venerdì 8 settembre 2017

Francesco in Colombia. Santa Messa e Beatificazione a Villavicencio.



Francesco in Colombia. Santa Messa e Beatificazione a Villavicencio. Omelia del Santo Padre: "Basta una persona buona perché ci sia speranza! E ognuno di noi può essere questa persona!"

Sala stampa della Santa Sede 

[Text: Italiano, Español, English, Français, Português]

"La riconciliazione non è una parola astratta; se fosse così, porterebbe solo sterilità, anzi, distanza. Riconciliarsi è aprire una porta a tutte e ciascuna delle persone che hanno vissuto la drammatica realtà del conflitto. Quando le vittime vincono la comprensibile tentazione della vendetta, diventano i protagonisti più credibili dei processi di costruzione della pace. Bisogna che alcuni abbiano il coraggio di fare il primo passo in questa direzione, senza aspettare che lo facciano gli altri. Basta una persona buona perché ci sia speranza! E ognuno di noi può essere questa persona! Ciò non significa disconoscere o dissimulare le differenze e i conflitti. Non è legittimare le ingiustizie personali o strutturali."  

Questa mattina, lasciata la Nunziatura Apostolica, il Santo Padre Francesco si trasferisce in auto all’aeroporto militare CATAM di Bogotá. Il Santo Padre si reca quindi in auto al Terreno di Catama. Quindi, alle ore 9.30, nella memoria liturgica della Natività della Beata Vergine Maria, presiede la Santa Messa nel corso della quale ha luogo la Beatificazione dei Servi di Dio Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, Vescovo di Arauca, e Pedro María Ramírez Ramos, sacerdote diocesano. 

Omelia del Santo Padre 
Traduzione in lingua italiana 
La tua nascita, Vergine Madre di Dio, è l’alba nuova che ha annunciato la gioia al mondo intero, perché da te è nato il sole di giustizia, Cristo, nostro Dio! (cfr Antifona al Benedictus). 
La festività della nascita di Maria proietta la sua luce su di noi, così come si irradia la dolce luce dell’alba sulla vasta pianura colombiana, bellissimo paesaggio di cui Villavicencio è la porta, come pure sulla ricca diversità dei suoi popoli indigeni. 
Maria è il primo splendore che annuncia la fine della notte e, soprattutto, il giorno ormai vicino. La sua nascita ci fa intuire l’iniziativa amorosa, tenera, compassionevole dell’amore con cui Dio si china fino a noi e ci chiama a una meravigliosa alleanza con Lui, che niente e nessuno potrà rompere. 

Maria ha saputo essere trasparenza della luce di Dio e ha riflesso i bagliori di questa luce nella sua casa, che condivise con Giuseppe e Gesù, e anche nel suo popolo, nella sua nazione, e in quella casa comune di tutta l’umanità che è il creato. 
Nel Vangelo abbiamo ascoltato la genealogia di Gesù (cfr Mt 1,1-17), che non è una mera lista di nomi, bensì storia viva, storia di un popolo con cui Dio ha camminato e, facendosi uno di noi, ha voluto annunciarci che nel suo sangue scorre la storia di giusti e peccatori, che la nostra salvezza non è una salvezza asettica, di laboratorio, ma concreta, di vita che cammina. Questa lunga lista ci dice che siamo piccola parte di una grande storia e ci aiuta a non pretendere protagonismi eccessivi, ci aiuta a sfuggire alla tentazione di spiritualismi evasivi, a non astrarci dalle coordinate storiche concrete che ci tocca vivere. E inoltre include, nella nostra storia di salvezza, quelle pagine più oscure o tristi, i momenti di desolazione e abbandono paragonabili all’esilio. 
La menzione delle donne – nessuna di quelle evocate nella genealogia appartiene alla gerarchia delle grandi donne dell’Antico Testamento – ci permette un avvicinamento speciale: sono esse, nella genealogia, ad annunciare che nelle vene di Gesù scorre sangue pagano, e a ricordare storie di emarginazione e sottomissione. In comunità dove tuttora trasciniamo atteggiamenti patriarcali e maschilisti, è bene annunciare che il Vangelo comincia evidenziando donne che hanno tracciato una tendenza e hanno fatto storia. 
