mercoledì 7 dicembre 2016

La liturgia eucaristica nella tradizione occidentale.



Dedicato a Benedetto XVI. È dedicata a Benedetto XVI — che l’ha suggerita e l’ha ricevuta in anteprima da Enzo Bianchi lo scorso 11 novembre — una monumentale antologia di testi tratti da autori cristiani latini, appena pubblicata dalla comunità di Bose (Un solo corpo. Mistagogia della liturgia eucaristica attraverso i testi dei padri latini. A cura di Emanuele Borsotti e Cecilia Falchini, Magnano, Edizioni Qiqajon, 2016, pagine 1804, euro 60). Aperto da una lunga introduzione di Borsotti e da un capitolo sull’assemblea liturgica, il libro segue l’ordinamento dell’ordo missae, dai riti introduttivi a quelli conclusivi.
Le parti della messa sono così illustrate da 21 capitoli dove si alternano, in accurate e limpide traduzioni, testi che si estendono per oltre un millennio, dal III al XIII secolo, con un larghissimo spazio riservato al Canone romano. Abbondanti sono le note, la bibliografia e le notizie sugli autori e gli scritti raccolti, mentre ben tre indici (biblico, dei testi, tematico) completano questo eccellente strumento, indispensabile a chi si occupa di storia della liturgia. Del libro, seconda parte di un dittico aperto nel 2012 da un’analoga raccolta per i testi greci e bizantini (Entrare nei misteri di Cristo), pubblichiamo per intero la prefazione del priore di Bose. (g.m.v.)
(Enzo Bianchi) L’eucaristia è «fonte e culmine» della vita della Chiesa (concilio Vaticano II, Lumen gentium 11; cfr. idem, Sacrosanctum concilium 10) e, in quanto tale, ne è anche norma e giudizio: ciò discende dal suo essere forma della Chiesa, dal possedere cioè la forza in grado di plasmare il corpo della comunità cristiana. Che cos’è, infatti, la Chiesa se non la comunità di quanti lasciano che l’eucaristia dia consistenza alla loro vita, fino a farli diventare uomini e donne «eucaristici» (cfr. Colossesi, 3, 15)? L’eucaristia dà forma alla vita della Chiesa plasmandola come comunità al servizio di Dio e degli uomini sull’esempio di Cristo, il Servo del Signore che donando la sua vita per tutti ha compiuto fino alla fine, nella libertà e nell’amore, la volontà di Dio.
L’eucaristia, poi, è forza di comunione nella Chiesa e tra le Chiese. Al riguardo occorre ammettere che le divisioni esistenti sia all’interno delle singole Chiese sia tra le varie Chiese manifestano la nostra inadeguatezza a vivere il mistero dell’eucaristia. Infatti, come il pane, frumento sparso sui colli, raccolto è diventato una cosa sola, così l’eucaristia riunisce la comunità dei credenti nel Signore Gesù (cfr. Didaché 9, 4); come lo Spirito santo scende sul pane e sul vino e li trasforma nel corpo e nel sangue del Signore, così scende anche sull’assemblea liturgica, rende i credenti «membra gli uni degli altri» (Romani, 12, 5; Efesini, 4, 25) e, tutti insieme, l’unico corpo di Cristo (cfr. E. Bianchi, Eucaristia e chiesa, Qiqajon, Magnano 2006).
È questa fede eucaristica della Chiesa che emerge dalle pagine di questo libro, delineando sotto gli occhi del lettore una vasta parabola che abbraccia testi di padri della Chiesa e di autori medievali che vanno dal III al XIII secolo. Un millennio di riflessioni, di parole, di commenti a partire dalla celebrazione dei missarum sollemnia, a partire dall’esperienza del popolo di Dio convocato e radunato per l’ascolto della Parola e la frazione del pane.
