Oggi 10 giugno ricordiamo i martiri ebrei delle milizie cosacche (m. 1648)
Nel 1648, in Polonia, irrompono i ribelli cosacchi capeggiati da Bogdan Chmielnicki. Figlio di un piccolo proprietario terriero della bassa aristocrazia ucraina, Chmielnicki fu il leader della rivolta cosacca contro il dominio polacco, che porterà, dopo la sua morte, all'unificazione dell'Ucraina con la Russia.
Per rinsaldare le file del popolo, Chmielnicki e i suoi compagni fecero ricorso a una forte dose di nazionalismo, e furono dei veri e propri antesignani delle moderne pulizie etniche: individuati negli ebrei degli elementi non assimilabili alla nazione ucraina, Chmielnicki ne favorì la sistematica eliminazione.
Il 10 giugno del 1648, seimila ebrei si rifugiarono nella città fortificata di Nemirov, in Polonia, per sfuggire alla furia delle milizie cosacche. Ma sotto la guida del comandante Ganya, queste ultime irruppero nella città e sterminarono l'itnera popolazione ebraica.
Ancora oggi Bogdan Chmielnicki è celebrato da alcuni come eroe nazionale dell'Ucraina.
TRACCE DI LETTURA
Chiedete la grazia per me, o cieli,
se in voi vi è un Dio!
Io un cammino che a lui mi conduca
non sono riuscito a trovarlo:
pregate per me, o cieli!
Il mio cuore è morto,
la preghiera si spegne sulle mie labbra,
la mia mano è inerte,
non c'è più speranza per me.
Fino a quando? Fino a dove e fino a quando?
Se vi è una giustizia, si mostri!
Ma se si farà vedere soltanto
quando sarò passsato al di sopra del firmamento,
allora che il suo trono sia fracassato per l'eternità,
e scoppino il cielo e la sua cattiveria! (Bialik, dalle Poesie).
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Abramo di al-Fayyum (1829-1914), pastore
Nativo della provincia copta di al-Minya e battezzato con il nome di Giuseppe, egli era entrato diciottenne nel monastero della Vergine di al-Muharraq, nei pressi di Asyut. Distintosi soprattutto per il suo straordinario impegno in favore dei poveri, che sarà il vero e proprio filo rosso evangelico di tutta la sua vita, Giuseppe divenne a 37 anni abate del monastero. Da quel momento, moltissimi monaci si fecero suoi discepoli, e la comunità si sviluppò in modo rilevante. Ma con il numero dei discepoli crebbero anche le tensioni all'interno di al-Muharraq, e Giuseppe fu costretto ad abbandonare il monastero perché accusato di dissipare i beni della casa a favore dei poveri.
Assieme a quattro compagni, egli fu accolto nel monastero di al-Baramus, nel Wadi al-Natrun. L'abate locale, divenuto patriarca, vista la grande qualità spirituale di Giuseppe e dei suoi compagni, li ordinò tutti e cinque vescovi. Giuseppe divenne così nel 1881 il vescovo Abramo di al-Fayyum. Come pastore, si sentì chiamato innanzitutto a servire i poveri, senza discriminare tra cristiani e non cristiani. A tale servizio egli unì un cammino di spoliazione personale: non volle mai sedere in una mensa differente da quella dei piccoli e degli emarginati, e rifiutò tutti i segni di distinzione esteriori e mondani che pure spettano per tradizione in quasi tutte le chiese a chi è rivestito della dignità episcopale.
Alla sua morte, una folla immensa di cristiani e musulmani accorse a dargli l'ultimo saluto.