E in mezzo a tutto ciò, Gesù, Maria e Giuseppe. Maria col suo generoso “sì” ha permesso che Dio si facesse carico di questa storia. Giuseppe, uomo giusto, non ha lasciato che l’orgoglio, le passioni e lo zelo lo gettassero fuori da questa luce. Per la modalità della narrazione, noi sappiamo prima di Giuseppe quello che è successo a Maria, e lui prende decisioni dimostrando la sua qualità umana prima ancora di essere aiutato dall’angelo e arrivare a comprendere tutto ciò che accadeva intorno. La nobiltà del suo cuore gli fa subordinare alla carità quanto ha imparato per legge; e oggi, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria. E nel suo dubbio su come agire nel modo migliore, Dio la ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio. 
Questo popolo della Colombia è popolo di Dio; anche qui possiamo fare genealogie piene di storie, molte piene di amore e di luce; altre di scontri, di offese, anche di morte… Quanti di voi possono raccontare esperienze di esilio e di desolazione! Quante donne, in silenzio, sono andate avanti da sole, e quanti uomini per bene hanno cercato di mettere da parte astio e rancore volendo coniugare giustizia e bontà! 
Come faremo per lasciare che entri la luce? 
Quali sono le vie di riconciliazione? 
Come Maria, dire “sì” alla storia completa, non a una parte; come Giuseppe, mettere da parte passioni e orgoglio; come Gesù Cristo, farci carico, assumere, abbracciare questa storia, perché qui ci siete voi, tutti i colombiani, qui c’è quello che siamo… e quello che Dio può fare con noi se diciamo “sì” alla verità, alla bontà, alla riconciliazione. E questo è possibile solo se riempiamo della luce del Vangelo le nostre storie di peccato, violenza e scontro. 
La riconciliazione non è una parola astratta; se fosse così, porterebbe solo sterilità, anzi, distanza. Riconciliarsi è aprire una porta a tutte e ciascuna delle persone che hanno vissuto la drammatica realtà del conflitto. Quando le vittime vincono la comprensibile tentazione della vendetta, diventano i protagonisti più credibili dei processi di costruzione della pace. 
Bisogna che alcuni abbiano il coraggio di fare il primo passo in questa direzione, senza aspettare che lo facciano gli altri. 
Basta una persona buona perché ci sia speranza! 
E ognuno di noi può essere questa persona! 
Ciò non significa disconoscere o dissimulare le differenze e i conflitti. Non è legittimare le ingiustizie personali o strutturali. Il ricorso alla riconciliazione concreta non può servire per adattarsi a situazioni di ingiustizia. Piuttosto, come ha insegnato san Giovanni Paolo II, «è un incontro tra fratelli disposti a superare la tentazione dell’egoismo e a rinunciare ai tentativi di pseudo-giustizia; è frutto di sentimenti forti, nobili e generosi, che conducono a instaurare una convivenza fondata sul rispetto di ogni individuo e dei valori propri di ogni società civile» (Lettera ai Vescovi del Salvador, 6 agosto 1982). 
La riconciliazione, pertanto, si concretizza e si consolida con il contributo di tutti, permette di costruire il futuro e fa crescere la speranza. Ogni sforzo di pace senza un impegno sincero di riconciliazione sarà un fallimento. 
Il testo evangelico che abbiamo ascoltato culmina chiamando Gesù l’Emmanuele, il Dio con noi. Così come comincia, ugualmente Matteo conclude il suo Vangelo: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi» (28,20). 
Tale promessa si realizza anche in Colombia: Mons. Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, Vescovo di Arauca, e il sacerdote Pedro María Ramírez Ramos, martire di Armero, sono segno di questo, espressione di un popolo che vuole uscire dal pantano della violenza e del rancore. 
In questo ambiente meraviglioso, tocca a noi dire “sì” alla riconciliazione; che il “sì” comprenda anche la nostra natura. Non è casuale che anche su di essa abbiamo scatenato le nostre passioni possessive, la nostra ansia di dominio. Un vostro compatriota lo canta con bellezza: «Gli alberi stanno piangendo, sono testimoni di tanti anni di violenza. Il mare è marrone, mescola sangue con la terra» (Juanes, Minas piedras). La violenza che c’è nel cuore umano, ferito dal peccato, si manifesta anche nei sintomi di malattia che riscontriamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi (cfr Lett. enc. Laudato si’, 2). Tocca a noi dire “sì” come Maria e cantare con lei le “meraviglie del Signore”, perché, come ha promesso ai nostri padri, aiuta tutti i popoli e ogni popolo, aiuta la Colombia che oggi vuole riconciliarsi e la sua discendenza per sempre. 
Testo spagnolo (originale) 
¡Tu nacimiento, Virgen Madre de Dios, es el nuevo amanecer que ha anunciado la alegría a todo el mundo, porque de ti nació el sol de justicia, Cristo, nuestro Dios! (cf. Antífona del Benedictus).