In contesti geografici vari e differenziati (dall’Africa del nord alla Spagna mozarabica, dalla Roma dei papi alle Gallie), in epoche storiche diverse che hanno visto il passaggio da un cristianesimo di minoranza agli imperi della cristianità, attraverso sensibilità teologiche e spirituali multiformi, nella pluralità di accenti secondo i quali la lex orandi si è declinata, inculturandosi nel variare di luoghi e tempi, i credenti hanno celebrato il mistero pasquale di Cristo, quale centro della fede, nella memoria dei gesti e delle parole di Gesù, ripetuti e ridetti nell’hodie della liturgia, aperto sul futuro di Dio. La storia della liturgia, come pure le pagine di questa antologia, ci permettono di cogliere con uno sguardo d’insieme secoli di pratica celebrativa della messa. Questa, senza dubbio, è cambiata nella sua forma, come sempre è mutata nelle diverse epoche della storia della Chiesa; nel contempo, però, la messa è la stessa in una continuità ben più profonda della lingua o dei gesti con i quali si esprime.
In verità, per chi vive una fede autenticamente cristiana ed ecclesiale, la liturgia della Parola non è mutata da quella dell’assemblea presieduta da Esdra al ritorno dall’esilio (cfr. Neemia, 8), e la liturgia eucaristica è sempre la stessa, dallo spezzare il pane della comunità di Gerusalemme nell’ora della Pasqua fino a oggi. Le testimonianze del passato raccolte in questo libro, dalla freschezza delle origini all’elaborazione sistematica del medioevo, illustrano questo movimento di costante rinnovamento nella continuità: l’eucaristia sta sempre al cuore della Chiesa, quale pulchritudo tam antiqua et tam nova (Agostino, Confessioni 10, 27-38), come bellezza che scaturisce da un’origine tanto antica e che perdura nella sua inesauribile novità.
In tal senso, è illuminante la scelta dei curatori che — nei commenti introduttivi — hanno voluto affiancare ai testi patristico-medievali alcuni brani tratti dalla costituzione Sacrosanctum concilium del Vaticano II e dai Praenotanda del Missale romanum riformato a norma dei decreti dell’ultimo concilio e promulgato da Paolo VI (cfr. Il “Messale romano” nella tradizione liturgica del rito romano, in «Notitiae» 291, 1990, pp. 517-520). Percorrendo il rito della messa nella sua integralità, dal radunarsi dell’assemblea liturgica fino al momento del suo sciogliersi, le parole degli antichi possono ancora illuminare l’oggi delle nostre liturgie, insegnandoci a discernere, da un lato, la «parte immutabile» della liturgia «perché di istituzione divina» e, dall’altro, le «parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o anche devono variare, qualora in esse si fossero insinuati elementi meno rispondenti all’intima natura della stessa liturgia, o si fossero resi meno opportuni» (concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 21).
Quanti appartengono, come me, a quella generazione che ha conosciuto la messa latina, celebrata secondo il messale postridentino, e il successivo passaggio all’attuale forma ordinaria del rito romano, sono abitati da una profonda gratitudine per il concilio Vaticano II e per Paolo VI che hanno operato la riforma liturgica in fedeltà alla tradizione, alla grande tradizione cristiana. Quarantacinque anni fa coglievo nella riforma liturgica soprattutto le novità; oggi riconosco innanzitutto la continuità, la tradizione che si accresce e si rinnova per non morire o decadere, ma che sa sempre conservare la stessa messa, la stessa celebrazione dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, continuando ad aderire, nell’autenticità del suo spirito, ad sanctorum Patrum normam ac ritum, secondo l’espressione di Pio V usata nella promulgazione del Missale romanum del 1570 (cfr. Pio V, Quo primum, in Missale romanum. Editio princeps (1570), a cura di M. Sodi e A. M. Triacca, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1998, edizione anastatica, p. 3. Tale formula riecheggerà anche in Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 50 e nell’Ordinamento generale del Messale romano 6). Quarantacinque anni fa la messa era per me il sacrificio della croce: oggi è ancora il sacrificio della croce, che ha chiaramente come esito la resurrezione, la vittoria di Cristo sul male e sulla morte. Oggi nella messa vivo con più consapevolezza il mistero pasquale, rinnovo l’alleanza con il Signore, offro a Dio la mia vita, il mio corpo in sacrificio (cfr. Romani, 12, 1), offro tutta la creazione con un’epiclesi allo Spirito, perché trasfiguri questa creazione in regno dei cieli. E resto convinto che ci saranno altri sviluppi, altri accrescimenti e mutamenti nella liturgia, perché la liturgia, come la Chiesa, è semper reformanda. Tutto questo, però, in una continuità che ha come riferimento la grande tradizione dell’oriente e dell’occidente e che completerà ciò che parrà manchevole, correggerà ciò che sarà necessario emendare, arricchirà ciò che apparirà misero. 
