sabato 30 aprile 2022

venerdì 29 aprile 2022

SENZA LUCE

 COMMENTO AI TESTI DELLA LITURGIA DI OGGI, 29 APRILE 2022, FESTA DI SANTA CATERINA DA SIENA, CO-PATRONA D' ITALIA.

MONIZIONE E CANTO: VOGLIO ANDARE A GERUSALEMME (SEFARDITA) ATTUALIZZAZIONI

giovedì 28 aprile 2022

lunedì 25 aprile 2022

CANTO: BENEDETTO SIA IDDIO (EF. 1, 3-13)

 CANTO: BENEDETTO SIA IDDIO (EF. 1, 3-13)

Musica di Kiko Arguello

IL LUOGO DELLA DIVINA MISERICORDIA (SPIRITUALITA' LITURGICA DEL TEMPO DI PASQUA 3)

 COMMENTO AL VANGELO DI OGGI, 25 APRILE 2022, FESTA DI SAN MARCO EVANGELISTA

LA SPIRITUALITA' LITURGICA DELLA II DOMENICA DI PASQUA (DELLA DIVINA MISERICORDIA)

venerdì 22 aprile 2022

VI CERCHERO', VI TROVERO' E MORIRO' ANCORA PER VOI (SPIRITUALITA' LITURGICA DEL TEMPO DI PASQUA 2)

 COMMENTO AI VANGELI DELLE APPARIZIONI DI CRISTO RISORTO, IN PARTICOLARE Gv 21,1-14, SUL LAGO DI TIBERIADE.

LA SPIRITUALITA' LITURGICA DELLA OTTAVA DI PASQUA

lunedì 18 aprile 2022

LA SPIRITUALITA' LITURGICA DEL TEMPO DI PASQUA (1)

 COMMENTO AL VANGELO DI OGGI, 18 APRILE 2022, LUNEDI TRA L'OTTAVA DI PASQUA.

LA SPIRITUALITA' LITURGICA DEL TEMPO DI PASQUA: MONIZIONE E CANTO DEL PREFAZIO.
Musica di Kiko Arguello

sabato 16 aprile 2022

L' ORA DELL' AMORE

 MONIZIONE E CANTO:

OMELIA PASQUALE DI MELITONE DI SARDI

MUSICA DI KIKO ARGUELLO

mercoledì 13 aprile 2022

"Io vi ho dato l'esempio..." - Quinta Predica di Quaresima 2022 (S. Em. Rev.ma Card. Raniero Cantalamessa ofmcapp.)

 


di S. Em. Rev.ma Card. Raniero Cantalamessa ofmcapp.

Questa ultima meditazione sull’Eucaristia parte da una domanda: Perché Giovanni, nel racconto dell’ultima cena, non parla dell’istituzione dell’Eucaristia, ma parla invece, al suo posto, della lavanda dei piedi? Proprio lui che aveva dedicato un capitolo intero del suo Vangelo a preparare i discepoli a mangiare la sua carne e bere il suo sangue?

Il motivo è che in tutto ciò che riguarda la Pasqua e l’Eucaristia, Giovanni mostra di voler accentuare più l’evento che il sacramento, cioè più il significato che il segno. Per lui, la nuova Pasqua non comincia tanto nel Cenacolo, quando si istituisce il rito che la deve commemorare (si sa che l’ultima cena di Giovanni non è una cena “pasquale); comincia piuttosto sulla croce quando si compie il fatto che deve essere commemorato. È lì che avviene il passaggio dalla Pasqua antica a quella nuova. Per questo egli sottolinea che a Gesú sulla croce “non fu spezzato alcun osso”: perché così era prescritto per l’agnello pasquale nell’Esodo.(Gv 19,36; Es 12,46).

Il significato della lavanda dei piedi

È importante comprendere bene il significato che ha per Giovanni il gesto della lavanda dei piedi. La recente costituzione apostolica Praedicate Evangelium ne fa menzione nel Preambolo, come l’icona stessa del servizio che deve caratterizzare tutto il lavoro della Curia Romana riformata. Essa ci aiuta a capire come si può fare, della vita, una Eucaristia e così “imitare nella vita ciò che si celebra sull’altare”. Siamo davanti a uno di quegli episodi (un altro è quello della trafittura del costato), in cui l’evangelista lascia intendere chiaramente che c’è sotto un mistero che va al di là del fatto contingente che potrebbe, in se stesso, sembrare trascurabile.
“Io – dice Gesù – vi ho dato l’esempio”. Di che cosa ci ha dato l’esempio? Di come si devono lavare materialmente i piedi ai fratelli, ogni volta che ci si mette a tavola? Certamente non di questo soltanto! La risposta è nel Vangelo: “Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 44-45).
Nel Vangelo di Luca, proprio nel contesto dell’ultima cena, è riportata una parola di Gesù che sembra pronunciata a conclusione della lavanda dei piedi: “Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22, 27). Secondo l’evangelista, Gesù disse queste parole perché tra i discepoli era sorta una discussione su chi di loro poteva essere considerato il più grande (cf Lc 22, 24). Forse fu proprio questa circostanza che ispirò a Gesù il gesto della lavanda dei piedi, come una specie di parabola in azione. Mentre i discepoli sono tutti intenti a discutere animatamente tra loro, egli si alza silenziosamente da tavola, cerca un catino d’acqua e un asciugatoio, poi torna indietro e si inginocchia davanti a Pietro per lavargli i piedi, gettandolo, comprensibilmente, nella più grande confusione: “Signore tu lavi i piedi a me?” (Gv 13, 6).
Nella lavanda dei piedi, Gesù ha voluto come riassumere tutto il senso della sua vita, perché rimanesse bene impresso nella memoria dei discepoli e un giorno, quando avrebbero potuto capire, capissero: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo” (Gv 13, 7). Quel gesto, posto a conclusione dei Vangeli, ci dice che tutta la vita di Gesù, dall’inizio alla fine, fu una lavanda dei piedi, cioè un servire gli uomini. Essa, come dice qualche esegeta, fu una pro-esistenza, cioè un’esistenza vissuta a favore degli altri.
Gesù ci ha dato l’esempio di una vita spesa per gli altri, una vita fatta “pane spezzato per il mondo”. Con le parole: “Fate anche voi come ho fatto io”, Gesù istituisce dunque la diakonía, cioè il servizio, elevandolo a legge fondamentale, o, meglio, a stile di vita e a modello di tutti i rapporti nella Chiesa. Come se dicesse, anche a proposito della lavanda dei piedi, ciò che disse nell’istituire l’Eucaristia: “Fate questo in memoria di me!”.
A questo punto però devo fare una piccola digressione prima di proseguire il discorso. Un antico Padre, il beato Isacco di Ninive, dava questo consiglio a chi è costretto, dal dovere, a parlare di cose spirituali, alle quali non è ancora giunto con la vita: “Parlane –diceva- come uno che appartiene alla classe dei discepoli e non con autorità, dopo aver umiliato la tua anima ed esserti fatto più piccolo di ogni tuo ascoltatore” . Ecco, Venerabili padri, fratelli e sorelle, lo spirito con cui oso parlare di servizio a voi che lo vivete giorno per giorno.
Ricordo l’osservazione scherzosa che una volta fece a noi membri della Commissione Teologica Internazionale l’allora prefetto della Congregazione della fede, il Cardinal Franjo Šeper: “Voi teologi –disse sorridendo- non avete finito di scrivere qualcosa che subito vi mettete sopra il vostro nome e cognome. Noi della Curia dobbiamo fare tutto anonimamente”. È una qualità del servizio evangelico che è motivo per me di ammirazione e gratitudine per i tanti servitori della Chiesa che lavorano nella Curia romana, nelle Curie vescovili e nelle Nunziature.