La festividad del nacimiento de María proyecta su luz sobre nosotros, así como se irradia la mansa luz del amanecer sobre la extensa llanura colombiana, bellísimo paisaje del que Villavicencio es su puerta, como también en la rica diversidad de sus pueblos indígenas. 
María es el primer resplandor que anuncia el final de la noche y, sobre todo, la cercanía del día. Su nacimiento nos hace intuir la iniciativa amorosa, tierna, compasiva, del amor con que Dios se inclina hasta nosotros y nos llama a una maravillosa alianza con Él que nada ni nadie podrá romper. 
María ha sabido ser transparencia de la luz de Dios y ha reflejado los destellos de esa luz en su casa, la que compartió con José y Jesús, y también en su pueblo, su nación y en esa casa común a toda la humanidad que es la creación. 
En el Evangelio hemos escuchado la genealogía de Jesús (cf. Mt 1,1-17), que no es una simple lista de nombres, sino historia viva, historia de un pueblo con el que Dios ha caminado y, al hacerse uno de nosotros, nos ha querido anunciar que por su sangre corre la historia de justos y pecadores, que nuestra salvación no es una salvación aséptica, de laboratorio, sino concreta, de vida que camina. Esta larga lista nos dice que somos parte pequeña de una extensa historia y nos ayuda a no pretender protagonismos excesivos, nos ayuda a escapar de la tentación de espiritualismos evasivos, a no abstraernos de las coordenadas históricas concretas que nos toca vivir. También integra en nuestra historia de salvación aquellas páginas más oscuras o tristes, los momentos de desolación y abandono comparables con el destierro. 
La mención de las mujeres —ninguna de las aludidas en la genealogía tiene la jerarquía de las grandes mujeres del Antiguo Testamento— nos permite un acercamiento especial: son ellas, en la genealogía, las que anuncian que por las venas de Jesús corre sangre pagana, las que recuerdan historias de postergación y sometimiento. En comunidades donde todavía arrastramos estilos patriarcales y machistas es bueno anunciar que el Evangelio comienza subrayando mujeres que marcaron tendencia e hicieron historia. 
Y en medio de eso, Jesús, María y José. María con su generoso sí permitió que Dios se hiciera cargo de esa historia. José, hombre justo, no dejó que el orgullo, las pasiones y los celos lo arrojaran fuera de esta luz. Por la forma en que está narrado, nosotros sabemos antes que José lo que ha sucedido con María, y él toma decisiones mostrando su calidad humana antes de ser ayudado por el ángel y llegar a comprender todo lo que sucedía a su alrededor. La nobleza de su corazón le hace supeditar a la caridad lo aprendido por ley; y hoy, en este mundo donde la violencia psicológica, verbal y física sobre la mujer es patente, José se presenta como figura de varón respetuoso, delicado que, aun no teniendo toda la información, se decide por la fama, dignidad y vida de María. Y, en su duda por cómo hacer lo mejor, Dios lo ayudó a optar iluminando su juicio. 
Este pueblo de Colombia es pueblo de Dios; también aquí podemos hacer genealogías llenas de historias, muchas de amor y de luz; otras de desencuentros, agravios, también de muerte. ¡Cuántos de ustedes pueden narrar destierros y desolaciones!, ¡cuántas mujeres, desde el silencio, han perseverado solas y cuántos hombres de bien han buscado dejar de lado enconos y rencores, queriendo combinar justicia y bondad! ¿Cómo haremos para dejar que entre la luz? ¿Cuáles son los caminos de reconciliación? Como María, decir sí a la historia completa, no a una parte; como José, dejar de lado pasiones y orgullos; como Jesucristo, hacernos cargo, asumir, abrazar esa historia, porque ahí están ustedes, todos los colombianos, ahí está lo que somos y lo que Dios puede hacer con nosotros si decimos sí a la verdad, a la bondad, a la reconciliación. Y esto sólo es posible si llenamos de la luz del Evangelio nuestras historias de pecado, violencia y desencuentro. 
