di Alessandro De Vecchi (Zenit)
Riflettere su come rilanciare l’idea di famiglia nella società contemporanea per fermare la “madre di tutte le crisi”: quella della spiritualità e dell’interiorità. Il tutto ispirandosi all’esortazione apostolica Amoris Laetitia di papa Francesco, scaturita dal Sinodo sulla famiglia. Questo l’argomento della conferenza La madre di tutte le crisi è spirituale, organizzata dalla Fondazione vaticana Centro internazionale famiglia di Nazareth presso l’auditorium Giovanni Paolo II della Pontificia Università Urbaniana di Roma.
Hanno partecipato Salvatore Martinez, presidente della Fondazione vaticana Centro internazionale famiglia di Nazareth, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e gran cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, il professor Mohammad Sammak, segretario generale del Comitato nazionale libanese per il dialogo fra cristiani e musulmani, e la professoressa Irene Kajon, docente di filosofia morale presso l’Università Sapienza di Roma. Ha moderato il dibattito Maurizio Molinari, direttore de La Stampa.
“Posso parlare come cronista – ha detto Molinari introducendo la conferenza – e dare testimonianza di due episodi in particolare, collegati al tema che qui trattiamo. In occasione dell’uragano Kathrina, a New Orleans, sono stato due settimane con i profughi che erano soprattutto afroamericani. In quelle famiglie c’era qualcosa di strano e che non andava: molte madri e figli, ma pochi i padri. Qualche tempo dopo capii il perché, parlando con Marisa Cuomo, moglie del governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo. Mi spiegò che la causa era l’abbandono dei padri e molti di quei figli erano quindi illegittimi. E questo ha conseguenze sociali molto gravi. Il secondo episodio l’ho vissuto negli ultimi anni occupandomi di terrorismo in Medio Oriente. Ho visto che molti degli adolescenti che scelgono il terrorismo armato lo fanno come forma di rivolta contro le proprie famiglie. Si tratta quindi di una scelta conseguenza di un corto circuito che si crea all’interno dell’istituto familiare”.
Ha poi preso la parola Salvatore Martinez: “Abbiamo scelto questo tema perché vogliamo affermare che tutte le altre crisi sono un’inesorabile e infausta conseguenza di quella spirituale, e l’istituto familiare è quello maggiormente investito dalla crisi – ha spiegato il presidente del Centro Internazionale Famiglia di Nazareth -. Un istituto che accomuna tutte e tre le grandi religioni monoteiste ed è il simbolo dell’identità di un popolo. La soluzione alla crisi è nelle famiglie stesse, nella capacità di restare unite, di fare fronte comune all’interno e con altre famiglie, e di riuscire dove Stato e istituzioni spesso falliscono”.
“Dobbiamo – ha continuato Martinez – seguire il percorso di fratellanza interreligiosa avviato da Benedetto XVI e proseguito da Francesco. I principi di fratellanza e comunione devono essere fatti propri dalle famiglie e portati avanti da esse per combattere l’indifferenza nella società che, secondo quanto detto di recente da Papa Bergoglio ad Assisi, costituisce ‘un nuovo paganesimo’. Questa cultura dell’incontro trova nella preghiera un alleato fortissimo perché non solo fa incontrare Dio, ma anche gli altri ed è quindi una straordinaria opera di bonifica umana. La preghiera è come la vita e più che essere definita va vissuta. Chi prega impara a vivere perché si riconosce come persona e impara che l’altro non è un diverso o un ostacolo, ma un arricchimento. La preghiera è la migliore fonte di estroversione e di esodo da ogni forma di chiusura egoistica”.
“La nostra società – ha concluso il presidente della Fondazione vaticana – sta commettendo l’errore di non voler investire più nella spiritualità e nell’interiorità, in quell’umanesimo che non esclude Dio dalla storia. Spesso invece si affida a quella scienza e a quella tecnologia che vogliono escludere il Creatore dal mondo. E proprio per contribuire a un’inversione di tendenza in questo processo, abbiamo fondato, a Nazareth, con la benedizione papale, il Centro internazionale famiglia, un luogo che sia punto di riferimento non solo fisico, ma anche simbolico e culturale per tutte quelle iniziative che vogliono rimettere la famiglia al centro della società. E abbiamo scelto Nazareth non solo perché è la città dove è nato Gesù, ma anche perché rappresenta una vera eccezione in Terra Santa. A Nazareth i cristiani rappresentano il 35% della popolazione (contro la media dell’1%) e vivono in pace e armonia con ebrei e musulmani”.
