lunedì 28 febbraio 2011

Una tomba per due

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Propongo una parola molto forte di Origene, tratta dal suo "Commento alla Lettera ai Romani" (5,8), in cui ci spiega che cosa vuol dire risorgere con Cristo. Una parola, quella che segue, che da un lato ci prepara già alla Quaresima, dall'altra conferma che la grazia del cristiano si rende efficace e visibile solo se e nella misura in cui questi "muore" con Cristo. Buona "morte" a tutti, dunque!

Dal "Commento sulla Lettera ai Romani" di Origene, sacerdote (5,8)

Dalle parole di Paolo si comprende bene che: come un vivo non può essere sepolto con un morto, così nessuno che ancora viva nel peccato può essere sepolto nel battesimo insieme a Cristo, il quale è morto al peccato. Quindi coloro che si preparano al battesimo devono, prima di tutto, morire al peccato, per poter così essere sepolti con Cristo per mezzo del battesimo; in modo che anch'essi possano dire: "Sempre veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, affinchè anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale" (2Cor.4,11). Come poi possa manifestarsi la vita di Gesù Cristo nel corpo, lo dimostra lo stesso Paolo, quando dice: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal.2,20). E' la stessa cosa che scrive Giovanni nella sua lettera: "Ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio" (1Gv.4,2).
Non chiunque dirà colle labbra queste parole e ne farà pubblica professione darà prova di essere mosso dallo Spirito di Dio, ma chi avrà trasformato talmente la sua vita e portato tali frutti di opere, da poter mostrare con la santità delle sue azioni e dei suoi sentimenti che Cristo è venuto nella carne e che egli è morto al peccato e vive per Dio. Dice infatti: "Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm.6,4).
Se siamo stati sepolti con Cristo perchè già morti al peccato, di conseguenza, come Cristo risorge dai morti, anche noi risorgiamo con Lui; e come Cristo siede alla destra del Padre, così sappiamo che anche noi siederemo con Lui nel regno celeste; dice infatti: "Con Lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù" (Ef.2,6).
Cristo è risuscitato per la gloria del Padre: anche noi, morti al peccato e sepolti con Cristo, quando tutti coloro che vedono le nostre opere buone glorificano il Padre nostro che è nei cieli, veramente possiamo dire di essere risuscitati con Cristo per la gloria del Padre e di camminare in una vita nuova. Camminiamo in una vita nuova offrendo noi stessi a Colui che ci ha risuscitati con Cristo, ogni giorno rinnovati, resi sempre più belli, concentrando in Cristo la luce del nostro volto, come in uno specchio. Così, contemplando la gloria del Signore, ci trasformiamo a Sua immagine, come Cristo, risuscitando dai morti, ascese dall'umile bassezza terrena alla gloriosa maestà del Padre.

Per "Grazia" ricevuta...

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Ho pensato di offrire, come lettura spirituale, cominciando da stasera 28 febbraio, i documenti più importanti del Magistero della Chiesa sulla grazia. Perchè questa scelta? Perchè "niente più della grazia dello Spirito Santo caratterizza il cristianesimo", diceva Tommaso d'Aquino. Conviene sempre partire dall’essenziale. Ritrovandolo magari nella stringatezza di definizioni dogmatiche che, lungi dall’aridità di cui sono tacciate, sono invece umide sponde in grado di far verdeggiare la vita cristiana proprio perché custodiscono umilmente il mistero e l’operare della grazia.
Oggi la fede e la vita dei fedeli sono messe in pericolo non per la negazione (che nessuno si sogna di fare) ma per lo snaturamento del concetto di grazia, a cui invece si applicano in molti secondo due direttrici.
Innanzitutto considerando la grazia come un a priori. Scrive Goulven Madec, uno dei più intuitivi commentatori di sant’Agostino: «Per il pelagianesimo la grazia è un dono che l’uomo ha a sua disposizione come un bene che gli sarebbe comunque già sempre dato […]. Originariamente per Pelagio l’uomo si trova sempre già in una dinamica di grazia» (La patria e la via. Cristo nella vita e nel pensiero di sant’Agostino, Roma 1993, p. 234). Come non vedere che questa concezione pelagiana della grazia è diventata egemone in questi ultimi decenni in tanta teologia e in tanta predicazione? Così la preghiera non è più domanda reale, ma, secondo un’espressione insuperata di Agostino, diventa «un per modo di dire» (De dono perseverantiae 23, 63) perché comunque la grazia sarebbe da sempre data.
In secondo luogo non riconoscendo, con semplicità, che l’efficacia e la visibilità della grazia sono le opere buone. In altre parole, che l’umile obbedienza ai dieci comandamenti e l’umile pratica del sacramento della confessione sono sicuro criterio di discernimento della vita di grazia. Anche a questo proposito, come non scorgere «l’orrendo e occulto veleno», per usare un’espressione di Agostino (Contra Iulianum opus imperfectum II, 146), di chi pretende che la grazia scaturisca dal peccato quasi come prodotto di una dialettica?
Prima di pubblicare le dichiarazioni dogmatiche di antichi concili, visto che il Credo del popolo di Dio di papa Paolo VI ripropone l’essenziale della dottrina della fede, inizio col pubblicare i brani del Credo del popolo di Dio in cui si accenna alla grazia. La professione di fede pronunciata da Paolo VI il 30 giugno 1968, in occasione dei millenovecento anni dal martirio degli apostoli Pietro e Paolo, è certamente una delle espressioni più semplici e belle con cui un Papa ha ripetuto a Gesù: «Signore, Tu sai tutto, Tu sai che ti voglio bene» (Gv 21, 17).


dal "Credo del popolo di Dio" di papa Paolo VI

Alla eterna vita di Dio siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare

«Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni: nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, come Egli stesso ha rivelato a Mosè (cfr. Es 3, 14); ed Egli è Amore, come ci insegna l’apostolo Giovanni (cfr. 1Gv 4, 8): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che abitando in “una luce inaccessibile” (cfr. 1Tm 6, 16) è in Sé stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata.
Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di Sé stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita.
I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le Tre Persone, le quali sono ciascuna l’unico e identico Essere divino, sono la beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l’umana misura.
Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l’Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità».

