sabato 11 maggio 2013

Carità esuberante al servizio di chi soffre




Il cardinale Bertone presiede il rito di beatificazione di Luigi Novarese. 



Grazie alla «scelta radicale di condivisione con le persone inferme e disabili» e all’«esuberanza della sua carità», monsignor Luigi Novarese ha speso tutta la vita «nell’annuncio del vangelo della consolazione». Così il cardinale Tarcisio Bertone ha ricordato il fondatore del Centro volontari della sofferenza e dei Silenziosi operai della croce, durante la messa di beatificazione celebrata, in rappresentanza di Papa Francesco, sabato mattina, 11 maggio, nella basilica di San Paolo fuori le Mura.Il nuovo beato — ha detto il porporato all’omelia — «ha ispirato alla verità la sua azione tra persone malate o con gravi disagi», che hanno trovato in lui «un riflesso dell’amore di Cristo». Da qui l’invito a rendere «grazie al Signore perché, nel contesto dell’Anno della fede, possiamo presentare il volto e lo spirito» di questo il sacerdote piemontese, «che rappresenta un modello per testimoniare Gesù nel nostro tempo». 
Ricordandone le opere diffuse in Italia e in altre nazioni, il cardinale ha evidenziato come monsignor Novarese, «chiamato a giusto titolo “apostolo dei malati”», abbia «contribuito a trasformare il modo di pensare e di agire nei confronti degli infermi, sostituendo alla rassegnazione e al pietismo il loro protagonismo attivo». Infatti «li esortava incessantemente a essere soggetti attivi nell’opera di evangelizzazione. In particolare, avvertì l’importanza della preghiera per e con gli ammalati e i disabili, che accompagnava nei santuari mariani, in speciale modo a Lourdes». 
Una «peculiare sensibilità verso il mondo della sofferenza», la sua, che «traeva origine dall’esperienza che egli stesso aveva fatto del dolore fin dall’adolescenza». Ridotto in fin di vita, «era guarito improvvisamente, dopo un’intensa e prolungata preghiera alla Vergine Ausiliatrice, sostenuta anche dai ragazzi dell’oratorio di don Bosco, auspice il rettor maggiore dei salesiani don Filippo Rinaldi, anch’egli ora beato».
Il cardinale Bertone ha poi illustrato l’«innovativo e geniale itinerario che diventa pedagogia spirituale» nelle opere di monsignor Novarese: «realtà ecclesiali volte a dare continuità all’impegno di valorizzazione della sofferenza e di sostegno dell’apostolato del malato», che hanno completato «il suo profetico progetto di “valorizzare l’ammalato per mezzo dell’ammalato con la collaborazione del fratello sano”». Tanto che la sua attività «ha esercitato un influsso non piccolo anche nel tessuto civile» dell’Italia, contribuendo a promuovere «un’attenzione alle potenzialità del mondo della sofferenza, tesoro prezioso per la società». 
Quindi il segretario di Stato ha individuato le sorgenti di «un così eccezionale ministero: la messa, l’adorazione eucaristica e la confessione sacramentale. Il suo lungimirante ed efficace progetto apostolico fu coltivato nelle prolungate soste di preghiera, in cordiale e confidente dialogo interiore con il Medico delle anime». Tracce di questa dimensione contemplativa si trovano «nelle sue predicazioni e nei suoi scritti, da cui traspare l’assillo quotidiano per la salvezza delle anime, priorità del suo impegno».
Infine il celebrante ha fatto riferimento alla «sua convinta adesione al magistero del successore di Pietro, espressa mediante il generoso servizio prestato per un trentennio nella Segreteria di Stato»; anni durante i quali Novarese «ha saputo conciliare il lavoro d’ufficio assegnatogli con l’impegno ascetico e concreto di fondatore». Attraverso una fedeltà che gli valse la benevolenza dei Papi, favorendo il consolidarsi delle sue opere. «Al suo fianco, fin dagli esordi, vi fu sorella Elvira Myriam Psorulla — ricordata anche alla preghiera dei fedeli — punto di riferimento per l’intero movimento, dopo la morte del fondatore». Infine il cardinale Bertone ha concluso auspicando che il «fervore apostolico del beato — «ci aiuti a esserne umili, fedeli e coraggiosi imitatori».
Con il porporato hanno concelebrato trecento ecclesiastici, tra i quali tredici cardinali, il Patriarca di Gerusalemme dei latini e una trentina di vescovi. Alla presenza di numerose autorità civili e diplomatiche e di trecento ammalati in carrozzella, monsignor Karcher, cerimoniere pontificio, ha diretto il rito, allietato dai canti del coro diocesano d’Ivrea.
L'Osservatore Romano