Di seguito il testo dell'intervista di Andrea Tornielli al teologo don Nicola Bux, dedicata ad approfondire i brevi estratti delle opere o dei discorsi del vescovo Gerhard Müller fatti circolare in questi mesi per ostacolarne la nomina e rilanciati ora, dopo l’avvenuta nomina a Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. In fondo al post un saggio di Mariologia del nuovo Prefetto.
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La nomina del vescovo di Ratisbona Gerhard Müller a nuovo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede è stata preceduta e seguita dalla diffusione – prima attraverso anonime email e quindi in articoli sul web, compreso nel sito italiano della Fraternità San Pio X – di piccole estrapolazioni dai suoi scritti che riporterebbero posizioni discutibili in materia di fede. Le cose stanno davvero così? Vatican Insider ha intervistato su questo il teologo Nicola Bux, consultore della Congregazione per la dottrina della fede.
Nel suo libro di dogmatica, Müller scrive che la dottrina sulla verginità di Maria «non riguarda tanto specifiche proprietà fisiologiche del processo naturale della nascita…».
«Il Catechismo della Chiesa Cattolica precisa che l’aspetto corporeo della verginità è tutta nel fatto che Gesù sia stato concepito senza seme umano, ma per opera dello Spirito Santo. Essa è un’opera divina che supera ogni comprensione e possibilità umana. La Chiesa confessa la verginità reale e perpetua di Maria ma non si addentra in particolari fisici; né pare che i concili e i padri abbiano detto diversamente.
In questa linea, mi sembra, vada inteso quanto ha scritto Müller, il quale non sostiene una “dottrina” che neghi il dogma della perpetua verginità di Maria, ma mette in guardia da un certo, per dir così, “cafarnaismo”, cioè quella maniera di ragionare “secondo la carne” e non “secondo lo spirito”, già emersa a Cafarnao tra i giudei al termine del discorso di Gesù sul pane della vita».
Nel 2002 Müller, nel libro «Die Messe - Quelle des christlichen Lebens», parlando del sacramento eucaristico scrive che «il corpo e il sangue di Cristo non indicano componenti materiali della persona umana di Gesù nel corso della sua vita o della sua corporeità trasfigurata. Qui, corpo e sangue significano la presenza di Cristo nei segni del medium costituito da pane e vino».
«Proprio a Cafarnao i termini usati da Gesù, carne e sangue, furono fraintesi in modo antropomorfico e il Signore dovette ribadire il loro senso spirituale che non vuol dire che la sua presenza sia meno reale, vera e sostanziale. Si veda in proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica. Sant’Ambrogio dice che non si tratta dell’elemento formato dalla natura, ma della sostanza prodotta dalla formula di consacrazione: la stessa natura viene trasformata, perciò corpo e sangue sono l’essere di Gesù. Il concilio Tridentino dice che nell’eucaristia è presente “sostanzialmente” nostro Signore, vero Dio e vero uomo. È presente sacramentalmente con la sua sostanza, un modo di essere misterioso, ammissibile per fede e possibile da parte di Dio.
San Tommaso aveva detto che il modo della “sostanza” e non quello della “quantità”, caratterizza la presenza di Cristo nel sacramento dell’eucaristia. Il pane e il vino in quanto specie o apparenze, mediano il nostro accesso alla “sostanza”, cosa che accade soprattutto nella comunione. Comunque il concilio Tridentino non vede contraddizione tra il modo naturale della presenza di Cristo in cielo e quello sacramentale di essere in molti altri luoghi. Tutto ciò è stato ribadito da Paolo VI nella sua purtroppo dimenticata enciclica Mysterium Fidei. Non bastano i sensi ma ci vuole la fede. È mistero della fede».
Sul protestantesimo e l’unicità salvifica di Gesù, Müller nell’ottobre 2011 ha dichiarato: «Il battesimo è il segno fondamentale che ci unisce sacramentalmente in Cristo, e che ci presenta come una Chiesa dinanzi al mondo. Perciò, noi come cattolici e cristiani evangelici siamo già uniti persino in ciò che chiamiamo la Chiesa visibile».
«Sant’Agostino ha difeso contro i donatisti, la verità che il battesimo è un vincolo indistruttibile, che non abolisce la fraternità tra i cristiani, anche quando sono scismatici o eretici. Purtroppo oggi nella Chiesa si teme il dibattito, ma si procede per tesi e ostracismi di chi la pensa diversamente. Mi riferisco alla teologia, certo, che può essere opinabile.
