venerdì 14 ottobre 2011

Chi crede in me anche se è morto vivrà



Propongo come lettura di questa sera un testo di Giovanni Crisostomo sulla morte cristiana, cioè sulla vita eterna... Per riposare in pace.

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"La maggior parte degli uomini, quando vede delle persone gradite a Dio soffrire qualche male, sia che vengano colpite da una malattia, sia che cadano in miseria o capiti loro qualche altra cosa del genere, si scandalizzano, non sapendo che tali sofferenze convengono proprio agli amici di Dio. Lazzaro infatti era uno degli amici di Cristo e si era ammalato; proprio questo gli mandarono a dire per farlo venire: "Quello che Tu ami è malato" (Gv. 11, 3). (...)
L'evangelista narra che Lui nutriva affetto anche per le due sorelle; e tuttavia permise che Lazzaro morisse. (...)
"Chi crede in me, anche se è morto vivrà" (cioè anche se è morto di questa morte terrena); "e chiunque vive e crede in me, non morirà" (cioè, di quell'altra morte). Poichè dunque Io sono la resurrezione, non turbarti se lui è già morto, ma credi. Questa infatti non è la vera morte. In tal modo Gesù consolò le sorelle nella loro disgrazia e le indusse a sperare, ora dicendo che il fratello sarebbe risuscitato, ora proclamando: "Io sono la risurrezione", ora facendo capire che, anche se fosse risuscitato per poi morire di nuovo, non avrebbe sofferto nulla di male. Non è questa specie di morte che noi dobbiamo temere; cioè, come non è morto lui di vera morte, così non morirete neanche voi. (...)
Al giorno d'oggi è molto diffusa questa cattiva abitudine: ci si abbandona con ostentazione a lamenti e pianti in occasione di funerali. (...)
Che cos'è questa follia? Non ne rideranno forse i pagani? Non crederanno forse che la nostra religione sia una favola? Diranno infatti: "Non esiste la risurrezione, le credenze dei cristiani sono cose ridicole, sono illusioni. Come se infatti non vi fosse altra vita dopo questa, così piangono; non riflettono su quello che si trova scritto nei loro libri sacri. Se credessero che Colui che è morto non è veramente morto, ma è passato a miglior vita, non lo piangerebbero come se non esistesse più, non si lascerebbero andare in questo modo, non emetterebbero quelle grida piene di incredulità". (...)
Ma come, mi chiederai, non è lecito piangere un uomo? Non vi proibisco affatto il pianto, ma i lamenti eccessivi. Non sono nè crudele nè disumano. Non possiamo non piangere, come ha dimostrato Cristo stesso versando lacrime per Lazzaro. Fà dunque anche tu così! Piangi, ma sommessamente, con timore di Dio. Se piangerai così, non ti dispererai come chi non crede alla risurrezione, ma soltanto come uno che soffre per una separazione temporanea.
Versiamo lacrime infatti anche per coloro che ci lasciano per andare lontano, ma non per disperazione. Ebbene, versa anche tu lacrime di questo genere, come se tu ti congedassi da uno che parte".
Giovanni Crisostomo, Disc. 65, 1-2, in Commento al Vangelo di Giovanni III, Roma 1970, pp.20-29