Mediante l'umiltà viviamo con Dio,
e Dio vive con noi in una vera pace;
in essa si trova il fondamento vivo di ogni santità.
L'uomo umile rinuncia alla propria volontà
e si abbandona spontaneamente nelle mani di Dio.
Così diviene una sola volontà e una sola libertà con la volontà divina.
E questo è proprio il fondo dell'umiltà.
La volontà di Dio, che è la libertà,
ci toglie ogni spirito di timore
e ci rende liberi e vuoti da noi stessi.
Allora Dio ci dà lo Spirito degli eletti,
che ci fa gridare con il Figlio : «Abba, Padre».
Beato Jan Ruysbroeck
Mt 11, 28-30
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
IL COMMENTO
Lui ci chiama, per imparare la mitezza e l'umiltà, il cuore di Cristo. Ascoltare e andare. E' questa la volontà di Dio per noi. Oggi e sempre. Sino all'ultima chiamata, quella per le nozze eterne. Andare e fermarsi presso di Lui. Vedere dove Lui abita, stare con Lui, imparare. L'orecchio aperto come un discepolo. Ai suoi piedi, cercando e desiderando l'unica cosa buona, la sua Parola, la sua vita, il suo amore. In questo atteggiamento del cuore, e solo in esso, troveremo ristoro, riposo per il nostro intimo, per le nostre anime.
Entrare nel suo riposo, nello shabbat preparato per noi, entrarvi con un cuore docile. Se oggi ascoltiamo la sua voce non induriamoci, lasciamoci sedurre dalla sua misericordia. Il suo Giogo, la Croce d'ogni giorno, è il cammino al riposo. Perchè riposa solo chi ha presente sempre la verità: "Sappi [tre cose,] da dove vieni: da una goccia putrefatta; dove vai: verso un luogo di polvere, di larve e di vermi; e davanti a chi dovrai rendere conto: davanti al Re, il Re dei re, il Santo, benedetto Egli sia" (Avot 3,1). Sapere queste tre cose è la verità che libera dall'orgoglio e dall'arroganza di dover condurre la propria vita con lo sforzo e l'angoscia di chi presume di sé ed esige dagli altri.
Andare al Signore è già imparare ad essere miti e umili di cuore. Il mite infatti, come recita il salmo 37, possiede già la terra perchè ha conosciuto la propria debolezza, non se ne scandalizza, si lascia condurre, e può vivere dell'autentico alimento: "Ricordati di tutto il cammino che il Signore, il tuo Dio, ti ha fatto fare in questi quarant'anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provar la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per insegnarti che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che vive di tutto quello che procede dalla bocca del Signore"(Deut. 8,2-3). L'umiltà della verità conduce all'abbandono totale alla Parola: in un manoscritto ebraico scoperto nel 1898 nel cosiddetto Cairo Genizah, il luogo dove in una sinagoga del Cairo venivano “sepolti” i manoscritti logori contenenti le Sacre Scritture, è stato trovato questo frammento: "Venite a me, voi che siete senza istruzione, prendete dimora nella mia casa di studio [beit midrash]. Quanto tempo volete rimare privi di queste cose, mentre la vostra anima ne è tanto assetata? Ho aperto la bocca e ho parlato della sapienza: Acquistatela senza denaro. Sottoponete il collo al suo giogo, e permettete alla vostra anima di portare il suo carico. Essa è vicina a quelli che la cercano e la persona che dà la sua anima la trova. Vedete con gli occhi che poco mi faticai, ma ho perseverato fino a quando non l’ho trovata".
Imparate (màthete = studiate) Da (apo) me. L'umiltà e la mitezza si studiano, ed il libro è Cristo, la sua stessa vita incarnata nella nostra esistenza. Studiare le sue parole, il suo pensiero, i suoi sentimenti, sino ad assumerli e a farli nostri. Nulla di sentimentale o moralistico, piuttosto il com-prendere, il prendere-con noi, su di noi, il giogo della Torah, il carico leggerissimo dello straordinario compiuto in Cristo. Prendere con noi una vita, un amore, un pensare impossibili, un giogo pesantissimo per chi non conosce Cristo. Un giogo che, senza la Grazia, schiaccia e uccide: e questo è per quanti esigono dai cristiani, facendo della Chiesa un luogo di leggi, di obblighi, di volontariati asfissianti: "«Gli scribi e i Farisei seggono sulla cattedra di Mosè. Fate dunque ed osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le opere loro; perché dicono e non fanno. Difatti, legano dei pesi gravi e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li vogliono muovere neppur col dito» (Mat.23:2-4).
"Mosè era un uomo molto umile, più di ogni altro uomo sulla faccia della terra.” (Numeri 12,3). E' mite chi ha imparato che la lotta d'ogni giorno non è contro le creature di carne, contro suocere o mariti o mogli o figli o colleghi di lavoro o coinquilini di condominio. La lotta è contro il demonio, il padre della menzogna e dell'orgoglio. In questa lotta occorre imbracciare le armi della fede, la Parola, lo zelo per il Vangelo, il Suo amore infinito. La fede, la speranza e la carità, i doni del Cielo riservati a chi reclina il proprio capo sul peto di Gesù. La nostra mente nel cuore di Gesù. E' questa la fonte della mitezza e dell'umiltà, la porta al riposo e alla pace.