Lo spirito del servizio

Torniamo al tema. Dobbiamo approfondire cosa significa “servizio”, per poterlo realizzare nella nostra vita e non fermarci alle parole. Il servizio non è, in se stesso, una virtù. In nessun catalogo delle virtù o dei frutti dello Spirito, come le chiama il Nuovo Testamento, si incontra la parola diakonía, servizio. Si parla, anzi, perfino di un servizio al peccato (cf Rm 6, 16) o agli idoli (cf 1 Cor 6, 9) che non è certamente un servizio buono. Per sé, il servizio è una cosa neutra: indica una condizione di vita, o un modo di rapportarsi agli altri nel proprio lavoro, un essere alle dipendenze di altri. Può essere, addirittura, una cosa negativa, se fatta per costrizione (come nella schiavitù), o solo per interesse.
Tutti oggi parlano di servizio; tutti dicono di essere a servizio: il commerciante serve i clienti; di chiunque esercita una mansione nella società, si dice che presta servizio, o che è di servizio. Ma è evidente che il servizio di cui parla il Vangelo è tutt’altra cosa, anche se non esclude di per sé, né squalifica necessariamente il servizio come è inteso dal mondo. La differenza è tutta nelle motivazioni e nell’atteggiamento interiore con cui il servizio è fatto.
Rileggiamo il racconto della lavanda dei piedi, per vedere con che spirito la compie Gesù e da che cosa è mosso: “Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1). Il servizio non è una virtù, ma scaturisce dalle virtù e, in primo luogo, dalla carità; è, anzi, l’espressione più grande del comandamento nuovo. Il servizio è un modo di manifestarsi dell’agápe, cioè di quell’amore che “non cerca il proprio interesse” (cf 1 Cor 13, 5), ma quello degli altri, che non è fatto solo di ricerca, ma anche di donazione. È, insomma, una partecipazione e un’imitazione dell’agire di Dio che, essendo “il Bene, tutto il Bene, il Sommo Bene”, non può amare e beneficare che gratuitamente, senza alcun proprio interesse.
Per questo, il servizio evangelico, all’opposto di quello del mondo, non è proprio dell’inferiore, del bisognoso, di chi non ha; ma è proprio, piuttosto, di chi possiede, di chi è posto in alto, di chi ha. “A colui cui fu dato molto, molto sarà chiesto”, in fatto di servizio (cf Lc 12, 48). Per questo, Gesù dice che, nella sua Chiesa, è soprattutto “chi governa” che deve essere “come colui che serve” (Lc 22, 26), chi è “il primo” deve essere “il servo di tutti” (Mc 10, 44). La lavanda dei piedi –diceva il mio professore di esegesi a Friburgo, Ceslas Spicq – è “il sacramento dell’autorità cristiana”.
Accanto alla gratuità, il servizio esprime un’altra grande caratteristica dell’agápe divina: l’umiltà. Le parole di Gesù: “Dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”, significano: dovete rendervi a vicenda i servizi di un’umile carità. Carità e umiltà, insieme, formano il servizio evangelico. Gesù ha detto una volta: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29). Ma, a pensarci bene, che cosa ha fatto Gesù per definirsi “umile”? Forse che ha sentito bassamente di sé, o ha parlato in modo dimesso della sua persona? Al contrario, nell’episodio stesso della lavanda dei piedi, egli dice di essere “Maestro e Signore” (cf Gv 13, 13).
Che cosa dunque ha fatto per definirsi “umile”? Si è abbassato, è disceso per servire! Dal momento dell’incarnazione, non ha fatto altro che discendere, discendere, fino a quel punto estremo, quando lo vediamo in ginocchio, in atto di lavare i piedi agli apostoli. Che fremito dovette correre fra gli angeli, al vedere in tale abbassamento il Figlio di Dio, sul quale essi non osano neppure fissare lo sguardo (cf 1 Pt 1, 12). Il Creatore è in ginocchio di fronte alla creatura! “Arrossisci, superba cenere: Dio si abbassa e tu ti innalzi!”, diceva a se stesso san Bernardo .Così intesa – cioè come un abbassarsi per servire – l’umiltà è davvero la via regia per somigliare a Dio e per imitare l’Eucaristia nella nostra vita.

Discernimento degli spiriti

Il frutto di questa meditazione dovrebbe essere una revisione coraggiosa della nostra vita: abitudini, mansioni, orari di lavoro, distribuzione e impiego del tempo, per vedere se essa è realmente un servizio e se, in questo servizio, c’è amore e umiltà. Il punto fondamentale è sapere se noi serviamo i fratelli, o invece ci serviamo dei fratelli. Si serve dei fratelli e li strumentalizza colui che, magari, si fa in quattro per gli altri, come si suol dire, ma in tutto ciò che fa non è disinteressato, cerca, in qualche modo, l’approvazione, il plauso oppure la soddisfazione di sentirsi, nel suo intimo, a posto e benefattore. Il Vangelo presenta, su questo punto, esigenze di una radicalità estrema: “Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra” (Mt 6, 3). Tutto ciò che è fatto, coscientemente e a ragion veduta, “per essere visti dagli uomini”, è perso. “Christus non sibi placuit”: Cristo non cercò di compiacere se stesso! (Rm 15, 3): questa è la regola del servizio.
Per fare il “discernimento degli spiriti”, cioè delle intenzioni che ci muovono nel nostro servizio, è utile vedere quali sono i servizi che facciamo volentieri e quelli che cerchiamo di scansare in tutti modi. Vedere, inoltre, se il nostro cuore è pronto ad abbandonare – qualora ci venga richiesto – un servizio nobile, che dà lustro, per uno umile che nessuno apprezzerà. I servizi più sicuri sono quelli che facciamo senza che nessuno – neppure chi lo riceve – se ne accorga, ma solo il Padre che vede nel segreto. Gesù ha elevato a simbolo del servizio uno dei gesti più umili che si conoscessero al suo tempo e che era affidato, di solito, agli schiavi: il lavare i piedi. San Paolo esorta: “Non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili” (Rm 12, 16).
Allo spirito di servizio si oppone la brama di dominio, l’abitudine a imporre agli altri la propria volontà e il proprio modo di vedere o di fare le cose. Insomma, l’autoritarismo. Spesso chi è tiranneggiato da queste disposizioni non si rende minimamente conto delle sofferenze che provoca e si stupisce, anzi, nel vedere che gli altri non mostrano di apprezzare tutto il suo “interessamento” e i suoi sforzi e si sente persino vittima. Gesù ha detto ai suoi apostoli di essere come “agnelli in mezzo a lupi”, ma costoro sono, al contrario, lupi in mezzo ad agnelli. Una grande parte delle sofferenze che talvolta affliggono una famiglia o una comunità è dovuta all’esistenza in esse di qualche spirito autoritario e dispotico che calpesta gli altri e che, con il pretesto di “servire” gli altri, in realtà “asserve” gli altri.
È possibilissimo che questo “qualcuno” siamo proprio noi! Se ci viene un piccolo dubbio in questo senso, sarebbe buona cosa che interrogassimo sinceramente chi ci vive accanto e dessimo loro la possibilità di esprimersi senza timore. Se risulta che anche noi rendiamo la vita difficile, con il nostro carattere, a qualcuno, dobbiamo accettare con umiltà la realtà e ripensare il nostro servizio.
Allo spirito di servizio si oppone anche, per altro verso, l’attaccamento esagerato alle proprie abitudini e comodità. Insomma lo spirito di mollezza. Non può servire seriamente gli altri chi è sempre intento ad accontentare se stesso, chi fa un idolo del proprio riposo, del proprio tempo libero, del proprio orario. La regola del servizio resta sempre la stessa: Cristo non cercò di compiacere se stesso.
Il servizio, abbiamo visto, è la virtù propria di chi presiede, è la cosa che Gesù ha lasciato ai pastori della Chiesa, come la sua eredità più cara. Tutti i carismi sono in funzione del servizio; ma in modo tutto particolare lo è il carisma di “pastori e maestri” (cf Ef 4, 11), cioè il carisma dell’autorità. La Chiesa è “carismatica” per servire ed è anche “gerarchica” per servire!