Tuttavia anche lo sviluppo dottrinale trae giovamento dal dibattito: chi più ha argomenti, convince. Nelle accuse a monsignor Müller si estrapola dal contesto: così è facile condannare chiunque. Un vero cattolico deve fidarsi dell’autorità del Papa, sempre. In particolare, credo che Benedetto XVI sappia quel che fa. E vorrei rinnovare alla Fraternità Sacerdotale San Pio X proprio l’invito a fidarsi del Papa».
È stato detto che il nuovo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede non sarebbe stato finora molto favorevole al Motu proprio Summorum Pontificum…
«Io sono certo che comprenda le ragioni che hanno indotto il Papa a promulgarlo e che opererà secondo lo spirito e la lettera del Motu proprio. Quanto alle estrapolazioni di cui abbiamo parlato, le cose scritte da monsignor Müller appartengono alla sua stagione di teologo e un teologo non produce dottrina, almeno immediatamente. Da vescovo deve invece difendere e diffondere la dottrina non sua, ma della Chiesa e credo che l’abbia fatto. Da Prefetto continuerà a farlo, sotto la guida del Papa».
Fonte: Vatican Insider
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Riporto di seguito un saggio su:
La Mariologia di Gerhard Mueller
che traggo da: S. M. Perrella, Il parto verginale nel dibattito teologico contemporaneo (1962-1994), Marianum, Roma 1994.
1 - L'opera di Gerhard Mueller
Nella sua opera, che porta il titolo tedesco di "Geboren von der Jungfrau Maria? Eine theologische Deutung", l'autore, docente di teologia dogmatica all'università di Monaco di Baviera, affronta con intelligenza teologica la grave questione della nascita di Gesù da Maria. Müller sa, e tiene a ribadirlo sin dal principio, che il tema preso in esame tocca intimamente il dogma di Cristo, vero Dio e vero uomo. Vero Dio: "Paolo e Giovanni conoscono, come mostra l'idea della preesistenza, una modalità d'esistenza divina di Gesù quale Figlio o Logos di Dio già prima del suo invio nel mondo e perciò 'prima' della sua modalità d'esistere terrena". Vero uomo: in quanto uomo venuto a noi mediante la potenza dello Spirito e tramite lo straordinario atto generativo per cui assume da Maria l'umanità, "non nel modo della generazione sessuale, bensì nel modo dell'assunzione creativa redentrice e perciò dell'assoluta costituzione metafisica dell'esser-uomo di Gesù senza la mediazione, come causa seconda, di un atto generativo umano. L'uomo Gesù esiste dunque esclusivamente grazie alla presenza di rivelazione di Dio nel suo Spirito, che è Dio stesso".
Lo studio, articolato e profondo, vuole offrire un contributo intellettualmente onesto ed attuale per far emergere la dignità e la rilevanza salvifica del Natus ex Maria Virgine, stemperando i toni di un dibattito fattosi acceso e polemico.
Controversie sulla nascita verginale
E' cosa ben nota che la contestazione della verità cristologica affonda le sue radici negli inizi della fede. Infatti già nel racconto evangelico di Matteo si possono cogliere dei tratti apologetici che lasciano supporre un'aspra polemica tra la primitiva comunità cristiana e gli ambienti giudaici. Polemica a cui si sono associati in seguito i pagani (Celso, Giuliano l'Apostata....), poi gli eretici di matrice marcioniana, gnostica, ebionita e adozionistica. La controversia, grazie alla dottrina dei Padri e dei primi grandi Concili, si acquietò per diverso tempo, per poi riesplodere nel secolo XVI ad opera dei sociniani che rifiutavano decisamente la nascita verginale di Cristo in quanto contraria alla ragione: "Con la nascente concezione meccanicistica del mondo - osserva Müller - la nascita verginale di Gesù, sembrò sempre più un isolato miracolo della natura, per il quale l'onnipotenza di Dio è intervenuta arbitrariamente nell'andamento della macchina del mondo". Con l'Illuminismo, poi, il dogma dell'incarnazione verginale di Cristo diviene oggetto di scherno: è - si afferma - espressione della radicata ignoranza scientifica e storica della Chiesa. In questo contesto, profondamente avverso alla fede e al pensiero cristiano, sorgono "spiegazioni scientifiche", ovvero nuove interpretazioni di ordine psicologico, mitologico, ermeneutico, storico - religioso, volte a mascherare e rettificare la obsoleta cultura, soprannaturalistico - dogmatica del cattolicesimo romano. Così Feuerbach denuncia l'inconsistenza delle cognizioni scientifiche nell'antichità che ha condotto gli stessi evangelisti a una interpretazione mitologica degli avvenimenti riguardanti l'origine, la persona e il ministero del Nazareno. Anni prima D. F. Strauss, sotto l'influsso della critica razionalistica del 'miracolo' e dell'interpretazione moralistica del cristianesimo di E. Kant, aveva liquidato l'incarnazione verginale come "la più vistosa deviazione di tutte le leggi naturali".
