martedì 24 marzo 2015

Le quattro leggi a cui dobbiamo opporci



di Mario Adinolfi
“Genitori, volete questo per i vostri figli?”. Il grido del presidente della Cei, cardinale Bagnasco, sulla teoria del gender nel corso della prolusione all’assemblea dei vescovi italiani è davvero un grido di dolore e un richiamo alla responsabilità. Finalmente l’insistenza di Papa Francesco su questi temi e la risposta coerente e puntuale dell’episcopato italiano alle sue sollecitazioni, travolge qualsiasi interpretazione deviata dell’idea di accoglienza che la Chiesa ha sempre avuto verso tutti, ma mai negando la propria identità e la propria dottrina. Non a caso le reazioni degli esponenti più noti della lobby lgbt sono state venate di isterismo. Così come la risposta unitaria a chi a Bologna ha protestato contro gli show blasfemi e vergognosi del circolo gay del Cassero. Stessi toni: “La Chiesa avvelena la società con la sua ortodossia” e via a delirare.
Deve essere chiaro che è in campo uno scontro definitivo e decisivo. Da una parte ci sono i fautori di una visione antropologica che vuole trasformare le persone in cose: i bambini in oggetti di compravendita, le donne in uteri da affittare, i malati in prodotti deteriorati da eliminare e guai a chi osi protestare. La proiezione di questa ideologia non è composta di mere chiacchiere, ma si sostanzia in quattro precisi progetti di legge, che questo giornale non si stanca da quando è nato di stigmatizzare, mettendo in guardia dalle sottovalutazioni e dalle non comprensioni di ciò che sta avvenendo. I quattro progetti di legge sono l’arcinoto ddl Scalfarotto, il ddl Cirinnà su unioni gay e stepchild adoption (che è la legittimazione dell’utero in affitto), il ddl Fedeli sull’ideologia gender obbligatoria nelle scuole e infine il ddl di iniziativa popolare dei radicali sull’eutanasia a cui quattro esponenti del governo Renzi hanno appena dato il loro esplicito appoggio.
Questo pacchetto di quattro progetti di legge potrebbe essere approvato in pochi mesi e stravolgerebbe l’Italia. La Cei presti attenzione a tutti e quattro i pericoli, i cattolici italiani si preparino a combattere a partire dalla frontiera della vergognosa pratica dell’utero in affitto. E i genitori, tutti i genitori, laici e cattolici, si oppongano alla follia dell’ideologia gender nelle scuole. Vigilando. L’invito del cardinale Bagnasco è lucido e puntuale e voglio chiudere riportandone il testuale, così come all’interno del giornale troverete l’integrale della prolusione importante anche per i passaggi sul tema della corruzione. Ma l’invito a mamme e papà mi pare la questione nodale dell’emergenza del nostro tempo ed al presidente della Cei occorre dare ascolto. Lo faccio io per primo da genitore di due figlie che nella scuola italiana hanno vissuto l’assalto di quella pericolosa ideologia. Dice Bagnasco: “Non possiamo non dar voce anche alla preoccupazione di moltissimi genitori, e non solo, per la dilagante colonizzazione da parte della cosiddetta teoria del gender, sbaglio della mente umana, come ha detto il Papa a Napoli sabato scorso. Il gender si nasconde dietro a valori veri come parità, equità, autonomia, lotta al bullismo e alla violenza, promozione, non discriminazione. Ma, in realtà, pone la scure alla radice stessa dell’umano per edificare un transumano in cui l’uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di identità. La categoria Queer, nata negli Stati Uniti, combatte contro il normale, il legittimo, e ingloba tutte le soggettività fluide: non si riferisce a nulla in particolare, si presenta paradossalmente come un’identità senza essenza. Sembra di parlare di cose astratte e lontane, mentre invece sono vicinissime e concrete: costruire delle persone fluide che pretendano che ogni loro desiderio si trasformi in bisogno, e quindi diventi diritto. Individui fluidi per una società fluida e debole. Una manipolazione da laboratorio, dove inventori e manipolatori fanno parte di quella governance mondiale che va oltre i governi eletti, e che spesso rimanda ad Organizzazioni non governative che, come tali, non esprimono nessuna volontà popolare! Vogliamo questo per i nostri bambini, ragazzi, giovani? Genitori che ascoltate, volete questo per i vostri figli? Che a scuola – fin dall’infanzia – ascoltino e imparino queste cose, così come avviene in altri Paesi d’Europa? Reagire è doveroso e possibile, basta essere vigili, senza lasciarsi intimidire da nessuno, perché il diritto di educare i figli nessuna autorità scolastica, legge o istituzione politica può pretendere di usurparlo. È necessario un risveglio della coscienza individuale e collettiva, della ragione dal sonno indotto a cui è stata via via costretta. Sappiate, genitori, che noi pastori vi siamo e vi saremo sempre vicini”. E noi saremo vicini ai pastori, con la nostra coscienza vigile.
24/03/2015 La Croce quotidiano

