sabato 11 maggio 2013

ASCENSIONE DEL SIGNORE Anno C - Solennità



Il compimento del percorso umano di Gesù si trasferisce nell'eternità di Dio: con Lui sale la nostra umanità riconciliata e guarita dalla mortalità; ora è il tempo dell'attesa del ritorno glorioso di Cristo, per noi necessario per rivestire la nuova creatura germinata in noi con il Battesimo; è il tempo di procurarci l'abito delle nozze eterne che lo Sposo celeste ci offre per rivestirci della sua santità.
Buona Domenica!  pb.Vito Valente.

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Nella Solennità dell’Ascensione, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù conduce i discepoli verso Betània e, alzate le mani, li benedice: 

“Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio”.

Su questo brano evangelico  una breve introduzione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

Con l’Incarnazione il Signore Gesù è entrato corporalmente nella storia dell’uomo, ora, con l’Ascensione, egli esce da questo orizzonte ed entra, con il suo corpo di uomo, nella gloria del Padre: è il momento dell’esaltazione, della glorificazione. Scrive con audacia S. Ireneo di Lione, questo genio del II secolo: Cristo “è il Verbo di Dio che abitò in mezzo all’uomo divenendo figlio dell’uomo perché si familiarizzasse nella conoscenza intima del Padre e Dio si familiarizzasse ad abitare in mezzo all’uomo, secondo il beneplacito del Padre” (Contro le eresie, III, 22). Il tempo trascorso qui sulla terra ha dato inizio a questa “familiarità” tra Dio e l’uomo, ci ha fatti diventare “familiari di Dio” (Ef 2,19), ed ha inaugurato il Regno di Dio sulla terra. Ora, posto alla destra di Dio con il suo corpo d’uomo glorificato, Cristo accompagna il cammino di questo Regno di Dio tra le intemperie della storia dell’uomo, verso il suo compimento, fino alla seconda venuta del Signore, che l’Ascensione – come dice il CCC (n. 673) –, ha reso “imminente”. Gesù nel Vangelo di oggi ripropone ai discepoli il senso di tutta la Rivelazione: da ciò che nella Legge e nei profeti si riferisce a Lui, al mistero della Pasqua, fino al compimento della “promessa del Padre”, il dono dello Spirito Santo, che presuppone l’invio degli Apostoli a tutti gli uomini per annunciare la conversione e il perdono dei peccati, per raccoglierli nella comunione della comunità cristiana, offrendo loro la speranza di una vita beata, insieme a Cristo, nella gloria del Padre.
 Radio Vaticana 

MESSALE
Antifona d'Ingresso  At 1,11
«Uomini di Galilea,
perché fissate nel cielo lo sguardo?
Come l'avete visto salire al cielo,
così il Signore ritornerà». Alleluia.


Colletta
Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria. Egli è Dio...

 LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  
At 1,1-11
Fu elevato in alto sotto i loro occhi.

Dagli atti degli apostoli

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».
Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».
Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».


Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 46
Ascende il Signore tra canti di gioia.Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo. 

 

Seconda Lettura
  Eb 9,24-28; 10,19-23
Cristo è entrato nel cielo stesso. 

Dalla lettera agli Ebrei
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza.
Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.
Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.
 
Canto al Vangelo 
  Mt 28,19.20
Alleluia, alleluia.

Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo. 

Alleluia.

  
  
Vangelo  Lc 24,46-53
Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo. 

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo gior­no, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto».     
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia
e stavano sempre nel tempio lodando Dio.



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"Ogni battezzato è figlio adottivo del Padre, figlio nel Figlio"

Spunti per l'omelia a cura della Congregazione per il Clero per l'Ascensione del Signore (Anno C)