L'Annuncio del Vangelo 2: le certezze dei cristiani

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La missione della Chiesa ha alle sue origini una "rivelazione", cioè la comunicazione di una verità. Non è dunque qualcosa di puramente pragmatico - come le missioni commerciali, scientifiche, assistenziali ecc., che si propongono solo determinati traguardi operativi - ma è prima di tutto l'irradiazione di una luce; una luce che senza dubbio deve diventare in chi ne è raggiuinto principio di una vita nuova e anzi di un essere nuovo, ma che primariamente è e deve essere luce, cioè acquisizione di verità. Un annuncio che non nascesse dalla convinzione di dover offrire una verità a chi ancora non la possiede, sarebbe una deprecabile manovra ideologica, mirante a dominare per qualche aspetto gli uomini e a condurli a essere quello che noi vogliamo. La missione evangelica invece nasce dal desiderio che tutti, evangelizzatori ed evangelizzati, si ritrovino raggiunti sempre più compiutamente, dominati e profondamente trasformati dalla luce di verità che, con la venuta tra noi del Verbo di Dio, ha finalmente squarciato la notte opprimente della nostra storia.
La certezza che i cristiani hanno di essere stati raggiunti dalla luce misericordiosa di Dio e di essere perciò essi stessi "luce del mondo" (cfr. Mt.5,14) e depositari di una conoscenza salvifica ai nostri giorni è talvolta oggetto di ironia e di riprovazione. Il senso del valore assoluto, primario, sacro e salvifico della verità è molto insidiato nella cultura contemporanea e si è molto indebolito anche nella mentalità cristiana. Paradossalmente si arriva perfino a ritenere contraria allo spirito del Concilio Vaticano II la riproposizione di tutte le verità di fede, sicchè si definisce "integralista" o "preconciliare" chi non rinuncia ad asserire e a difendere le certezze di sempre, quasi che nelle intenzioni del Concilio ci fosse stata una specie di suicidio spirituale della Chiesa e un rinnegamento della sua più intima essenza.
Viviamo in una società che sembra privilegiare il dubbio (la società del "pensiero debole"): secondo qualcuno esso sarebbe il segno di una mente libera e aperta a tutti i valori, mentre le certezze esprimerebbero angustia, dogmatismo, intolleranza, chiusura a ogni dialogo. Purtroppo anche i cristiani talvolta, dimostrando una notevole mancanza di capacità critica, si lasciano contagiare da queste opinioni, a tutto danno della chiarezza dell'annuncio. Sarà utile a questo proposito qualche semplicissima riflessione. La certezza è per se stessa una qualità positiva della conoscenza, non un suo difetto: lo studente interrogato che, rispondendo giusto, risponde anche senza tentennamenti, merita un voto migliore di quello che è insicuro e dimostra di non sapere che pesci pigliare. Naturalmente questo vale in riferimento a una conoscenza vera, dal momento che una conoscenza erronea non è propriamente una conoscenza. Il dubbio invece è di per sè una impurità della conoscenza, della quale non c'è alcuna ragione di vantarsi; è uno stato morboso da cui l'uomo, che è fatto per la verità, deve sempre tentare di uscire. La certezza - è ovvio - non ha niente a che vedere con l'ostinazione, che è la difesa immotivata di opinioni senza fondamento; e il dubbio, dal canto suo, non ha niente a che vedere con la giusta e lodevole instancabilità nell'esplorare sempre nuovi approfondimenti e nuove implicazioni di ciò che già si conosce.(1)
Anche se sul piano psicologico può sembrare il contrario, l'indagine, ildialogo, la stessa attitudine a comunicare con gli altri, sono possibili solo in virtù della presenza nella mente di un gruppo di certezze iniziali; senza un minimo di certezze ogni vita intellettuale e ogni relazione risulterebbe impraticabile. Sul piano esistenziale, poi, non è difficile rendersi conto, se si fa un pò di attenzione, che quanti accusano gli altri di avere delle certezze e quasi li colpevolizzano, hanno sempre essi stessi delle convinzioni che ritengono indiscutibili. Sicchè ci si avvede che non si tratta tanto di critica ragionata delle certezze come tali, quanto di antipatia e di insofferenza verso le certezze altrui. Le certezze cristiane hanno migliori probabilità di essere dei valori spirituali e non delle pure ostinazioni, se chi le ospita nel suo animo le percepisce e si sforza di possederle non come idee sue proprie, ma come piena e personale comunione con la grande certezza della Chiesa, che a lei è stata donata dallo Spirito di verità; certezza che resta inalienabile patrimonio della Sposa del Signore lungo tutti i secoli della sua storia. Mentre le certezze "mondane" sono spesso atti di individualismo o al massimo adesioni a sistemi di pensiero recentemente formulati e legati ad una determinata cultura, le vere certezze cristiane possiedono un'indole "cattolica", cioè universale; vale a dire, possiedono una delle caratteristiche proprie della verità.
Penso sia utile proporre una piccola silloge di certezze che possiamo ritenere per noi indispensabili e "vitali":

- l'esistenza di un Dio che è Padre, e dunque non solo ha creato, ma si interessa e si appassiona alle sue creature, vedi per esempio la prima lettura della messa di ieri, domenica 27 febbraio. (2)
- la venuta tra noi di Gesù, l'Unigenito Figlio di Dio, morto in croce e risorto per la nostra salvezza;
- la presenza nella Chiesa dello Spirito Santo, che è Spirito di Verità e perciò garantisce che la Verità venga infallibilmente custodita e si mantenga attiva nel popolo di Dio;
- la possibilità di sapere in ogni momento quando si è in reale e totale comunione con la Chiesa, attraverso il ministero apostolico dei vescovi e il carisma di guida certa e unificante di Pietro;
- l'intramontabile valore della legge morale, sempre sostanzialmente identica a se stessa, riassunta e animata dal precetto evangelico della carità;
- l'itinerario sacramentale, come strada sicura disposta dal Fondatore della Chiesa perchè tutti i credenti possano arrivare agevolmente a realizzare in maniera progressiva la conformità a Cristo, modello e archetipo di ogni uomo;
- il giudizio definitivo che concluderà ogni umana avventura e assegnerà ad ogni uomo il suo eterno valore in faccia a Dio;
- la vita risorta e la felicità eterna come ultima meta che dà senso a tutto lo scorrere dei giorni terreni.

Ecco una brece e sommaria rassegna delle verità necessarie a vivere con significanza, delle quali il cristiano è infallibilmente certo. Ecco, nei suoi contenuti più semplici e forti, la "coscienza di verità" che sorregge e vivifica la nostra missione nel mondo. A ciascuno di noi è stata data una sola vita da vivere: non la possiamo aggrappare ai punti interrogativi. Abbiamo bisogno, per vivere ragionevolmente, di verità indiscutibili sulle quali appoggiare la nostra esistenza. Solo la certezza che c'è un Dio all'origine di ogni cosa; la certezza del Suo desiderio di farci felici; le certezze della venuta tra noi del suo Unico Figlio e della fondazione della Chiesa come sacramento universale di salvezza, ci consentono di sconfiggere ogni assurdità e ogni disperazione che tenti di avvelenare i nostri giorni. E poichè di queste verità ha bisogno l'umanità intera, allora si impone per ogni cristiano l'urgenza della missione.

* * *

(1): Va notato, a questo proposito, che il "dubbio" che si oppone alla certezza, non ha niente a che vedere neppure con la "difficoltà" a capire adeguatamente una verità che - essendo di origine divina - fatica a farsi accogliere da una mente finita come la nostra. La "difficoltà" è un fenomeno normale, che diventa anche positivo in quanto stimola la ricerca e la contemplazione.

(2): Is 49, 14-15.

Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.


Le Lamentazioni di Gregorio di Narek (2)


Come appendice al post di ieri 27 febbraio.
Meravigliosi questi inni di san Gregorio di Narek.
La traduzione è opera delle Monache Benedettine di Civitella S. Paolo, dall' armeno in: Grégoire de Narek, Le livre de prières, Sources chrétiennes 78, Cerf, Paris 1961. Buona lettura!
RIVESTIMI DELLA TUA PUREZZA

RINNOVAMI, SIGNORE
Considera,
Occhio che vedi tutto,
Dio di vita, di bontà, di speranza,
il clamore dei gemiti
della mia anima addolorata!