La reconciliación no es una palabra abstracta; si eso fuera así, sólo traería esterilidad, más distancia. Reconciliarse es abrir una puerta a todas y a cada una de las personas que han vivido la dramática realidad del conflicto. Cuando las víctimas vencen la comprensible tentación de la venganza, se convierten en los protagonistas más creíbles de los procesos de construcción de la paz. Es necesario que algunos se animen a dar el primer paso en tal dirección, sin esperar que lo hagan los otros. ¡Basta una persona buena para que haya esperanza! ¡Y cada uno de nosotros puede ser esa persona! Esto no significa desconocer o disimular las diferencias y los conflictos. No es legitimar las injusticias personales o estructurales. El recurso a la reconciliación no puede servir para acomodarse a situaciones de injusticia. Más bien, como ha enseñado san Juan Pablo II: «Es un encuentro entre hermanos dispuestos a superar la tentación del egoísmo y a renunciar a los intentos de pseudo justicia; es fruto de sentimientos fuertes, nobles y generosos, que conducen a instaurar una convivencia fundada sobre el respeto de cada individuo y de los valores propios de cada sociedad civil» (Carta a los obispos de El Salvador, 6 agosto 1982). La reconciliación, por tanto, se concreta y consolida con el aporte de todos, permite construir el futuro y hace crecer la esperanza. Todo esfuerzo de paz sin un compromiso sincero de reconciliación será un fracaso. 
El texto evangélico que hemos escuchado culmina llamando a Jesús el Emmanuel, el Dios con nosotros. Así es como comienza, y así es como termina Mateo su Evangelio: «Yo estaré con ustedes todos los días hasta el fin de los tiempos» (28,21). Esa promesa se cumple también en Colombia: Mons. Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, Obispo de Arauca, y el sacerdote Pedro María Ramírez Ramos, mártir de Armero, son signo de ello, expresión de un pueblo que quiere salir del pantano de la violencia y el rencor. 
En este entorno maravilloso, nos toca a nosotros decir sí a la reconciliación; que el sí incluya también a nuestra naturaleza. No es casual que incluso sobre ella hayamos desatado nuestras pasiones posesivas, nuestro afán de sometimiento. Un compatriota de ustedes lo canta con belleza: «Los árboles están llorando, son testigos de tantos años de violencia. El mar está marrón, mezcla de sangre con la tierra» (Juanes, Minas piedras). La violencia que hay en el corazón humano, herido por el pecado, también se manifiesta en los síntomas de enfermedad que advertimos en el suelo, en el agua, en el aire y en los seres vivientes (cf. Carta enc. Laudato si’, 2). Nos toca decir sí como María y cantar con ella las «maravillas del Señor», porque como lo ha prometido a nuestros padres, auxilia a todos los pueblos y a cada pueblo, auxilia a Colombia que hoy quiere reconciliarse y a su descendencia para siempre. 
Traduzione in lingua francese 
Ta naissance, Vierge Mère de Dieu, est la nouvelle aube qui a annoncé la joie au monde entier, car de toi est né le soleil de justice, le Christ, notre Dieu (cf. Antienne du Benedictus) ! La fête de la naissance de Marie projette sa lumière sur nous, comme rayonne la douce lumière de l’aube sur la vaste plaine colombienne, très beau paysage dont Villavicencio est la porte, tout comme dans la riche diversité de ses peuples indigènes. 
Marie est la première splendeur qui annonce la fin de la nuit et surtout la proximité du jour. Sa naissance nous fait pressentir l’initiative amoureuse, tendre et compatissante de l’amour avec lequel Dieu s’incline vers nous et nous appelle à une merveilleuse alliance avec lui que rien ni personne ne pourra rompre. 
Marie a su être la transparence de la lumière de Dieu et a reflété les rayonnements de cette lumière dans sa maison, qu’elle a partagée avec Joseph et Jésus, et également dans son peuple, sa nation et dans cette maison commune à toute l’humanité qu’est la création. 
Dans l’Évangile, nous avons entendu la généalogie de Jésus (Mt 1, 1-17), qui n’est pas une ‘‘simple liste de noms’’, mais une ‘‘histoire vivante’’, l’histoire d’un peuple avec lequel Dieu a marché. Et, en se faisant l’un de nous, ce Dieu a voulu nous annoncer que dans son sang se déroule l’histoire des justes et des pécheurs, que notre salut n’est pas un salut aseptique, de laboratoire, mais un salut concret, de vie qui marche. Cette longue liste nous dit que nous sommes une petite partie d’une histoire vaste et nous aide à ne pas revendiquer des rôles excessifs, elle nous aide à éviter la tentation de spiritualismes évasifs, à ne pas nous détacher des circonstances historiques concrètes qu’il nous revient de vivre. Elle intègre aussi, dans l’histoire de notre salut, ces pages plus obscures ou tristes, les moments de désolation ou d’abandon comparables à l’exil. 