Il servizio dello Spirito

Se per tutti i cristiani servire significa “non vivere più per se stessi” (cf 2 Cor 5, 15), per i pastori significa: “non pascere se stessi”: “Guai ai pastori d’Israele che pascono se stessi! I pastori non devono forse pascere il gregge?” (Ez 34, 2). Per il mondo, niente è più naturale e giusto di questo, che, cioè, chi è signore (dominus) “domini”, faccia da padrone. Tra i discepoli di Gesù, però, “non così”, ma chi è signore deve servire. “Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede – scrive san Paolo –; siamo invece i collaboratori della vostra gioia” (2 Cor 1, 24). La stessa cosa raccomanda ai pastori l’apostolo Pietro: “Non spadroneggiate sulle persone a voi affidate, ma fatevi modelli del gregge” (cf 1 Pt 5, 3).
Non è facile, nel ministero pastorale, evitare la mentalità del padrone della fede; essa si è inserita molto presto nella concezione dell’autorità. In uno dei più antichi documenti sul ministero episcopale (la Didascalia Siriaca) troviamo già una concezione che presenta il vescovo come il monarca, nella cui Chiesa nulla può essere intrapreso, né dagli uomini né da Dio, senza passare attraverso di lui.
Per i pastori, e in quanto pastori, è spesso su questo punto che si decide il problema della conversione. Come risuonano forti e accorate quelle parole di Gesù dopo la lavanda dei piedi: “Io il Signore e il Maestro…!”. Gesù “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio” (Fil 2, 6), cioè non ebbe paura di compromettere la sua dignità divina, di favorire la mancanza di rispetto da parte degli uomini, spogliandosi dei suoi privilegi e mostrandosi all’esterno un uomo in mezzo agli altri uomini (“simile agli uomini”).
Gesù ha vissuto semplicemente. La semplicità è stata sempre l’inizio e il segno di un vero ritorno al Vangelo. Bisogna imitare l’agire di Dio. Non c’è nulla – scriveva Tertulliano – che caratterizza meglio l’agire di Dio, quanto il contrasto tra la semplicità dei mezzi e dei modi esterni con cui opera e la grandiosità degli effetti spirituali che ottiene . Il mondo ha bisogno di grossi apparati per agire e per impressionare; Dio no.
C’è stata un’epoca in cui la dignità dei vescovi si esprimeva in insegne, titoli, castelli, eserciti. Erano, come si dice, vescovi-principi, ma assai più principi che vescovi. La Chiesa vive oggi, su questo punto, un’epoca che, al confronto, ci appare d’oro. Ho conosciuto molti anni fa un vescovo che trovava naturale trascorrere ogni settimana qualche ora in una casa di riposo, per aiutare gli anziani a vestirsi e a mangiare. Aveva preso alla lettera la lavanda dei piedi. Io stesso devo dire di aver ricevuto da alcuni prelati i migliori esempi di semplicità della mia vita.
Occorre però conservare, anche su questo punto, una grande libertà evangelica. La semplicità esige che non ci mettiamo al di sopra degli altri, ma neppure, sempre e ostinatamente, al di sotto, per mantenere, in un modo o nell’altro, le distanze, ma che accettiamo, nelle cose ordinarie della vita, di essere come gli altri. Ci sono persone – nota acutamente il Manzoni – che, di umiltà, ne hanno quanta ne bisogna per mettersi al di sotto della buona gente, ma non per star loro in pari .
A volte, il servizio migliore non consiste nel servire, ma nel lasciarsi servire, come Gesù che, all’occasione, sapeva anche stare a tavola e farsi lavare i piedi (cf Lc 7, 38) e che, di buon grado, accettava i servizi che gli rendevano, durante i suoi viaggi, alcune donne generose e affezionate (cf Lc 8, 2-3).
C’è un’altra cosa che bisogna dire a proposito del servizio dei pastori, ed è questa: il servizio dei fratelli, per quanto importante e santo, non è la prima cosa e non è l’essenziale; prima c’è il servizio di Dio. Gesù è anzitutto il “Servo di Jahvè” e poi anche il servo degli uomini. Agli stessi genitori ricorda questo, dicendo: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 49). Egli non esitava a deludere le folle, venute per ascoltarlo e per farsi guarire, lasciandole improvvisamente, per ritirarsi in luoghi solitari a pregare (cf Lc 5, 16).
Anche il servizio evangelico è insidiato oggi dal pericolo della secolarizzazione. Si dà troppo facilmente per scontato che ogni servizio reso all’uomo è servizio di Dio. San Paolo parla di un servizio dello Spirito (diakonía Pneumatos) (2 Cor 3, 8), al quale servizio sono destinati i ministri del Nuovo Testamento. Lo spirito di servizio si deve esprimere, nei pastori, attraverso il servizio dello Spirito!
Chi, come il sacerdote, è, per vocazione, chiamato a tale servizio “spirituale”, non serve i fratelli se rende loro cento o mille altri servizi, ma trascura quell’unico che si ha diritto di aspettarsi da lui e che lui solo può dare. È scritto che il sacerdote “viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio” (Eb 5, 1). Quando sorse per la prima volta questo problema nella Chiesa, Pietro lo risolse dicendo: “Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense… Noi ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della Parola” (At 6, 2-4).
Ci sono dei pastori che sono, di fatto, ritornati al servizio delle mense. Si occupano di ogni sorta di problemi materiali, economici, amministrativi, talvolta perfino agricoli, che esistono nella loro comunità (anche quando si potrebbero benissimo lasciarli fare da altri), e trascurano il loro vero, insostituibile servizio. Il servizio della Parola esige ore di lettura, studio, preghiera.
Subito dopo aver spiegato agli apostoli il significato della lavanda dei piedi, Gesù disse loro: “Sapendo queste cose sarete beati se le metterete in pratica” (Gv 13, 17). Anche noi saremo beati, se non ci accontenteremo di sapere queste cose – e cioè che l’Eucaristia ci spinge al servizio e alla condivisione –, ma le metteremo in pratica, possibilmente a cominciare da oggi stesso. L’Eucaristia non è solo un mistero da consacrare, da ricevere e da adorare; è anche un mistero da imitare.
Dobbiamo però, prima di concludere, richiamare una verità che abbiamo sottolineato in tutte le nostre riflessioni sull’Eucaristia, e cioè l’azione dello Spirito Santo! Guardiamoci dal ridurre il dono al dovere! Noi non abbiamo ricevuto soltanto il comando di lavarci i piedi e di servirci: abbiamo ricevuto la grazia di poterlo fare. Il servizio è un carisma e come tutti i carismi esso è “una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12, 7); “Ciascuno viva secondo il dono (charisma!) ricevuto, mettendolo a servizio degli altri”, dice l’apostolo Pietro nella sua Prima Lettera (1 Pt 4,10). Il dono precede il dovere e ne rende possibile il compimento. E’ questa “la buona notizia” – il Vangelo – di cui l’Eucaristia è la consolante memoria quotidiana.