Signore Gesù,
lodato e adorato col Padre,
esaltato e proclamato
con lo Spirito Santo,
tu che solo ti sei incarnato per noi
secondo la nostra natura,
per farci per te
secondo la tua divinità,
degnati, con una meravigliosa azione divina,
te ne supplico,
o Compassionevole,
di rifarmi tutto nuovo.
Io, tua immagine,
logorata dal peccato,
ti scongiuro,
di fondermi a nuovo
nel crogiuolo della tua parola.
Non rendermi male per male
a causa delle mie azioni malvagie,
così che io non debba bere
fino alla feccia
la coppa della tua ira
nell'ultimo giorno della resa finale
dei conti.
XIX, I, p. 129

VIENI IN ME
Getta uno sguardo su di me,
o fortissimo, Onnipotente,
perché se ne vadano
le iniquità che sono in me
e che il tuo dono venga a rimpiazzarle.
O compassionevole,
o Provvidenza,
Lodato, Luce inestinguibile,
ordina con la tua forza infinita
che si rinnovi e si affermi
l'essenza della mia natura
sotto quel tetto corporale
che sono le mie membra;
degnati di riposarvi,
di abitarvi in maniera stabile,
di sederti alla tavola
con felici desideri,
unendo a te la mia anima;
degnati, dopo aver allontanato per sempre
la corruzione dei miei peccati,
di dispormi alla purità,
o Re immortale,
che doni a tutti la vita,
Signore Gesù Cristo,
benedetto nei secoli. Amen.
LXXVIlI, IV, p. 422

PERCHÉ SEI TRISTE?
Ora perché sei triste,
anima mia,
perduta non per l'agire divino,
ma per le tue resistenze personali?
Oppure perché mi turbi,
causando al mio spirito
una disperazione satanica?
Spera in Dio,
rendi gli gloria
ed egli si prenderà cura di te.
XLIV, Il, p. 247

GIUSTI I TUOI GIUDIZI
Tu sei giusto nei tuoi giudizi
e vittorioso nella tua sentenza.
Se tu mi consegni alla morte,
le tue opere sono giuste;
se tu mi condanni,
cominciando fin da quaggiù
la tortura dei tuoi rimproveri,
la tue sanzioni sono meritate;
se tu mi immergi nella profondità
degli abissi,
se tu togli vitalità ai miei movimenti,
se tu riduci a nulla la forza
della tua parola
se tu oscuri la visuale dei miei occhi,
se tu mi togli i mezzi di sussistenza,
se tu accorci la durata dei miei giorni,
se tu mi rendi affamato di ascoltare
la tua parola,
se tu chiudi la porta dei miei orecchi,
se tu interrompi il dono della tua grazia,
se tu scuoti il suolo dove posano
i miei piedi,
se tu mi privi della luce del tuo volto,
se tu mi condanni a pene irrimediabili,
io testimonio contro me stesso
di meritare tutto ciò perfettamente.
XIX, II, p. 130

PERDONA I MIEI PECCATI
O Re celeste,
fa' sorgere in me la luce dell' espiazione,
sì che scuotendo la polvere dei peccati,
possa rialzarmi da terra,
stabilirmi sulla solidità della tua speranza
in maniera incrollabile,
possa rivestirmi della forza
del tuo braccio potente,
della primitiva purezza,
per esprimere la gloria e la dolcezza
della tua divinità,
donatrice di tutti i beni.
Sii benedetto per sempre! Amen.
XIX, IV, p. 132

NELLA TUA MISERICORDIA
Come la nube del mattino
e la rugiada che all'alba svanisce
mi sono ridotto a nulla.
Ma in nessun uomo ripongo
la mia fiducia,
per paura che,
maledetto da Colui che tutto vede,
disperato, io non perda coraggio.
Ma è in te che io confido,
o mio Signore che ami le anime.
Tu che, proprio nell' ora
in cui eri affisso alla croce,
nella tua grande misericordia,
hai pregato il Padre tuo altissimo
per i tuoi carnefici.
Adesso,
concedimi
la grazia del perdono,
o Vita, o Rifugio;
così quando renderò il mio misero respiro,
respirerò grazie al tuo Spirito buono.

A te con il Padre e con lo Spirito Santo,
potenza, vittoria,
grandezza e gloria
nei secoli. Amen.
XXI, III, p. 143

IL TUO SGUARDO MI SALVA
Fissa il tuo sguardo su di me,
o Compassionevole,
come un tempo su Pietro
allorché ti rinnegò,
perché sono del tutto annientato.

Irradia su di me
il raggio della tua misericordia,
tu che sei tutto bontà,
affinché, ricevuta la tua benedizione,
Signore,
io sia giustificato,
io viva,
e divenga puro dai miei errori
che non sono le tue opere
e che mi torturano.
Non ho l'audacia di tendere verso di te
la mia mano colpevole,
fino a che tu avvicini
la tua destra benedetta,
per rinnovarmi, io condannato.

Trionfa dunque ancora una volta
della mia testardaggine
grazie alla tua dolcezza
venendo in mio soccorso,
nella tua benignità.
E per la tua onnipotenza
rimetti la somma totale dei miei peccati:
i miei primi errori, con quelli
della media età
e quelli della fine della vita.
O Cristo,
ingegnoso nel realizzare l'impossibile,
o Re, Luce dei giusti.
L, III, p. 277

MEDICO CELESTE
Con la tua autorità di maestro
e la tua abilità di medico esperto,
tu sei causa di vita incorruttibile,
o Re potente e celeste,
Signore Gesù Cristo;
Dio di tutti gli esseri
visibili e invisibili.
Vieni presto in me
sì che per il patto di grazia della tua parola,
della mia unione a te,
io sia illuminato
e trovi una duplice guarigione:
quella dell' anima e quella del corpo,
o Onnipotente e invincibile.
XLIII, I, p. 243

LA GRAZIA DELLA TUA PASSIONE
NON SIA VANA LA TUA PASSIONE
Ti supplico, o sola Provvidenza,
amico degli uomini,
Compassionevole,
Sorgente di vita, Potente,
Custode e Protettore,

che non sia vana
la fatica meritoria
della tua passione salvatrice,
o Dio che per me ti sei incarnato!
Che non sia inutile
quel sudore che è colato con il sangue,
nella notte del tradimento!
Che non si oscuri il dono della tua luce
che gratuitamente mi hai accordato,
a me miserabile!
Che non siano senza profitto
i frutti della tua passione,
che tu hai offerto per la mia salvezza!
Agisci in me
con la tua parola onnipotente,
tu che hai creato la luce
e le hai dato esistenza
sin dal primo giorno,
e subito sarò trasformato
sulla via del bene.
Conservami
la grazia luminosissima
dei tuoi tesori eterni,
sì che da essa reso nobile,
possa essere chiamato tuo,
protetto da te,
o infinitamente buono!