La mention des femmes – aucune de celles citées dans la généalogie n’a le rang des grandes femmes de l’Ancien Testament - nous permet un rapprochement spécial : ce sont elles, dans la généalogie, qui annoncent que dans les veines de Jésus coule du sang païen, qui rappellent des histoires de rejet et de soumission. Dans des communautés où nous décelons encore des styles patriarcaux et machistes, il est bon d’annoncer que l’Évangile commence en mettant en relief des femmes qui ont marqué leur époque et fait l’histoire. 
Et dans tout cela, Jésus, Marie et Joseph. Marie avec son généreux ‘oui’ a permis que Dieu assume cette histoire. Joseph, homme juste, n’a pas laissé son orgueil, ses passions et les jalousies le priver de cette lumière. Par la forme du récit, nous savons avant Joseph ce qui était arrivé à Marie, et il prend des décisions, révélant sa qualité humaine, avant d’être aidé par l’ange et de parvenir à comprendre tout ce qui se passait autour de lui. La noblesse de son coeur lui fait subordonner à la charité ce qu’il a appris de la loi ; et aujourd’hui, en ce monde où la violence psychologique, verbale et physique envers la femme est patente, Joseph se présente comme une figure d’homme respectueux, délicat qui, sans même avoir l’information complète, opte pour la renommée, la dignité et la vie de Marie. Et, dans son doute sur la meilleure façon de procéder, Dieu l’aide à choisir en éclairant son jugement. 
Ce peuple de Colombie est peuple de Dieu ; ici aussi nous pouvons faire des généalogies remplies d’histoires, pour beaucoup, d’amour et de lumière ; pour d’autres, de désaccords, de griefs, et aussi de mort… Combien d’entre vous ne peuvent-ils pas raconter des exils et des désolations ! Que de femmes, dans le silence, ont persévéré seules et que d’hommes de bien ont tenté de laisser de côté la colère et les rancoeurs, en cherchant à associer justice et bonté ! Comment ferons-nous pour laisser entrer de la lumière ? Quels sont les chemins de réconciliation ? Comme Marie, dire oui à l’histoire dans sa totalité, non à une partie ; comme Joseph, laisser de côté les passions et les orgueils ; comme Jésus Christ, prendre sur nous, assumer, embrasser cette histoire, car nous tous les Colombiens, vous êtes impliqués dans cette histoire ; ce que nous sommes s’y trouve… ainsi que ce que Dieu peut faire avec nous si nous disons oui à la vérité, à la bonté, à la réconciliation. Et cela n’est possible que si nous remplissons nos histoires de péché, de violence et de désaccord, de la lumière de l’Évangile. 
La réconciliation n’est pas un mot abstrait ; s’il en était ainsi, cela n’apporterait que stérilité, plus d’éloignement. Se réconcilier, c’est ouvrir une porte à toutes les personnes et à chaque personne, qui ont vécu la réalité dramatique du conflit. Quand les victimes surmontent la tentation compréhensible de vengeance, elles deviennent des protagonistes plus crédibles des processus de construction de la paix. Il faut que quelques-uns se décident à faire le premier pas dans cette direction, sans attendre que les autres le fassent. Il suffit d’une personne de bonne volonté pour qu’il y ait de l’espérance ! Et chacun de nous peut être cette personne ! Cela ne signifie pas ignorer ou dissimuler les différences et les conflits. Ce n’est pas légitimer les injustices personnelles ou structurelles. Le recours à la réconciliation ne peut servir à s’accommoder de situations d’injustice. Plutôt, comme l’a enseigné saint Jean-Paul II : c’est « une rencontre entre des frères disposés à surmonter la tentation de l’égoïsme et à renoncer aux tentatives de pseudo justice ; c’est un fruit de sentiments forts, nobles et généreux, qui conduisent à instaurer une cohabitation fondée sur le respect de chaque individu et des valeurs propres à chaque société civile » (Lettre aux Évêques du Salvador, 6 août 1982). La réconciliation, par conséquent, se concrétise et se consolide par l’apport de tous, elle permet de construire l’avenir et fait grandir l’espérance. Tout effort de paix sans un engagement sincère de réconciliation sera voué à l’échec. 
Le texte évangélique que nous avons entendu atteint son sommet en appelant Jésus l’Emmanuel, le Dieu-avec-nous. C’est ainsi que Matthieu commence, c’est ainsi qu’il termine son Évangile : « Et moi, je suis avec vous tous les jours jusqu’à la fin du monde » (Mt 28, 20). Cette promesse se réalise également en Colombie : Mgr Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, Évêque d’Arauca, et le Père Pedro Maria Ramirez Ramos, en sont des signes, une expression d’un peuple qui veut sortir du bourbier de la violence et de la rancoeur. 