Santo Padre, venerabili padri, fratelli e sorelle, grazie del benevolo ascolto e i miei più vivi auguri per una buona Settimana Santa e una felice Pasqua!

1.S. Isacco di Ninive, Discorsi ascetici, 4, Città Nuova, Roma 1984, p.89.
2.Bernardo di Chiaravalle, Lodi della Vergine, I, 8.
3.Cf Tertulliano, De baptismo, 1 (CCL I, p. 277).
4.Cf A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. 38.

Dostoevskij, La Leggenda del Grande Inquisitore



(Nel romanzo il racconto è messo in bocca ad Ivàn Karamazov)

(da: F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov) 

La mia azione si svolge in Spagna, a Siviglia, al tempo piu pauroso dell'inquisizione quando ogni giorno nel paese ardevano i roghi per la gloria di Dio e con grandiosi autodafè si bruciavano gli eretici. Oh, certo, non è cosi che Egli scenderà, secondo la Sua promessa, alla fine dei tempi, in tutta la gloria celeste, improvviso "come folgore che splende dall'Oriente all'Occidente". No, Egli volle almeno per un istante visitare i Suoi figli proprio là dove avevano cominciato a crepitar i roghi degli eretici. Nell'immensa Sua misericordia, Egli passa ancora una volta fra gli uomini in quel medesimo aspetto umano col quale era passato per tre anni in mezzo agli uomini quindici secoli addietro. Egli scende verso le "vie roventi" della città meridionale, in cui appunto la vigilia soltanto, in un "grandioso autodafé", alla presenza del re, della corte, dei cavalieri, dei cardinali e delle piu leggiadre dame di corte, davanti a tutto il popolo di Siviglia, il cardinale grande inquisitore aveva fatto bruciare in una volta, ad majorem Dei gloriam, quasi un centinaio di eretici. Egli è comparso in silenzio, inavvertitamente, ma ecco - cosa strana - tutti Lo riconoscono. Spiegare perché Lo riconoscano, potrebbe esser questo uno dei piu bei passi del poema. Il popolo è attratto verso di Lui da una forza irresistibile, Lo circonda, Gli cresce intorno, Lo segue. Egli passa in mezzo a loro silenzioso, con un dolce sorriso d'infinita compassione. Il sole dell'amore arde nel Suo cuore, i raggi della Luce, del Sapere e della Forza si sprigionano dai Suoi occhi e, inondando gli uomini, ne fanno tremare i cuori in una rispondenza d'amore. Egli tende loro le braccia, li benedice e dal contatto di Lui, e perfino dalle Sue vesti, emana una forza salutare. Ecco che un vecchio, cieco dall'infanzia, grida dalla folla: "Signore, risanami, e io Ti vedrò", ed ecco che cade dai suoi occhi come una scaglia, e il cieco Lo vede. Il popolo piange e bacia la terra dove Egli passa..................

Il popolo si agita, grida, singhiozza; ed ecco in questo stesso momento passare accanto alla cattedrale, sulla piazza, il cardinale grande inquisitore in persona. È un vecchio quasi novantenne, alto e diritto, dal viso scarno, dagli occhi infossati, ma nei quali, come una scintilla di fuoco, splende ancora una luce……Ha visto tutto... …Aggrotta le sue folte sopracciglia bianche e il suo sguardo brilla di una luce sinistra. Egli allunga un dito e ordina alle sue guardie di afferrarlo. . . . . . .Le guardie conducono il Prigioniero sotto le volte di un angusto e cupo carcere nel vecchio edificio del Santo Uffizio e ve Lo rinchiudono. Passa il giorno, sopravviene la scura, calda, "afosa" notte di Siviglia. L'aria "odora di lauri e di limoni". In mezzo alla tenebra profonda si apre a un tratto la ferrea porta del carcere, e il grande inquisitore in persona con una fiaccola in mano lentamente si avvicina alla prigione. È solo, la porta si richiude subito alle sue spalle. Egli si ferma sulla soglia e considera a lungo, per uno o due minuti, il volto di Lui. Infine si accosta in silenzio, posa la fiaccola sulla tavola e Gli dice: - "Sei Tu, sei Tu?" - Ma, non ricevendo risposta, aggiunge rapidamente: - "Non rispondere, taci. E che potresti dire? So troppo bene quel che puoi dire. Del resto, non hai il diritto di aggiunger nulla a quello che Tu già dicesti una volta. Perché sei venuto a disturbarci? Sei infatti venuto a disturbarci, lo sai anche Tu. Ma sai che cosa succederà domani? lo non so chi Tu sia, e non voglio sapere se Tu sia Lui o soltanto una Sua apparenza, ma domani stesso io Ti condannerò e Ti farò ardere sul rogo, come il peggiore degli eretici, e quello stesso popolo che oggi baciava i Tuoi piedi si slancerà domani, a un mio cenno, ad attizzare il Tuo rogo, lo sai? Si, forse Tu lo sai", - aggiunse, profondamente pensoso, senza staccare per un attimo lo sguardo dal suo Prigioniero. Non dicevi Tu allora spesso: "Voglio rendervi liberi?". Ebbene, adesso Tu li ha veduti, questi uomini "liberi", - aggiunge il vecchio con un pensoso sorriso. - Si, questa faccenda ci è costata cara, - continua, guardandolo severo, - ma noi l'abbiamo finalmente condotta a termine, in nome Tuo. Per quindici secoli ci siamo tormentati con questa libertà, ma adesso l'opera è compiuta e saldamente compiuta. Non credi che sia saldamente compiuta? Tu mi guardi con dolcezza e non mi degni neppure della Tua indignazione? Ma sappi che adesso, proprio oggi, questi uomini sono piu che mai convinti di essere perfettamente liberi, e tuttavia ci hanno essi stessi recato la propria libertà, e l'hanno deposta umilmente ai nostri piedi. Questo siamo stati noi ad ottenerlo, ma è questo che Tu desideravi, è una simile libertà?". - lo tomo a non comprendere, - interruppe Aljòsa, - egli fa dell'ironia, scherza?

