giovedì 23 giugno 2016

Love is love. Ma anche no...

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Nuovo tweet del Papa: "Vi chiedo di accompagnare con la preghiera il mio Viaggio Apostolico in Armenia." (23 giugno 2016)

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Salutiamo per prima cosa la neo-sindaca di Torino, che ha pensato bene di inaugurare il suo mandato presenziando questa mattina alla presentazione della decima edizione del "Torino Pride". Chi ben comincia è già a metà dell'opera.
admin

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"Nel tempo dell'inganno universale, dire la ‪#‎verità‬ è un atto rivoluzionario" (G. Orwell). Grazie Massimo per il tuo metterci, letteralmente, la faccia. 
(Savarese)

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di Federico Cenci
“Love is love”. Con questa frase il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, salutò un anno fa la sentenza della Corte Suprema che sancisce il matrimonio omosessuale in tutto il territorio nazionale. Nel maggio scorso, dopo che il Parlamento italiano ha approvato le unioni civili, il presidente del Consiglio Matteo Renzi non ha voluto esser meno lezioso ed ha esclamato: “Ha vinto l’amore”.
Ma davvero basta un astratto concetto di amore per ritenere una famiglia tale? Al di là della propaganda politica, né la natura dell’uomo né il comune buon senso (quando non è condizionato dai media)  e nemmeno gli studi scientifici (rigorosi e non ideologizzati) possono rispondere affermativamente.
Il sociologo Mark Regnerus, docente presso l’Università di Austin, nel Texas, ha prodotto a tal riguardo la ricerca scientifica dal titolo “Quanto sono diversi i figli adulti di genitori che hanno relazioni sentimentali con persone dello stesso sesso?”.
Uscita proprio nel bel mezzo del clamore mediatico suscitato dalla sentenza della Corte Suprema, il lavoro di Regnerus è diventato il bersaglio di feroci critiche Oltreoceano. In tutti i modi si è provato a silenziarlo o a beffeggiarlo, il sociologo ha avuto anche delle ripercussioni professionali.
La sua colpa? Aver dimostrato che “due più due fa quattro”, per parafrasare G.K. Chesteron, ossia che il luogo migliore in cui crescere, per un bambino, è la famiglia formata da una mamma e da un papà.
Per la prima volta il prof. Mark Regnerus ha tenuto ieri una conferenza in Italia. Ospite di Generazione Famiglia, ha parlato presso l’Hotel Columbus di Roma insieme al portavoce del Family Day, Massimo Gandolfini, e ad Ettore Gotti Tedeschi, già presidente dello Ior.
In primo luogo Regnerus si è speso in un elogio dell’Italia, meno corrosa di altri Paesi occidentali dalle ideologie progressiste, e in particolare di Generazione Famiglia. “Vi ho molto seguiti e ho imparato tantissimo dalla vostra associazione, vi ringrazio per essere testimoni dell’importanza della madre e del padre”, ha detto.
È apparso invece molto critico dei confronti del suo stesso popolo, “che si vanta di molti aspetti”, ma che sull’onda emotiva prodotta da gruppi di potere, ha lasciato che venisse approvata una legge che lede il diritto dei bambini.
Quello di Regnerus non è stato il primo studio a dimostrare che i bambini crescono solitamente meglio in una famiglia con madre e padre. Seppur superfluo, l’assunto in questione gode infatti di un’ampia letteratura scientifica che lo avvalora.
“Il tasso di problemi emotivi è del 17% più alto tra i ragazzi cresciuti in una coppia omosessuale rispetto ai figli che hanno vissuto in famiglie eterosessuali, i deficit dell’attenzione sono del 9% in più e i problemi di apprendimento del 6%”, ha spiegato il sociologo.
Regnerus ha rilevato che quanti sono cresciuti con persone dello stesso sesso sono dalle 25 alle 40 volte più svantaggiati rispetto ai loro coetanei che hanno una mamma e un papà. E la causa non è soltanto lo stigma sociale. “Mi sono accorto che difficoltà psicologiche e dipendenze dai servizi sociali sono molto più presenti tra gli adulti cresciuti con persone dello stesso sesso”, ha spiegato.
Secondo il suo studio, questi disagi si ripercuotono su vita e lavoro: il tasso di disoccupazione tra queste persone è tre volte più alto (il 26% ha un lavoro fisso contro il 60% della media) e sono più inclini a commettere crimini e a drogarsi.
“Il ruolo dei genitori eterosessuali – il suo commento – non può essere sostituito. Questo non significa che un bambino cresciuto in questo contesto non avrà mai dei problemi, ma sicuramente le probabilità sono inferiori”.
A testimoniarlo anche la maggiore stabilità delle coppie eterosessuali. “Su un campione di 248 coppie omosessuali – ha spiegato Regnerus – soltanto due sono rimaste stabili”. Il docente ha dunque citato il suo collega sociologo britannico Anthony Giddens, che definisce quelle tra omosessuali “relazioni pure”, ossia basate non su solide basi o su progettualità riproduttive, bensì sulla mera ed effimera “comunicazione emozionale”. Non certo il luogo più adatto a cui affidare un bambino.
Ma in un contesto come quello degli Stati Uniti, dove forte è l’influenza della grande finanza e della lobby lgbt sull’establishment politico e sui media, simili affermazioni sono ritenute offensive. Regnerus ha raccontato che appena due giorni dopo la pubblicazione del suo studio, l’Associazione degli psicologi americani si è affrettata a bollarlo come inattendibile, “senza nemmeno avere il tempo di analizzarlo in modo approfondito”, ha osservato.
E ancora: nel 2012 l’Università per cui lavora aprì un’inchiesta interna nei suoi confronti, “reo” di aver affermato queste verità contro il pensiero dominante tra i suoi colleghi. “Fui dichiarato innocente – ha spiegato Regnerus – ma nell’ottobre 2014, a seguito di nuove proteste, l’Università ha deciso di riaprire le indagini”. Risultato? Di fronte a uno studio “rigoroso” e “attendibile”, è stata costretta a ritenerlo nuovamente innocente. Gli slogan leziosi si sciolgono davanti alla realtà dei fatti.
Zenit

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di Tommaso Scandroglio