Tutto il tempo di Pasqua celebra il Mistero Pasquale: l’Ottava di Pasqua è un unico grande giorno, l’ottavo, che supera il computo dei sette giorni della creazione ed inaugura l’escatologia, il già e non ancora. Tutto quello che si può dire dell’Ottava si può affermare anche del Cinquantenario pasquale, perché da un punto di vista simbolico il valore dell’ottavo giorno corrisponde a quello del cinquantesimo, così che otto (7+1) corrisponde a 50 (49 + 1).
Così la festa dell’Ascensione del Signore va contemplata nel grande “movimento ascensionale” che il Signore compie nella sua crocifissione: “quando sarò innalzato da terra attirerò tutto a me”; e ancora: “volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto”, dice la Scrittura. Ma è soprattutto nel mistero della gloriosa Risurrezione, che si iscrive l’Ascensione: Cristo disceso agli inferi risale non da solo, come un eroe solitario, ma portando con sé i prigionieri liberati (Ef 4,7-8 ). Ascendendo al Cielo dove siede alla destra del Padre, prepara un posto per ciascuno dei suoi (cfr. Gv 14,2).
Nella Prima Lettura, san Luca si rivolge all’illustre Teofilo, e con la sua correttezza storiografica, espone ordinatamente i fatti riguardanti il Risorto. Potremmo dire che Egli rivolga ai suoi parole di addio, mentre si aprono per loro nuovi orizzonti missionari, un cammino illuminato dallo Spirito Santo, infatti ordina loro di non allontanarsi dalla Città santa, prima di avere ricevuto lo Spirito, che guida alla verità tutta intera e permette di comprendere tutto ciò che il Signore ha detto e fatto in mezzo a noi (cfr. Gv 14:25, 26).
L’Ascensione preannuncia la Pentecoste. Ma l’Ascensione preannuncia anche la glorificazione delle membra del corpo ecclesiale, di cui il capo è Cristo.
Ma che significa “sarete battezzati in Spirito Santo”? Il battesimo di Giovanni esprimeva l’anelito alla liberazione dal peccato, ma il battesimo in Spirito Santo ed acqua, mentre libera dal peccato, eleva l’ uomo alla partecipazione alla vita divina: lo Spirito è Signore e dà la vita. Si realizza in modo ineffabile l’aspirazione dei progenitori ad essere “come Dio” (Gen 3:4-5). Gli Apostoli sono inviati a predicare e battezzare. Ogni battezzato è figlio adottivo del Padre, figlio nel Figlio, fratello e coerede di Cristo, tempio dello Spirito Santo. Anche se tutto questo non è automatico, ma presuppone la Fede, l’osservanza dei Comandamenti, la conversione del cuore, la vita nello spirito delle Beatitudini e del discorso della montagna (cfr. Mt 5 ss).
La fede comporta un progresso umano e spirituale, come per i santi Apostoli: ancora al momento dell’Ascensione essi sono legati ad una speranza messianica temporale: “è questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele?”. Ma Gesù non raccoglie tale interrogativo, perché sa che lo Spirito opererà una profonda trasformazione delle loro prospettive così che potranno dire: “per me il vivere è Cristo ed il morire un guadagno” (Fil. 1,21). Certo il Vangelo ci porta alla collaborazione per un mondo migliore, giusto e fraterno …. Ma questo non è il fine della vita cristiana, semmai ne è la conseguenza. Scopo dell’azione missionaria è permettere ad ogni uomo di vivere la “vita in Cristo”.
La lettura evangelica ci “racconta” ancora l’ avvenimento dell’Ascensione, collocandolo sul Monte degli Olivi. Il Cristo ha dovuto più volte aiutare gli Apostoli, come i discepoli di Emmaus, a percepire la necessità della sua Passione in vista della Risurrezione. Doveva patire per entrare nella sua gloria (cfr. Lc 24,25). Gli Apostoli saranno non solo testimoni di tutto ciò, ma inviati a portare il vangelo ad ogni popolo per la conversione ed il perdono di tutti i peccati.
Gesù sale al cielo e gli Apostoli tornano a Gerusalemme pieni di gioia non perché Lui sia stato sottratto ai loro sguardi, ma perché coscienti che, in modo misterioso, sarà con loro tutti i giorni della loro vita (cfr. Mt 28,20).
Alzate le mani li benedisse, questo gesto non può non ricordarci la benedizione finale della S. Messa, che prelude al congedo inteso come Missio.
Se mi amaste vi rallegrereste che io vada al Padre” (Gv 14,28): gli Apostoli sentono che il distacco è sempre negativo, ma sono nella gioia perché Egli sarà presente con la potenza di Dio e li vivificherà dall’interno con una fede ed una speranza invincibili pur in mezzo ad ogni sorta di difficoltà per Lui e per il Vangelo: “abbiate fiducia, io ho vinto il mondo” (Gv 16,33). “Dove sono io sarete anche voi” (Gv 14,3).

