lunedì 30 gennaio 2012

31 Gennaio: san Giovanni Bosco



31 GENNAIO

SAN GIOVANNI BOSCO
 (m) 
Sacerdote


INVITATORIO Ant. Venite, adoriamo il pastore supremo, Cristo Signore.

Seconda Lettura   Dalle «Lettere» di san Giovanni Bosco  (Epistolario, Torino, 1959, 4, 202. 294-205. 209)
Imitare Gesù e lasciarsi guidare dall'amore
Se vogliamo farci vedere amici del vero bene dei nostri allievi, e obbligarli a fare il loro dovere, bisogna che voi non dimentichiate mai che rappresentate i genitori di questa cara gioventù, che fu sempre tenero oggetto delle mie occupazioni, dei miei studi, del mio ministero sacerdotale, e della nostra Congregazione salesiana. Se perciò sarete veri padri dei vostri allievi, bisogna che voi ne abbiate anche il cuore; e non veniate mai alla repressione o punizione senza ragione e senza giustizia, e solo alla maniera di chi vi si adatta per forza e per compiere un dovere. Quante volte, miei cari figliuoli, nella mia lunga carriera ho dovuto persuadermi di questa grande verità! E' certo più facile irritarsi che pazientare, minacciare un fanciullo che persuaderlo. direi ancora che è più comodo alla nostra impazienza ed alla nostra superbia castigare quelli che resistono, che correggerli col sopportarli con fermezza e con benignità. La carità che vi raccomando è quella che adoperava san Paolo verso i fedeli di fresco convertiti alla religione del Signore, e che sovente lo facevano piangere e supplicare quando se li vedeva meno docili e corrispondenti al suo zelo. Difficilmente quando si castiga si conserva quella calma, che è necessaria per allontanare ogni dubbio che si opera per far sentire la propria autorità, o sfogare la propria passione. Riguardiamo come nostri figli quelli sui quali abbiamo da esercitare qualche potere. Mettiamoci quasi al loro servizio, come Gesù che venne ad ubbidire e non a comandare, vergognandoci di ciò che potesse aver l`aria in noi di dominatori; e non dominiamoli che per servirli con maggior piacere. Così faceva Gesù con i suoi apostoli, tollerandoli nella loro ignoranza e rozzezza, nella loro poco fedeltà, e col trattare i peccatori con una dimestichezza e familiarità da produrre in alcuni lo stupore, in altri quasi lo scandalo, ed in molti la santa speranza di ottenere il perdono da Dio. Egli ci disse perciò di imparare da lui ad essere mansueti ed umili di cuore (Mt 11, 29). Dal momento che sono i nostri figli, allontaniamo ogni collera quando dobbiamo reprimere i loro falli, o almeno moderiamola in maniera che sembri soffocata del tutto. Non agitazione dell'animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l'avvenire, ed allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione. In certi momenti molto gravi, giova più una raccomandazione a Dio, un atto di umiltà a lui, che una tempesta di parole, le quali, se da una parte non producono che male in chi le sente, dall'altra parte non arrecano vantaggio a chi le merita. Ricordatevi che l'educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l'arte, e non ce ne mette in mano le chiavi. Studiamoci di farci amare, di insinuare il sentimen-to del dovere del santo timore di Dio, e vedremo con mirabile facilità aprirsi le porte di tanti cuori ed unirsi a noi per cantare le lodi e le benedizioni di colui, che volle farsi nostro modello, nostra via, nostro esempio in tutto, ma particolarmente nell'educazione della gioventù.

Responsorio   Cfr. Mc 10, 13-14; Mt 18, 5
Presentavano a Gesù dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano. Gesù disse: Lasciate che vengano a me, non glielo impedite:
* a chi è come loro appartiene il regno di Dio.
E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me:
a chi come loro appartiene il regno di Dio.