 - Niente affatto. Egli fa un merito a sé ed ai suoi precisamente di avere infine soppresso la libertà e di averlo fatto per rendere felici gli uomini. "Ora infatti per la prima volta (egli parla, naturalmente, dell'inquisizione) è diventato possibile pensare alla felicità umana. L'uomo fu creato ribelle; possono forse dei ribelli essere felici? Tu eri stato avvertito, - Gli dice, - avvertimenti e consigli non Ti erano mancati, ma Tu non ascoltasti gli avvertimenti. Tu ricusasti l'unica via per la quale si potevano render felici gli uomini, ma per fortuna, andandotene, rimettesti la cosa nelle nostre mani. Tu ci hai promesso, Tu ci hai con la Tua parola confermato, Tu ci hai dato il diritto di legare e di slegare, e certo non puoi ora nemmeno pensare a ritoglierci questo diritto. Perché dunque sei venuto? Sai Tu che passeranno i secoli e l'umanità proclamerà per bocca della sua sapienza e della sua scienza che non esiste il delitto, e quindi nemmeno il peccato, ma che ci sono soltanto degli affamati? "Nutrili e poi chiedi loro la virtù!". Oh, mai, mai essi potrebbero sfamarsi senza di noi! Nessuna scienza darà loro il pane, finché rimarranno liberi, ma essi finiranno per deporre la loro libertà ai nostri piedi e per dirci: "Riduceteci piuttosto in schiavitù ma sfamateci!". Comprenderanno infme essi stessi che libertà e pane terreno a discrezione per tutti sono fra loro inconciliabili, giacché mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro! Si convinceranno pure che non potranno mai nemmeno esser liberi, perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli. ... ... .. ...Essi sono viziosi e ribelli, ma finiranno per diventar docili. Essi ci ammireranno e ci terranno in conto di dèi per avere acconsentito, mettendoci alla loro testa, ad assumerci il carico di quella libertà che li aveva sbigottiti e a dominare su loro, tanta paura avranno infine di esser liberi! Ma noi diremo che obbediamo a Te e che dominiamo in nome Tuo. Li inganneremo di nuovo, perché allora non Ti lasceremo piu avvicinare a noi. E in quest'inganno starà la nostra sofferenza, poiché saremo costretti a mentire. Ecco ciò che significa quella domanda che Ti fu fatta nel deserto, ed ecco ciò che Tu ricusasti in nome della libertà, da Te collocata più in alto di tutto. In quella domanda tuttavia si racchiudeva- un grande segreto di questo mondo. Acconsentendo al miracolo dei pani, Tu avresti dato una risposta all'universale ed eterna ansia umana, dell'uomo singolo come dell'intera umanità: "Davanti a chi inchinarsi?". Non c'è per l'uomo rimasto libero piu assidua e piu tormento sa cura di quella di cercare un essere dinanzi a cui inchinarsi. Ma l'uomo cerca di inchinarsi a ciò che già è incontestabile, tanto incontestabile, che tutti gli uomini ad un tempo siano disposti a venerarlo universalmente. Perché la preoccupazione di queste misere creature non è soltanto di trovare un essere a cui questo o quell'uomo si inchini, ma di trovarne uno tale che tutti credano in lui e lo adorino, e precisamente tutti insieme.

E questo bisogno di comunione nell'adorazione è anche il più grande tormento di ogni singolo, come dell'intera umanità, fin dal principio dei secoli. È per ottenere quest' adorazione universale che si sono con la spada sterminati a vicenda. Essi hanno creato degli dèi e si sono sfidati l'un l'altro: "Abbandonate i vostri dèi e venite ad adorare i nostri, se no guai a voi e ai vostri dèi!". E cosi sarà fino alla fine del mondo, anche quando gli dèi saranno scomparsi dalla terra: non importa, cadranno allora in ginocchio davanti agli idoli. Tu conoscevi, Tu non potevi non conoscere questo fondamentale segreto della natura umana, ma Tu rifiutasti l'unica irrefragabile bandiera che Ti si offrisse per indurre tutti a inchinarsi senza discussione dinanzi a Te;.………Tu volesti il libero amore dell'uomo, perché Ti seguisse liberamente, attratto e conquistato da Te. In luogo di seguire la salda legge antica, l'uomo doveva per l'avvenire decidere da sé liberamente, che cosa fosse bene che cosa fosse male, avendo dinanzi come guida la sola Tua immagine; ma non avevi Tu pensato che, se lo si fosse oppresso con un cosi terribile fardello come la libertà di scelta, egli avrebbe finito per respingere e contestare perfino la Tua immagine e la Tua verità?………Sappi che io non Ti temo. Sappi che anch'io fui nel deserto, che anch'io mi nutrivo di cavallette e di radici, che anch'io benedicevo la libertà di cui Tu letificasti gli uomini, che anch'io mi ero preparato ad entrare nel numero dei Tuoi eletti, nel numero dei potenti e dei forti, con la brama di "completare il numero". Ma mi ricredetti e non volli servire la causa della follia. Tornai indietro e mi unii alla schiera di quelli che hanno corretto l'opera Tua. Lasciai gli orgogliosi e tornai agli umili per la felicità di questi umili. Ciò che Ti dico si compirà e sorgerà il regno nostro. Ti ripeto che domani stesso Tu vedrai questo docile gregge gettarsi al primo mio cenno ad attizzare i carboni ardenti del rogo sul quale Ti brucerò per essere venuto a disturbarci. Perché se qualcuno piu di tutti ha meritato il nostro rogo, sei Tu. Domani Ti arderò. Dixi". Ivàn, si fermò. Egli si era accalorato e aveva parlato con fervore; quando poi ebbe finito, fece improvvisamente un sorriso. Aljòsa, che l'aveva sempre ascoltato in silenzio e verso la fine, in preda a straordinaria agitazione, molte volte aveva voluto interrompere il discorso del fratello, ma si era visibilmente trattenuto, si mise d'un tratto a parlare, come scattando: - Ma... è un assurdo! - esclamò, arrossendo. - Il tuo poema è l'elogio di Gesu e non la condanna... come tu volevi.

E come termina il tuo poema?.......... - lo volevo finirlo cosi: l'inquisitore, dopo aver taciuto, aspetta per qualche tempo che il suo Prigioniero gli risponda. Il Suo silenzio gli pesa. Ha visto che il Prigioniero l'ha sempre ascoltato, fissandolo negli occhi col suo sguardo calmo e penetrante e non volendo evidentemente obiettar nulla. Il vecchio vorrebbe che dicesse qualcosa, sia pure di amaro, di terribile. Ma Egli tutt'a un tratto si avvicina al vecchio in silenzio e lo bacia piano sulle esangui labbra novantenni. Ed ecco tutta la Sua risposta. Il vecchio sussulta. Gli angoli delle labbra hanno avuto un fremito; egli va verso la porta, la spalanca e Gli dice: "Vattene e non venir piu... non venire mai piu... mai piu!". E Lo lascia andare per "le vie oscure della città". Il Prigioniero si allontana. - E il vecchio? - Il bacio gli arde nel cuore, ma il vecchio persiste nella sua idea. 

F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Garzanti, Milano, 1979, voI. I, pagg. 263 e 282 

lunedì 11 aprile 2022

Kiko Arguello: Pregon pascual (Madrid, 29 de marzo 2022)




Bien, hermanos, yo estoy contento de veros, estoy contento de que este encuentro nos anuncia que viene la Pascua del año 2022 (tres patitos, el año de los tres patitos). Pues, ánimo.

... La Vigilia Pascual es que es una noche llena de expectación escatológica, porque el Señor ha prometido que vendrá esperamos que él  entre esta noche y nos coja a todos.

Está escrito en la Escritura que no dormirás esta noche, porque el Señor no ha dormido, ha velado para librarte de la esclavitud de Egipto».

«"Parte hacia un país que te mostraré... Mira las estrellas en el cielo, así será tu descendencia". Y creyó en Dios y partió; siguiendo a Dios, no pone a Dios a su servicio, sino que camina detrás de un Dios que le habla y le hace una promesa. Sin que pueda instrumentalizar a Dios en su servicio».

En esta noche murieron los primogénitos; estaban celebrando pesaj con el bastón en mano; en esa noche se llevaron la masa de los panes sin levadura, no dio tiempo a fermentar porque salieron deprisa. En esa noche, en que comieron un cordero y pintaron las jambas de las puertas con la sangre del cordero, en esa noche la muerte pasa saltando -pesaj- pasa saltando donde ve la sangre del cordero. Como decía Melitón de Sardes: "Oh muerte, ¿por qué te espanta ese cordero, qué viste allí?" La muerte saltaba y andaba a otra casa y mataba. En esta noche se abre el mar: la luna estaba llena y vio el mar, símbolo de la muerte, que se abre cuando la gente llega al mar que les cierra el paso. El faraón llega al encuentro del ejército, han visto un milagro: el mar se ha abierto.