LXXVIII, II, pp. 418-420


PER LA TUA PASSIONE, SALVAMI
Innumerevoli sono
i frutti salutari della tua grazia
che tu sempre senza limiti hai moltiplicato
in mio favore,
aumentando così i miei debiti verso di te,
soprattutto lo spettacolo
della tua volontaria passione.
La tua mano,
che raduna tutte le anime
e crea tutti gli esseri,
tu l'hai inchiodata allo strumento
della tua morte,
al segno della croce,
per spezzare la mia audacia
nell' oppormi alla tua volontà.

I tuoi piedi vivificanti
che camminano insieme,
li hai fissati al legno del supplizio
a causa della mia indisciplina,
per domare,
nella tua misericordia,
il mio ardore selvaggio,
infelice che sono!
XXXVI, I, p. 225

O MITISSIMO!
Tu non hai fatto inaridire le mani
di coloro che percuotevano di pugni
il tuo capo benedetto,
tu che hai fatto seccare il fico infruttuoso,
per annunciare anche a me
l'esempio del tuo perdono.
Tu non ti sei irritato
contro la scelleratezza di coloro
che ti flagellavano,
tu proclamato Dio,
tu che hai oscurato il sole
per beneficare la mia anima morta
e concederle riposo.
Tu non hai gelato le labbra
di coloro che ti ingiuriavano
con ipocrite accuse,
tu che hai tinto di color di sangue
la faccia della luna,
per fortificare la mia timida lingua
nel lodarti.
Tu non hai rimproverato con sdegno
coloro che ti oltraggiavano con furore,
tu che hai scosso gli elementi,
per ungere la mia povera testa
con l'unzione della tua misericordia.

Tu non hai slogato e spezzato
le mascelle dei deicidi
che ti chiamavano seduttore,
tu che hai spezzato le rocce più dure,
per liberare la mia anima
priva di beni
dalla sua propensione alla leggerezza.
Tu non hai subito rovesciato
e inghiottito nella voragine della terra
coloro che sigillavano la tua tomba,
per far riposare nel tabernacolo
della mia anima
una particella della tua luce.
Benedetto due volte,
benedetto di nuovo,
e sempre lodato nei secoli dei secoli.
XXXVI, II, p. 226

TU NON VUOI LA MORTE
Tu che non sei venuto
a perdere le anime degli uomini,
ma a vivificarle,
rimetti i miei numerosi peccati
nella tua grande misericordia;

tu solo, infatti, sei
in cielo, ineffabile,
e sulla terra, invisibile,
in ogni atomo di essere
e fino agli estremi confini dell'universo
Principio di tutto
e in tutto,
in ogni pienezza,
benedetto nel più alto dei cieli!
E a te,
con il Padre e lo Spirito Santo
sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
XLI, II, p. 241

TI PREGO COME IL BUON LADRONE
Signore di pietà,
di redenzione e di misericordia,
di perdono e di rinnovamento,
di guarigione e di ristabilimento,
di illuminazione e di vita,
di risurrezione e di immortalità!
Ricordati di me
quando verrai nel tuo regno,
o Formidabile, Potente,
Benefattore e Creatore di ogni essere,

Vivente, Lodato,
o Perfettissimo,
o tu che sei vicino
al gemito di ogni creatura.
Insieme a colui
che fu crocifisso con te
io ti imploro:
non fu arrestato per te,
né ammanettato,
né appeso,
né inchiodato,
né schiaffeggiato a causa
della tua grandezza,

né disonorato,
né coperto di obbrobri,
né disprezzato,
né torturato,
né messo a morte per causa tua,
e tuttavia fu trovato degno
del regno dei giusti
e di aver parte alla tua luce:
giustamente, per la promessa
accompagnata dal giuramento:
«in verità »,
tu gli hai fatto comprendere
che immutabile era il tuo dono.
Tu lo hai glorificato
perché io conservi la speranza
della mia salvezza,
io che ero totalmente scoraggiato.
XLII, l, p. 241
GUARDAMI, O MISERICORDIOSO
O Benedetto,
Benedetto, e ancora Benedetto,
accogli me che seguo
la stessa fede del buon ladrone
e rialzami dalla mia rovina,
o Benefattore.

Guariscimi dalle mie malattie
e dalle mie infermità,
o Misericordioso.
Rendimi alla vita dalla soglia della morte,
o Vivificatore.
Anch'io ti appartengo:
ridonami vita insieme al ladrone,
o Rifugio.
Alla mia anima che è morta,
rendi il soffio vitale,
o Risurrezione,
o Vita e Immortalità,
Bontà inesauribile,
Grazia perenne,
Perdono immutabile,
Destra onnipotente,
Mano sovrana,
Dito sempre vicino.
Tu non hai che da volere, Signore,
e io sarò salvo.
Getta soltanto uno sguardo su di me,
e sarò giustificato.
Di' una parola,
e subito sarò senza macchia.

Dimentica le mie troppe iniquità,
e mi troverai sul campo pieno di audacia.
Mostrati liberale,
e su di te sarò innestato.
O tu che sei glorificato in tutto
nei secoli. Amen.
XLII, II, p. 242

SANTA MADRE DI DIO
CANTO ALLA VERGINE
Davanti a tanti motivi di disperazione
e a tanti strazi del cuore,
davanti al rigore terribile
delle collere divine,
con lo spirito immerso in estrema
desolazione,
io supplico te,
santa Madre di Dio.

Angelo uscito dagli uomini,
cherubino rivestito di carne visibile,
regina del cielo,
limpida come l'aria,
pura come la luce, immacolata,
quale fedele immagine della stella
del mattino
nel suo massimo splendore.
Tu che sei stata fortificata
e protetta dal Padre altissimo,
preparata e consacrata
dallo Spirito che si è posato su di te,
abbellita dal Figlio che ha abitato in te
e che ti ha resa suo Tabernacolo:
il Figlio unico del Padre
è divenuto tuo Primogenito,
tuo Figlio per la nascita
e tuo Signore per la creazione.
Con la tua purezza
senza contaminazione e senza macchia,
tu sei buona;
con la tua santità immacolata
tu sei un' Avvocata tutelare.
LXXX, I, p. 429

BENEDETTO
IL FRUTTO DEL TUO GREMBO
Ricevi da me che ti acclamo
questa preghiera di supplica,
presentala, offrila a Dio.
Intreccia, unisci in essa
i miei sospiri amari di peccatore
con le tue felici intercessioni
e col profumo di incenso,
o pianta di vita,
del Frutto benedetto del tuo grembo,
affinché sempre soccorso da te
e ricolmo dei tuoi benefici,
avendo trovato rifugio e luce
presso la tua santa maternità,
io viva per il Cristo,
tuo Figlio e Signore.
LXXX, I, p. 429
ADESSO E NELL'ORA DELLA MORTE
Assistimi con le ali delle tue preghiere,
o Tu, proclamata Madre dei viventi;
sì che quando uscirò
da questa valle terrena,
possa senza tormento
andare alla dimora della vita,
che ci è stata preparata,
e sia resa leggera la fine di una vita
appesantita dalla mia iniquità.
Cambiami in festa di allegrezza
il mio giorno di angoscia,
Guaritrice dei dolori di Eva!
LXXX, II, p. 430

