24.10.64 - Paolo VI riconsacra la chiesa abbaziale di Montecassino |
Ricordando l’evento nell’omelia tenuta il 25 ottobre durante la celebrazione dei Vespri a Montecassino nel cinquantesimo anniversario della proclamazione di san Benedetto a patrono primario d’Europa, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha riproposto le parole pronunciate da Paolo VI in quell’occasione: «Fra le tante impressioni, che questa casa della pace suscita ora nei nostri spiriti, una pare dominare sulle altre; ed è la virtù generatrice della pace. (...) Qui la pace ci appare altrettanto vera che viva; qui ci appare attiva e feconda. Qui si rivela nella sua capacità (...) di ricostruzione, di rinascita, di rigenerazione».
L’orizzonte monastico della sensibilità spirituale di Papa Montini e il suo profondo ideale benedettino spiegano la sua decisione di consacrare personalmente la nuova Basilica, già pienamente riedificata nel 1949, e di proclamare contemporaneamente san Benedetto patrono dell’intera Europa, ha spiegato il segretario di Stato.
«Paolo VI — ha rilevato ancora il porporato — era un “monaco nel cuore”, come dimostrano i suoi numerosi discorsi ai monaci, nei quali riemerge quella prima impressione d’incanto che egli ebbe al momento della sua originaria esperienza della vita monastica e che fu per lui al tempo stesso scoperta della bellezza della preghiera». Fu lui stesso a rivelarlo in un discorso tenuto agli abati benedettini il 1° ottobre 1973, nel quale affermò di avere provato in quel soggiorno giovanile «un senso di estasi per la maniera con la quale i monaci celebravano le sacre cerimonie, e (...) la perizia con cui sapevano cantare il canto gregoriano (...) e questa impressione, (...) fu scolpita nella mia anima, (,,,) e rimase uno degli argomenti, uno dei motivi, per cui mi fu caro dare la mia vita al servizio del Signore». È questo, secondo il beato Paolo VI, il modello sul quale l’Europa è stata plasmata, «un continente — sottolinea il segretario di Stato nell’omelia — che a partire da questi presupposti deve porsi come obiettivi fondamentali la fede e l’unità, cioè, l’unità spirituale dei popoli europei».
Su queste basi appare ancora più evidente il motivo per il quale Paolo VI volle proclamare san Benedetto patrono dell’Europa, forte del suo passato e delle speranze per il suo futuro. Un patrono e protettore i cui strumenti di unità e di evangelizzazione tra popoli differenti furono la Croce, il libro e l’aratro. Con la Croce, afferma Montini nella lettera apostolica Pacis nuntius, del 24 ottobre 1964, «diede consistenza e sviluppo agli ordinamenti della vita pubblica e privata». Con il libro, ossia con la cultura, continua, salvò «la tradizione classica degli antichi, trasmettendola intatta ai posteri e restaurando il culto del sapere». Con l’aratro, conclude, «riuscì a trasformare terre deserte ed inselvatichite in campi fertilissimi e in graziosi giardini e, unendo la preghiera al lavoro materiale, secondo il famoso motto ora et labora, nobilitò ed elevò la fatica umana».
L'Osservatore Romano