martedì 24 marzo 2015

In difesa dei diritti delle donne



Intervento della Santa Sede. 

Pubblichiamo la traduzione italiana dell’intervento pronunciato il 13 marzo scorso dall’arcivescovo Bernardito Auza, nunzio apostolico, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu a New York, in occasione della 59ª sessione della Commissione sulla condizione delle donne (New York, 9-20 marzo 2015).
Signora Presidente,
La mia delegazione è lieta che la Commissione abbia scelto di riflettere sulla Dichiarazione e sulla Piattaforma d’azione di Pechino, nella prospettiva di presentare l’avanzamento e l’uguaglianza delle donne in un’Agenda di Sviluppo post-2015.
Ci sono stati progressi notevoli a favore della causa delle donne in molti Paesi, specialmente negli ambiti dell’educazione, della rappresentanza politica e della partecipazione economica. Le donne, sempre più, stanno anche guidando importanti sforzi pubblici e privati per portare rimedio alla discriminazione, alleviare la povertà e affrontare una miriade di altre sfide con le quali oggi si confrontano le donne.
Tuttavia, nonostante gli ammirevoli sforzi e gli importanti progressi ancora troppe donne continuano a doversi confrontare con la discriminazione e con molte forme di violenza per il solo fatto di essere donne. Pertanto, tutti gli attori devono continuare a dedicare il massimo sforzo per ovviare a tali violazioni.
Signora Presidente,
l’obiettivo di sradicare la povertà, in particolare la povertà estrema, è al centro delle preoccupazioni della Santa Sede. La Chiesa cattolica ha un’esperienza quasi senza eguali per quanto riguarda i bisogni dei poveri, grazie al suo impegno bimillenario e alle centinaia di migliaia di programmi e istituzioni che servono le donne e gli uomini poveri in tutto il mondo. Papa Francesco non si stanca mai di esortare i leader mondiali e tutti noi a dare la priorità alla piaga della povertà e a usare la ricchezza per servire l’umanità, e non il contrario.
La promozione di economie inclusive ed eque ha un impatto profondo sul miglioramento dello status delle donne. Di fatto, le donne vivono disagi economici unici legati a politiche d’impiego ingiuste, stipendi diversi per lo stesso lavoro, negazione dell’accesso a crediti e a proprietà, vittimizzazione nelle situazioni di conflitto e migrazione. Sebbene le donne costituiscano la maggioranza dei poveri e siano colpite dal fardello della povertà in modi molto specifici, esse sono però coraggiosamente in prima linea nella lotta per sradicare la povertà estrema. Da questa prospettiva, la lotta per l’avanzamento delle donne deve anche significare che si assicuri loro uguale accesso alle risorse, ai capitali e alla tecnologia.
Tenendo conto di questi svantaggi che molte donne devono ancora subire, occorre formulare le risposte alla povertà con obiettivi coraggiosi e attuarle con mezzi sufficienti, di modo che possano avere un impatto concreto sulla promozione delle donne.
Diversi studi hanno dimostrato che strutture familiari fragili e il declino del matrimonio tra i poveri sono collegati in modo molto stretto alla povertà tra le donne. Le madri single vengono lasciate sole a crescere i bambini. Molte madri in situazioni di difficoltà non riescono a mandare i figli a scuola, facendoli così entrare nel circolo vizioso della povertà e dell’emarginazione. Sebbene i governi e la società non creino famiglie, hanno però ruoli fondamentali da svolgere nel sostenere famiglie sane e favorire il ruolo genitoriale. Numerose relazioni della Segreteria Generale hanno sottolineato la centralità della famiglia per lo sradicamento della povertà e lo sviluppo sostenibile.
La Santa Sede prende nota della relazione dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani sui problemi e gli attacchi che le ragazze continuano a subire nell’accedere all’educazione. La mia Delegazione è convinta che la lotta per l’uguale accesso delle ragazze all’educazione, specialmente a un’educazione di qualità, sia un elemento indispensabile nella lotta per il progresso delle donne.
Signora Presidente,
Domenica 8 marzo Papa Francesco ha inviato il suo saluto a tutte le donne nel mondo, sottolineando che “un mondo dove le donne sono emarginate è un mondo sterile, perché le donne non solo portano la vita ma ci trasmettono la capacità di vedere oltre”, in altre parole “ci trasmettono la capacità di capire il mondo con occhi diversi”. Il contributo delle donne a un mondo migliore comprende la generosità di servire in modo gratuito e di accogliere, piuttosto che escludere.
La mia Delegazione ribadisce la disponibilità di Papa Francesco a lavorare con tutti coloro che cercano ogni giorno di costruire un mondo che tratti concretamente le donne come uguali, nella diversità dei doni e delle forze, per il bene comune più grande di tutti.
Grazie, Signora Presidente.
L'Osservatore Romano

