EPILOGO
Quando i pittori di arte sacra del XV e XVI secolo hanno voluto raffigurate la fede militante, hanno spesso fatto ricorso a un evento insolito della vita di san Girolamo. Molti musei e anche alcune chiese ne hanno conservato il ricordo. Il racconto di questo episodio ci servirà di conclusione: non ne saprei trovare una più eloquente. Ben prima di diventare un sapiente e stimato esegeta, brillante consigliere di nobildonne dell'alta società romana, Girolamo aveva tentato per un periodo di vivere da eremita in una grotta del deserto di Giuda. Con la presunzione tipica dell'età, il giovane Girolamo si era dedicato con ardore alle molteplici forme di ascesi allora in uso tra i monaci. Ma i risultati si facevano attendere: il tempo gli avrebbe fatto presto capire che la sua vera vocazione era altrove nella chiesa e che il suo soggiorno tra i monaci della Palestina ne costituiva solo il preludio. Tuttavia Girolamo doveva ancora imparare molte cose e intanto, da giovane novizio, si trovava immerso nella disperazione: nonostante tutti i suoi sforzi generosi, non riceveva alcuna risposta dal cielo. Andava alla deriva, senza timone, in mezzo a tempeste interiori, al punto che le vecchie tentazioni, già così familiari, non tardarono a rialzare la cresta. Girolamo era scoraggiato: cosa aveva fatto di male? Dov'era la causa di questo cortocircuito tra Dio e lui? Come ristabilire il contatto con la grazia? Mentre Girolamo si arrovellava il cervello, notò all'improvviso un crocifisso che era comparso tra i rami secchi di un albero. Girolamo si gettò a terra e si percosse il petto con gesto solenne e vigoroso. E’ in questa posizione umile e supplicante che lo raffigura la maggior parte dei pittori. Subito Gesù rompe il silenzio e si rivolge a Girolamo dall'alto della croce: "Girolamo - gli dice - cos'hai da darmi? Cosa riceverò da te?". La semplice voce di Gesù basta già a ridare coraggio a Girolamo che si mette subito a pensare a qualche regalo da poter offrire all'amico crocifisso. "La solitudine nella quale mi dibatto, Signore", gli risponde. "Ottimo, Girolamo - replica Gesù - ti ringrazio. Hai fatto davvero del tuo meglio. Ma non hai qualcosa di più da offrirmi?". Girolamo non esita un attimo. Certo che aveva un sacco di cose da offrire a Gesù: "Naturalmente, Signore: i miei digiuni, la fame, la sete. Mangio solo al tramonto del sole!". Di nuovo Gesù risponde: "Ottimo, Girolamo, ti ringrazio. Lo so, hai fatto del tuo meglio. Ma hai ancora qualcos'altro da darmi?". Girolamo ripensa a cosa potrebbe ancora offrire a Gesù. Ecco allora che ricorda le veglie, la lunga recita dei salmi, lo studio assiduo, giorno e notte, della Bibbia, il celibato nel quale si impegnava con più o meno successo, la mancanza di comodità, la povertà, gli ospiti più imprevisti che si sforzava di accogliere senza brontolate e con una faccia non troppo burbera, infine il caldo di giorno e il freddo di notte. Ad ogni offerta, Gesù si complimenta e lo ringrazia. Lo sapeva da tempo: Girolamo ci tiene così tanto a fare del suo meglio! Ma ad ogni offerta, Gesù, con un sorriso astuto sulle labbra, lo incalza ancora e gli chiede: "Girolamo, hai qualcos'altro da darmi?". Alla fine, dopo che Girolamo ha enumerato tutte le opere buone che ricorda e siccome Gesù gli pone per l'ennesima volta la stessa domanda, un po' scoraggiato e non sapendo più a che santo votarsi, finisce per balbettare: "Signore, ti ho già dato tutto, non mi resta davvero più niente!". Allora un grande silenzio piomba nella grotta e fino alle estremità del deserto di Giuda e Gesù replica un'ultima volta: "Si, Girolamo, hai dimenticato una cosa: dammi anche i tuoi peccati, affinché possa perdonarteli!".