Oppure: seconda lettura  Dal "Piano di Regolamento per l'Oratorio maschile di san Francesco di Sales" (1854) scritto da san Giovanni Bosco, sacerdote     
(Ed. P. Braido et Alii, Scritti pedagogici e spirituali, Roma 1987, 41-44, passim)
Un nuovo modo di evangelizzare i giovani
"[...] per riunire insieme i figli di Dio che erano di­spersi" (Gv 11, 52). Le parole del santo Vangelo che ci fanno conoscere il Divin Salvatore essere venuto dal cielo in terra per radunare insieme tutti i figli di Dio, dispersi nelle varie parti della terra, mi pare che si pos­sano letteralmente applicare alla gioventù dei nostri gior­ni. Questa porzione la più delicata e la più preziosa dell'umana società, su cui si fondano le speranze di un felice avvenire, non è per se stessa di indole perversa. Tolta la trascuratezza dei genitori, l'ozio, lo scontro dei tristi compagni, cui vanno specialmente soggetti nei gior­ni festivi, riesce facilissima cosa l'insinuare nei teneri loro cuori i principi di ordine, di buon costume, di ri­spetto, di religione, perché se accade talvolta che già siano guasti in quella età, lo sono piuttosto per incon­sideratezza, che non per malizia consuma-ta. Questi giovani hanno veramente bisogno di una ma­no benefica, che prenda cura di loro, li coltivi, li guidi alla virtù, li allontani dal vizio. La difficoltà consiste nel trovar modo di radunarli, poter loro parlare, mo­ralizzarli. Questa fu la missione del Figlio di Dio; questo può solamente fare la santa sua religione. Ma questa reli­gione, che è eterna ed immutabile in sé, che fu e sarà sempre in ogni tempo la maestra degli uomini, contie­ne una legge così perfetta, che sa piegarsi alle vicende dei tempi, e adattarsi all'indole diversa di tutti gli uomini. Fra i mezzi atti a diffondere lo spirito di religione nei cuori incolti e abbandonati, si reputano gli Orato­ri. Sono questi Oratori luoghi in cui si intrattiene la gio­ventù in piacevole ed onesta ricreazione, dopo di aver assistito alle sacre funzioni di chiesa. I conforti che mi vennero dalle autorità civili ed ecclesiastiche, lo zelo con cui molte persone vennero in aiuto con mezzi temporali e con le loro fatiche, sono segno non dubbio delle benedizioni del Signore, e del pubblico gradimento degli uomini. Io non intendo dare né leggi né precetti; mio scopo è di esporre le cose che si fanno nell'Oratorio maschile di san Francesco di Sales in Valdocco; è il modo con cui queste cose sono fatte. Forse taluno troverà espressioni che sembrano di­mostrare che io vada cercando gloria ed onore; non lo creda: attribuisca ciò all'impegno che ho di scrivere le cose che sono realmente avvenute e come tuttora si trovano. Quando mi sono dato a questa parte di sacro mini­stero intesi di consacrare ogni mia fatica alla maggior gloria di Dio e a vantaggio delle anime; intesi di ado­perarmi per fare buoni cittadini in questa terra, perché fossero poi un giorno degni abitatori del cielo. Dio mi aiuti di poter così continuare fino all'ultimo respiro di mia vita.

responsorio Cf Col 3,17; 1 Cor 16,14
Tutto quello che fate in parole e in opere, si com­pia nel nome del nostro Signore Gesù Cristo,
in ren­dimento di grazie a Dio Padre per mezzo di lui.
Tutto tra voi si faccia nella carità di Cristo,
in rendimento di grazie a Dio Padre per mezzo di lui.

Oppure:  seconda lettura  Dalle "Lettere" di san Giovanni Bosco, sacerdote
(Lettera del 9 giugno 1867; Epistolario, Torino 1959, I, 473-475)
La sequela di Cristo nella Società Salesiana
Primo oggetto della nostra Società è la santificazione de' suoi membri. Perciò ognuno nella sua entrata si spo­gli di ogni altro pensiero, di ogni altra sollecitudine. Chi ci entrasse per godere una vita tranquilla, aver co­modità a proseguir gli studi, liberarsi dai comandi dei genitori, o esimersi dall'obbedienza di qualche superiore, egli avrebbe un fine storto e non sarebbe più quel «Se­guimi» del Salvatore, giacché seguirebbe la propria uti­lità temporale, non il bene dell'anima. Gli apostoli furono lodati dal Salvatore e venne loro promesso un regno eterno, non perché abbandonarono il mondo, ma perché abbandonandolo si professavano pronti a seguir­lo nelle tribolazioni, come avvenne di fatto, consumando la loro vita nelle fatiche, nella penitenza e nei patimen­ti, sostenendo infine il martirio per la fede.
Nemmeno con buon fine entra o rimane nella So­cietà chi è persuaso di essere necessario alla medesima. Ognuno se lo imprima bene in mente e nel cuore: co­minciando dal Superiore generale fino all'ultimo dei soci, nessuno è necessario alla Società. Dio solo ne deve es­sere il capo, il padrone assolutamente necessario. Per­ciò i membri di essa devono rivolgersi al loro capo, al loro vero padrone, al rimuneratore, a Dio, e per amo­re di lui ognuno deve farsi iscrivere nella Società; per amore di lui lavorare, ubbidire, abbandonare quanto si possedeva nel mondo per poter dire alla fine della vita al Signore che abbiamo scelto per modello: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?» (Mt 19,27).
«Chi vuol farsi mio discepolo, dice il Salvatore, mi segua con la preghiera, con la penitenza, e specialmen­te rinneghi se stesso, prenda la croce delle quotidiane tribolazioni e mi segua. Ma fino a quando seguirlo? Fino alla morte, e, se fosse necessario, anche ad una morte di croce.
Ciò è quanto nella nostra Società fa colui che logo­ra le sue forze nel sacro ministero, nell'insegnamento o altro esercizio sacerdotale, fino ad una morte anche violenta di carcere, di esilio, di ferro, di acqua, di fuo­co, fino a tanto che dopo aver patito o essere morto con Gesù Cristo sopra la terra, possa andare a godere con lui in Cielo.
Entrato un socio con queste buone disposizioni, deve mostrarsi senza pretese ed accogliere con piacere qualsiasi ufficio gli possa essere affidato. Insegnamento, stu­dio, lavoro, predicazione, confessione, in chiesa, fuori di chiesa; le più basse occupazioni devono assumersi con ilarità e prontezza d'animo, perché Dio non guar­da le qualità dell'impiego, ma guarda il fine di chi lo ricopre. Quindi tutti gli uffizii sono egualmente nobili, perché egualmente meritori agli occhi di Dio. Dio ri­colmi voi e le vostre fatiche di benedizioni e la grazia del Signore santifichi le vostre azioni e vi aiuti a perse­verare nel bene.