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Donne di tutto il mondo unite contro il 'gender'

Presentata all'Unione europea e all'Onu la dichiarazione 'Women of the world', in cui 130 Ong chiedono di valorizzare il ruolo materno, rifiutano il femminismo radicale e denunciano la maternità surrogata


di Federico Cenci

La dignità delle donne non passa attraverso l’indifferenziazione sessuale. È questo il messaggio che oltre 130 Ong provenienti da 40 Paesi del mondo hanno rivolto alle istituzioni europee e alle Nazioni Unite nei giorni scorsi. Lo hanno fatto attraverso una dichiarazione denominata “Women of the world”, promossa dalle associazioni Profesionales por la Ética, Femina Europa e Woman Attitude e sostenuta da circa 17mila firmatarie.
Il documento non consiste nella solita enumerazione di diritti da rivendicare per raggiungere la meta chimerica di un’omologazione tra i sessi né soltanto in una denuncia del ruolo marginale della donna nella società. “Women of the world”, piuttosto, è un manifesto - unico nel suo genere - in cui si dà risalto al ruolo della donna all’interno della famiglia, come mamma, casalinga ed insostituibile educatrice della prole.
La dichiarazione si snoda su cinque punti, redatti in una prima bozza dall’associazione spagnola Profesionales por la Ética in accordo con la francese Femina Europea e la belga Woman Attitude. Il lavoro ha visto la partecipazione, inoltre, dell’istituto italiano per gli Studi Superiori della Donna.
Uno dei passaggi che più entra nel cuore dei diritti calpestati delle donne di oggi è il quinto. Viene chiesta la proibizione universale di metodi di maternità surrogata, che sono “una violazione della dignità di entrambi: la madre surrogata e il bambino”. Negli altri quattro punti, si chiede espressamente di valorizzare e restituire dignità al ruolo materno della donna; si denuncia la discriminazione cui sono oggetto in Occidente le donne - specie nei luoghi di lavoro - a causa della loro maternità; si chiede di porre fine a situazioni di sfruttamento e violenza della donna; si invocano politiche “reali ed efficaci” per consentire una conciliazione tra lavoro e maternità.
La prima presentazione di “Women of the world” è avvenuta il 3 marzo a Bruxelles, presso le Istituzioni dell’Unione europea. “Sino ad oggi - ha affermato Elenor Tamayo di Profesionales por la Ética intervenendo all’incontro - l’ideologia gender e il femminismo radicale hanno tentato di monopolizzare la voce e l’opinione delle donne”. Ma, continua la Tamayo “ora tutto questo deve finire. Ѐ il nostro turno, il turno delle donne che parlano come donne”. Di qui la consegna a  non accettare più “il fatto che le istituzioni internazionali sviluppino politiche che ignorano, combattono o sopprimono l’identità della donna”.
Con l’intento di “far giungere alle Istituzioni internazionali ciò che noi, donne del mondo, vogliamo davvero” - come ha chiosato la Tamayo -, la dichiarazione è approdata la scorsa settimana alle Nazioni Unite, in occasione del 59esimo comitato delle Ong sullo stato della donna. Contestualmente, il 14 marzo al Palazzo di Vetro, è stato celebrato anche il 20esimo anniversario della Dichiarazione di Pechino, nella quale si sottolineò che i diritti delle donne sono diritti umani nel significato più pieno del termine.
Tre giorni dopo, il 17 marzo, “Women of The World” è stata presentata per la seconda volta a New York, durante il simposio Donne, Famiglia e Sviluppo Sostenibile organizzato dall’Istituto di Politica Familiare e l’Osservatorio Regionale per le Donne di America Latina e Caraibi.
Nel corso della terza presentazione, avvenuta il 19 marzo in occasione del convegno Pekín+20 - cambios del milenio, Luisa Peña - rappresentante di Profesionales por la Ética e promotrice dell’iniziativa Donna, madre e professionista - ha annunciato che alla dichiarazione “Women of the world” hanno finora aderito 148 organizzazioni e 47 Paesi. Questi ultimi vanno dalla Repubblica del Congo, il Kenya e Burkina Faso al Turkmenistan, al Kirghizistan, all'Iraq e al Libano, passando per la Nuova Caledonia, Trinidad e Tobago, Haiti, Ucraina e Bosnia. Le più grandi organizzazioni che vi hanno aderito provengono dalla Spagna, dalla Croazia, dalla Francia, dall’Italia, dal Messico e dall’Argentina.
L’auspicio è che sempre più Paesi e organizzazioni recepiscano e interpretino le istanze più autentiche delle donne contenute in “Women of the world”. È in questo testo che si trova l’antidoto a sterili ideologie che “sopprimono” l’identità sessuale sull’altare di un’omologazione che svilisce sia la donna sia l’uomo e arreca danno alla società.
Zenit