martedì 15 gennaio 2019

La Bibbia dell’Amicizia.


Antropologia di Dio. Nello studio della Parola la visione esistenziale del presente

Cristiani ed ebreiEsce venerdì 18 gennaio il volume «La Bibbia dell’Amicizia. Brani della Torah/Pentateuco commentati da ebrei e cristiani», a cura di Marco Cassuto Morselli e Giulio Michelini (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2019, pagine 361, euro 30), progetto realizzato grazie al sostegno della Conferenza episcopale italiana. Pubblichiamo per intero la prefazione scritta da Papa Francesco e ampi stralci di quella scritta dal rabbino rettore del Seminario Rabinico Latinoamericano a Buenos Aires.

*

(Papa Francesco)
La Bibbia dell’Amicizia è un progetto attraente ma assai impegnativo. Sono ben consapevole che abbiamo alle spalle diciannove secoli di antigiudaismo cristiano e che pochi decenni di dialogo sono ben poca cosa al confronto. 
Tuttavia in questi ultimi tempi molte cose sono mutate e altre ancora stanno cambiando. Occorre lavorare con maggiore intensità per chiedere perdono e per riparare i danni causati dall’incomprensione. I valori, le tradizioni, le grandi idee che identificano l’Ebraismo e il Cristianesimo devono essere messe al servizio dell’umanità senza mai dimenticare la sacralità e l’autenticità dell’amicizia. 
La Bibbia ci fa comprendere l’inviolabilità di questi valori, necessaria premessa per un dialogo costruttivo.
Il modo migliore per dialogare tuttavia non è solo parlare e discutere, ma fare progetti realizzandoli insieme a tutti coloro che hanno buona volontà e reciproco rispetto nell’amicizia. Esiste una ricca complementarietà che ci permette di leggere insieme i testi della Bibbia ebraica aiutandoci vicendevolmente a sviscerare le ricchezze della Parola di Dio. Obiettivo comune sarà quello di essere testimoni dell’amore del Padre in tutto il mondo. Per l’ebreo come per il cristiano non v’è dubbio che l’amore verso Dio e verso il prossimo riassume tutti i comandamenti. Ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli e sorelle, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune, sul quale fondarsi e continuare a costruire il futuro.
È di vitale importanza, per i cristiani, scoprire e promuovere la conoscenza della tradizione ebraica per riuscire a comprendere più autenticamente se stessi. Anche lo studio della Torah è parte di questo fondamentale impegno. Per questo voglio affidare il vostro cammino di ricerca alle parole dell’invocazione che ogni fedele ebreo recita quotidianamente al termine della preghiera dell’amidah: «Che ci siano aperte le porte della Torah, della sapienza, dell’intelligenza e della conoscenza, le porte del nutrimento e del sostentamento, le porte della vita, della grazia, dell’amore e della misericordia e del gradimento davanti a Te». Auguro di proseguire nel cammino con perseveranza e invoco su tutti la benedizione di Dio.