Interpretando i testi biblici con categorie della psicologia del profondo, il teologo tedesco Drewermann, vede nei vangeli l'illustrazione di un modello archetipo presente nell'inconscio collettivo dell'umanità, per cui i racconti della nascita di Matteo e Luca sono leggende pressoché mitiche. Gesù come uomo, si afferma, è stato generato e partorito come ogni altro uomo: straordinaria non è la sua nascita ma la sua vita; è appunto per spiegare questo che gli evangelisti si sono serviti della 'nascita verginale', mutuandola dalle narrazioni antico - orientali delle nascite reali. Di conseguenza la permanente verginità di Maria è destituita da ogni fondamento reale: sono simboli mitici di una 'nuova nascita' e di una 'nuova generazione', che hanno a che vedere col mito egiziano del Faraone, Figlio del sole.
L'approfondimento mariologico
Dopo aver presentato queste ed altre obiezioni moderne e contemporanee e aver accennato alla vasta problematica storico - critica, ermeneutica e di senso a cui deve essere soggetta l'odierna interpretazione del dogma affinchè non perda nulla nella sua congruità e consistenza di fede, Müller si sofferma sull'aspetto più propriamente mariologico: la verginità spirituale e corporale di Maria è il segno tangibile e reale che l'uomo Dio Gesù di Nazaret non può essere il mero risultato delle 'potenzialità della creatura'. La verginità della Madre del Signore, inoltre, ha un ampio spettro teologico (relazione trinitaria ed ecclesiale), teologale (tipologia mariana della fede) e antropologico da approfondire e additare.
2 - La Virginitas ante partum
La virginitas ante partum è affrontata dal teologo tedesco tenendo conto della professione di fede, della recente problematizzazione teologica (valore della sessualità umana, nesso tra immagine del mondo ed ermeneutica della fede), delle religioni comparate, della teologia sistematica evangelica e dell'apporto controverso e cospicuo dell'esegesi storico - critica; della resurrezione di Cristo come evento d'origine della fede e come principio di sviluppo della cristologia sinottica del Pneuma; della nascita di Gesù dalla Vergine come elemento profondamente necessario alla professione di fede in Lui. Riguardo alla questione della consistenza reale e teologica del concepimento verginale del Figlio di Dio, il Müller così sinteticamente conclude: "Il miracolo del concepimento dell'uomo Gesù dalla Vergine Maria è un momento implicito dell'evento più ampio e del miracolo della presenza di Dio nell'uomo Gesù, che la comunità riconosce come suo messia. E' ad ogni modo il miracolo, nel quale un essere umano, Maria, è stato abilitato di fatto a mettere al mondo Dio". Una verifica biologica di questo evento, assolutamente nuovo ed imprevedibile, non è possibile e nemmeno si deve esigere. L'incomparabilità del concepimento di Maria non può essere detta "innaturale". Al contrario sarebbe proprio contro la natura dell'atto naturale di generazione, con il quale è determinata essenzialmente la sussistenza creaturale che costituisce la persona, se Dio facesse scaturire da esso un substrato materiale, al quale "facesse scivolare sotto" la sua sussistenza propria.
3 - La Virginitas in partu
La virginitas in partu predica l'assenza di sofferenza nel parto e la prodigiosa ricostituzione del grembo di Maria dopo il parto del Figlio di Dio. Tale dottrina è comunemente ritenuta dalla tradizione patristica e dal Magistero ordinario e straordinario della Chiesa, anche se le diverse testimonianze dell'insegnamento ecclesiale vanno valutate, nei singoli casi, in modo differenziato per quanto riguarda la loro importanza, la loro volontà enunciativa e il loro carattere vincolante finale.