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Cantalamessa

Se non vogliamo che l'Ascensione somigli più a un mesto "addio", che a una vera festa, è necessario comprendere la differenza radicale che c'è fra una scomparsa e una partenza. Con l'Ascensione Gesù non è partito, non si è "assentato", è solo scomparso dalla vista. Chi parte non c'è più; chi scompare può essere ancora lì, a due passi, solo che qualcosa impedisce di vederlo. Al momento dell'ascensione Gesù scompare, sì, dalla vista degli apostoli, ma per essere presente in altro modo, più intimo, non fuori, ma dentro di loro. Avviene come nell'Eucaristia; finché l'ostia è fuori di noi la vediamo, la adoriamo; quando la riceviamo non la vediamo più, è scomparsa, ma per essere ormai dentro di noi. Si è inaugurata una presenza nuova e più forte.
Ma sorge un'obiezione. Se Gesù non è più visibile, come faranno gli uomini a sapere di questa sua presenza? La risposta è: egli vuole rendersi visibile attraverso i suoi discepoli! Sia nel Vangelo che negli Atti, l'evangelista Luca associa strettamente all'Ascensione il tema della testimonianza: "Di questo voi siete testimoni" (Lc 24, 8). Quel "voi" indica in primo luogo gli apostoli che sono stati con Gesù. Dopo gli apostoli, questa testimonianza per così dire "ufficiale", cioè legata all'ufficio, passa ai loro successori, i vescovi e i sacerdoti. Ma quel "voi" riguarda anche tutti i battezzati e i credenti in Cristo. "Ogni laico - dice un documento del concilio- deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo" (Lumen gentium 38).
È diventata celebre l'affermazione di Paolo VI: "Il mondo ha bisogno di testimoni, più che di maestri". È relativamente facile essere maestro, assai meno essere testimone. Infatti il mondo brulica di maestri, veri o falsi, ma scarseggia di testimoni. Tra i due ruoli, c'è la stessa differenza che esiste, secondo il proverbio, tra il dire e il fare... I fatti, dice un proverbio inglese, parlano più forte delle parole.
Il testimone è uno che parla con la vita. Un papà e una mamma credenti devono essere, per i figli, "i primi testimoni della fede". (Questo chiede per loro la Chiesa a Dio, nella benedizione che segue il rito delle nozze). Facciamo un esempio concreto. In questo periodo dell'anno molti bambini si accostano alla prima comunione e alla cresima. Una mamma o un papà credenti possono aiutare il bambino a ripassare il catechismo, spiegargli il senso delle parole, aiutarlo a memorizzare le risposte. Fanno una cosa bellissima e magari fossero in tanti a farlo! Ma che cosa deve pensare il bambino, se dopo tutto quello che i genitori hanno detto e fatto in occasione della sua prima comunione, essi tralasciano poi sistematicamente di andare a Messa la domenica, non fanno mai neppure il segno della croce e non dicono mai una preghiera? Sono stati maestri, ma non testimoni.
La testimonianza dei genitori non deve, naturalmente, limitarsi al tempo della prima comunione o della cresima dei figli. Con il loro modo di correggere e perdonare il bambino e di perdonarsi tra di loro, di parlare con rispetto degli assenti, di comportarsi di fronte a un povero che chiede l'elemosina, coi commenti che fanno in presenza dei figli nell'ascoltare le notizie del giorno, i genitori hanno ogni giorno la possibilità di rendere testimonianza della loro fede. L'anima dei bambini è una lastra fotografica: tutto quello che vedono e ascoltano negli anni dell'infanzia si incide in essa e un giorno "si svilupperà" e porterà i suoi frutti, buoni o cattivi.