Hay personas descendientes de ese pueblo, que en la noche de Pascua de este año 2022 se reunirán en familias y celebrarán el seder pascual».

«Harán [los descendientes de ese pueblo que murió en el desierto] una berakah, una bendición de la que nace el cáliz de nuestra Eucaristía».

«Esa misma noche Yo pasaré en medio de vosotros. Porque mi brazo no se ha acortado, ese brazo que destruyó el poder más grande de la tierra, Egipto».
«Cuando lleguéis a esta tierra de libertad haréis un memorial, tendréis una liturgia por familias y me daréis gloria y alabanza. Mi brazo no se ha acortado. Esa noche te prometo que pasaré de nuevo en medio de ti, y te daré la misma libertad que te di esa noche, para liberarte de la esclavitud del faraón y llevarte a una tierra de libertad. Has visto mi acción; esta noche la volverás a ver. El que se halle en esclavitud en esa noche que venga a hacer Pascua, que paso Yo en medio de vosotros. Quien se encuentre en angustia, que pase a la felicidad; el que se encuentre en pecado que pase a la gracia».

En este contexto nace verdaderamente la Eucaristía cristiana. Pero este
diseño que Dios hizo con el pueblo de Israel, era para nosotros. Ya Israel dejaba un puesto libre en la mesa porque había entendido que todo esto era una preparación para el Mesías, que debía venir a hacer el verdadero Éxodo: Llevar a la humanidad a la inmortalidad.
Cristo celebra el seder pascual, en el que anticipa el sacramento de la
Eucaristía en el memorial de la pascua judía. Dirà que este pan significa la salida de Egipto, que Dios rompe la esclavitud.

«Esta copa de la Sangre de la Alianza -porque la Alianza debe ser sellada con sangre- "esta es mi Sangre". La entrada de nuestra humanidad en la tierra prometida no está sellada con sangre de machos cabríos o de corderos como lo estaba el primer pacto, sino con su propia Sangre. Es decir, el juramento que Dios hace sobre nuestra salvación fue hecho con la Sangre de Cristo derramada por nosotros; de forma que si alguno duda del amor de Dios "aquí está la Sangre de Cristo para ti". No es la sangre de un macho cabrío o de un cordero: es Cristo mismo quien derramó su Sangre para que el Padre te introduzca en su casa.

La Sangre de Cristo tiene el verdadero valor de santificarte, de purificar nuestros pecados.

«En esta Pascua os invitamos a volver al cáliz donde sea posible. Ya en
Madrid y en muchas partes las comunidades ya habéis retomado el vino. Esperamos que en el tiempo pascual todos los hermanos puedan ya celebrar con el pan y el vino».

*

Cristo ha resucitado, ha vencido a la muerte y quiere vivir entre nosotros. Pero para que Dios nos dé su Espíritu necesita que lo aceptemos. Necesita nuestra conversión. Debemos querer quitar de nosotros la levadura vieja. Dios no puede hacer las cosas sin nosotros.
No juzguéis a nadie, nunca. ¿Cómo puedes juzgar a alguien si eres el peor de todos? El que juzga, ya no es cristiano; el que juzga está condenado a cometer el mismo pecado que juzgó. ¿Has juzgado a ese hermano? Tú Lo harás peor, por juzgar. Considérate el último y el peor de todos. Este es el espíritu del Cristianismo».

«Dios nos enseña que es una gracia, el hecho de haber recibido las catequesis de Kiko y Carmen.

¡Cómo es posible que todavía juzguemos! Convirtámonos en esta Cuaresma, seamos humildes. ¿Qué es ser humilde? Aceptar cosas que aparentemente son malas. ¿Por qué no me tiene que pasar esto a mí, por qué? ¿Te falta dinero, tienes un problema con una hija, con un hijo, tienes un problema con tu esposa, tienes un problema con tu marido que está con otra mujer? ¿Por qué no, por qué no te puede pasar a ti? Deja de juzgarlo, es inútil, detente, ámalos y considera que tú eres peor. El último y el peor de todos, indigno de estar aquí.

Esto lo digo en relación a la levadura de los fariseos que es la hipocresía. ¿Qué levadura debemos quitar para prepararnos bien, en Cuaresma, para celebrar la Vigilia Pascual, qué levadura debemos quitar? La hipocresía. Ahora una pregunta: ¿no eres un hipócrita? "¡No, yo no!" Falso.

Preparémonos todos para esta vigilia que se acerca, esta Santa Pascua, esta noche maravillosa. Esta es una noche única; quizás en el año 2022 alguno de nosotros muera, iremos con el Señor; no sabemos, quizás es la última Pascua; preparémonos para ella con vigilias, ayunos, mortificaciones, limosnas y oraciones. ¡Ánimo!, ofreciendo a Cristo todos los pequeños sufrimientos, como rescate por nuestros pecados y como rescate también por los pecados de los demás.
Estemos toda la noche en vela, porque es una noche sacramental: una espera de la segunda venida del Señor.

Estoy más joven que nunca, con más fuerza y con más amor hacia vosotros, y con ganas de ayudaros a que vivamos una Pascua maravillosa, porque cada año viene la Pascua a invitarnos a morir con Cristo y a resucitar con Él. Así que este año 2022, viene el Señor contentísimo de amarnos, de estrecharnos y de decirnos: “¡Ánimo! Sigamos adelante, que vuestra vida es una cosa maravillosa. Morir es mejor que vivir. Si morís venís conmigo, que os estoy esperando en el cielo, que he ido a prepararos un lugar”. En el cielo nos ha preparado el Señor un lugar eterno y maravilloso, inmortal. Nuestra vida tiene una dimensión eterna, de inmortalidad. Por eso, hermanos, ánimo.

En medio de todo lo que vemos, de las noticias y de todas esas imágenes, que parecen el infierno, toda la destrucción que nos muestran las televisiones, queríamos leeros una carta que nos ha escrito el equipo itinerante de Ucrania, porque en medio de esta destrucción escuchar esta carta es como un bálsamo de que el Señor está actuando allí en medio de todo este sufrimiento. Supongo que algunos habréis oído las noticias de alguna de las familias que estaban allí, que han tenido que salir, los milagros que Dios ha hecho para ayudarles cuando tuvieron que escapar corriendo porque empezaron los bombardeos… Cuentan milagros en medio del dolor de haber abandonado aquel pueblo en el momento del sufrimiento. Casi todas las familias han salido, salieron el último día, el día en que empezaron los bombardeos, pues hasta ese día permanecieron allí. Tenemos muchos hermanos en Ucrania que están sufriendo, algunos han salido, otros están allí en la frontera. Estamos rezando para que el Señor los ayude, para que no mueran nuestros hermanos, le estamos pidiendo a Carmen que los proteja.