E' molto difficile, osserva il Müller, descrivere con compiutezza l'integritas corporis della Madre di Dio nell'ambito del fenomeno del parto, in quanto le "singole definizioni fisiologiche non possono essere la sostanza dell'enunciazione della fede, bensì solo elementi attraverso i quali la realtà della virginitas in partu deve essere designata come una realtà che si può cogliere solo nella fede". Tale dottrina, ben lungi dall'essere esclusivo prodotto dell'ideale ascetico della verginità, è frutto maturo dello sviluppo cristologico della Chiesa antica circa l'integrità della natura divina e umana del Logos, nella questione dell'unione ipostatica. In questo autorevole contesto dottrinale sorge, si sviluppa, si approfondisce e si sancisce l'enunciato della verginale maternità della Panaghia. Maria "non è in questo processo una stazione biologica di passaggio, bensì ella stessa è caratterizzata come persona dal suo rapporto personale con il Logos incarnato. Perciò la dottrina dell'unione ipostatica è legata all'affermazione di Maria come genitrice di Dio (Theotokos) e deve essere anche espressa linguisticamente nella sua luce. Da essa si delinea l'enunciazione mariologica centrale di Maria come madre vergine di Dio. Maria non è uno strumento fisico, bensì personale".
Il parto verginale della Theotokos, non deve essere smentito o sminuito nei suoi contenuti formali, ma va letto, interpretato e accolto come segno del tempo storico - salvifico inaugurato dal Figlio di Dio; "una realtà del nuovo mondo della redenzione che si presenta in virtù di Cristo". La nascita del Messia è il parto di Maria sono un inedito divino che afferma la mirabile prossimità dell'evento e della Persona divina nello spirito e nella carne della Vergine. Non sono un arbitrario sottrarre del Bambino e della Madre alla natura e alla solidarietà umana. La libertà dal dolore di Maria e il suo rimanere integra, nonostante la verità e la realtà del parto, hanno una significanza che richiama l'esegesi tipologico - patristica di Isaia 66, 7-10, ove si narra, con linguaggio assai figurato, di una improvvisa, sovrana e prodigiosa irruzione della Salvezza escatologica in Gerusalemme: "Prima di provare i dolori, ha partorito; prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un maschio. Chi ha mai udito una cosa simile, chi ha visto cose del genere?...."
Se si legge l'evento della salvezza escatologica in riferimento al parallelo antitetico Eva - Maria, utilizzato dai Padri per illustrare la virginitas in partu, si comprende come esso abbia propiziato il "fiat" della Vergine e abbia fatto "decadere" in lei gli effetti della punizione divina comminata ad Eva in Genesi 3,16. Infatti "attraverso il suo 'si' al messaggio della nascita dell'umanità del Redentore, il rapporto di Maria con Gesù è nuovo e determinato diversamente anche nel parto. Si trova già nell'orizzonte della nuova promessa di salvezza. Se qui si parla del miracolo della nascita di Gesù, allora questo non può certo avere nulla a che fare con fenomeni miracolistici. Inoltre Maria - anche tenendo conto della più tarda dottrina della sua preservazione dal peccato originale in considerazione dei meriti di Cristo - si trova solo nel contesto di un mondo infralapsario. Riguardo alla dottrina attestata biblicamente della sequela della croce da parte di Maria, deve essere interpretato in prospettiva escatologica anche il discorso della preservazione di Maria dalle doglie del parto". Anche l'interpretazione patristica di Ezechiele 44, 1-2 applicata a Maria, è espressione di una concezione realistica di salvezza della verginità nel parto.
I credenti, nell'accogliere il dogma della maternità vera e verginale di Maria, sancito deal magistero ecclesiale, devono essere ben consapevoli che "non sono i particolari ginecologici, che nei singoli casi furono valutati in modo differenziato, a determinare il contenuto di questo dogma di fede, bensì per quanto riguarda il contenuto della fede, la vera maternità di Maria deve essere espressa così che la sua relazione fondamentale con il Figlio di Dio che si rivela non venga annullata, cioè lesa. Pertanto il suo parto nella complessità dei suoi aspetti personali, spirituali e corporali è in effetti del tutto naturale". Il teologo tedesco, rifacendosi all'insegnamento mariologico di Karl Rahner, ama sottolineare e approfondire l'interpretazione teologica della virginitas in partu, piuttosto che soffermarsi sul glossario e sulla problematica fisicistica dell'enunciato, così pregno di senso storico - salvifico, escatologico, antropologico e simbolico.