Dans ce décor merveilleux, il nous revient de dire oui à la réconciliation. Que le oui inclue également notre nature ! Ce n’est pas un hasard si, y compris contre elle, nous avons déchaîné nos passions possessives, notre volonté de domination. Un de vos compatriotes le chante admirablement : « Les arbres pleurent, ils sont témoins de tant d’années de violence. La mer est brune, mélange de sang et de terre » (Juanes, Minas piedras). La violence qu’il y a dans le coeur humain, blessé par le péché, se manifeste aussi à travers les symptômes de maladies que nous observons dans le sol, dans l’eau, dans l’air et dans les êtres vivants (cf. Lettre encyclique Laudato si’, n. 2). Il nous revient de dire oui comme Marie et de chanter avec elle les « merveilles du Seigneur », car comme il l’a promis à nos pères, il aide tous les peuples et chaque peuple, il aide la Colombie qui veut se réconcilier aujourd’hui et sa descendance pour toujours. 
Traduzione in lingua inglese 
Your birth, O Virgin Mother of God, is the new dawn that proclaims joy to the whole world, for from you has been born the sun of justice, Christ our God” (cf. Antiphon for the Benedictus). The feast of the birth of Mary shines its light over us, just as the gentle light of dawn radiates above the vast Colombian plain, this beautiful landscape whose gateway is Villavicencio, and shines its light too upon the rich diversity of its indigenous peoples. 
Mary is the first light who announces night’s end, and above all, the impending day. Her birth helps us to understand the loving, tender, compassionate plan of love in which God reaches down and calls us to a wonderful covenant with him, that nothing and no one will be able to break. 
Mary knew how to transmit God’s light, and she reflected the rays of that light in her home which she shared with Joseph and Jesus, reflecting it also in her people, her country and that home which is common to all mankind: creation. 
In the Gospel, we have heard the genealogy of Jesus (Mt 1:1-17), which is not a “simple list of names”, but rather a “living history”, the history of the people that God journeyed with; by making himself one of us, God wanted to announce that the history of the just and of sinners runs through his blood, that our salvation is not a sterile entity found in a laboratory, but rather something concrete, a life that moves forward. This long list tells us that we are a small part of a vast history, and it helps us not to claim excessive importance for ourselves; it helps us elude the temptation of over-spiritualizing things; it helps us not withdraw from the concrete historical realities in which we live. It also integrates in our history of salvation those pages which are the darkest and saddest, moments of desolation and abandonment comparable to exile.
 The mention of women – though none of those referred to in the genealogy has the category of the great women of the Old Testament – allows us a particular rapprochement: it is they, in the genealogy, who tell us that pagan blood runs through the veins of Jesus, and who recall the stories of scorn and subjugation. In communities where we are still weighed down with patriarchal and chauvinistic customs, it is good to note that the Gospel begins by highlighting women who were influential and made history. 
And within all this we see Jesus, Mary and Joseph. Mary with her generous yes permitted God to take charge of that history. Joseph, the just man, did not allow his pride, passions or zeal to expel him from this light. The narration lets us know, before Joseph is even aware, what has happened to Mary. His decision, made before the angel helped him to understand what was happening around him, shows his human qualities. The nobility of Joseph’s heart is such that what he learned from the law he made dependent on charity; and today, in this world where psychological, verbal and physical violence towards women is so evident, Joseph is presented as a figure of the respectful and sensitive man. Even though he does not understand the wider picture, he makes a decision favouring Mary’s good name, her dignity and her life. In his hesitation as how best to act, God helped him by enlightening his judgment. 
The people of Colombia are God’s people; here too we can write genealogies full of stories, many of love and light; others of disagreement, insults, even of death… How many of you can tell of exile and grief! How many women, in silence, have persevered alone, and how many good men have tried to put aside spite and resentment, hoping to bring together justice and kindness! How can we best allow the light in? What are the true paths of reconciliation? Like Mary, by saying yes to the whole of history, not just to a part of it. Like Joseph, by putting aside our passions and pride. Like Jesus Christ, by taking hold of that history, assuming it, embracing it. That is who you are, that is who Colombians are, that is where you find your identity. God can do all this if we say yes to truth, to goodness, to reconciliation, if we fill our history of sin, violence and rejection with the light of the Gospel.  
