sabato 21 marzo 2015

Papa Francesco.Incontro in Cattedrale con il clero, i religiosi e i diaconi permanenti.



Si è sciolto il sangue di san Gennaro, presente Papa Francesco



Vatican Insider
(Giacomo Galeazzi) Nel Duomo Napoli si è verificato in via straordinaria il «prodigio» dello scioglimento che di solito si ripete solo per la festa del santo, il 19 settembre. Sepe: San Genanro vuol bene al Papa, il sangue si è già sciolto a metà. Durante la visita di papa Francesco nel Duomo di Napoli si è verificato in via straordinaria il «prodigio» dello scioglimento del sangue di San Gennaro, che di solito si ripete solo per la sua festa il 19 settembre, il sabato precedente la prima domenica di maggio e il 16 dicembre. (...)

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Incontro in Cattedrale con il clero, i religiosi e i diaconi permanenti. Papa Francesco: “E non dimentichiamo la bellezza del camminare con il popolo. (...) Vi incoraggio pertanto ad uscire per andare incontro all’altro
Sala stampa della Santa Sede
(Il Papa consegna il discorso e non legge il testo che aveva preparato e parla a braccio)
Discorso del Santo Padre 
Cari fratelli e sorelle, buon pomeriggio! Vi ringrazio per la vostra accoglienza in questo luogo-simbolo della fede e della storia di Napoli: la Cattedrale. Grazie, Signor Cardinale, per aver introdotto questo nostro incontro; e grazie ai due fratelli che hanno posto le domande a nome di tutti.
Vorrei partire da quella espressione che ha detto il Vicario per il Clero: “Essere preti è bello”. Sì, è bello essere preti, e anche essere consacrati. Mi rivolgo prima ai sacerdoti, e poi ai consacrati. Condivido con voi la sorpresa sempre nuova di essere chiamato dal Signore a seguirlo, a stare con Lui, ad andare verso la gente portando la sua parola, il suo perdono…
Davvero, è una cosa grande che ci è capitata, una grazia del Signore che si rinnova ogni giorno. Immagino che in una realtà impegnativa come Napoli, con antiche e nuove sfide, ci si butta a capofitto per andare incontro alle necessità di tanti fratelli e sorelle, correndo il rischio di venire totalmente assorbiti. Occorre sempre trovare il tempo per stare davanti al Tabernacolo, sostare lì in silenzio, per sentire su di noi lo sguardo di Gesù, che ci rinnova e ci rianima. E se lo stare davanti a Gesù ci inquieta un po’, è buon segno, ci farà bene! È proprio della preghiera mostrarci se stiamo camminando sulla via della vita o su quella della menzogna, come dice il Salmo (cfr 138,24), se lavoriamo come buoni operai oppure siamo diventati degli “impiegati”, se siamo dei “canali” aperti, attraverso cui scorre l’amore e la grazia del Signore, o se invece mettiamo al centro noi stessi, finendo per diventare degli “schermi” che non aiutano l’incontro con il Signore. 
E poi c’è la bellezza della fraternità, dell’essere preti insieme, del seguire il Signore non da soli, non individualmente, ma insieme, nella grande varietà dei doni e delle personalità, e il tutto vissuto nella comunione e nella fraternità. Anche questo non è facile, non è immediato e scontato, perché anche noi preti viviamo immersi in questa cultura soggettivistica di oggi, che esalta l’io fino ad idolatrarlo. E poi c’è anche un certo individualismo pastorale, che comporta la tentazione di andare avanti da soli, o con il piccolo gruppo di quelli che “la pensano come me”… Sappiamo invece che tutti sono chiamati a vivere la comunione in Cristo nel presbiterio, intorno al Vescovo. Si possono, anzi si devono cercare sempre forme concrete adeguate ai tempi e alla realtà del territorio, ma questa ricerca pastorale e missionaria va fatta in atteggiamento di comunione, con umiltà e fraternità.
E non dimentichiamo la bellezza del camminare con il popolo. So che da qualche anno la vostra comunità diocesana ha intrapreso un impegnativo percorso di riscoperta della fede, a contatto con una realtà cittadina che vuole rialzarsi e ha bisogno della collaborazione di tutti. Vi incoraggio pertanto ad uscire per andare incontro all’altro, ad aprire le porte e raggiungere le famiglie, gli ammalati, i giovani, gli anziani, là dove vivono, cercandoli, affiancandoli, sostenendoli, per celebrare con loro la liturgia della vita. In particolare, sarà bello accompagnare le famiglie nella sfida di generare ed educare i figli. I bambini sono un “segno diagnostico”, per vedere la salute della società. I bambini non vanno viziati, ma vanno amati! E noi sacerdoti siamo chiamati ad accompagnare le famiglie perché i bambini siano educati alla vita cristiana.
Il secondo intervento faceva riferimento alla vita consacrata, e ha menzionato luci e ombre. C’è sempre la tentazione di sottolineare di più le ombre a discapito delle luci. Questo però porta a ripiegarci su noi stessi, a recriminare in continuazione, ad accusare sempre gli altri. E invece, specialmente durante questo Anno della Vita Consacrata, lasciamo emergere in noi e nelle nostre comunità la bellezza della nostra vocazione, perché sia vero che «dove ci sono i religiosi c’è gioia». Con questo spirito ho scritto la Lettera ai consacrati, e spero che vi stia aiutando nel vostro cammino personale e comunitario. Vorrei domandarvi: com’è il “clima” nelle vostre comunità? C’è questa gratitudine, c’è questa gioia di Dio che colma il nostro cuore? Se c’è questo, allora si realizza il mio auspicio che non ci siano tra noi volti tristi, persone scontente e insoddisfatte, perché “una sequela triste è una triste sequela” (ivi, II, 1).
Cari fratelli e sorelle consacrati, vi auguro di testimoniare, con umiltà e semplicità, che la vita consacrata è un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo. Un dono da non trattenere per sé stessi, ma da condividere, portando Cristo in ogni angolo di questa città. Che la vostra quotidiana gratitudine a Dio trovi espressione nel desiderio di attirare i cuori a Lui, e di accompagnarli nel cammino. Sia nella vita contemplativa, sia in quella apostolica, possiate sentire forte in voi l’amore per la Chiesa e contribuire, mediante il vostro specifico carisma, alla sua missione di proclamare il Vangelo e di edificare il popolo di Dio nell’unità, nella santità e nell’amore. Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio. Andiamo avanti, animati dal comune amore per il Signore e per la santa madre Chiesa. Vi benedico di cuore. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.
Al termine, il Santo Padre lascia il Duomo e si reca in auto alla Basilica del Gesù Nuovoper incontrare gli ammalati.