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi ai lettori di Zenit la seguente riflessione sulle letture liturgiche per l’Ascensione del Signore.
Come di consueto, il presule propone anche una lettura patristica.
LECTIO DIVINA
“Gesù è asceso e non si è allontanato” (S. Agostino d’Ippona, Discorso sull’Ascensione del Signore, ed. A. Mai 98. 1-2; PLS 2, 494-4959) e adesso, grazie al Suo essere con il Padre, è vicino ad ognuno di noi, per sempre (Benedetto XVI, 7 maggio 2005).
Ascensione del Signore – Anno C – 12 maggio 2013
Rito romano
At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53
Rito ambrosiano
At 1,6-13a; Sal 46, Ef 4,7-13; Lc 24,36b-53
1) Ecce Homo.
La festa dell’Ascensione di Cristo ci fa celebrare la manifestazione gioiosa e gloriosa del vero aspetto dell’Ecce Homo, che la passione aveva nascosto in modo drammatico. Poco più di una quarantina di giorni prima di questo evento di cielo, Pilato aveva mostrato Gesù, il Servo sofferente e insanguinato alla folla riunita per condannare, rinviando in tal modo al volto oltraggiato e umiliato dell’uomo come tale.
Guardate, questo è l’uomo”, aveva detto il Procuratore romano. Ma la gente non si impietosì, e ne decretò la morte. Anche oggi, giornali, televisione, internet, cinema e teatro continuano a metterci davanti – talvolta con compassione, più spesso cinicamente e molte volte anche con il piacere masochistico dell’autodistruzione – l’uomo umiliato e sconfitto, in tutte le forme di orrore: questo è l’uomo, continuano a dirci. La scienza con la teoria dell’evoluzionismo ci riporta al passato, ci mostra il risultato delle sue ricerche, l’argilla da cui è venuto l’uomo, e ci “assicura”: questo è l’uomo.
L’evento dell’Ascensione del Salvatore dice ai discepoli antichi e nuovi: l’affermazione di Pilato che mostra il Cristo flagellato, è un’affermazione vera a metà, od anche meno. Gesù non è solamente un uomo con il capo incoronato di spine ed il corpo infiacchito dalla flagellazione a sangue: Lui è il Signore, e il suo dominio, che ha la “violenza” dell’amore che si immola, restituisce all’uomo ed al mondo intero la sua bellezza originaria. Cristo salendo al cielo mostra di aver risollevato l’immagine di Adamo. Noi siamo solo sporcizia e dolore; siamo in Cristo fino al cuore di Dio.
L’Ascensione di Cristo è la riabilitazione dell’uomo: non l’essere colpiti abbassa e umilia, ma il colpire; non l’essere oggetto di sputi abbassa e umilia , ma lo sputare addosso a qualcuno; non chi è offeso, ma chi offende è disonorato; non è la superbia che innalza l’uomo, ma l’umiltà; non è l’autoglorificazione a renderlo grande, ma la comunione con Dio, di cui egli è capace.” (Benedetto XVI, Immagini di speranza 2005).
2) Credere e celebrare l’Ascensione.
Che cosa significa credere che Gesù "è asceso al cielo"? La risposta la troviamo nel Credo: "È salito al cielo, siede alla destra del Padre". Che Cristo sia salito al cielo significa che "siede alla destra del Padre", cioè che, anche come uomo, egli è entrato nel mondo di Dio; che è stato costituito, come dice san Paolo nella seconda lettura, Signore e capo di tutte le cose. Quando si tratta di noi, "andare in cielo", o andare "in paradiso" significa andare a stare "con Cristo" (Fil 1,23). Il nostro vero cielo è il Cristo risorto con cui andremo a ricongiungerci e a fare "corpo" dopo la risurrezione della carne.
L’Ascensione non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi” (Papa Francesco, Udienza generale, 17 aprile 2013). Dunque con la festa dell’Ascensione celebriamo il fatto che il Paradiso si apre all’umanità con l’ingresso solenne e gioioso di Cristo in cielo alla destra de Padre. Nel suo “addio” Gesù lascia agli Apostoli la sua verità e la sua potenza, perché l’Ascensione non fu una partenza, ma un intensificare la sua presenza in tutti i punti dell’universo. Non era quindi un addio (nel senso corrente del termine “addio” esso vuol dire che non ci si rivedrà più se non in cielo), ma la promessa e la certezza di una costante presenza fino agli estremi confini del tempo e dello spazio: “Ecco che io sono con voi tuti i giorni fino alla fine dei secoli” (Mt 28 20). In effetti “addio” viene da “ad Deum”, verso Dio. Quando ci si saluta così ci si impegna in un cammino, in un esodo che vuole dire in un ritorno alla casa di Dio e nostra. La nostra vita è tutta protesa verso un evento, quello dell'incontro con Dio-Amore.
