Propongo come meditazione visiva per
questa notte, alla fine del carnevale, questa simpatica tavola allegorica di Ignacio de
Ries, pittore spagnolo del XVII sec. Il titolo è "Arbol de la vida", e
si trova nella Cattedrale di Segovia.
E'
una rappresentazione della vanità della vita mondana e ridanciana,
simbolizzata dalle gozzoviglie che si tengono in cima all'albero, nella
noncuranza generale dei colpi che la morte quotidianamente assesta all'
"albero della vita". Il diavolo tira dalla sua parte, cercando di
accelerare l'inevitabile, per non dar tempo ai buontemponi di
ricordarsi: "memento homo quia pulvis es...", "ricordati che sei polvere
e in polvere tornerai".
Dalla
parte opposta alla morte, in abiti penitenziali, Gesù suona la campana,
cercando di intercettare l'attenzione dei gaudenti tra le feste
carnascialesche. Pare invano, a giudicare dallo sguardo preoccupato del
Signore.
Ma come ogni vanitas anche questo quadro è un ammonimento. Una pubblicità penitenziale: l'ora è giunta, la Quaresima è alle porte.
Scendete dall'albero - prima che sia troppo tardi, albero che pare "della vita" e invece ti trascina nella tomba.
Fonte: Cantuale Antonianum
* * *
Di seguito una riflessione sulla storia della Quaresima di Giovanni Preziosi
ROMA, martedì, 21 febbraio 2011.-
In preparazione alla S. Pasqua, fin dai primissimi tempi del
Cristianesimo, cominciò a praticarsi dai fedeli un periodo di
preparazione per disporsi sempre meglio a quello che è il mistero
centrale della Redenzione del Cristo.
Dapprima si iniziò con un periodo di un solo giorno; poi questo
periodo si andò sempre più allungando, comprendendo 6 settimane, e così
si ebbe la Quaresima (dal latino “Quadragesimae”) cioè 40 giorni di
preparazione al Mistero Pasquale. La Quaresima comporta per i fedeli due
distinte pratiche religiose: il digiuno e la penitenza. Il primo, al
quale erano un tempo obbligati (ad esclusione delle domeniche) tutti i
fedeli fra i 21 e i 60 anni, fu introdotto nella Chiesa non prima del IV
sec.
Anticamente nella Chiesa Latina il digiuno riguardava 36 giorni; nel V
sec. ne vennero aggiunti altri 4 e l’esempio si seguì in Occidente,
tranne che nella Chiesa ambrosiana. Gli antichi monaci latini facevano 3
quaresime: la principale, prima di Pasqua; l'altra prima di Natale,
chiamata Quaresima di S. Martino; la terza, a S. Giovanni Battista, dopo
la Pentecoste.
Se c’erano delle buone ragioni per giustificare il digiuno di 36
giorni, ve ne erano delle eccellenti per spiegare il numero
quadragenario. Si osserva, anzitutto, che questo numero nelle Sacre
Scritture, rappresenta sempre la pena e l’afflizione.
Per 40 giorni e 40 notti era durato il diluvio che aveva sommerso la
terra ed estinto l’umanità peccatrice (cfr. Gn. 7,12); per 40 anni il
popolo eletto dovette errare nel deserto, in punizione della sua
ingratitudine, prima di entrare nella terra Promessa (cfr. Dt. 8,2); per
40 giorni Ezechiele aveva dovuto giacere sul proprio fianco destro a
raffigurare il castigo divino imminente sulla città di Gerusalemme (cfr.
Ez 4,6); per 40 giorni Mosè aveva digiunato sul Sinai prima di
attendere la Rivelazione divina (cfr. Es. 24, 12-17); per 40 giorni
aveva viaggiato Elia nel deserto, per sfuggire alla vendetta della
regina idolatra Jezabele ed essere consolato ed ammaestrato da Jahvè
(cfr. 1Re 19,1-8); anche Gesù, dopo il battesimo ricevuto nel Giordano e
prima di iniziare la sua vita pubblica, trascorse 40 giorni e 40 notti
nel deserto pregando e digiunando (cfr. Mt 4,2).
In passato, il digiuno cominciava con la Prima Domenica di Quaresima e
si concludeva all’Alba della Resurrezione di Gesù. Senonché, siccome la
domenica era giorno festivo, e ad essa non si addiceva il digiuno
quaresimale, allora per supplire ai 4 giorni di digiuno, che in tal modo
venivano a mancare per avere il numero sacro di 40 giorni, si cominciò
il digiuno quaresimale con il mercoledì antecedente alla Prima Domenica
di Quaresima.
Questo uso iniziò negli ultimi anni di vita di S. Gregorio Magno, che
fu sommo pontefice dal 590 al 604 d.C. Quindi questo mutamento di
iniziare la Quaresima al mercoledì, detto in seguito delle Ceneri,
possiamo datarlo ai primissimi anni del sec. VII, e cioè proprio tra il
600 e il 604.Quel Mercoledì fu perciò chiamato Caput Jejunii, cioè
inizio del digiuno quaresimale, oppure Caput Quadragesime, e cioè inizio
della Quaresima.
La penitenza per i pubblici peccatori iniziava con la loro
separazione dalla partecipazione alla Liturgia Eucaristica. Ma una vera e
propria prescrizione ecclesiastica la troviamo nel Concilio di
Benevento del 1901, al canone 4.
Nel cristianesimo primitivo, il periodo della Quaresima era dedicato a
preparare i catecumeni, che nel giorno della Pasqua avrebbero ricevuto
il battesimo e sarebbero stati accolti nella Chiesa. La pratica del
digiuno, fin dalle più remote antichità , fu imposta dalle leggi
religiose di vari popoli. Nei libri sacri dell’India, nei papiri
dell’antico Egitto e nei libri mosaici sono contenuti numerosi precetti
relativi al digiuno.
Nell’osservanza della Quaresima gli Orientali sono più severi dei
cristiani d’Occidente. Nella Chiesa greco-scismatica il digiuno è di
stretto rigore durante tutti i 40 giorni che precedono la Pasqua;
nessuno può dispensarsene, neanche il patriarca.I primi monaci
(cenobiti) del cristianesimo praticavano il digiuno commemorativo di
Gesù nel deserto; quelli dell’Egitto non prendevano che appena 12 oncie
di pane al giorno. metà alla mattina e metà alla sera, con un sorso
d’acqua.
In passato, durante il periodo quaresimale, non era consentito che un
solo pasto al giorno. Questo unico pasto nel IV sec. si teneva dopo il
tramonto del sole. In seguito fu permesso verso le 15. Al principio del
secolo XVI venne concesso dalle autorità della Chiesa di aggiungere al
pasto principale la cosiddetta “colatio”, leggera refezione serale.
Temperandosi sempre più i rigori, la carne, che prima era assolutamente
bandita dalla mensa durante la Quaresima, vi fu poi ammessa nel pasto
principale fino a tre volte per settimana.
Le tassative prescrizioni del digiuno quaresimale si pubblicavano
ogni anno in Roma mediante il famoso “Editto sull’osservanza della
Quaresima”. La pratica del digiuno era in passato veramenteobbligatoria e
chi vi contravveniva andava incontro a seri guai.
I rigori erano tali che il Concilio VIII di Toledo nel 653 comandò a
coloro che, senza necessità , avessero mangiato carne in Quaresima di
astenersi per tutto l’anno e non accostarsi alla comunione il giorno di
Pasqua.
Fonte: Zenit