INTERCEDA PER ME MARIA
Sii mia avvocata,
domanda,
supplica:
come credo alla tua purezza ineffabile,
così credo anche alla buona accoglienza
che viene fatta alla tua parola.
Con le tue lacrime aiutami,
perché sono nel pericolo,
o tu, benedetta fra le donne.
Piega il ginocchio
per ottenere la mia riconciliazione,
o tu, Madre di Dio.
Abbi cura di me infelice,
o Tabernacolo dell' Altissimo.
Tendi la mano a me nella caduta,
o Tempio celeste.
Glorifica il tuo Figlio in te:
si degni di operare divinamente in me
il miracolo del perdono
e della misericordia,
o Serva e Madre di Dio:
il tuo onore sia esaltato da me,
e la mia salvezza si manifesti per te.
LXXX, Il, p. 430

SANTA MARIA, MADRE DI DIO
O Tu, Madre dell' Altissimo Signore Gesù,
creatore del cielo e di tutta la terra,
che in modo ineffabile tu hai partorito
con tutta la sua umanità
e con tutta la sua divinità,

Lui che è glorificato
con il Padre e con lo Spirito Santo
nella sua essenza e nella nostra natura
che ha unito a sé in maniera inscrutabile,
Lui che è tutto e in tutte le cose,
Uno della Trinità.
A Lui gloria nei secoli dei secoli! Amen.
LXXX, 1II, p. 432

ABBI PIETÀ
O MADRE DEL SIGNORE
La mia salvezza sarà sicura
se tu riesci a ritrovarmi,
o Madre del Signore;
se hai pietà di me,
o Santa;
se nella mia perdizione,
tu mi recuperi, o Immacolata;
se nel mio spavento, tu mi accogli,
o Beata;
se nella mia vergogna,
tu mi fai avvicinare,
o piena di Grazia;
se privo di speranza,
tu per me intercedi,
o Vergine sempre santa;
se dall' esilio,
tu mi fai rientrare in Famiglia,
o tu che Dio ha esaltato;
se per me tu mostri la tua compassione,
tu che spezzi il vincolo della maledizione;
se nella mia agitazione, tu mi tranquillizzi,
o Riposo;
se il turbamento delle mie emozioni,
tu lo cambi in pace,
o Pacificatrice;
se dal mio sbandamento,
tu mi fai ritornare,
o Lodata;
se per mia difesa, tu entri in lizza,
tu che fai indietreggiare la morte;
se le mie amarezze, tu addolcisci,
o Soavità;
se tu abolisci la distanza
che mi separa da Dio,
o Riconciliazione;

se la mia impurità, tu la togli,
o tu che calpesti la corruzione;
se, consegnato alla morte, tu mi liberi,
o Luce vivente;
se la voce dei miei singhiozzi
d'un tratto tu arresti,
o Allegrezza;
se quando sono abbattuto,
tu mi ridoni vigore,
o Rimedio di vita;
se nella mia rovina,
tu getti su di me uno sguardo,
o Piena dello Spirito;
se con misericordia tu mi vieni incontro,
tu donata a noi come eredità.

LXXX, III, p. 431
TUTTO IL GIORNO TI LODO, SIGNORE
AL MATTINO TI LODO
Figlio del Dio vivo,
benedetto in tutte le cose,
misteriosamente generato
dal Padre altissimo:
niente assolutamente ti è impossibile.
Quando si levano i raggi senza ombra
della tua misericordia,
della tua gloria,
i peccati svaniscono,
sono cacciati i demoni,
cancellate le trasgressioni,
rotti i legami,
spezzate le catene,
rinascono a vita i morti;
sono guarite le ferite,
cicatrizzate le piaghe,
annientata la corruzione;
scompaiono le tristezze,
cessano i gemiti;
fuggono le tenebre,
si dissipa la nebbia,
si allontana la bruma,
svanisce l'opacità;
finisce il crepuscolo,
si leva l'oscurità, se ne va la notte;
bandita è l'angoscia,
soppressi i mali,
scacciata la disperazione;
mentre regna
la tua mano onnipotente,
o Tu che espii per tutti!
XLI, I, p. 240

PREGHIERA DEL MATTINO
Sovrano celeste,
Re altissimo,
Signore di tutti,
speranza di tutti;

Creatore di ciò che è visibile,
Autore di ciò che è invisibile;
causa prima delle creature;
dispensatore della luce,
tu che fai il mattino
e prepari l'indomani;
tu che mostri la sera
e formi la notte;

tu che cancelli i peccati,
tu che scacci i dolori
e togli le amarezze;
rifugio per il riposo,
tu che hai inventato l'assopimento,
disposto il dormire,
accordato il sonno;
tu che fai continuare la respirazione
e durare il sentimento;
tu che dissipi i fantasmi
e togli gli incubi;
tu che trasformi le tristezze,
che sopprimi le angosce;
tu che metti in fuga le malattie
e annienti gli scandali!
Proteggimi con la tua mano creatrice,
fortificami con la tua destra potente;
raccoglimi sotto le tue ali divine,
coprimi con la tua sollecitudine.
Apri lo sguardo del mio spirito,
mentre si aprono gli occhi della mia faccia;
fa' che con la mia mente
io trovi la libertà dalle pesanti passioni;
togli, Signore, dai miei sensi
il torpore che vi si è annidato,
togli, o solo benefattore,
al mio involucro carnale la sua pesantezza.
LXXXIV, I-II, p. 449

TI AFFIDO LA MIA GIORNATA
Fin dall' arrivo della luce
fa spuntare la tua misericordia;
al sorgere del sole
nell' intimo del mio cuore
penetri il tuo sole di giustizia,
che il raggio della tua gloria
risplenda nella mia intelligenza!
Che il segno della tua croce
si estenda e si dilati
attraverso la mia anima e il mio corpo!
Ti affido in questo giorno
il mio corpo da te preparato
e la mia anima che lo abita.
Perché tu,
tu sei un Dio inscrutabile,
tu basti a tutti,
e tu sei tutto in tutto,
benedetto nei secoli! Amen.
LXXXIV, II, p. 450

PREGHIERA DELLA SERA
Dio eterno, benefico e onnipotente,
che hai creato la luce
e formato la notte,
Vita nella notte
e Luce nelle tenebre,
speranza
per coloro che attendono
e longanimità
per coloro che dubitano.
Tu che con la tua sapienza industriosa
cambi in aurora
le ombre della morte,
Oriente senza fine
e Sole senza tramonto:
l'oscurità della notte non può velare
la gloria della tua potenza;
al cui cospetto si piega il ginocchio
di ogni essere creato,
in cielo, sulla terra e sotto terra.
Tu che ascolti
il gemito dei prigionieri,
consideri la preghiera degli umili
e accogli le loro richieste,

mio Dio e mio Re,
mia vita e mio rifugio,
mia speranza e fiducia,
Gesù Cristo, tu Dio di tutti,
santo che riposi nelle anime dei santi,
consolatore degli afflitti
e propizio ai peccatori,
tu che conosci tutte le cose
prima che vengano all'esistenza,
manda la potenza protettrice della tua destra
e liberami dagli spaventi della notte
e dal demonio perverso,
così che baciando sempre
il ricordo del tuo nome santo e temibile
con le labbra dell'anima
e il desiderio del mio respiro,
io viva protetto insieme a coloro
che t'invocano
con tutto il loro cuore.
XCIV, I, p. 521