4 - La Virginitas post partum
Per comprendere pienamente il contenuto e il valore teologico della virginitas post partum, avverte il teologo tedesco, bisogna rifarsi alle precedenti riflessioni sul "principio mariologico fondamentale" (Maria è la genitrice verginale del Logo incarnato) e bisogna conoscere e valutare le diverse e opposte considerazioni di ordine esegetico, storico e teologico riguardanti i "fratelli e sorelle di Gesù"; il rapporto sponsale tra Maria e Giuseppe; la locuzione di padre e madre di Gesù (Lc 2,33.48); la controversa formulazione di Matteo 1,25; il valore dimostrativo di Giovanni 19,26.....Il Magistero nel suo processo di approfondimento alla luce dello Spirito e della Parola, dopo aver valutato obiezioni e assensi, ha ritenuto con stringente logica di fede che "Maria non è stata madre del Logos incarnato in una drammatica condizione di eccezione, per condurre in seguito una vita familiare normale". "Maria come Theotokos verginale è entrata in una corrispondente relazione unica nel suo genere con Dio, così da dover essere espressa dal suo matrimonio con Giuseppe in modo che la denominazione personale di vergine e genitrice di Dio non venisse limitata o addirittura annullata". Questa precisazione coglie puntualmente l'humus cristologico dell'enunciazione mariologica, invitando il credente a considerare, al di là delle pur giustificabili pretese e richieste di una garanzia di sicurezza storica, che l'esistenza terrena di Maria è stata una risposta totale e permanente della sua persona (spirituale e corporale) all'incommensurabile dono di una maternità "non comune", trascendente, verginale e sponsale. Un carisma indubbiamente irrepetibile che solo a lei spetta, non sottraendola in alcun modo al 'comune' cristiano.
5 - Conclusioni
Il saggio del teologo tedesco si conclude con la proposta di sette "tesi generali per una mariologia futura", che si riferiscono fondamentalmente al ruolo di Maria quale genitrice verginale del Logos incarnato, alla tipologia mariana della fede, alla capacità della "Piena di Grazia" di riflettere la bellezza e la gloria della grazia di Dio, che risplende in Gesù Cristo.
Indubbiamente la monografia di Gerhard Ludwig Müller è di grande validità e attualità teologica. Convinge il modo pacato, obiettivo e puntuale di affrontare la delicata questione della verginità di Maria. Le obiezioni da parte della ragione, della storia umana e della scienza delle religioni comparate su tale vexata questio sono presentate e valutate senza pregiudizio alcuno, così come le posizioni e i risultati della teologia sistematica e dell'esegesi storico - critica. L'elaborata interpretazione teologica proposta dal dogmatico di Monaco, così vicina a quella tracciata da Karl Rahner, offre una adeguata e convincente risposta al secolare e sempre attuale interrogativo su come deve essere intesa dai credenti la dottrina ecclesiale del concepimento di Gesù per opera dello Spirito di Dio e della sua nascita verginale dalla sempre vergine Maria.
Nella sua opera, che porta il titolo tedesco di "Geboren von der Jungfrau Maria? Eine theologische Deutung", l'autore, docente di teologia dogmatica all'università di Monaco di Baviera, affronta con intelligenza teologica la grave questione della nascita di Gesù da Maria. Müller sa, e tiene a ribadirlo sin dal principio, che il tema preso in esame tocca intimamente il dogma di Cristo, vero Dio e vero uomo. Vero Dio: "Paolo e Giovanni conoscono, come mostra l'idea della preesistenza, una modalità d'esistenza divina di Gesù quale Figlio o Logos di Dio già prima del suo invio nel mondo e perciò 'prima' della sua modalità d'esistere terrena". Vero uomo: in quanto uomo venuto a noi mediante la potenza dello Spirito e tramite lo straordinario atto generativo per cui assume da Maria l'umanità, "non nel modo della generazione sessuale, bensì nel modo dell'assunzione creativa redentrice e perciò dell'assoluta costituzione metafisica dell'esser-uomo di Gesù senza la mediazione, come causa seconda, di un atto generativo umano. L'uomo Gesù esiste dunque esclusivamente grazie alla presenza di rivelazione di Dio nel suo Spirito, che è Dio stesso".
Lo studio, articolato e profondo, vuole offrire un contributo intellettualmente onesto ed attuale per far emergere la dignità e la rilevanza salvifica del Natus ex Maria Virgine, stemperando i toni di un dibattito fattosi acceso e polemico.