«Os leo esta carta que es muy expresiva y que es un consuelo escucharla: 

“Queridos Kiko, Padre Mario y Ascensión:
Queríamos contaros lo que ha ocurrido en Ucrania en este tiempo. Nosotros, según el programa, nos encontrábamos en Uzhgorod, en Transcarpatia, en la parte sudoccidental de Ucrania, haciendo los segundos escrutinios y la redditio symboli. Al mismo tiempo, hacíamos un curso bíblico-litúrgico para los presbíteros, algunos catequistas y todos los
seminaristas de los tres seminarios Redemptoris Mater de Ucrania: Kiev, Vinnitsa y Uzhgorod, que es greco-católico. Para este curso vinieron Francisco Voltaggio y Ezequiel Pasotti. Para nosotros fue un consuelo enorme tenerlos en estos momentos en que comenzó la guerra.
La situación se precipitó el 24 de febrero. Estábamos haciendo nuestro trabajo habitual: la kikangelización, las katekesis en distintas parroquias de varias ciudades, la formación de los jóvenes de post-confirmación... Todos estábamos trabajando, oyendo las noticias sobre el aumento de las tropas del ejercido ruso en las fronteras de Ucrania, pero, sinceramente,
no creíamos que podía (sic) estallar la guerra. Esperábamos, rezábamos al Señor, para que esto no sucediera. Verdaderamente nos quedamos sorprendidísimos de que el 24 de febrero se comenzaran las operaciones militares, aquí en Ucrania. Las bombas, que caían por todos lados, crearon un pánico general en la población. Muchísimos, recogieron sus cosas, y
otros, sin tomar nada, se marcharon en dirección a las fronteras. Bastantes hermanos de las comunidades y muchas de las familias en misión, partieron hacia las fronteras para huir del horror de la guerra.

Por otro lado, Ucrania ya está en guerra desde el 2014, cuando Rusia ocupó Crimea y también dos regiones del este de Ucrania, Donetsk y Lugansk, una zona muy rica en materias primas y también en industria, etc. Nosotros intentábamos hacer una vida normal, viviendo, estudiando, trabajando, pero siempre bajo la sombra de la guerra. En este momento, cuando comenzó el ataque, todo se ha derrumbado, verdaderamente fue con una violencia impresionante, que suscitó un pánico inimaginable. La gente huía de Kiev, de Járkov y otras ciudades hacia las fronteras con Polonia, Hungría, etc. Un río de coches que caminaba hacia las fronteras.
Actualmente hay 3,5 millones de refugiados fuera de Ucrania, sobre todo en Polonia, y también en Eslovaquia, Hungría, Alemania, y otros países. En la actualidad, en las ciudades más afectadas por la guerra, quedan muy pocos catecúmenos, muchísimos han emigrado a otras ciudades del país. Se esconden en varios pueblos, con sus familiares o con los hermanos del Camino. Aquí, en Transcarpatia, hasta el día de hoy, estamos bastante
tranquilos. Las sirenas obligan a bajar a los refugios por posibles ataques de misiles, pero gracias a Dios, por ahora, no ha caído ninguna bomba.
Ahora seguimos trabajando en los encuentros y escrutinios con las comunidades de aquí. Estamos en continuo contacto con todos los hermanos de toda Ucrania.
Estamos muy impresionados y agradecidos de ver la obra que Señor está haciendo. Vemos como a hermanos que parecían débiles les está dando una valentía impresionante. En Vinnitsa, que por ahora no ha sido muy atacada, pero si se oyen los ruidos de las bombas y las sirenas, los hermanos han continuado a reunirse (sic) por comunidades, van a rezar por las mañanas los (sic) laudes, han continuado la escrutazio, pero lo más interesante, es que
asisten más de lo normal, teniendo en cuenta que se han marchado un número significativo de los hermanos.

Han quedado en Ucrania cuatro de las familias en misión extranjeras [de veintinueve] y cuatro ucranianas. Estamos hablando con las familias en misión que están en sus países respectivos y todos tienen el corazón partido de estar lejos de Ucrania y están deseando poder volver.
Estamos siendo espectadores de la potencia del Señor en medio de los hermanos. No dejamos de asombrarnos de ver cómo el Señor toca el
corazón de determinados hermanos y los hace actuar con fe de una manera heroica. Los que se han quedado en estas ciudades de gran riesgo, no
quieren marcharse y están con un Espíritu maravilloso. Dicen que están tocando el cielo, que la presencia de Dios es tan fuerte, que a pesar del miedo por las bombas y explosiones, cuando abren una palabra al azar, o rezan, el Señor les impele a seguir allí. Nosotros les decimos que no permitan que el odio entre en sus corazones y muchos nos dicen que están
rezando por sus enemigos. Nos cuentan cómo las celebraciones les ayudan tanto: van con miedo y escuchando la palabra, los ecos y la homilía salen resucitados. Hay ecos de jóvenes, maravillosos. Nos dicen que nadie les quitará nunca lo que allí están viviendo y que durante estos treinta años de Camino el Señor les ha preparado para este momento y que están dispuestos a servir y a morir por Cristo.
Los presbíteros del Redemptoris Mater, cuando oyeron que comenzó la guerra, dejaron el curso y partieron inmediatamente a sus ciudades en sus parroquias. Ahora, continúan contentos, siendo verdaderos pastores, reuniendo al resto de Israel que se ha quedado disperso, llamando uno por uno a todos los hermanos para saber quién ha quedado, sosteniéndoles, e incluso llevan a los más débiles a vivir a la parroquia. De manera que, por
ejemplo, en una parroquia de Kiev, viven juntos más que 20 hermanos, creando una comunidad. Celebran palabras, eucaristías y escrutan con los hermanos por las casas, arriesgando su vida.

Una familia ucraniana que permaneció en Kiev hasta hace poco, cuando estaban en el refugio, como todas las noches, se le acercaron sus vecinos, que se estaban organizando para coger las armas y le dijeron a el padre: y tú, ¿qué arma tienes? Y él sacó del bolsillo la cruz de la traditio y les dijo: ¡Ésta es nuestra arma!
Los hermanos dicen claramente, que no se han quedado por nacionalismo, que han visto del Señor permanecer. Nosotros hemos dicho que cada uno hiciera lo que el Señor les inspirase, sobre si marcharse o no. Lo único en lo que hemos insistido es en que no se separen las familias. El problema es que los hombres desde los 18 años hasta los 60 no pueden salir del país porque pueden ser llamados para el ejército, sólo los que tienen tres hijos o más pueden salir.
En la casa de convivencias que estamos construyendo en Zhitomir se encuentran un grupo de chicos que están curándose de la pornografía, el alcohol, el juego, las drogas, etc., ayudados por un matrimonio y varios seminaristas. Uno de ellos ha escrito esto.

“Hoy, levantándome para vigilar, de nuevo no podía más porque ayer por la noche las bombas cayeron más lejos, pero los aviones volaron más tiempo, y esto es lo más duro. Hemos rezado el oficio y abierto un evangelio que decía: “Ánimo, SOY YO, no tengáis miedo. Mirad mis manos y mis pies (...). Quedaos en la ciudad hasta que venga el prometido de mi Padre”.
Doy gracias al Señor que me está dando esta precariedad completa que antes no tenía. Si Él no me responde, me muero. Pero me responde, y muy fuerte. Y estando tumbado por tierra, con los aviones por encima, le tengo que preguntar, lo que decías siempre tu: ¿Tú estás? Me amas? Esto es maravilloso”.

Nosotros nos encontramos en una de las zonas más tranquilas, porque nos pilló aquí la guerra haciendo los segundos escrutinios y la redditio. Una pareja que venía a escuchar los escrutinios para aprender, ese día se encontraba un poco en crisis por la situación de la guerra y no entendían el por qué de continuar los escrutinios en esta situación. Al final de la reunión de los escrutinios nos dijeron: hemos entendido que la verdadera guerra se encuentra aquí, luchando contra el demonio.