NEL SONNO PROTEGGIMI
E col sigillo del segno della tua croce,
che tu hai rinnovato
tingendola del tuo sangue divino,
con la quale ci hai battezzato
in vista della grazia dell' adozione
e ci hai modellati
formandoci a immagine della tua gloria,
per questi doni divini sia confuso Satana,
distrutte le sue macchinazioni,
allontanate le insidie,
vinti i nemici;
sia tolta la caligine,
dissipate le tenebre,
svanisca la nebbia!
Il tuo braccio ci protegga alla tua ombra
e la tua destra apponga su di noi
il suo sigillo!
Tu sei, infatti,
compassionevole e misericordioso,
e il tuo nome è stato invocato sui tuoi servi.
A te con il Padre nello Spirito Santo,
gloria e potenza
nei secoli dei secoli.
Amen.
XCIV, Il, p. 522

domenica 27 febbraio 2011

Le Lamentazioni di Gregorio di Narek




Oggi 27 febbraio le Chiese ricordano:

Gregorio di Narek
(ca. 945-1010)
monaco e innografo
Secondo gli antichi sinassari armeni, in questa data veniva un tempo celebrata la memoria di Gregorio di Narek, monaco e innografo vissuto tra il X e l'XI secolo.
Nato probabilmente nell'odierno villaggio di Narek, nei pressi del lago di Van, in Armenia, attorno al 945, Gregorio rimase presto orfano della madre. Affidato dal padre al locale monastero, Gregorio vi trascorrerà tutta la vita.
Lì egli ricevette una ricchissima formazione dall'igumeno Anania, che gli permise di leggere tutte le grandi opere patristiche, sia greche che orientali, e di nutrire la sua meditazione quotidiana con un immenso tesoro di letture spirituali.
In un incessante alternarsi di lavoro e di preghiera, Gregorio cominciò a manifestare una forte propensione a rielaborare la tradizione ricevuta in un linguaggio poetico fra i più alti della storia cristiana.
Compose così, per chiunque glielo chiedesse, inni, trattati, commenti alla Scrittura, panegirici; fu un predicatore amato e apprezzato dai più dotti ma anche dai più semplici. Il suo Libro di preghiere ("Libro delle Lamentazioni") è uno dei massimi capolavori della letteratura cristiana. Nerse di Lambron lo definirà «un angelo rivestito di un corpo».
La chiesa armena ricorda Gregorio assieme ai «santi traduttori» nella prima metà di ottobre.(1)


TRACCE DI LETTURA
Tu sei questo meraviglioso canto
nel quale noi troviamo il nostro impulso,
musica al cui seno le forme sono costruite.
Tu sei il segreto del pensiero
grazie a cui tutto insieme è in movimento,
ogni splendore si trova in te riunito
come nell'anfora si accostano le canne.
Tu sei il dito del cipresso che indica la via
e le tue sopracciglia sono riunite in un sol arco.
Dio del mezzogiorno che domini sugli astri
Gregorio di Narek, dal Libro di preghiere
PREGHIERA
Ora, per le parole di supplica
dei lettori di questo libro,
abbi misericordia, o Padre di clemenza,
per la croce, la passione e la morte di tuo Figlio.
Chi per primo
emise la voce di lamentazione
di questo cantico di lacrime,
che tale farmaco di salvezza
ci somministrò per la vita,
sia egli nel tuo nome guarito, o Forte.
E insieme a lui possiamo
noi pure essere iscritti,
ritrovandoci con lui tra i beati.

(1): Per alcuni testi di san gregorio di Narek, vedi post successivo.

* * *

George Herbert
(1593-1633)
presbitero
La Chiesa d'Inghilterra ricorda oggi 27 febbraio un altro grande poeta cristiano: George Herbert.
Nato nel 1593 nell'aristocratica famiglia dei Pembroke, George si recò a Cambridge nel 1614, dove studiò fino a diventare fellow del Trinity College.
Divenuto a soli venticinque anni pubblico oratore all'università e membro del parlamento, Herbert sembrava destinato alla carriera politica, quando, stupendo tutti, decise di ritirarsi presso la comunità «monastica» di Little Gidding per prepararsi all'ordinazione diaconale.
Dopo il suo matrimonio, George fu ordinato presbitero e gli fu assegnata la parrocchia di Bermerton, nei pressi di Salisbury, dove visse il resto della sua breve vita. A Bermerton egli cercò soprattutto di alimentare la vita spirituale dei suoi parrocchiani attraverso la recita quotidiana dell'ufficio delle ore, e mediante la composizione di una grande quantità di inni e di poemi liturgici.
A dispetto della prematura morte, giunta quando era appena quarantenne, egli ci ha lasciato un patrimonio poetico inestimabile, che lo pone di diritto fra i massimi innografi cristiani.
Herbert morì in questo giorno, nel 1633.

TRACCE DI LETTURA
Lascia, o Signore,
quando il tuo tetto avrà nascosto la mia anima
che in un tal luogo io possa porre il nido;
allora di un peccatore liberato ti sarai,
e io del bisogno di sperare e di temere.

Ma a modo tuo: di certo le tue vie sono migliori.
Distendi o contrai il tuo povero debitore:
non sarà che un modo di accordarmi il seno
per rendere la musica migliore.

Che io voli con gli angeli, o cada con la polvere,
gli uni e l'altra han fatto le tue mani, e là io sono;
la tua potenza e il tuo amore, il mio amore e la mia fede
rendono ogni luogo la terra dell'incontro

George Herbert, da The Temper
PREGHIERA
O Dio, pastore del tuo popolo,
il tuo servo George Herbert
ha manifestato il servizio amorevole di Cristo
nel suo ministero di pastore delle tue pecore:
attraverso questa eucaristia alla quale abbiamo preso parte
risveglia in noi l'amore di Cristo
e mantienici fedeli alla nostra vocazione cristiana.
Attraverso colui che ha deposto la sua vita per noi
e vive e regna con te, ora e sempre.

Si dimentica una madre di suo figlio?

carrozzina


Riporto le parole pronunciate dal Papa questa domenica mattina affacciandosi alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Di seguito il testo del discorso che Papa Benedetto XVI ha pronunciato ieri mattina 26 febbraio ricevendo in udienza nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano i partecipanti alla XVII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita.