L’intervento di monsignor Paglia è partito dalla considerazione personale secondo cui, nella società attuale, siamo tutti più soli e tristi, senza sogni e passioni, e per questo ci chiudiamo in noi stessi. Secondo l’arcivescovo, Amoris Laetitia non può essere compresa al di fuori di un’idea di famiglia cristiana e universale. “Oggi – ha affermato il presidente della Pontificia Accademia per la vita – è crollato il noi ed esiste solo l’io che ha generato il culto dell’egolatria sul cui altare tutto va sacrificato. L’io è talmente potente da piegare al suo culto qualsiasi istituzione, a cominciare dalla famiglia. E il virus dell’individualismo è penetrato anche nella Chiesa che ha quindi finito per diventarne in parte complice”.
Secondo monsignor Paglia è quindi necessaria “una profonda rivoluzione culturale che riporti il noi al centro della società” ed è questo il senso dell’esortazione apostolica di Papa Francesco. “Noi – ha concluso il prelato – non esistiamo solo per noi stessi, ma per riscoprirci tutti fratelli, figli di un unico padre. Ciascuno di noi è nato per vivere in una famiglia, per vivere con gli altri, diversi da noi, in armonia e fratellanza, pur con la necessaria dialettica. Tutto questo ci permette di vivere una vita piena di sogni e gioia”.
L’intervento successivo è stato quello del professor Mohammad Sammak: “Il mio paese, il Libano, è una comunità di diverse comunità. Noi non vogliamo deludere il messaggio di fratellanza universale lanciato già da Papa Giovanni Paolo II”. Riferendosi alla situazione attuale, il professore ritiene che, in Medio-Oriente, ci sia troppa religione e poca spiritualità e che questo faciliti la crescita del fanatismo. In tutto questo purtroppo ha un ruolo anche la famiglia e infatti Sammak si chiede: “Il problema è nella famiglia o è la famiglia il problema? In tante famiglie, per esempio, la situazione della donna non è affatto sicura e per loro la maggiore minaccia è proprio la famiglia stessa. Dobbiamo quindi prima definire bene il problema per poi provare a risolverlo”.
“Due donne o due uomini che adottano un bambino – si domanda ancora il professore – formano una famiglia? Ormai sono situazioni che si verificano in tutto il mondo. Attualmente viviamo con nuovi concetti di famiglia e queste nuove famiglie formano la società e influenzano anche le relazioni internazionali. Tutto questo, credo, dipenda dal ruolo sempre meno importante che hanno religione e spiritualità. La famiglia va ricostruita, come idea, a partire da valori spirituali ed è questo l’obbiettivo del Centro internazionale famiglia di Nazareth e per questo io li ringrazio”.
Ha infine preso parola la professoressa Irene Kajon che ha sottolineato come l’esortazione apostolica Amoris Laetitia sia in linea con l’idea di famiglia presente nella cultura e religione ebraica, secondo cui la nascita del popolo ebraico coincide con la nascita della prima famiglia ebraica: quella formata da Abramo e Sara. Nella storia del popolo ebraico la famiglia ha sempre avuto un ruolo importantissimo sia come centro nella liturgia delle feste religiose, sia come rifugio nei periodi di persecuzione.
“Nella tradizione ebraica – ha evidenziato la professoressa – la prassi religiosa ha sempre cercato di trovare un equilibrio fra la norma e i casi particolari. Per questo vediamo con molto favore l’approccio che Papa Francesco suggerisce di adottare in Amoris Laetitia. Altro punto che apprezziamo particolarmente è l’esaltazione del principio di equilibrio fra amore e affetto fisico, e quello spirituale e dell’anima. Due fattori che devono camminare insieme. Altro elemento di forte contatto è l’importanza di raccontare e tramandare, di generazione in generazione, la conoscenza e le esperienze di fede. Perché attraverso la trasmissione della conoscenza si crea un forte legame familiare e affettivo fra diverse generazioni”.