Aquí han venido muchísimos hermanos, de manera que el Señor nos ha inspirado, formar dos comunidades en diáspora con todos los refugiados, una en Uzhgorod y otra en Mucachevo. Hay hermanos de todas las etapas
de Camino, de todas las ciudades, de todas nacionalidades, y han empezado a caminar este sábado, !esto es una verdadera bomba!
Por otro lado, nos venían los jóvenes a pedir trabajo, porque no sabían qué hacer todo el día, y las madres pensaban que los niños debían también hacer algo, así que hemos formado dos escuelas, una en cada ciudad. El Señor es tan genial que inspira cosas y las realiza. Resulta que aquí han venido varias chicas y familias en misión y diversos hermanos y que tenemos especialistas de todo tipo, desde filólogos de ucraniano, español, italiano, polaco, inglés y francés, hasta profesores de matemáticas, música, de danza, de teatro y de los primeros años de escuela. Los niños y los jóvenes están contentísimos. El Señor nos va empujando a hacer cosas que él mismo apoya y realiza.

Sería para escribir un libro con los testimonios que nos escriben y las cosas que oímos cuando les llamamos por teléfono. Continuamente estamos llamando para saber cómo estén y para sostenerles, y resulta que nosotros mismos quedamos consolados por lo que el Señor opera en ellos, dicen cosas maravillosas.
Nosotros somos espectadores de milagros, ahora mismo si contamos cuántos hermanos han quedado en Ucrania, se podría pensar que esto es un desastre total. Pero vemos que el Señor está reforzando en la fe de una manera muy fuerte a estos hermanos. Sabemos que muchos de los que han salido serán tentados por el demonio para quedarse en otros países, para tener una vida más burguesa, con más dinero. Rezamos para que el Señor de (sic) discernimiento a todos y después de esta guerra puedan volver del exilio para reconstruir juntos Jerusalén, la presencia de Cristo mismo en Ucrania.
Rezad por nuestros catecúmenos para que puedan resistir esta prueba, amando a sus enemigos y dando testimonio de la fe que han recibido.
Y rezad también por nosotros, que somos unos pecadores, indignos de trabajar aquí y de ver los milagros que aquí se están realizando, para que podamos resistir firmes hasta el final.
Os queremos muchísimo.

P. Rajmund, María Eugenia, Stanislaw, Kiryl”».


***

Viendo estos días los millones de refugiados en Ucrania, también en Venezuela, en África, millones de personas que viven como refugiados y que en estos días se hace más patente esta problemática, viendo millones de personas que tienen que abandonar todo corriendo, que ven destruir sus casas, que ante ellos queda la nada; me venía a la mente el pueblo judío al ser deportado al exilio de Babilonia, cuando Nabucodonosor destruye el Templo, arrasa Jerusalén y son llevados a Babilonia. En esa situación Dios les manda profetas que les da una esperanza, que les hacen ver sus pecados, que les denuncian, pero les anuncian una esperanza para su vida. Sobre todo, el Señor envía profetas que les dan una esperanza que les mantenga.
Pensando en la Pascua, hablábamos estos días, una parte importante de la
liturgia de la Vigilia Pascua es la parte que corresponde a los profetas, esas cuatro lecturas centrales, que a veces, en algunas Vigilias se pierde el eco de la Palabra, porque se une con la experiencia de los niños, entonces queríamos invitaros a que haya algunos ecos, unos minutos, no muchos, para que no se pierda el ritmo de la Pascua, pero sí que haya un momento, una oportunidad para que haya ecos de estas palabras proféticas, que son tan existenciales, y tan llenas de esperanza; todos tenemos experiencia de que un eco puede resucitar la asamblea».


Leía el otro día un artículo muy interesante, del cardenal Cañizares, sobre lo que está pasando a la luz de la fe. Y comenzaba exactamente con esta frase de
Jesús: “Si no os convertís todos pereceréis”, que es para nosotros.

Jesús decía “si no os convertís”, y después seguía con la parábola de la higuera y como no daba fruto, le dice de quitar esta higuera porque si no da fruto, no sirve. Pero los cultivadores dijeron: “No, déjala todavía un año, cavaremos la tierra, le daremos abono, y si después de un año no dará frutos, la cortarás”».

Como decía antes Ascensión, delante de estos muertos, niños, mujeres
asesinadas, ancianos que vagan sin saber dónde ir, destrucciones, emigrantes,
podríamos ser tentados de tomar partido por un lado Ucrania, por otro Rusia, no sé aquí en vuestras comunidades, en Roma había comenzado, y como han dicho muchas veces Kiko y Carmen que con respecto a opiniones de política no discutir en la comunidad. Porque la comunidad es un sitio para conversión, no para dividir la comunidad sobre opiniones y el Señor nos invita a dejar el juicio al Padre porque la cosa es muy complicada, no se pueden poner unos de una parte y otros de la otra».

Por eso, porque nuestras obras buenas, contribuyen a edificar el Cuerpo de Cristo para el bien de la sociedad, pero también nuestros pecados, aún los ocultos, destruyen el Cuerpo de Cristo, por tanto todos somos responsables de esta situación, como dirá el Papa cuando consagrará a la Virgen de Fátima la humanidad y pedirá perdón por los pecados de todos nosotros»

«No lo saben los demás, nosotros por la iluminación de la iniciación cristiana sabemos lo que está pasando, tenemos la misión de iluminar a los que están alrededor».


«Algunos están convencidos de que el futuro reino del hombre en la tierra satisfará todos los deseos de su corazón. Sabéis que en esta sociedad, hasta que ha explotado el covid y después la guerra, se había ya programado un mundo nuevo, de felicidad para todos, super tecnológico, han inventado el metaverso, la realidad virtual, que quiere decir que todo está centrado en la promoción de un futuro mejor, se quiere olvidar el pasado, hacer todo de nuevo, en un mundo en el cual todos seríamos felices, aunque dominados por una especia de dictadura, y ahora todo esto está cayéndose».
«No es la vacuna la que nos salva...»

«En el Camino, se nos ha entregado la Virgen María, como Madre, en el Santuario de Loreto».

Kiko:

«Ánimo, chicos, que maravilloso es veros sabiendo que os van a perseguir, que nos van a perseguir, que nos van a meter en la cárcel, que nos van a torturar, lo digo en serio, no creáis que estamos aquí para engordar, con la barriguita, no, no, tenemos que dar la sangre a Cristo, tenemos que ofrecerle nuestra vida. Lo tiene el Señor preparado, así que estamos contentos de contribuir con nuestra vida a lo que falta a la Pasión de Cristo».

Todos los que estáis aquí que no amáis a Cristo, dice s. Pablo, seáis malditos, anatema, el que no ame a Cristo esta noche que se vaya de aquí: es un anatema, porque después de lo que ha hecho Cristo por ti, por vosotros, tantos años, y los katequistas que os ha dado, no podemos hacer otra cosa que quererlo, querer a Cristo, amarlo, amar al Señor y amarnos entre nosotros, el amor a los hermanos».
«No viváis la vida como idiotas, de una manera estúpida

Así que ánimo, hermanos, que es maravilloso el Camino Neocatecumenal, es un camino de crecimiento en la fe que da sus frutos dando la sangre por Jesucristo, por la Iglesia y por toda la humanidad».

La peregrinación de jóvenes, muy importante que se haga este verano por parroquias o por zonas, cómo queráis, pero que los jóvenes del Camino puedan tener una peregrinación que termine con una llamada vocacional.
También habíamos pensado que además de lo que ya hacéis: misión por las plazas, escrutinio de la palabra, penitencial, Eucaristías... este año incluir, quien pueda, incluir al menos un día dedicado a predicar el Evangelio de dos en dos, sin nada, sin bolsa, un día ir sin nada, enviarles a que pasen un día anunciando el Evangelio, libremente, el que quiera.