martedì 13 dicembre 2016

Diritti umani: la grande novità del cristianesimo



Avvenire

(Silvia Guzzetti) Dipendenti che vengono portati in tribunale da colleghi o dal datore di lavoro perché indossano la croce, medici obiettori di coscienza contro l' aborto emarginati nella carriera. Nel Regno Unito secolarizzato sembra che, ormai, la parola "religione" si scontri con quella "diritti umani" e non si riesca ad immaginare un rapporto di armonia anziché di contraddizione. Non la pensa così Nick Spencer, anglicano praticante, per vent' anni agnostico, arrivato al Vangelo ad Oxford, studiando letteratura inglese proprio come C.S. Lewis.Nel cuore di Londra dirige "Theos", il più importante think tank di studi religiosi del Regno Unito, sponsorizzato dal primate cattolico Vincent Nichols e da quello anglicano Justin Welby, che raggiunge circa 160 milioni di utenti in diversi media. Nel volume intitolato The Evolution of the West. How Christianity Has Shaped our Values, ovvero «L' evoluzione dell' Occidente. Come il cristianesimo ha formato i nostri valori» Spencer radica proprio nella storia della Chiesa l' origine del concetto che l' umanità ha prerogative fondamentali che vanno protette per legge. «Storicamente l' idea che gli esseri umani sono creature che godono, in modo naturale, di diritti che bisogna rispettare risale al concetto di imago dei, l' uomo fatto a immagine di Dio, del Medio Evo, quando il diritto canonico influenzava i sistemi legali dello Stato», spiega Spencer. «Non che la Chiesa avesse un unico punto di vista sull' argomento o sapesse esattamente che cosa fossero. Senz' altro, però, ne parlava e teologi e esperti di diritto canonico avevano familiarità con questo concetto». È nel ventesimo secolo, con i magisteri sociali di papa Pio XI e papa Pio XII e il personalismo di Jacques Maritain, che la Chiesa contribuisce, in modo esplicito, al concetto di diritti umani. «Certo Quadragesimo anno parla di diritti dei lavoratori, non di diritti umani in senso stretto, ma quello che fa è porre l' attenzione sulla questione di quali aspetti della dignità dell' individuo debbano essere protetti per legge. Nel ventesimo secolo le enclicliche papali e alcuni pensatori cattolici cominciarono a introdurre il concetto di «dignità umana inalienabile che lo Stato deve rispettare» che aprì la strada alla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 dove la parola "persona", che va fatta risalire a Maritain, all' epoca ambasciatore francese presso la Santa Sede, appare almeno sei volte. Uno dei principali autori della dichiarazione fu proprio Charles Malik, un cristiano libanese». Se l' idea che la persona umana ha diritto di vedere rispettata la propria dignità è radicata nel cristianesimo perché sembra oggi esservi uno scontro tra religione e diritti umani? «Non è proprio corretto parlare di scontro perché la libertà di credere e di esprimere la propria fede è un tipo di diritto umano. Spesso si finisce in tribunale perché una particolare forma di diritti umani ovvero la possibilità di praticare una certa religione, entra in conflitto con un' altra forma di diritti umani, quelli legati alla sessualità. C' è stata una tendenza dei tribunali a decidere che i diritti umani legati alla pratica sessuale devono prevalere su quelli connessi alla religione. Lo Stato sembra pensare che non scegli il tuo orientamento sessuale ma sei responsabile della tua fede religiosa e, di conseguenza, è giusto che il primo aspetto prevalga sul secondo. È un modo di ragionare che non ritengo corretto». Possiamo parlare, quindi, di una ideologia laica che tende ad accantonare i valori religiosi in questo caso? «Bisogna riconoscere che esiste, tra alcuni, una scarsa simpatia per i diritti religiosi e, tra altri, una semplice ignoranza di quello che la religiosità e la fede significano. Insomma la religione viene considerata una lifestyle choice come la passione per uno sport o la scelta di un certo investimento finanziario e, in quanto tale, non ha diritto ad essere protetta. Anzi, a volte, la religione è considerata addirittura dannosa per gli esseri umani. Non voglio suggerire teorie di cospirazione che prevedano eserciti laici che attaccano quelli religiosi ma a volte ci vogliono ragioni molto valide perché i diritti religiosi vengano rispettati». Lei dirige, nel cuore di Londra, il più importante think tank di studi religiosi del Regno Unito. Pensa che vi sia un trend diffuso ad emarginare i diritti religiosi per dare spazio ad altri diritti umani? «Penso proprio di sì. Direi che esiste la volontà, tra alcune persone, di usare la legge per difendere un' agenda laica e una certa tendenza, tra i giudici, a sostenere questo atteggiamento. È un atteggiamento prevalente ma non unanime. D' altra parte ho sentito parlare, in alcuni circoli legali, dell' idea di obbligare, per legge, i datori di lavoro ad accomodare pratiche e fede religiosa dei dipendenti come già avviene per altre categorie come i portatori di handicap. Invece i diritti umani e diritti religiosi si armonizzano senza problema. Chi difende i primi dovrebbe sapere che, tra questi, vi è il diritto a praticare la propria religione e, in modo analogo, chi si batte per i secondi dovrebbe preoccuparsi che le persone siano al sicuro, abbiano da mangiare, una casa e accesso a cure sanitarie perché, senza queste premesse, non è facile praticare la propria religione. In uno dei tanti esempi recenti, la battaglia per una legge sulla schiavitù moderna nel Regno Unito chiese cristiane e associazioni per i diritti umani hanno collaborato».