In attesa di realizzare questo incontro definitivo grazie al passaggio con il corpo nell’ultimo giorno, noi cristiani siamo chiamati a realizzarlo con il cuore, ogni giorno. Ma questo passaggio del cuore a ciò che è eterno e non passa, non distoglie il cristiano dai compiti storici che ha in questo mondo. La domanda che i due angeli in bianche vesti rivolsero agli apostoli: “Perché state a guardare il cielo?”, vale anche per noi.
Per “passare da questo mondo non passare con questo mondo” (Sant’Agostino), dobbiamo lavorare su di noi perché il cuore passi a ciò che è eterno, ogni giorno. Dobbiamo guardare al vero cielo, non quello atmosferico, ma quello di Dio, a cui anela il nostro cuore: “L’anima mia ha sete del Dio vivente”. E San Paolo completa dicendo: “La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cristo” (Fil 3, 20). Il cielo della fede cristiana è, in ultima analisi, una persona; è il Cristo risorto a cui siamo incorporati, con cui sia chiamati a a fare “corpo”. “Andare in cielo”, o andare “in paradiso” significa andare a stare “con Cristo” (Fil 1,23). “Vado a prepararvi un posto, ha detto Gesù, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14, 2-3). Dunque celebrare e vivere l’Ascensione è alimentare questo santo desiderio di Dio, di vita piena, ora e per l’eternità
3) Annunciare il vangelo è portare la benedizione di Dio.
Il brano del Vangelo di oggi (quello romano e quello ambrosiano hanno presso che i medesimi versetti) verso la fine dice che Gesù : Mentre li (gli apostoli) benediceva veniva portato verso il cielo”.
Ogni volta che andiamo a Messa, ogni volta che sperimentiamo la benedizione, potremo uscire di Chiesa e andare nel mondo come persone benedette e non come poveri esseri abbandonati.
Personalmente, non dimenticherò mai con quale devozione e con quale interiore dedizione mio padre e mia madre segnavano noi bambini con l'acqua benedetta, facendoci il segno della croce sulla fronte, sulla bocca e sul petto quando dovevamo partire. Questa benedizione era un gesto di accompagnamento, da cui noi ci sapevamo guidati: il farsi visibile della preghiera dei genitori che ci seguiva e la certezza che questa preghiera era sostenuta dalla benedizione del Redentore.
Penso che questo gesto del benedire, come piena e benevola espressione del sacerdozio universale di tutti i battezzati, debba tornare molto più fedelmente a far parte della vita quotidiana e abbeverarla con l'energia dell'amore che proviene dal Signore.” (Joseph Ratzinger, “Introduzione allo spirito della liturgia”, San Paolo 2001).
Benedire è un gesto sacerdotale: in quel segno della croce noi percepivamo il sacerdozio dei genitori, la sua particolare dignità e la sua forza.
Le mani che benedicono sono anche mani che offrono e che pregano. A ciò sono chiamate in modo particolare le Vergini consacrate, che offrendosi pienamente a Cristo uniscono le loro mani a quelle di Cristo, che diventano come il tetto che ci copre. Con la benedizione del Vescovo la vita di consacrazione di queste Vergini è ricolmata dei beni della salvezza e della vita, è spesa nella preghiera di lode in ringraziamento dei beni ricevuti ed è offerta di intercessione per la Chiesa ed il mondo intero (Cf. Rituale di consacrazione delle vergini, preghiera di consacrazione recitata dal Vescovo N°24).
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Breve spiegazione di alcune parole del Vangelo.
Il verbo anapherein (=salire; portato su nella nuova traduzione della Bibbia), che suggerisce un'azione progressiva, è al passivo (unica volta nel N.T.) e riferisce l'azione a Dio con un collegamento ai testi di rapimento nella Bibbia (per esempio per Enoch o Elia, vedi Gen 5,24; Sir 44,16; 49, 14; 1Re 2,9ss; Sir 48,9.14). Ma l'idea che l'evangelista vuole trasmettere è diversa: egli indica l'esaltazione del risorto alla destra di Dio, ben attestato nella predicazione apostolica (vedi Fil 2,9; 1Tm 3,16: 1Pt 3,22 ; At 2,33; 5,31).