^^^

(Abraham Skorka) Sebbene la Bibbia sia stata considerata come testo sacro da tre delle religioni più importanti nella storia dell’umanità, la sua interpretazione è stata causa di discordie, dispute e, infine, rancori e odi che portarono a ogni tipo di persecuzioni e uccisioni. L’arroganza e la cecità intellettuale e spirituale fecero credere a molti che la verità interpretativa unica e assoluta si trovasse nelle proprie mani e che dovessero imporla agli altri. [...] Dispute, [...] conflitti tra argomentazioni intellettuali dalle quali era stato espulso il Dio vivo che veniva sostituito — nel migliore dei casi — da un Dio come concetto, la cui essenza si supponeva fosse conosciuta in modo profondo dai polemisti. L’immagine che la Bibbia ci rivela riguardo a Dio è diametralmente opposta.
Ci sono molti versetti nella Bibbia ebraica nei quali appare l’espressione «Dio vivente», come caratteristica essenziale dell’Essere supremo nel quale l’uomo deposita la sua fede. Ma in Geremia, 10, 10 il profeta definisce Dio dicendo: «Il Signore Dio è verità, Egli è Dio vivente», dal che si deduce che il Dio della verità si rivela nella dinamica stessa dell’esistenza. La divinità, nella quale i pagani ripongono la loro fede, è un ente statico, che agisce in modo meccanico, indifferente alle vicissitudini di ogni essere umano. Il Dio della Bibbia può cambiare il suo parere a seconda del comportamento umano, non agisce come il programma di un computer, dialoga con gli uomini perché è sensibile alla loro condotta e alle loro vicissitudini. L’uomo non può mai arrogarsi il sapere sulla percezione di Dio, degli uomini e delle loro circostanze, perché non è statico, ma muta a seconda del dialogo che si va sviluppando con gli esseri umani, con le loro reazioni e i loro atteggiamenti. Il dialogo tra l’uomo e Dio, attraverso cui il primo intravede un riflesso del suo Creatore, può essere «pieno». Così è stato quando il popolo, che si trovava al monte Sinay, di fronte alla proposta di Dio di accettare un patto con le norme etiche che avrebbe rivelato, rispose: «Tutto quello che ha detto il Signore, faremo e ascolteremo» (Esodo, 24, 7). Il contrario accade quando Dio avverte il popolo d’Israele: «Nasconderò il mio volto [al popolo d’Israele] in quel giorno, per tutto il male che ha compiuto, rivolgendosi ad altri dèi» (Deuteronomio, 31, 18). Mediante questo dialogo tra il celeste e il terrestre fu rivelato all’uomo nel testo biblico ciò che Dio si attende dalla condotta degli individui, ma la verità ultima del suo operare con le sue creature e il senso dell’esistenza delle stesse è un ignoto mistero per ogni uomo. Il libro di Yov, o Giobbe, e molteplici passi biblici sono chiari a riguardo. La presenza del Creatore deve essere cercata dall’uomo giorno per giorno, momento per momento. È molto più di un concetto o un’idea.
Nel confinare Dio nei limiti di una creazione intellettuale, stiamo trasgredendo sottilmente al comandamento del Decalogo che ci proibisce di fare immagine alcuna, ispirata a cose materiali, che rappresenti Dio. La sua presenza, pertanto, va cercata nell’esistenza stessa: nei sottili messaggi che ci offre la natura (Salmi, 19), e nella ricerca di se stessi e del prossimo.
Papa Francesco nella sua vita ha sviluppato questa visione nel suo particolare e specifico dialogo con Dio e con il popolo. Dalla sua posizione, fondata sulla fede in Cristo, ritiene che l’interpretazione dei testi biblici da parte degli studiosi ebrei più che portare a una contrapposizione serva a chiarire e comprendere con più profondità i testi stessi. Il paragrafo di Nostra aetate nel quale si chiarisce che Dio mantiene il suo patto con il popolo ebraico, che mai è stato abolito, è stato indubbiamente per Bergoglio la base teologica per cercare nel dialogo con gli ebrei una complementarietà che gli permette di raggiungere una visione integra della propria fede, come egli stesso scrive nella sua esortazione apostolica Evangelii gaudium.
La teologia di Francesco è fortemente pragmatica. La religiosità, nella sua visione che condivido, non può essere confinata essenzialmente alle accademie, alla meditazione e alla elevazione spirituale. Queste servono per la formazione del “carburante” con il quale deve essere illuminata la vita del semplice individuo nel suo quotidiano lottare per vivere con dignità.
Ciò si deduce dal quadro biblico che si ripete di generazione in generazione, quando Dio affida una missione specifica a ognuno dei profeti. Questi erano individui con un alto grado di spiritualità, e Dio poteva dirsi soddisfatto della loro sola presenza in seno all’umanità; ma l’ideale biblico è che tutta la società abbia un livello di spiritualità elevato. L’imperativo è al plurale: «Sarete santi» (Levitico, 19, 2).
Il primum vivere deinde philosophari è l’antitesi della proposta biblica, perché questa consegna un insegnamento circa il saper vivere con dignità. Si studia la Bibbia per sapere come operare nella vita. L’atto riflessivo si trova unito indissolubilmente all’azione e all’esistenza stessa. Lo studio della Bibbia è unito all’impegno che il suo lettore assume con le azioni che realizza, con le miswot, i precetti. Le dispute, come quelle che ebbero luogo nel passato, emergono quando l’azione si trova dissociata dall’insegnamento che porta al dialogo e al mutuo rispetto.
Deve essere stato un dialogo fortemente empatico quello che ha spianato la strada per raggiungere questo tempo, nel quale si stampa una Bibbia dell’Amicizia. Un dialogo che ha permesso a ognuna delle parti di condividere un riflesso di se stesso nell’altro. Le incomprensioni generalmente emergono a causa delle barriere che gli uni erigono per non vedere la condizione umana dell’altro.
La Bibbia deve essere letta per ispirare i suoi lettori a delineare il proprio presente e a progettare il futuro. Le esegesi che ci legano alle generazioni passate permettono una sua comprensione profonda, ma allo stesso tempo sono testimonianze di letture dei tempi passati. La nuova esegesi, insieme a quella accademica, deve presentare la visione esistenziale del presente e dare modelli proiettivi per il futuro. Rav Abraham Yoshua Heschel nel suo libro L’uomo non è solo ha coniato una frase molto significativa che sintetizza magistralmente quanto sopra abbozzato: «La Bibbia non è una teologia dell’uomo ma una antropologia di Dio». È il Santuario indistruttibile i cui precetti sono, come si esprime nelle preghiere quotidiane, «la nostra vita e la lunghezza delle nostre vite».
Nei tempi della grande rivolta contro Roma, durante il regno di Adriano, fu proibito ai maestri di insegnare la Torah. Gli oppressori pretendevano di distruggere l’identità giudaica proibendo la sua trasmissione e formazione. Rav Hananyah ben Teradion sfidava l’oppressore insegnando la Torah in pubblico. I romani lo catturarono, lo posero su una pira, circondarono il suo corpo con il rotolo della Torah con la quale insegnava. E accesero il fuoco. Nel momento del massimo dolore i suoi alunni gli chiesero: «Maestro, che cosa vedi?». Il Rav rispose loro: «Vedo i rotoli che bruciano e lettere che salgono volando nell’aria» (Avodah Zarah, 18a). Molti rotoli di Torah ebbero lo stesso destino durante i quasi due millenni seguenti, come altri scritti sacri: le loro lettere salirono, volando in cielo, insieme alle grida di coloro che furono immolati con esse, ma giunsero nelle nostre mani. Questa Bibbia dell’Amicizia pretende di raccoglierle e plasmarle in un testo che possa essere letto e analizzato in un dialogo franco, nel quale ciascuno si sforza per comprendere l’altro.
L'Osservatore Romano