Controversie sulla nascita verginale
E' cosa ben nota che la contestazione della verità cristologica affonda le sue radici negli inizi della fede. Infatti già nel racconto evangelico di Matteo si possono cogliere dei tratti apologetici che lasciano supporre un'aspra polemica tra la primitiva comunità cristiana e gli ambienti giudaici. Polemica a cui si sono associati in seguito i pagani (Celso, Giuliano l'Apostata....), poi gli eretici di matrice marcioniana, gnostica, ebionita e adozionistica. La controversia, grazie alla dottrina dei Padri e dei primi grandi Concili, si acquietò per diverso tempo, per poi riesplodere nel secolo XVI ad opera dei sociniani che rifiutavano decisamente la nascita verginale di Cristo in quanto contraria alla ragione: "Con la nascente concezione meccanicistica del mondo - osserva Müller - la nascita verginale di Gesù, sembrò sempre più un isolato miracolo della natura, per il quale l'onnipotenza di Dio è intervenuta arbitrariamente nell'andamento della macchina del mondo". Con l'Illuminismo, poi, il dogma dell'incarnazione verginale di Cristo diviene oggetto di scherno: è - si afferma - espressione della radicata ignoranza scientifica e storica della Chiesa. In questo contesto, profondamente avverso alla fede e al pensiero cristiano, sorgono "spiegazioni scientifiche", ovvero nuove interpretazioni di ordine psicologico, mitologico, ermeneutico, storico - religioso, volte a mascherare e rettificare la obsoleta cultura, soprannaturalistico - dogmatica del cattolicesimo romano. Così Feuerbach denuncia l'inconsistenza delle cognizioni scientifiche nell'antichità che ha condotto gli stessi evangelisti a una interpretazione mitologica degli avvenimenti riguardanti l'origine, la persona e il ministero del Nazareno. Anni prima D. F. Strauss, sotto l'influsso della critica razionalistica del 'miracolo' e dell'interpretazione moralistica del cristianesimo di E. Kant, aveva liquidato l'incarnazione verginale come "la più vistosa deviazione di tutte le leggi naturali".
Interpretando i testi biblici con categorie della psicologia del profondo, il teologo tedesco Drewermann, vede nei vangeli l'illustrazione di un modello archetipo presente nell'inconscio collettivo dell'umanità, per cui i racconti della nascita di Matteo e Luca sono leggende pressoché mitiche. Gesù come uomo, si afferma, è stato generato e partorito come ogni altro uomo: straordinaria non è la sua nascita ma la sua vita; è appunto per spiegare questo che gli evangelisti si sono serviti della 'nascita verginale', mutuandola dalle narrazioni antico - orientali delle nascite reali. Di conseguenza la permanente verginità di Maria è destituita da ogni fondamento reale: sono simboli mitici di una 'nuova nascita' e di una 'nuova generazione', che hanno a che vedere col mito egiziano del Faraone, Figlio del sole.
L'approfondimento mariologico
Dopo aver presentato queste ed altre obiezioni moderne e contemporanee e aver accennato alla vasta problematica storico - critica, ermeneutica e di senso a cui deve essere soggetta l'odierna interpretazione del dogma affinchè non perda nulla nella sua congruità e consistenza di fede, Müller si sofferma sull'aspetto più propriamente mariologico: la verginità spirituale e corporale di Maria è il segno tangibile e reale che l'uomo Dio Gesù di Nazaret non può essere il mero risultato delle 'potenzialità della creatura'. La verginità della Madre del Signore, inoltre, ha un ampio spettro teologico (relazione trinitaria ed ecclesiale), teologale (tipologia mariana della fede) e antropologico da approfondire e additare.