* * *
Cari fratelli e sorelle!
Nella Liturgia odierna riecheggia una delle parole più toccanti della Sacra Scrittura. Lo Spirito Santo ce l’ha donata mediante la penna del cosiddetto "secondo Isaia", il quale, per consolare Gerusalemme abbattuta dalle sventure, così si esprime: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai" (Is 49,15). Questo invito alla fiducia nell’indefettibile amore di Dio viene accostato alla pagina, altrettanto suggestiva, del Vangelo di Matteo, in cui Gesù esorta i suoi discepoli a confidare nella provvidenza del Padre celeste, il quale nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo, e conosce ogni nostra necessità (cfr 6,24-34). Così si esprime il Maestro: "Non preoccupatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno".
Di fronte alla situazione di tante persone, vicine e lontane, che vivono in miseria, questo discorso di Gesù potrebbe apparire poco realistico, se non evasivo. In realtà, il Signore vuole far capire con chiarezza che non si può servire a due padroni: Dio e la ricchezza. Chi crede in Dio, Padre pieno d’amore per i suoi figli, mette al primo posto la ricerca del suo Regno, della sua volontà. E ciò è proprio il contrario del fatalismo o di un ingenuo irenismo. La fede nella Provvidenza, infatti, non dispensa dalla faticosa lotta per una vita dignitosa, ma libera dall’affanno per le cose e dalla paura del domani. E’ chiaro che questo insegnamento di Gesù, pur rimanendo sempre vero e valido per tutti, viene praticato in modi diversi a seconda delle diverse vocazioni: un frate francescano potrà seguirlo in maniera più radicale, mentre un padre di famiglia dovrà tener conto dei propri doveri verso la moglie e i figli. In ogni caso, però, il cristiano si distingue per l’assoluta fiducia nel Padre celeste, come è stato per Gesù. E’ proprio la relazione con Dio Padre che dà senso a tutta la vita di Cristo, alle sue parole, ai suoi gesti di salvezza, fino alla sua passione, morte e risurrezione. Gesù ci ha dimostrato che cosa significa vivere con i piedi ben piantati per terra, attenti alle concrete situazioni del prossimo, e al tempo stesso tenendo sempre il cuore in Cielo, immerso nella misericordia di Dio.
Cari amici, alla luce della Parola di Dio di questa domenica, vi invito ad invocare la Vergine Maria con il titolo di Madre della divina Provvidenza. A lei affidiamo la nostra vita, il cammino della Chiesa, le vicende della storia. In particolare, invochiamo la sua intercessione perché tutti impariamo a vivere secondo uno stile più semplice e sobrio, nella quotidiana operosità e nel rispetto del creato, che Dio ha affidato alla nostra custodia.
[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]
Infine, saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare la rappresentanza venuta in occasione della "Giornata per le malattie rare", con una preghiera speciale e un augurio per la ricerca in questo campo. Saluto i fedeli provenienti da Moncalvo e Ivrea, da Giussano, Cologno al Serio, Modena, Rimini e Cervia, Incisa Valdarno, Foligno e Spello, dalla diocesi di Concordia-Pordenone e dalla parrocchia romana di Santa Francesca Cabrini; i Salesiani Cooperatori di Latina, l’associazione culturale "L’Ottimista", il gruppo "Arcobaleno" di Modena, i ragazzi di Lodi e gli alunni della scuola "Don Carlo Costamagna" di Busto Arsizio. A tutti auguro una buona domenica.


* * *

"L'aborto non risolve nulla e distrugge la donna"

sindrome post aborto
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari Fratelli e Sorelle,
vi accolgo con gioia in occasione dell’Assemblea annuale della Pontificia Accademia per la Vita. Saluto in particolare il Presidente, Mons. Ignacio Carrasco de Paula, e lo ringrazio per le sue cortesi parole. A ciascuno rivolgo il mio cordiale benvenuto! Nei lavori di questi giorni avete affrontato temi di rilevante attualità, che interrogano profondamente la società contemporanea e la sfidano a trovare risposte sempre più adeguate al bene della persona umana. La tematica della sindrome post-abortiva - vale a dire il grave disagio psichico sperimentato frequentemente dalle donne che hanno fatto ricorso all’aborto volontario - rivela la voce insopprimibile della coscienza morale, e la ferita gravissima che essa subisce ogniqualvolta l’azione umana tradisce l’innata vocazione al bene dell’essere umano, che essa testimonia. In questa riflessione sarebbe utile anche porre l’attenzione sulla coscienza, talvolta offuscata, dei padri dei bambini, che spesso lasciano sole le donne incinte. La coscienza morale - insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica - è quel "giudizio della ragione, mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto" (n. 1778). È infatti compito della coscienza morale discernere il bene dal male nelle diverse situazioni dell’esistenza, affinché, sulla base di questo giudizio, l’essere umano possa liberamente orientarsi al bene. A quanti vorrebbero negare l’esistenza della coscienza morale nell’uomo, riducendo la sua voce al risultato di condizionamenti esterni o ad un fenomeno puramente emotivo, è importante ribadire che la qualità morale dell’agire umano non è un valore estrinseco oppure opzionale e non è neppure una prerogativa dei cristiani o dei credenti, ma accomuna ogni essere umano. Nella coscienza morale Dio parla a ciascuno e invita a difendere la vita umana in ogni momento. In questo legame personale con il Creatore sta la dignità profonda della coscienza morale e la ragione della sua inviolabilità.
Nella coscienza l’uomo tutto intero - intelligenza, emotività, volontà - realizza la propria vocazione al bene, cosicché la scelta del bene o del male nelle situazioni concrete dell’esistenza finisce per segnare profondamente la persona umana in ogni espressione del suo essere. Tutto l’uomo, infatti, rimane ferito quando il suo agire si svolge contrariamente al dettame della propria coscienza. Tuttavia, anche quando l’uomo rifiuta la verità e il bene che il Creatore gli propone, Dio non lo abbandona, ma, proprio attraverso la voce della coscienza, continua a cercarlo e a parlargli, affinché riconosca l’errore e si apra alla Misericordia divina, capace di sanare qualsiasi ferita.
I medici, in particolare, non possono venire meno al grave compito di difendere dall’inganno la coscienza di molte donne che pensano di trovare nell’aborto la soluzione a difficoltà familiari, economiche, sociali, o a problemi di salute del loro bambino. Specialmente in quest’ultima situazione, la donna viene spesso convinta, a volte dagli stessi medici, che l’aborto rappresenta non solo una scelta moralmente lecita, ma persino un doveroso atto "terapeutico" per evitare sofferenze al bambino e alla sua famiglia, e un "ingiusto" peso alla società. Su uno sfondo culturale caratterizzato dall’eclissi del senso della vita, in cui si è molto attenuata la comune percezione della gravità morale dell’aborto e di altre forme di attentati contro la vita umana, si richiede ai medici una speciale fortezza per continuare ad affermare che l’aborto non risolve nulla, ma uccide il bambino, distrugge la donna e acceca la coscienza del padre del bambino, rovinando, spesso, la vita famigliare.
Tale compito, tuttavia, non riguarda solo la professione medica e gli operatori sanitari. È necessario che la società tutta si ponga a difesa del diritto alla vita del concepito e del vero bene della donna, che mai, in nessuna circostanza, potrà trovare realizzazione nella scelta dell’aborto. Parimenti sarà necessario - come indicato dai vostri lavori - non far mancare gli aiuti necessari alle donne che, avendo purtroppo già fatto ricorso all’aborto, ne stanno ora sperimentando tutto il dramma morale ed esistenziale. Molteplici sono le iniziative, a livello diocesano o da parte di singoli enti di volontariato, che offrono sostegno psicologico e spirituale, per un recupero umano pieno. La solidarietà della comunità cristiana non può rinunciare a questo tipo di corresponsabilità. Vorrei richiamare a tale proposito l’invito rivolto dal Venerabile Giovanni Paolo II alle donne che hanno fatto ricorso all’aborto: "La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s’è trattato d’una decisione sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non s’è ancor rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto. Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Allo stesso Padre e alla sua misericordia potete affidare con speranza il vostro bambino. Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita" (Enc. Evangelium vitae, 99).
La coscienza morale dei ricercatori e di tutta la società civile è intimamente implicata anche nel secondo tema oggetto dei vostri lavori: l’utilizzo delle banche del cordone ombelicale, a scopo clinico e di ricerca. La ricerca medico-scientifica è un valore, e dunque un impegno, non solo per i ricercatori, ma per l’intera comunità civile. Ne scaturisce il dovere di promozione di ricerche eticamente valide da parte delle istituzioni e il valore della solidarietà dei singoli nella partecipazione a ricerche volte a promuovere il bene comune. Questo valore, e la necessità di questa solidarietà, si evidenziano molto bene nel caso dell’impiego delle cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale. Si tratta di applicazioni cliniche importanti e di ricerche promettenti sul piano scientifico, ma che nella loro realizzazione molto dipendono dalla generosità nella donazione del sangue cordonale al momento del parto e dall’adeguamento delle strutture, per rendere attuativa la volontà di donazione da parte delle partorienti. Invito, pertanto, tutti voi a farvi promotori di una vera e consapevole solidarietà umana e cristiana. A tale proposito, molti ricercatori medici guardano giustamente con perplessità al crescente fiorire di banche private per la conservazione del sangue cordonale ad esclusivo uso autologo. Tale opzione - come dimostrano i lavori della vostra Assemblea - oltre ad essere priva di una reale superiorità scientifica rispetto alla donazione cordonale, indebolisce il genuino spirito solidaristico che deve costantemente animare la ricerca di quel bene comune a cui, in ultima analisi, la scienza e la ricerca mediche tendono.
Cari Fratelli e Sorelle, rinnovo l’espressione della mia riconoscenza al Presidente e a tutti i Membri della Pontificia Accademia per la Vita per il valore scientifico ed etico con cui realizzate il vostro impegno a servizio del bene della persona umana. Il mio augurio è che manteniate sempre vivo lo spirito di autentico servizio che rende le menti e i cuori sensibili a riconoscere i bisogni degli uomini nostri contemporanei. A ciascuno di voi e ai vostri cari imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

