di Manuel Bru
Di fronte a tutto il racconto della Passione che ci offrono i Vangeli, potremmo chiederci quale sia stato il momento in cui Gesù ha sofferto di più.
È una domanda che ha posto ad appena 22 anni la serva di Dio Chiara Lubich durante la II Guerra Mondiale nel 1943. Nei rifugi, durante i bombardamenti, si leggeva il Vangelo. Le persone avevano scoperto che Dio-Amore è l'unico ideale che nessuna bomba può distruggere. Poi uscivano a cercare tra le macerie i morti e ad assistere chi era rimasto ferito.
Una ragazza si ammalò gravemente, contagiata dalle condizioni igieniche dei feriti. Chiamarono il sacerdote e Chiara, prima che questi passasse ad amministrarle il sacramento dell'estrema unzione, gli pose questa domanda: “Qual è stato il momento in cui Gesù ha sofferto di più nella sua Passione?”
Il sacerdote rispose: “Credo che sia stato quando ha gridato sulla croce: 'Elì, Elì, Lamà sabactani?', ovvero 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'”.
Chiara, allora, prese le sue compagne per mano intorno al letto della ragazza malata e propose loro di sposarsi con “Gesù Abbandonato”, di sceglierlo e amarlo per sempre in tutte le sofferenze, nelle proprie e in quelle di tutta l'umanità.
San Giovanni Paolo II diceva che l'esperienza umana dell'abbandono di Gesù sulla croce, quando grida “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, risponde a un dolore condiviso dalle tre persone della Santissima Trinità: da Dio Padre, che lo permette per amore degli uomini, e dallo Spirito, che tace perché Gesù possa culminare l'opera redentrice, oltre che da Gesù.
Sì. Gesù, almeno per un istante, ha sentito l'abbandono del Padre. E non avrebbe potuto essere altrimenti, come spiega Sant'Ireneo. Gesù non ha redento ciò che non ha assunto. Se ha redento tutti gli uomini da ogni dolore, ingiustizia, tormento, disprezzo, e dallo stesso sentimento di abbandono da parte di Dio, è perché Egli sulla croce li ha fatti suoi, li ha sofferti sulla propria carne e nella propria anima.
Per questo, non dobbiamo vedere Gesù Crocifisso e Abbandonato solo riflesso nelle immagini che ci facciamo di Lui. Dobbiamo vederlo prima di tutto in noi, quando ci sentiamo abbandonati, e nell'altro, quando si sente abbandonato. E possiamo e dobbiamo riconoscerlo e dirgli: “Sei tu”: il rifiutato, l'emarginato, chi è dimenticato, chi è solo. Il calunniato, l'appestato, il maltrattato, l'ingannato, il deriso. Il disperato, il rattristato, l'angosciato, l'annullato. E dobbiamo abbracciarlo dicendogli: “Ti voglio bene così”. E compiere il salto, e metterci ad amare, a fare la volontà di Dio, dicendogli: “Agisci in me”.
E possiamo anche, con la nostra vita, testimoniare al mondo che Cristo Crocifisso e Abbandonato “ha riempito ogni vuoto, ha illuminato ogni tenebra, ha accompagnato ogni solitudine, ha annullato ogni dolore, ha cancellato ogni peccato”.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]
sources: ALETEIA