2 - La Virginitas ante partum
La virginitas ante partum è affrontata dal teologo tedesco tenendo conto della professione di fede, della recente problematizzazione teologica (valore della sessualità umana, nesso tra immagine del mondo ed ermeneutica della fede), delle religioni comparate, della teologia sistematica evangelica e dell'apporto controverso e cospicuo dell'esegesi storico - critica; della resurrezione di Cristo come evento d'origine della fede e come principio di sviluppo della cristologia sinottica del Pneuma; della nascita di Gesù dalla Vergine come elemento profondamente necessario alla professione di fede in Lui. Riguardo alla questione della consistenza reale e teologica del concepimento verginale del Figlio di Dio, il Müller così sinteticamente conclude: "Il miracolo del concepimento dell'uomo Gesù dalla Vergine Maria è un momento implicito dell'evento più ampio e del miracolo della presenza di Dio nell'uomo Gesù, che la comunità riconosce come suo messia. E' ad ogni modo il miracolo, nel quale un essere umano, Maria, è stato abilitato di fatto a mettere al mondo Dio". Una verifica biologica di questo evento, assolutamente nuovo ed imprevedibile, non è possibile e nemmeno si deve esigere. L'incomparabilità del concepimento di Maria non può essere detta "innaturale". Al contrario sarebbe proprio contro la natura dell'atto naturale di generazione, con il quale è determinata essenzialmente la sussistenza creaturale che costituisce la persona, se Dio facesse scaturire da esso un substrato materiale, al quale "facesse scivolare sotto" la sua sussistenza propria.
3 - La Virginitas in partu
La virginitas in partu predica l'assenza di sofferenza nel parto e la prodigiosa ricostituzione del grembo di Maria dopo il parto del Figlio di Dio. Tale dottrina è comunemente ritenuta dalla tradizione patristica e dal Magistero ordinario e straordinario della Chiesa, anche se le diverse testimonianze dell'insegnamento ecclesiale vanno valutate, nei singoli casi, in modo differenziato per quanto riguarda la loro importanza, la loro volontà enunciativa e il loro carattere vincolante finale.
E' molto difficile, osserva il Müller, descrivere con compiutezza l'integritas corporis della Madre di Dio nell'ambito del fenomeno del parto, in quanto le "singole definizioni fisiologiche non possono essere la sostanza dell'enunciazione della fede, bensì solo elementi attraverso i quali la realtà della virginitas in partu deve essere designata come una realtà che si può cogliere solo nella fede". Tale dottrina, ben lungi dall'essere esclusivo prodotto dell'ideale ascetico della verginità, è frutto maturo dello sviluppo cristologico della Chiesa antica circa l'integrità della natura divina e umana del Logos, nella questione dell'unione ipostatica. In questo autorevole contesto dottrinale sorge, si sviluppa, si approfondisce e si sancisce l'enunciato della verginale maternità della Panaghia. Maria "non è in questo processo una stazione biologica di passaggio, bensì ella stessa è caratterizzata come persona dal suo rapporto personale con il Logos incarnato. Perciò la dottrina dell'unione ipostatica è legata all'affermazione di Maria come genitrice di Dio (Theotokos) e deve essere anche espressa linguisticamente nella sua luce. Da essa si delinea l'enunciazione mariologica centrale di Maria come madre vergine di Dio. Maria non è uno strumento fisico, bensì personale".
Il parto verginale della Theotokos, non deve essere smentito o sminuito nei suoi contenuti formali, ma va letto, interpretato e accolto come segno del tempo storico - salvifico inaugurato dal Figlio di Dio; "una realtà del nuovo mondo della redenzione che si presenta in virtù di Cristo". La nascita del Messia è il parto di Maria sono un inedito divino che afferma la mirabile prossimità dell'evento e della Persona divina nello spirito e nella carne della Vergine. Non sono un arbitrario sottrarre del Bambino e della Madre alla natura e alla solidarietà umana. La libertà dal dolore di Maria e il suo rimanere integra, nonostante la verità e la realtà del parto, hanno una significanza che richiama l'esegesi tipologico - patristica di Isaia 66, 7-10, ove si narra, con linguaggio assai figurato, di una improvvisa, sovrana e prodigiosa irruzione della Salvezza escatologica in Gerusalemme: "Prima di provare i dolori, ha partorito; prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un maschio. Chi ha mai udito una cosa simile, chi ha visto cose del genere?...."
Se si legge l'evento della salvezza escatologica in riferimento al parallelo antitetico Eva - Maria, utilizzato dai Padri per illustrare la virginitas in partu, si comprende come esso abbia propiziato il "fiat" della Vergine e abbia fatto "decadere" in lei gli effetti della punizione divina comminata ad Eva in Genesi 3,16. Infatti "attraverso il suo 'si' al messaggio della nascita dell'umanità del Redentore, il rapporto di Maria con Gesù è nuovo e determinato diversamente anche nel parto. Si trova già nell'orizzonte della nuova promessa di salvezza. Se qui si parla del miracolo della nascita di Gesù, allora questo non può certo avere nulla a che fare con fenomeni miracolistici. Inoltre Maria - anche tenendo conto della più tarda dottrina della sua preservazione dal peccato originale in considerazione dei meriti di Cristo - si trova solo nel contesto di un mondo infralapsario. Riguardo alla dottrina attestata biblicamente della sequela della croce da parte di Maria, deve essere interpretato in prospettiva escatologica anche il discorso della preservazione di Maria dalle doglie del parto". Anche l'interpretazione patristica di Ezechiele 44, 1-2 applicata a Maria, è espressione di una concezione realistica di salvezza della verginità nel parto.