Sebbene il luogo dell'Ascensione non sia citato direttamente nella Bibbia, dagli Atti degli Apostoli sembrerebbe essere l'Orto degli ulivi, poiché dopo l'ascensione i discepoli “ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivo , che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato.” (At 1,12).
Il Getsemani (parola aramaica che significa "frantoio") è un non grande uliveto poco fuori la città vecchia di Gerusalemme ed ai piedi del Monte degli Ulivi, nel quale Gesù si ritirò dopo l'Ultima Cena prima di essere tradito da Giuda ed arrestato (Mt 26,36; Mc 14,32; Lc 22,39). Il luogo è noto anche come Orto degli ulivi.
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LETTURA PATRISTICA
Sant’Agostino d’Ippona
DISCORSO 262
ASCENSIONE DEL SIGNORE
DISCORSO TENUTO NELLA BASILICA DI S. LEONZIO
1. 1. Il Signore Gesù, unigenito del Padre e coeterno a colui che lo genera, ugualmente invisibile, ugualmente immutabile, ugualmente onnipotente, ugualmente Dio, per noi, come sapete e avete ricevuto e credete, è divenuto uomo, assumendo la natura umana senza perdere quella divina: nascondendo la sua potenza si è manifestato nella debolezza. Come sapete è nato perché noi potessimo rinascere, è morto perché potessimo non morire in eterno. Subito dopo, cioè al terzo giorno, egli risuscitò promettendo a noi, per la fine dei tempi, la risurrezione della carne. Si manifestò ai suoi discepoli facendosi vedere con gli occhi e toccare con le mani; convincendoli di ciò che era diventato senza lasciare ciò che era da sempre. Rimase con loro quaranta giorni, come avete ascoltato, entrando e uscendo, mangiando e bevendo; non già per necessità ma tutto per potenza. E manifestando ad essi la realtà del suo corpo, nella croce ne fece vedere la debolezza, risorgendo dal sepolcro l'immortalità acquistata.
2. 2. Oggi celebriamo il giorno della sua ascensione al cielo. Oggi ricorre anche un'altra festa, propria di questa chiesa: la sepoltura di S. Leonzio, fondatore di questa basilica. Ma la stella lasci che venga oscurata dal sole. Perciò continuiamo a parlare piuttosto del Signore come avevamo iniziato. Il servo buono gioisce quando viene lodato il suo Signore.
3. 3. In questo giorno dunque, cioè nel quarantesimo dopo la sua risurrezione, il Signore ascese al cielo. Noi non abbiamo visto il fatto, però crediamoci ugualmente. Coloro che lo videro predicarono e riempirono tutta la terra [della loro predicazione]. Sapete chi sono coloro che lo videro e che ce lo hanno trasmesso; chi sono coloro dei quali fu predetto: Non è racconto, non è linguaggio, non è voce che non possa essere intesa. Per ogni terra ne corre la voce, ne giunge l'eco ai confini del mondo. Vennero anche da noi e ci svegliarono dal sonno. Ed ecco che questo giorno vien celebrato in tutto il mondo.