Due millenni di pratica liturgica — dall’essenzialità dei riti e delle formule più antichi all’arricchimento sopravvenuto nei secoli con il sovrapporsi di quelle «stratificazioni» che appartengono alla «legge dello sviluppo organico, e quindi progressivo, dell’evoluzione» liturgica (A. Baumstark, Liturgie comparée. Principes et méthodes pour l’étude historique des liturgies chrétiennes, Éditions de Chevetogne, Chevetogne-Paris 1953, pp. 2, 26) — ci hanno insegnato, per eccedenza o per difetto, la necessità, per la vita della Chiesa, che «i riti splendano per nobile semplicità; siano chiari per brevità ed evitino inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli» (concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 34). Nel contempo, l’esegesi liturgica, la mistagogia, con il suo approccio figurale e tipologico, sino agli esiti più fioriti dell’allegoria, hanno sempre mostrato la profondità dei misteri del culto cristiano, in un continuo riandare dal mistero rivelato, di Dio e di Cristo, ai misteri celebrati per ritus et preces (ivi 48. Cfr. E. Bianchi, Dal mistero rivelato ai misteri celebrati, Qiqajon, Magnano 2009). 
Convinta che i tesori delle fonti liturgiche dell’eucologia e dei riti eucaristici insieme ai commenti dei padri antichi e medievali costituiscano una ricchezza immensa e una eredità di cui essere destinatari responsabili, la nostra comunità si è quindi impegnata fin dal suo inizio negli studi, nella ricerca e nella pubblicazione di tali tesori che non possono rimanere nascosti «nell’oscurità delle biblioteche», ma devono invece venir messi «in luce per rischiarare e nutrire la mente e l’animo dei cristiani» (Paolo VI, Missale romanum, costituzione apostolica). 
Così abbiamo progettato e poi pubblicato nel 2012 i commenti dei padri orientali alla liturgia eucaristica (cfr. Entrare nei misteri di Cristo. Mistagogia della liturgia eucaristica attraverso i testi dei padri greci e bizantini, a cura di L. d’Ayala Valva, Qiqajon, Magnano 2012). Ne feci dono a Papa Benedetto XVI che apprezzò il libro e chiese se avessimo l’intenzione di fare altrettanto per la liturgia della Chiesa latina. L’impresa era ben più ardua, ma fratel Emanuele Borsotti e sorella Cecilia Falchini si sono messi all’opera, ed ecco l’ampio lavoro di cui mi rallegro. Questo libro è dunque dedicato a Benedetto XVI, verso il quale va la mia riconoscenza personale per l’attenzione mostratami molte volte, e al quale va il grazie di tutta la Chiesa per il suo impegno liturgico.
Presentiamo allora ai nostri lettori questa antologia, affinché, spigolando fra le sue pagine, i credenti di oggi possano abbeverarsi alla tradizione della Chiesa, per fare tesoro della sapienza di ieri, in modo da saperla tradurre con creatività di fronte alle sfide del presente, con lo sguardo sempre rivolto al futuro, per aprire «la via a un legittimo progresso», in cui «le nuove forme in qualche modo scaturiscano organicamente da quelle già esistenti» (concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium 23).
L'Osservatore Romano