ecuador — ora si dedica soprattutto alle confessioni. Il Papa lo ha incontrato in privato e poi lo ha voluto al suo fianco a tavola in ricordo della loro amicizia di vecchia data. Quando non era ancora arcivescovo di Buenos Aires, infatti, padre Bergoglio aveva scelto il collegio Javier per inviarvi i suoi alunni a fare esperienza formativa, sempre ben accolti dal vicerettore padre Paquito. 
Nel tardo pomeriggio, infine, Francesco è rientrato in una Quito battuta dalla pioggia e avvolta nella nebbia. Dall’aeroporto si è diretto al palazzo presidenziale Carondelet, nel cuore della vecchia città coloniale, per la visita di cortesia al capo dello Stato. Il presidente lo ha accolto con un abbraccio, mentre un coro eseguiva un breve canto. I due si sono affacciati al balcone per salutare la folla, gesto poi ripetuto a conclusione della visita.
All’incontro privato protrattosi per quaranta minuti — mentre il cancelliere si intratteneva con il cardinale segretario di Stato alla presenza del nunzio e del cardinale Vela Chiriboga in una sala attigua — è seguito, in pubblico, lo scambio dei doni. Francesco ha lasciato un mosaico, copia della Madonna con bambino che si venera a San Paolo fuori le Mura. Davanti a essa Ignazio di Loyola e i suoi primi compagni fecero la professione il 22 agosto 1541 dando vita alla Compagnia di Gesù. Correa ha ricambiato con un quadro che raffigura il portale e la facciata della Iglesia della Compañía, una delle più belle di Quito. 
Subito dopo, a piedi, Francesco si è recato nella vicina cattedrale della sede primaziale. Dopo una preghiera privata all’interno è uscito per benedire la folla radunatasi numerosissima e festante nella Plaza Grande. Mettendo da parte il discorso preparato, ha impartito la benedizione, accompagnata dall’auspicio che nessuno venga escluso ma tutti si sentano fratelli in questa grande nazione ecuadoriana.

*

Il vino migliore
di G. M. Vian
A tre mesi dal sinodo dei vescovi Papa Francesco ha tessuto un elogio della famiglia realistico e commovente. Spiegando a Guayaquil davanti a oltre un milione di persone il singolare e misterioso racconto evangelico delle nozze di Cana, il Pontefice ha ripercorso la narrazione giovannea da un punto di vista particolare: ha cioè insistito sulla preoccupazione di Maria, la madre di Gesù che durante la festa degli sposi si accorge della mancanza di vino, e ha in questo modo mostrato — nonostante interessate strumentalizzazioni — il motivo della sua insistenza, sin dall’inizio del pontificato, sul tema cruciale della famiglia, un argomento che tocca tutti, non solo i credenti.
Le nozze di Cana si ripetono a ogni generazione, «perché il nostro cuore riesca a trovare stabilità in amori duraturi, in amori fecondi, in amori gioiosi». Il vino è infatti segno di gioia, amore, abbondanza: «Quanti adolescenti e giovani percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c’è più di quel vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando l’amore se n’è andato, quando l’amore è colato via dalla loro vita! Quanti anziani si sentono lasciati fuori dalle feste delle loro famiglie, abbandonati in un angolo e ormai senza il nutrimento dell’amore quotidiano dei loro figli, dei loro nipoti, pronipoti!» ha esclamato accorato il Papa.
E poi ci sono la mancanza di lavoro, le malattie, le «situazioni problematiche che le nostre famiglie in tutto il mondo attraversano». Ecco, tutto questo — in un’attualizzazione originale del racconto di Giovanni — spiega la sollecitudine del Pontefice per il tema affidato al percorso sinodale, e con un coinvolgimento senza precedenti delle comunità cattoliche in tutto il mondo. Nella narrazione evangelica è Maria a rivolgersi al figlio, a pregarlo, e a insegnarci in questo modo a «lasciare le nostre famiglie nelle mani di Dio», perché le «nostre preoccupazioni sono anche preoccupazioni di Dio».
Spesso infatti la famiglia non è il luogo che vorremmo. C’è un dettaglio nel racconto delle nozze di Cana che deve farci riflettere, ha osservato Papa Francesco: il vino nuovo nasce dall’acqua destinata alla purificazione. Così il prossimo sinodo deve trovare «soluzioni e aiuti concreti alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia oggi deve affrontare», e per questo il Pontefice ha chiesto di pregare, «perché persino quello che a noi sembra impuro, come l’acqua delle giare, che ci scandalizza o ci spaventa», venga trasformato da Dio in un miracolo. E «la famiglia oggi ha bisogno di questo miracolo» ha esclamato tra gli applausi dell’enorme folla di fedeli.
Di un altro dettaglio del racconto evangelico ha infine parlato Papa Francesco, perché gli invitati alle nozze hanno bevuto il vino migliore. «E questa è la buona notizia: il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, la più profonda e la più bella per la famiglia deve ancora arrivare» ha detto il Pontefice, nonostante ogni variabile e statistica contraria, chiedendo di ripetere anche ai disperati e ai disamorati: «Abbiate pazienza, abbiate speranza, fate come Maria, pregate, agite, aprite il cuore», perché «Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino».
L'Osservatore Romano