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Nell'Incontro in Cattedrale con il clero, i religiosi e i diaconi permanenti Papa Francesco consegna il discorso preparato e parla a braccio. "Che Gesù e Maria siano sempre al centro della vostra vita"


Ecco alcuni pensieri di Papa Francesco della sua allocuzione a braccio.
- Il Santo Padre apre le sue riflessioni dicendo: chi consacra la vita a Gesù deve stare sempre sulle sue orme, cioè, deve andare sempre dietro a Gesù.
- Una prima considerazione: occorre camminare sulle strade di Gesù e per fare questo il centro della vita deve essere Gesù.
- Qualsiasi altro centro non conta, non ha importanza.
- Se non avete Gesù al centro, dice il Papa rivolgendosi ai candidati al sacerdozio, rinviate l'ordinazione.
- Poi occorre amare la Madre di Gesù. Si deve cercare e pregare la Madonna che ci mostra in ogni istante il Figlio.
- E' La Madonna che ha fatto "scendere" Gesù tra noi.

- Ora, in secondo luogo,  vi parlo dello spirito di povertà, cosa molto importante. Quando nella Chiesa entra l'affarismo tutto diventa brutto. Per chi si consacra al Signore, il voto di povertà, non dico di miseria, deve essere sempre al centro.
- Non dobbiamo dimenticare tutto ciò anche perché essere attaccati al denaro ci toglie libertà.
- Chi pensa solo ai soldi spesso fa differenze tra le persone che incontra, divide e separa.
- Una terza considerazione è la misericordia, quella corporale e quelle spirituali. Non dobbiamo dimenticare mai di fare sempre opere di misericordia.
- In quarto luogo devo parlare anche sulla mondanità. Occorre fare come Gesù: pregare non per essere tolto dal mondo ma per essere difeso dallo spirito mondano.
- Rispettando questi principi ognuno dà testimonianza di Gesù e così attira gli altri sulle strade del Signore.
Infine il Papa risponde alle domande di due interventi precedenti:
In primo luogo parla della fraternità e torna su ciò che ha chiamato il "terrorismo delle chiacchiere".
- Le chiacchiere distruggono la fraternità e dunque la comunità. Le divergenze si dicono faccia a faccia. Non si devono usare altre vie.
- Devo anche parlarvi della gioia. Dobbiamo essere felice di avere scelto una vita piena e sapere che il Signore è fedele, mi ama, anche se sono un peccatore. La consapevolezza di quest'amore fedele ci renderà sempre felici.
- Vorrei finire con tre cose:
Primo. L'adorazione. Chiedo, ringrazio, ma soprattutto adoro il Signore.
Secondo. Amore alla Chiesa. Non si può amare Gesù senza amare la sua Chiesa.
Terzo. Lo zelo apostolico, la missionarietà. Amare la Chiesa ci spinge ad andare verso gli altri. La Chiesa esiste per portare Gesù agli altri.