4. 4. Richiamate alla mente il Salmo. A chi fu detto: Innalzati sopra i cieli, Dio ?A chi fu detto? Si potrebbe dire: Innalzati a Dio Padre, che mai si è abbassato? Innalzati tu [o Cristo]; tu che fosti chiuso nel grembo di una madre; tu che sei stato formato in colei che tu stesso hai fatto; tu che sei stato adagiato in una greppia; tu che hai succhiato dal suo seno come un qualunque bambino; tu che, mentre reggi il mondo, eri sorretto da tua madre; tu di cui il vecchio Simeone vide la piccolezza ma lodò la potenza ; tu che la vedova Anna vide poppante e riconobbe onnipotente ; tu che hai avuto fame per noi , hai avuto sete per noi , ti sei stancato nel cammino per noi, (ma può il pane aver fame, la fonte aver sete, la via  stancarsi?); tu che tutto questo hai sopportato per noi, tu che hai dormito e tuttavia non ti addormenti, custode d'Israele ; tu infine che Giuda vendette, i Giudei comprarono ma non possedettero; tu che sei stato preso, legato, flagellato, coronato di spine, sospeso alla croce, trafitto dalla lancia; tu che sei morto e sei stato seppellito: Innalzati sopra i cieli, Dio.
5. 4. Innalzati - dice il Salmo - innalzati sopra i cieli, perché sei Dio. Ora siedi in cielo tu che sei stato appeso alla croce. Ora sei atteso come giudice venturo, tu che dopo essere stato atteso fosti giudicato. Chi crederebbe a queste cose se non le avesse fatte colui che rialza il misero dalla terra e dal letame solleva il povero? Lui stesso rialza il suo corpo misero e lo colloca con i principi del suo popolo, con i quali giudicherà i vivi e i morti. Ha collocato questo misero corpo vicino a coloro ai quali disse: Sederete sopra dodici troni per giudicare le dodici tribù d'Israele.
6. 5. Innalzati perciò sopra i cieli, Dio. Già questo è accaduto, già si è adempiuto. Ma noi diciamo: Come è stato predetto che si sarebbero avverate le parole innalzati sopra i cieli, Dio - noi non lo abbiamo visto ma lo crediamo -, così è davanti ai nostri occhi quel che segue a quelle parole: Innalzati sopra i cieli, Dio e su tutta la terra la tua gloria. Chi non vede realizzata la seconda parte (del versetto) può anche non credere alla prima. Che cosa significa infatti: e su tutta la terra la tua gloria se non: su tutta la terra la tua Chiesa, su tutta la terra la tua signora, su tutta la terra la tua fidanzata, la tua diletta, la tua colomba, la tua sposa? La Chiesa è la tua gloria. L'uomo - dice l'Apostolo - non deve coprirsi la testa, perché è immagine e gloria di Dio, mentre la donna è gloria dell'uomo. Come la donna è gloria dell'uomo, così la Chiesa è gloria di Cristo.