I credenti, nell'accogliere il dogma della maternità vera e verginale di Maria, sancito deal magistero ecclesiale, devono essere ben consapevoli che "non sono i particolari ginecologici, che nei singoli casi furono valutati in modo differenziato, a determinare il contenuto di questo dogma di fede, bensì per quanto riguarda il contenuto della fede, la vera maternità di Maria deve essere espressa così che la sua relazione fondamentale con il Figlio di Dio che si rivela non venga annullata, cioè lesa. Pertanto il suo parto nella complessità dei suoi aspetti personali, spirituali e corporali è in effetti del tutto naturale". Il teologo tedesco, rifacendosi all'insegnamento mariologico di Karl Rahner, ama sottolineare e approfondire l'interpretazione teologica della virginitas in partu, piuttosto che soffermarsi sul glossario e sulla problematica fisicistica dell'enunciato, così pregno di senso storico - salvifico, escatologico, antropologico e simbolico.
4 - La Virginitas post partum
Per comprendere pienamente il contenuto e il valore teologico della virginitas post partum, avverte il teologo tedesco, bisogna rifarsi alle precedenti riflessioni sul "principio mariologico fondamentale" (Maria è la genitrice verginale del Logo incarnato) e bisogna conoscere e valutare le diverse e opposte considerazioni di ordine esegetico, storico e teologico riguardanti i "fratelli e sorelle di Gesù"; il rapporto sponsale tra Maria e Giuseppe; la locuzione di padre e madre di Gesù (Lc 2,33.48); la controversa formulazione di Matteo 1,25; il valore dimostrativo di Giovanni 19,26.....Il Magistero nel suo processo di approfondimento alla luce dello Spirito e della Parola, dopo aver valutato obiezioni e assensi, ha ritenuto con stringente logica di fede che "Maria non è stata madre del Logos incarnato in una drammatica condizione di eccezione, per condurre in seguito una vita familiare normale". "Maria come Theotokos verginale è entrata in una corrispondente relazione unica nel suo genere con Dio, così da dover essere espressa dal suo matrimonio con Giuseppe in modo che la denominazione personale di vergine e genitrice di Dio non venisse limitata o addirittura annullata". Questa precisazione coglie puntualmente l'humus cristologico dell'enunciazione mariologica, invitando il credente a considerare, al di là delle pur giustificabili pretese e richieste di una garanzia di sicurezza storica, che l'esistenza terrena di Maria è stata una risposta totale e permanente della sua persona (spirituale e corporale) all'incommensurabile dono di una maternità "non comune", trascendente, verginale e sponsale. Un carisma indubbiamente irrepetibile che solo a lei spetta, non sottraendola in alcun modo al 'comune' cristiano.
5 - Conclusioni
Il saggio del teologo tedesco si conclude con la proposta di sette "tesi generali per una mariologia futura", che si riferiscono fondamentalmente al ruolo di Maria quale genitrice verginale del Logos incarnato, alla tipologia mariana della fede, alla capacità della "Piena di Grazia" di riflettere la bellezza e la gloria della grazia di Dio, che risplende in Gesù Cristo.
Indubbiamente la monografia di Gerhard Ludwig Müller è di grande validità e attualità teologica. Convinge il modo pacato, obiettivo e puntuale di affrontare la delicata questione della verginità di Maria. Le obiezioni da parte della ragione, della storia umana e della scienza delle religioni comparate su tale vexata questio sono presentate e valutate senza pregiudizio alcuno, così come le posizioni e i risultati della teologia sistematica e dell'esegesi storico - critica. L'elaborata interpretazione teologica proposta dal dogmatico di Monaco, così vicina a quella tracciata da Karl Rahner, offre una adeguata e convincente risposta al secolare e sempre attuale interrogativo su come deve essere intesa dai credenti la dottrina ecclesiale del concepimento di Gesù per opera dello Spirito di Dio e della sua nascita verginale dalla sempre vergine Maria.