Reconciliation is not an abstract word; if it were, then it would only bring sterility and greater distance. Reconciliation means opening a door to every person who has experienced the tragic reality of conflict. When victims overcome the understandable temptation to vengeance, they become the most credible protagonists for the process of building peace. What is needed is for some to courageously take the first step in that direction, without waiting for others to do so. We need only one good person to have hope! And each of us can be that person! This does not mean ignoring or hiding differences and conflicts. This is not to legitimize personal and structural injustices. Recourse to reconciliation cannot merely serve to accommodate unjust situations. Instead, as Saint John Paul II taught: “[Reconciliation] is rather a meeting between brothers who are disposed to overcome the temptation to egoism and to renounce the attempts of pseudo-justice. It is the fruit of sentiments that are strong, noble and generous that lead to establishing a coexistence based on respect for each individual and on the values that are proper to each civil society” (Letter to the Bishops of El Salvador, 6 August 1982). Reconciliation, therefore, becomes substantive and is consolidated by the contribution of all; it enables us to build the future, and makes hope grow. Every effort at peace without a sincere commitment to reconciliation is destined to fail. 
The Gospel text we have heard culminates in Jesus being called Emmanuel, God-with-us. That is how the Gospel of Mathew both begins and ends: “I will be with you always, to the close of the age” (Mt 28:20). This promise is fulfilled also in Colombia: Monsignor Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, Bishop of Arauca, and the martyred priest of Armero, Pedro María Ramírez Ramos, are a sign of this, an expression of a people who wish to rise up out of the swamp of violence and bitterness. 
In these beautiful surroundings, it is up to us to say yes to reconciliation; may our yes also include the natural environment. It is not by chance that even on nature we have unleashed our desire to possess and to subjugate. One of your countrymen sings this in a beautiful way: “The trees are weeping, they are witnesses to so many years of violence. The sea is brown, a mixture of blood and earth” (Juanes, Minas Piedras). “The violence present in our hearts, wounded by sin, is also reflected in the symptoms of sickness evident in the soil, in the water, in the air and in all forms of life” (Laudato Si’, 2). We need to say yes with Mary, and sing with her “the wonders of the Lord”, for as he has promised to our fathers, he helps all nations and peoples, he helps Colombia which today wishes to be reconciled; it is a promise made also to its descendants forever. 
Traduzione in lingua portoghese 
O vosso nascimento, Virgem Mãe de Deus, é a nova aurora que anunciou a alegria ao mundo inteiro, porque de Vós nasceu o Sol de Justiça, Cristo, nosso Deus (cf. Antífona do Benedictus). A festa da Natividade de Maria projeta a sua luz sobre nós, como se irradia a luz suave do amanhecer sobre a vasta planície colombiana, esta paisagem lindíssima de que Villavicencio é a porta, bem como na rica diversidade dos seus povos indígenas. 
Maria é o primeiro esplendor que anuncia o fim da noite e, sobretudo, a proximidade do dia. O seu nascimento faz-nos intuir a iniciativa amorosa, terna e compassiva do amor com que Deus Se inclina sobre nós e nos chama para uma aliança maravilhosa com Ele, que nada e ninguém poderá romper. 
Maria soube ser transparência da luz de Deus e refletiu os fulgores desta luz na sua casa, que partilhou com José e Jesus, e também no seu povo, na sua nação e na casa comum de toda a humanidade que é a criação. 
No Evangelho, ouvimos a genealogia de Jesus (cf. Mt 1, 1-17), que não é uma mera lista de nomes, mas história viva, história dum povo com o qual Deus caminhou e, ao fazer-Se um de nós, quis anunciar que, no seu sangue, corre a história de justos e pecadores, que a nossa salvação não é uma salvação assética, de laboratório, mas concreta, de vida que caminha. Esta longa lista diz-nos que somos uma pequena parte duma longa história e ajuda-nos a não pretender protagonismos excessivos, ajuda-nos a fugir da tentação de espiritualismos evasivos, a não abstrair das coordenadas históricas concretas em que nos cabe viver. E também integra, na nossa história de salvação, aquelas páginas mais obscuras ou tristes, os momentos de desolação e abandono comparáveis ao exílio. 
A menção das mulheres – nenhuma das referidas na genealogia pertence à hierarquia das grandes mulheres do Antigo Testamento – permite-nos uma abordagem especial: na genealogia, são elas que anunciam que, pelas veias de Jesus, corre sangue pagão, que recordam histórias de marginalização e sujeição. Em comunidades onde ainda se arrastam estilos patriarcais e machistas, é bom anunciar que o Evangelho começa por salientar mulheres que criaram tendência e fizeram história. 