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L'Ascensione di Gesù nella preghiera bizantina

Oggi colmi di gioia
colei che ti ha partorito

di Manuel Nin
I tropari bizantini chiamati theotòkia sono testi che rendono presente la figura della Madre di Dio (theotòkos) nella liturgia del giorno o della festa che si celebra. Sono tropari in cui la figura di Cristo viene messa in luce dalla figura di sua madre. Nella festa dell'Ascensione del Signore il quarantesimo giorno dopo Pasqua, cioè il giovedì della sesta settimana del periodo pasquale, i theotòkia sono soprattutto nell'ufficiatura del mattutino, benché anche nel vespro troviamo la figura della Madre di Dio. In lei il mistero dell'Incarnazione del Verbo di Dio, il suo abbassarsi e il suo discendere, si unisce al mistero della sua Ascensione, il suo salire al Padre con la glorificazione della natura umana assunta appunto da Maria. La liturgia bizantina nella festa dell'Ascensione mette in rilievo il collegamento tra l'Incarnazione del Signore e la sua Ascensione celebrate come ricreazione della natura umana - la liturgia bizantina privilegia l'espressione "carne" - assunta da lui stesso: "Tu che, senza separarti dal seno paterno, o dolcissimo Gesù, hai vissuto sulla terra come uomo, oggi dal Monte degli Ulivi sei asceso nella gloria: e risollevando, compassionevole, la nostra natura caduta, l'hai fatta sedere con te accanto al Padre. Per questo con le celesti schiere degli incorporei, anche noi quaggiù sulla terra, glorificando la tua discesa fra noi e la tua dipartita da noi con l'ascensione, supplici diciamo: O tu che con la tua ascensione hai colmato di gioia infinita i discepoli e la Madre di Dio che ti ha partorito, per le loro preghiere concedi anche a noi la gioia dei tuoi eletti, nella tua grande misericordia". Come se la liturgia di questa festa volesse essere un contrappunto alla liturgia dell'Annunciazione celebrata il 25 marzo.
Molti testi sottolineano la gioia di Maria e degli apostoli, cioè di tutta la Chiesa, per l'Ascensione del Signore. In diversi tropari del mattutino si riprende questo rapporto inscindibile tra Incarnazione e Ascensione: "Il Dio che è prima dei secoli e senza principio, dopo aver misticamente divinizzata la natura umana da lui assunta, è oggi asceso al cielo. Disceso dal cielo alle regioni terrestri, hai risuscitato con te, poiché sei Dio, la natura umana che giaceva in basso, nel carcere dell'Ade, e con la tua ascensione, o Cristo, l'hai fatta salire ai cieli, rendendola con te partecipe del trono del Padre tuo".
L'Incarnazione è anche contemplata come un rivestirsi da parte del Verbo di Dio della natura umana - la liturgia adopera la formula "rivestirsi di Adamo" - per portarla nell'Ascensione alla sua piena glorificazione presso il Padre: "Dopo aver cercato Adamo che si era smarrito per l'inganno del serpente, o Cristo, di lui rivestito sei asceso al cielo e ti sei assiso alla destra del Padre, partecipe del suo trono. O Cristo, quale propiziazione e salvezza, dalla Vergine, o sovrano, su noi sei rifulso, per liberare dalla corruzione l'intera persona di Adamo, caduto con tutta la sua stirpe, così come liberasti il profeta Giona dal ventre del mostro marino". A rappresentare tutta la stirpe umana è Adamo presentato come pecora smarrita, Adamo ricercato, trovato e riportato nel paradiso.
La figura della Madre di Dio nella festa dell'Ascensione, come nei giorni della Settimana santa, viene presentata sempre con espressioni sia di sofferenza sia di gioia: "Signore, compiuto nella tua bontà il mistero nascosto da secoli e da generazioni, sei andato con i tuoi discepoli al Monte degli Ulivi, insieme a colei che ha partorito te, creatore e artefice dell'universo: bisognava infatti che godesse di immensa gioia per la glorificazione della tua carne, colei che come madre più di tutti aveva sofferto nella tua passione". Maria quindi è presente nel mistero dell'Incarnazione e in quello dell'Ascensione del Signore: "Immacolata Madre di Dio, incessantemente intercedi presso il Dio che, senza lasciare il seno del Padre, da te si è incarnato, affinché voglia liberare da ogni sventura coloro che ha plasmato. Hai generato il sovrano di tutti, o sovrana tutta immacolata, colui che ha accettato la volontaria passione ed è quindi salito al Padre suo, che mai aveva abbandonato, pur avendo assunto la carne".
E uno dei tropari fa un bel paragone tra il grembo di Maria, riempito nell'Incarnazione dal Signore stesso, e il grembo dell'Ade svuotato dallo stesso Signore nella sua risurrezione: "Beato il tuo ventre, o tutta immacolata, perché inesplicabilmente è stato degno di contenere colui che prodigiosamente ha svuotato il ventre dell'Ade: supplicalo di salvare noi che a te inneggiamo". La presenza di Maria sia nell'icona sia nei testi dell'Ascensione del Signore conferma la professione di fede nel Verbo di Dio incarnato, vero Dio e vero uomo: "Cristo, che ti ha custodita vergine dopo il parto, ascende, o Madre di Dio, al Padre che mai ha lasciato, anche se ha da te assunto una carne dotata di anima e intelletto, per ineffabile misericordia".