Ci aiuta la figura di Davide: "instancabile e tenace ricercatore di Dio, ne ha tradito l’amore, e questo è caratteristico: sempre è rimasto cercatore di Dio, anche se molte volte ha gravemente peccato; umile penitente, ha accolto il perdono divino, anche la pena divina, e ha accettato un destino segnato dal dolore. Davide così è stato un re, con tutte le sue debolezze, «secondo il cuore di Dio» (cfr 1Sam 13,14), cioè un orante appassionato, un uomo che sapeva cosa vuol dire supplicare e lodare" (Benedetto XVI, Catechesi del 22 giugno 2011). Non perdere mai l'audacia di ritornare a Dio, di abbandonarsi alla misericordia del Padre: è questa l'umiltà, la mitezza autentica, il cuore secondo Dio che conosce Dio e non dubita di Lui, mai. Neanche davanti alla caduta più atroce, mai. Neanche dinanzi alla contraddizione più umilinate. Mai.Nella certezza che nulla e nessuno potrà mai separarci dal suo amore, rivelato in Cristo Gesù.
Beato Jan Ruysbroeck (1293-1381), canonico regolare
I sette gradi dell'amore spirituale, cap. 4
Mediante l'umiltà viviamo con Dio, e Dio vive con noi in una vera pace ; in essa si trova il fondamento vivo di ogni santità. Può essere paragonata ad una fonte da cui sgorgano quattro fiumi di virtù e di vita eterna (cfr. Gen 2,10)... Il primo di questi fiumi, che zampilla da un suolo veramente umile, è l'ubbidienza ;... l'orecchio diviene umilmente attento, per ascoltare le parole di verità e di vita che vengono dalla Sapienza di Dio, mentre le mani sono sempre pronte ad adempiere la sua amatissima volontà... Cristo, la Sapienza di Dio, si è fatto povero per arricchirci, è divenuto servo per farci regnare, infine è morto per darci la vita... Affinché sapessimo come seguirlo e servirlo, ci dice : « Imparate da me, che sono mite e umile di cuore ».
La mitezza, infatti, è il secondo dei fiumi di virtù che sgorga dal suolo dell'umiltà : « Beati i miti perché erediteranno la terra » (Mt 5,5), cioè la propria anima e il proprio cuore, in pace. Infatti sull'uomo mite e umile riposa lo Spirito del Signore ; e quando il nostro spirito è così innalzato e unito allo Spirito di Dio, portiamo il giogo di Cristo che è gradevole e dolce, e siamo caricati del suo fardelo leggero... Da questa intima mitezza zampilla un terzo fiume, che consiste nel vivere con ogni pazienza. Nella tribolazione e la sofferenza, il Signore ci visita. Se riceviamo queste messaggere con un cuore lieto, allora verrà lui ; ha detto infatti per mezzo del profeta : « Presso di lui sarò nella sventura, lo salverò e lo renderò glorioso » (Sal 90,15).
Il quarto e ultimo fiume di vita umile à l'abbandono della volontà propria e di ogni ricerca di se stesso. Questo fiume nasce nella sofferenza sopportata con pazienza. L'uomo umile... rinuncia alla propria volontà e si abbandona spontaneamente nelle mani di Dio. Così diviene una sola volontà e una sola libertà con la volontà divina... E questo è proprio il fondo dell'umiltà... La volontà di Dio, che è la libertà, ci toglie ogni spirito di timore e ci rende liberi e vuoti da noi stessi... Allora Dio ci dà lo Spirito degli eletti, che ci fa gridare con il Figlio : « Abba, Padre » (Rm 8,15).
La mitezza, infatti, è il secondo dei fiumi di virtù che sgorga dal suolo dell'umiltà : « Beati i miti perché erediteranno la terra » (Mt 5,5), cioè la propria anima e il proprio cuore, in pace. Infatti sull'uomo mite e umile riposa lo Spirito del Signore ; e quando il nostro spirito è così innalzato e unito allo Spirito di Dio, portiamo il giogo di Cristo che è gradevole e dolce, e siamo caricati del suo fardelo leggero... Da questa intima mitezza zampilla un terzo fiume, che consiste nel vivere con ogni pazienza. Nella tribolazione e la sofferenza, il Signore ci visita. Se riceviamo queste messaggere con un cuore lieto, allora verrà lui ; ha detto infatti per mezzo del profeta : « Presso di lui sarò nella sventura, lo salverò e lo renderò glorioso » (Sal 90,15).
Il quarto e ultimo fiume di vita umile à l'abbandono della volontà propria e di ogni ricerca di se stesso. Questo fiume nasce nella sofferenza sopportata con pazienza. L'uomo umile... rinuncia alla propria volontà e si abbandona spontaneamente nelle mani di Dio. Così diviene una sola volontà e una sola libertà con la volontà divina... E questo è proprio il fondo dell'umiltà... La volontà di Dio, che è la libertà, ci toglie ogni spirito di timore e ci rende liberi e vuoti da noi stessi... Allora Dio ci dà lo Spirito degli eletti, che ci fa gridare con il Figlio : « Abba, Padre » (Rm 8,15).