responsorio 2 Cor 13,11; Fil 4,
State lieti, tendete alla perfezione, vivete in pace.
* E il Dio della pace e dell'amore sarà con voi.
La pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza, cu­stodisca i vostri cuori in Cristo Gesù.
E il Dio della pace e dell'amore sarà con voi.


oppure: Dalla lettera "luvenum Patris" di Giovanni Paolo II, papa (AAS 80 [1988] 969-987)
San Giovanni Bosco "Padre e Maestro della gioventù"
San Giovanni Bosco sentiva di aver ricevuto una spe­ciale vocazione e di essere assistito e quasi guidato per mano, nell'attuazione della sua missione, dal Signore e dall'intervento materno della Vergine Maria. La sua risposta fu tale che la Chiesa lo ha proposto ufficial­mente ai fedeli quale modello di santità. La sua statura di Santo lo colloca, con originalità, tra i grandi Fondatori di Istituti religiosi nella Chiesa. Egli eccelle per molti aspetti: è l'iniziatore di una vera scuola di nuova e attraente spiritualità apostolica; è il promotore di una speciale devozione a Maria, Ausiliatrice dei Cristiani e Madre della Chiesa; è il testimone di un leale e coraggioso senso ecclesiale, manifestato attraverso mediazioni delicate nelle allora difficili re­lazioni tra la Chiesa e lo Stato; è l'apostolo realistico e pratico, aperto agli apporti delle nuove scoperte; è l'organizzatore zelante delle Missioni con sensibilità ve­ramente cattolica; è, in modo eccelso, l'esemplare di un amore preferenziale per i giovani, specialmente per i più bisognosi, a bene della Chiesa e della società; è il mae­stro di un'efficace e geniale prassi pedagogica, lasciata come dono prezioso da custodire e sviluppare. Proprio un tale interscambio tra "educazione" e "san­tità" è l'aspetto caratteristico della sua figura: egli è un "educatore santo", si ispira a un "modello santo" - Fran­cesco di Sales -, è discepolo di un "maestro spirituale santo" - Giuseppe Cafasso -, e sa formare tra i suoi giovani un "educando santo" - Domenico Savio. Per san Giovanni Bosco, fondatore di una grande Famiglia spirituale, si può dire che il tratto peculiare della sua "genialità" è legato a quella prassi educativa che egli stesso chiamò "sistema preventivo". Questo rap­presenta, in un certo modo, il condensato della sua sag­gezza pedagogica e costituisce quel messaggio profetico, che egli ha lasciato ai suoi e a tutta la Chiesa, riceven­do attenzione e riconoscimento da parte di numerosi educatori e studiosi di pedagogia. La sostanza del suo insegnamento rimane; la pecu­liarità del suo spirito, le sue intenzioni, il suo stile, il suo carisma non vengono meno, perché ispirati alla tra­scendente pedagogia di Dio. Nella Chiesa e nel mondo la visione educativa inte­grale, che vediamo incarnata in Giovanni Bosco, è una pedagogia realista della santità. Urge ricuperare il ve­ro concetto di "santità", come componente della vita di ogni credente. L'originalità e l'audacia della propo­sta di una "santità giovanile" è intrinseca all'arte edu­cativa di questo grande Santo, che può essere giusta­mente definito "maestro di spiritualità giovanile". Il suo particolare segreto fu quello di non deludere le aspira­zioni profonde dei giovani (bisogno di vita, di espan­sione, di gioia, di libertà, di futuro), e insieme di portarli gradualmente e realisticamente a sperimentare che so­lo nella "vita di grazia", cioè nell'amicizia con Cristo, si attuano in pieno gli ideali più autentici.

responsorio      Fil 3,17; 4,9; cf 1 Cor 1,10; 10,31
Fatevi miei imitatori: ciò che avete imparato, rice­vuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fa­re. * E il Dio della pace sarà con voi.
Vi esorto, per il nome del Signore nostro Gesù Cri­sto, a fare tutto per la gloria di Dio.
E il Dio della pace sarà con voi.

Orazione     O Dio, che in san Giovanni Bosco hai dato alla tua Chiesa un padre e un maestro dei giovani, suscita anche in noi la stessa fiamma di carità a servizio della tua gloria per la salvezza dei fratelli. Per il nostro Signore.