E, no meio de tudo isto, Jesus, Maria e José. Maria, com o seu «sim» generoso, permitiu que Deus cuidasse desta história. José, homem justo, não deixou que o orgulho, as paixões e os ciúmes o lançassem fora desta luz. Pela forma como aparece narrado, nós sabemos antes de José aquilo que aconteceu com Maria, e ele toma decisões em que se manifestam as suas qualidades humanas antes de ser ajudado pelo anjo e chegar a entender tudo o que estava a acontecer ao seu redor. A nobreza do seu coração fá-lo subordinar à caridade aquilo que aprendera com a lei; e hoje, neste mundo onde é patente a violência psicológica, verbal e física contra a mulher, José apresenta-se como figura de homem respeitoso, delicado que, mesmo não dispondo de todas as informações, se decide pela honra, dignidade e vida de Maria. E, na sua dúvida sobre o melhor a fazer, Deus ajudou-o a escolher iluminando o seu discernimento. 
Este povo da Colômbia é povo de Deus; também aqui podemos fazer genealogias cheias de histórias: muitas, cheias de amor e de luz; outras, de conflitos, ofensas, inclusive de morte... Quantos de vós poderíeis narrar experiências de exílio e desolação! Quantas mulheres, em silêncio, perseveraram sozinhas, e quantos homens de bem procuraram pôr de lado amarguras e rancores, querendo combinar justiça e bondade! Que havemos de fazer para deixar entrar a luz? Quais são os caminhos de reconciliação? Como Maria, dizer «sim» à história completa, e não apenas a uma parte; como José, pôr de lado paixões e orgulho; como Jesus Cristo, cuidar, assumir, abraçar esta história, porque nela vos encontrais vós, todos os colombianos, nela está aquilo que somos... e o que Deus pode fazer connosco se dissermos «sim» à verdade, à bondade, à reconciliação. E isto só é possível, se enchermos com a luz do Evangelho as nossas histórias de pecado, violência e conflito. 
A reconciliação não é uma palavra abstrata; se assim fosse, traria apenas esterilidade; antes, distância. Reconciliar-se é abrir uma porta a todas e cada uma das pessoas que viveram a realidade dramática do conflito. Quando as vítimas vencem a tentação compreensível da vingança, tornam-se nos protagonistas mais credíveis dos processos de construção da paz. É preciso que alguns tenham a coragem de dar o primeiro passo nesta direção, sem esperar que o façam os outros. Basta uma pessoa boa, para que haja esperança. E cada um de nós pode ser esta pessoa! Isto não significa ignorar ou dissimular as diferenças e os conflitos. Não é legitimar as injustiças pessoais ou estruturais. O recurso à reconciliação não pode servir para se acomodar em situações de injustiça. Pelo contrário, como ensinou São João Paulo II, «é um encontro entre irmãos dispostos a vencer a tentação do egoísmo e a renunciar aos intentos duma pseudo-justiça; é fruto de sentimentos fortes, nobres e generosos, que levam a estabelecer uma convivência fundada sobre o respeito de cada indivíduo e dos valores próprios de cada sociedade civil» (Carta aos Bispos de El Salvador, 6/VIII/1982). Por isso, a reconciliação concretiza-se e consolida-se com a contribuição de todos, permite construir o futuro e faz crescer a esperança. Qualquer esforço de paz sem um compromisso sincero de reconciliação será um fracasso. 
O texto do Evangelho, que ouvimos, culmina chamando a Jesus o Emanuel, o Deus connosco. E como começa, assim termina Mateus o seu Evangelho: «Eu estarei sempre convosco até ao fim dos tempos» (28, 20). Esta promessa realiza-se também na Colômbia: D. Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, Bispo de Arauca, e o sacerdote Pedro Maria Ramírez Ramos, mártir de Armero, são sinal disso, expressão dum povo que quer sair do pântano da violência e do rancor. 
Neste ambiente maravilhoso, cabe a nós dizer «sim» à reconciliação; e, neste «sim», incluamos também a natureza. Não é por acaso que, inclusive sobre ela, se tenham desencadeado as nossas paixões possessivas, a nossa ânsia de domínio. Um vosso compatriota canta-o com primor: «As árvores estão a chorar, são testemunhas de tantos anos de violência. O mar aparece acastanhado, mistura de sangue com a terra» (Juanes, Minhas Pedras). A violência que existe no coração humano, ferido pelo pecado, manifesta-se também nos sintomas de doença que notamos no solo, na água, no ar e nos seres vivos (cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, 2). Cabe-nos dizer «sim» como Maria e cantar com Ela as «maravilhas do Senhor», porque, como prometeu aos nossos pais, ajuda a todos os povos e a cada povo, ajuda a Colômbia que hoje quer reconciliar-se e à sua descendência para sempre