Il professor Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma, presenterà il suo nuovo libro, dal titolo “Informazione: istruzioni per l’uso. Notizie, Rete e tutela della persona”, lunedì 3 novembre alle ore 18 a Palazzo Cusani, Via Brera, 15, a Milano. Ne discuteranno, insieme con lui: Elio Catania - Presidente Confindustria digitale Maurizio Costa - Presidente Fieg (Federazione italiana editori giornali) Augusta Iannini - Vicepresidente Autorita' Garante per la protezione dei dati personali Maria Latella – Giornalista. Modera: Vira Carbone - Giornalista e conduttrice di “Buongiorno Benessere” (Rai 1). Titolo del dibattito: “Informazione in Rete, tra insidie e opportunità. Tecnologie e nuove professionalità per il “Sistema Paese". Tra i temi, anche quelli affrontati dal professor Razzante in questo articolo.
Il Parlamento spagnolo ha appena approvato la “Google Tax”, cioè un balzello che i motori di ricerca dovranno pagare agli editori per indicizzare i loro contenuti. Dal primo gennaio, quindi, gli editori riscuoteranno una sorta di “compensazione equitativa” dagli aggregatori di contenuti. Un primo passo verso una redistribuzione degli utili nella filiera di produzione e trasmissione delle informazioni. Il compenso verrà riscosso per il diritto di citazione o di rassegna, anche se limitato a frammenti «non significativi di informazione, opinione o intrattenimento». In Italia se n’è parlato all’epoca del governo Letta (proposta del deputato Pd, Francesco Boccia), poi più nulla. Ma questo è solo uno dei nodi da sciogliere nel mondo dell’informazione.
Il sistema dei media tradizionali è contrassegnato da consolidate posizioni “impure”, stante la commistione inestricabile tra interessi editoriali e posizioni di potere economico-finanziario, imprenditoriale, pubblicitario e politico. Per decenni il sistema si è retto artificialmente grazie al meccanismo distorto dei finanziamenti pubblici, ad una legislazione incoerente, frastagliata e sbilanciata in favore dei soggetti dominanti e a un mercato dell’advertising “drogato”. Il lento e inesorabile crollo dei fatturati pubblicitari, la metamorfosi nelle “diete mediatiche” degli italiani, la perdita di credibilità della categoria dei giornalisti per ragioni che cercheremo di evidenziare e argomentare, hanno messo in crisi un modello di business alimentato da calcoli convenientistici anziché da strategie aziendali illuminate. E l’avvento della Rete, con l’errore fatale di alcuni editori di puntare ad erodere quote di pubblico dai media tradizionali attraverso la fornitura gratuita dei contenuti on line, ha comportato una complessiva svalutazione dei prodotti editoriali e ha spiazzato editori, giornalisti e operatori del settore.
Si è salutata l’esplosione dell’informazione on line come una conquista della democrazia, si è celebrata la bidirezionalità nei flussi informativi come la panacea di quel virus che sembrava inestirpabile e che prendeva il nome di faziosità dell’informazione. E invece si è scoperto col tempo, inesorabilmente, il rovescio della medaglia: informazioni in Rete non vagliate, giornali on line fatti da non giornalisti, cioè da soggetti non vincolati sul piano disciplinare al rispetto di opportune norme di autodisciplina, saturazione degli spazi di attenzione dell’utenza, non sempre capace di oculato discernimento nella distinzione tra notizie veritiere e notizie infondate e manipolate, sostituzione di vecchie posizioni dominanti con nuove e più avvolgenti situazioni di abnorme vantaggio sul mercato pubblicitario. Le leggi stanno puntando a realizzare un efficace bilanciamento tra le garanzie della libertà d’informazione e la tutela dei diritti della personalità, in primis l’onore, la reputazione, l’immagine, la privacy, senza contare l’impervia difesa del diritto d’autore.
Il mondo dei media patisce condizionamenti di ogni tipo, a partire dai grumi di interessi che si addensano attorno agli assetti proprietari e che spesso ostacolano linearità e trasparenza nella filiera di produzione e divulgazione delle informazioni. E in Rete si materializzano progressivamente altri rischi di sospensione per la democrazia, dovuti alle posizioni gigantescamente dominanti di colossi che gestiscono una mole sconfinata di dati per finalità commerciali e che sembrano porre nell’angolo le professionalità giornalistiche. Viaggiano on line, infatti, fiumi maestosi di notizie prodotte da semplici utenti e spacciate per informazioni attendibili e soggette a filtri di autenticazione. In realtà si tratta di notizie riversate nel mare magnum della Rete senza le dovute verifiche, con l’aggravante che esse finiscono per confondersi e apparire indistinguibili da quelle invece confezionate da giornalisti attenti a pubblicare le notizie soltanto dopo averne valutato fondatezza e rilevanza. In questo senso, la “democrazia della connessione” sconta un deficit di qualità e affidabilità assai più vistoso rispetto alla tradizionale “democrazia dell’informazione”.
Editori, direttori, giornalisti e pubblico sono avviluppati, più o meno consapevolmente, in una selva di vincoli inestricabili e di condizionamenti paralizzanti che incidono sul prodotto finale, determinando distorsioni nella democrazia dell’informazione e compromettendo il carattere pubblico e neutrale delle notizie. Senza contare che l’invadenza della pubblicità nel campo dell’informazione si amplifica on line in ragione di sempre più collaudate tecniche di profilazione dei percorsi di navigazione degli utenti. É il tema della pubblicità comportamentale (behavioural advertising), basata sulla raccolta di dati in Rete relativi al comportamento degli internauti. Essa utilizza informazioni sulle pagine visitate o le ricerche effettuate dall’utente per identificare la tipologia di contenuti pubblicitari da proporgli. Quest’attività è condotta attraverso i cookie, piccoli file di testo che i siti visitati inviano al terminale dell’utente, dove vengono memorizzati, per poi essere ritrasmessi agli stessi siti alla visita successiva. In base ai link cliccati da chi naviga in Rete, è possibile, infatti, tracciare profili particolareggiati delle abitudini, dei gusti, delle preferenze degli utenti, ai quali indirizzare pubblicità mirata. Diventa indispensabile, alla luce di tali criticità, redistribuire i proventi derivanti dalla produzione e circolazione delle notizie in Rete e ridiscutere i meccanismi della filiera informativa, proprio per renderli remunerativi per tutti i soggetti coinvolti.