lunedì 23 marzo 2015

Questione di feeling



(Maurizio Fontana) Il cuore meridionale, caldo e accogliente, dei napoletani ha battuto all’unisono con quello latinoamericano di Francesco. È apparso a tutti evidente il feeling che si è instaurato sabato 21 marzo tra il Pontefice e i suoi ospiti. A volte, il Papa è rimasto anche imbarazzato da tanta esuberanza, ma sempre pienamente coinvolto dalla gioia e dalla riconoscenza dimostrategli. Un segno di questo filo che andava annodandosi sempre più nel corso della giornata è stato quel saluto — «’A Maronna v’accumpagni» — ripetuto più volte, ogni volta con apprezzato e perfezionato accento partenopeo. 
Dal canto loro i napoletani hanno cercato da subito di far sentire Francesco a suo agio, accolto “a casa sua” con un corale «Buonasera France’!» urlato a inizio giornata dai bambini di Scampia e poi amplificato, nel tardo pomeriggio, dalle voci dei centomila giovani riuniti sul lungomare Caracciolo.
Nello spirito di questo dialogo familiare, il Papa ha ben presto lasciato da parte i discorsi preparati: già a Scampia aveva improvvisato buona parte del suo saluto, e anche per l’omelia in piazza Plebiscito, pur seguendo il testo già pronto, aveva spesso e volentieri liberato le parole per cercare di essere più immediato e incisivo. Dopodiché, via i fogli. Da quel momento in poi ha parlato sempre a braccio. Pastore e gregge erano ormai sulla stessa lunghezza d’onda.
Semplice e toccante il colloquio avuto con i detenuti della casa circondariale di Poggioreale dopo il pranzo consumato con centoventi di loro nella più assoluta tranquillità, al riparo dalle miriadi di macchine fotografiche e telecamere che hanno accompagnato il Pontefice per ogni metro percorso tra la folla a Napoli. Il Papa ha riservato a ciascuno parole di comprensione («Tutti abbiamo sbagliato, tutti, io per primo») e di incitamento («Alzarsi sempre e andare avanti»), ricordando che il primo santo nella Chiesa è stato un condannato a morte, il buon ladrone. Quando Dio perdona, ha detto Francesco, «dimentica» e nessuno ha il diritto di non fare lo stesso con una persona «che ha pagato, che ha chiesto perdono alla società». Il Pontefice si è fermato a lungo per condividere le tante storie di emarginazione e di sofferenza dei detenuti. Ha rubato spazio anche al previsto breve riposo del primo pomeriggio pur di salutare tutti i suoi commensali uno a uno. Perciò, lasciato Poggioreale, invece della tappa in arcivescovado, si è diretto subito in duomo per il previsto incontro con il clero, i religiosi e i diaconi permanenti. Entusiasmo straripante anche dietro veli, talari e clergyman. Le suore di clausura sono state le più vivaci, tanto da suscitare la divertente reazione del cardinale Sepe.
Prima di entrare in cattedrale, il Papa ha fatto visita alla Cappella di Santa Restituta dove ha acceso un cero davanti alla Madonna del Principio, quindi è passato dal battistero dove erano stati raccolti tutti i doni fatti dai fedeli a Francesco. Poi in duomo, ascoltati i saluti e le domande di don Aldo Giosuè Scatola e del missionario vincenziano padre Salvatore, rispettivamente vicari episcopali per il clero e per la vita consacrata, Francesco ha impartito una vera e propria lezione di vita spirituale e di pastorale, generosa di esempi tratti dalla quotidianità, condita di battute e aneddoti. Uno l’insegnamento fondamentale: «Il centro della vostra vita deve essere Gesù» e non si può fare a meno della presenza di Maria. Uno lo stile da mantenere, «perché seguire Gesù è semplice». Quindi: «spirito di povertà» e sempre «misericordia». Poi il Pontefice ha indossato la stola, ha recitato il Padrenostro, e, presa in mano e baciata l’ampolla con il sangue di san Gennaro, ha benedetto i presenti. Subito dopo, sono cominciati a sventolare alcuni fazzoletti bianchi e il cardinale Sepe ha annunciato che il sangue del santo si era sciolto per metà. Occasione per il Papa di impartire un’ultima “lezione”: «Si vede che il santo ci vuole bene a metà. Dobbiamo convertirci un po’ tutti di più perché ci voglia più bene».
Dopo il consueto bagno di folla che ha contraddistinto ogni suo spostamento, il Papa ha raggiunto la chiesa del Gesù Nuovo. Appena entrato si è diretto nella navata di destra per fermarsi a pregare davanti all’altare dove è custodito il corpo del santo medico Giuseppe Moscati. Poi l’abbraccio alle centinaia di malati che lo attendevano da ore. Un abbraccio al quale Francesco non si sottrae mai: con pazienza e tenerezza stringe mani, carezza volti, ascolta voci che in pochi attimi tentano di mettere nelle sue mani una vita intera di sofferenze.
Salito sull’altare, il Papa, dopo aver ricevuto il saluto del responsabile della pastorale sanitaria della diocesi, don Leonardo Zeccolella, ha improvvisato il discorso. In un attimo in chiesa è calato un silenzio irreale. Quasi a confermare che — come ha subito osservato — di fronte al dolore e alle miserie della vita c’è sempre un certo “pudore”, Francesco ha usato un tono di voce basso, delicato, per spiegare che il malato «è la carne viva di Cristo crocifisso» che sta in mezzo a noi. Non si sentiva volare una mosca.
Una parentesi di riflessione e di silenzio inserita nel mare di gioia ed entusiasmo che Napoli ha riservato a Francesco e che è dilagato nell’ultimo appuntamento della giornata: l’incontro con i giovani sul lungomare Caracciolo. Lungo la litoranea si snodava una teoria ininterrotta di bandierine, palloncini, cartelli e braccia al cielo che salutavano il passaggio del Pontefice sulla papamobile. Poi l’arrivo alla rotonda Diaz dove era stato montato il grande palco per una festa che, nel saluto a Francesco, ha voluto riunire le generazioni: giovani e anziani, perché, come ha poi ricordato il Papa, «un popolo che non cura i giovani e che non cura gli anziani non ha futuro». Tra i protagonisti dell’animazione anche sette bande musicali, tutte formate da bambini dagli 8 ai 15 anni, che hanno eseguito brani del repertorio tradizionale napoletano.
Prima di salire sul palco, Francesco ha anche dato il suo contributo a una campagna dell’Automobile club d’Italia sulla sicurezza stradale indossando un casco per motociclisti. Poi ha risposto alle domande della giovane Bianca, della novantacinquenne Erminia e della coppia di sposi Angelo e Caterina. Lo ha fatto chiedendo scusa per la stanchezza che lo costringeva a stare seduto.
Anche con loro, parlando a braccio, si è lasciato andare a battute e aneddoti. Stanco ma visibilmente felice, si è speso fino all’ultimo non lesinando consigli pratici e suggerimenti. Infine, dopo aver per l’ultima volta augurato un futuro felice a tutti i napoletani («Ca ‘a Maronna v’accumpagne!» ha ripetuto) Francesco ha raggiunto con la papamobile la Stazione marittima dove, salutato dal suono delle sirene delle navi ormeggiate, si è congedato dal cardinale Sepe e dalle autorità cittadine. Alle 18.05, a bordo dell’elicottero dell’Aeronautica militare, è ripartito per il Vaticano.
L'Osservatore Romano