sabato 26 febbraio 2011

Il gusto di volare alto


Il Sermone sul monte è la buona notizia che salva colui che ascolta le parole del Maestro, per sentirsi librare il alto come il passero libero da angustie e bello davanti a lui, perché fatto originariamente a sua immagine.
Buona domenica Vito Valente
MESSALE VIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno "A"
Antifona d'Ingresso Sal 17,19-20
Il Signore è mio sostegno,
mi ha liberato e mi ha portato al largo,
è stato lui la mia salvezza perché mi vuole bene.

C
olletta
Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Oppure:

Padre santo, che vedi e provvedi a tutte le creature, sostienici con la forza del tuo Spirito, perché in mezzo alle fatiche e alle preoccupazioni di ogni giorno non ci lasciamo dominare dall'avidità e dall'egoismo, ma operiamo con piena fiducia per la libertà e la giustizia del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura
Is 49, 14-15Io non ti dimenticherò mai.

Dal libro del profeta Isaìa
Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.


Salmo Responsoriale
Dal Salmo 61
Solo in Dio riposa l’anima mia.
Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia salvezza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: mai potrò vacillare.

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia speranza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: non potrò vacillare.

In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.
Confida in lui, o popolo, in ogni tempo;
davanti a lui aprite il vostro cuore.


Seconda Lettura
1 Cor 4, 1-5Il Signore manifesterà le intenzioni dei cuori.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele.
A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore!
Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode.


Canto al Vangelo
Eb 4,12
Alleluia, alleluia.

La parola di Dio è viva ed efficace,
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.

Alleluia.


Vangelo
Mt 6, 24-34Non preoccupatevi del domani.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».


Traccia di Omelia

Prosegue il discorso della montagna che già le precedenti domeniche la liturgia ci ha presentato.
La cornice di questa parte del discorso è costituita da una notevole attenzione al creato, come segno presenza del Mistero Creatore. Gesù vi pone rinnovato richiamo per invitare ad un totale affidamento a Dio, piuttosto che alle cose e alle dinamiche del mondo, quale reale fulcro dell’abbandono fiduciale e della vita nuova introdotta da Lui nel mondo.
Il discepolo che si lascia assorbire interamente, quasi in modo ossessivo, dalla materialità dell’esistenza, (dall’ossessione per “il cibo” e per “il vestito”), rivela una fede incerta e altalenante, che non ha ancora fatto esperienza e perciò non rende adeguatamente ragione dell’amore paterno di Dio, il quale si prende cura dei propri figli, con l’amore e la tenerezza di una madre, ben al di là di ogni umana aspettativa, come nessun altro potrebbe fare.
In Realtà, facendo eco al testo di Isaia della prima lettura, potremmo affermare che l’attenzione di Dio per l’uomo supera quella di una madre. Vi leggiamo infatti: «se anche vi fosse una donna che si dimenticasse, io non ti dimenticherò mai».
Il cristiano è dunque continuamente chiamato a vigilare sulla tentazione di “attaccare il cuore” a ciò che non può bastare alla vita, sulla necessità di operare una scelta: se fondare la propria illusoria esistenza sulla menzogna delle “cose del mondo” o affidarsi totalmente a Colui che più di ogni altro lo ama e che provvederà, paternamente, anche ai suoi bisogni, nell’ottica dell’uso dei beni della terra al servizio del Regno.
Questa è la sola povertà che la Chiesa da duemila anni vive e propone a tutti gli uomini. La pagina di Vangelo si apre con un monito che ne costituisce la chiave ermeneutica di fondo: non si possono servire contemporaneamente due padroni, perché si finirà inevitabilmente per amare uno e odiare l’altro.
L’uomo aggrappato alle cose del mondo, rischia di finire schiavo del mondo, perché sempre il mondo domanda un prezzo in cambio di quanto, falsamente, dona; mentre chi sceglie di servire il Signore, sperimenterà la vera libertà, poiché l’unico “padrone” che libera è solo il Dio della vita.
Chi sceglie la prima via potrà anche ritrovarsi ricco, ma sarà affannato nel cuore e nella coscienza; chi invece segue la seconda può scoprire un sapore particolare della vita, un lieto e certo appagamento ed una insperata libertà, fatta di gioia e di pace interiore.
Del resto quale persona di buon senso potrebbe pensare realisticamente che un qualunque oggetto materiale posseduto, possa cambiare qualcosa di ciò che essa è?