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«Le nostre proposte per il Sinodo sulla famiglia»
di Peppino Zola
Abbiamo preso visione del questionario preparato per il prossimo sinodo sulla famiglia. Come associazione Nonni 2.0. Vorremmo proporre alcune osservazioni che ci sembrano non secondarie nell’attuale contesto ecclesiale e sociale.
Riteniamo, innanzi tutto, che non si debba dare per scontato il fatto che la centralità di ogni esperienza cristiana sta in Cristo, salvatore di tutto l’umano e, quindi, anche della famiglia. Ci sembra che il questionario sia soprattutto preoccupato di individuare le “iniziative” più adatte per il rilancio della famiglia, con il rischio di mettere in secondo piano l’origine di ogni verità, che sta, appunto, nell’avvenimento di Gesù. Anche a proposito dell’esperienza famigliare occorre, innanzi tutto, annunciare la bellezza ed il fascino di Cristo, il solo che aiuti ad entrare nella realtà, a sopportare le inevitabili fatiche, a gioire per le esperienze positive, a dare un senso a tutto. Ci sembra, dunque, che il primo problema non sia quello di individuare le cose da fare, ma, ancora una volta, sia un problema di fede da annunciare a tutti (e quindi anche agli sposi) e da vivere. Del resto, abbiamo avuto la fortuna di vivere un’epoca in cui San Giovanni Paolo II ha proposto a tutti Cristo, come «centro del cosmo e della storia», in cui Benedetto XVI ha rimarcato come la vita cristiana sia l’adesione alla persona di Gesù, in cui Francesco ripete quotidianamente che al centro di tutto sta l’incontro con Cristo.
E Gesù non è una premessa o un prologo, ma è tutto, perché Egli ha detto di essere «la via, la verità e la vita»; di essere cioè il metodo di tutta un’esistenza. Cristo c’entra con tutto e, quindi, non solo “prima”, ma anche durante la vita della famiglia, perché senza di Lui non possiamo fare nulla. Un sinodo cattolico non può non tenere conto di questa considerazione, non solo come premessa, ma come “sale” che insaporisca tutto l’annuncio da fare alle famiglie di tutto il mondo (e non solo di un’Europa pagana e traditrice).
Condividiamo l’invito ad un dialogo che metta in evidenza l’aspirazione comune a tutti gli uomini e a tutte le donne ad una vita autentica e piena di gusto (il Vangelo la definisce come “centuplo”). Desideriamo, anche, mettere in guardia da una sorta di “buonismo” che ci impedisce di vedere il furibondo attacco che viene portato dal “pensiero unico” dominante al cuore dell’esperienza cristiana, quando si vuole stravolgere l’antropologia voluta dal Creatore e, con essa, la natura stessa della famiglia e dell’affettività. Questo attacco, che non a caso parte dalla scuola, rischia di colpire negativamente intere generazioni per il futuro, mentre toglie da subito la speranza a molti di poter vivere nel tempo le vere dimensioni umane dall’esperienza familiare. In questo senso, occorre reagire, vincendo una sorta di complesso di inferiorità verso una situazione culturale che Benedetto XVI definiva “dittatura” e che Francesco bolla come “mondanità”. Chiarezza e misericordia devono andare insieme: anzi, senza chiarezza che misericordia sarebbe? E poi, la misericordia è possibile solo a Dio.
Segnaliamo il pericolo che la famiglia venga concepita come corpo a sé stante e non come parte essenziale di una comunità, di un “popolo” direbbe il Concilio. Una famiglia “isolata” non può non andare in crisi, anche perché la famiglia stessa è per natura la testimonianza di una unità, e, quindi, soggetto di evangelizzazione e di missione. Anche nelle comunità cristiane la famiglia è vista, spesso, come un problema e non come risorsa che è parte integrante di un insieme. Ci sembra ipocrita “isolare” la famiglia e poi accusarla di essere un peso.  San Giovanni Paolo II, invece, ha spronato l’esperienza familiare a essere protagonista non solo nell’educazione dei figli, ma anche nella più vasta dimensione della vita sociale, fino al livello politico. Sia la Chiesa sia l’intera società e le legislazioni statali devono ridare spazio a questo protagonismo della famiglia: invece, si fermano, troppo spesso, ad un livello “ assistenziale”, che in fondo, considera la famiglia come un “ultimo” da assistere e non come un “primo” che, ripetiamo, deve essere protagonista e non assistito. In questo senso, dentro la Chiesa occorrerebbe rivedere la concezione dei corsi per i fidanzati, che tendono, ora, più a fissare delle regolette che non a lanciare la famiglia “in altum”. Anche la famiglia, insomma, è troppo spesso vittima di un eccesso di clericalizzazione della vita cristiana.