lunedì 4 novembre 2024

CONVIVENZA DI INIZIO CORSO Porto S. Giorgio, 26 settembre – 29 settembre 2024. MERKABA, EUCARESTIA E CHIAMATE.

 


MERKABA

Kiko

- Preghiera iniziale

- Merkabà di

- Presbiteri

- Seminaristi

- Coppie

- Sorelle

- Kiko ringiovanisce le equipes di catechisti, delle parrocchie in cui lui è

catechista, affiancando loro delle coppie di catechisti più giovani

- I e II Martiri Canadesi

- I S. Francesca Cabrini


- Alcuni avvisi

Ascensión:

Una serie di avvisi per la vita quotidiana del prossimo anno.

La catechesi di P. Mario è molto bella e interessante ma si fa parlata (non

letta). È chiaro che si può leggere qualche citazione, ma è una catechesi non una

conferenza. Voi presbiteri, che siete abituati a studiare, dovete fare lo sforzo di

studiarla per darla bene; si perde tanto quando si legge.


La convivenza di inizio corso è molto importante per tutti, non solo per i

catechisti. Dovete incoraggiare i fratelli a viverla completa. Per le comunità che

hanno finito il Cammino questa è l’unica convivenza che ricevono! Ma è necessaria

per tutti i fratelli, è uno slancio per cominciare il corso con zelo. Quello che vi

raccomandiamo a tutti i fratelli è di viverla e di trasmetterla interamente.

Per i giovani, è stato magnifico quello che è stato fatto con i pellegrinaggi.

Questi sono un aiuto per sostenere i giovani e recuperare qualcuno che è andato in

crisi; la cosa più importante è che i giovani possano fare il tripode, fare bene il

Cammino.

Per continuare ad aiutarli, è molto importante la scrutatio della domenica. Il

Papa ha fatto un messaggio molto bello per la giornata diocesana dei giovani, da

celebrare alla fine di novembre. Da questo messaggio, come abbiamo fatto gli altri

anni, e anche prenderemo dei passi dalla bolla del Papa, per preparare dei testi di aiuto

per la scrutatio di quest’anno. Intanto si può cominciare con il Vangelo della

domenica. Per ora, la scrutatio la si fa comunque sul Vangelo della domenica.

Se da qualche parte non c’è ancora il post-cresima, vi invitiamo ad aprirlo.

Anche nelle parrocchie dove è stato aperto molto tempo fa, vi invitiamo a chiamare

Gianvito per vedere come sta andando perché lo si faccia bene. L’anno scorso

Gianvito è andato a Madrid a rivedere il post-cresima ed ha aiutato molto. E dato che

era a Madrid, gli abbiamo detto di andare a vedere anche come si stava facendo la

scrutatio nelle Parrocchie e questo ha aiutato molto. Quando Gianvito va da qualche

parte a visitare o ad aprire il post-cresima, potete approfittarne per vedere anche come

si sta facendo la scrutatio: questo può essere di aiuto per tutti.

Anche i Centri Vocazionali sono molto importanti. Abbiamo tanti ragazzi che

si sono alzati. È opportuno continuare a seguirli con lo schema che abbiamo dato

l’anno scorso. Se ci sono ragazzi che non sono della stessa città vediamo come aiutarli

perché si possano radunare tre volte al mese, o, se non è possibile, almeno due volte.

Incontrarli una sola volta al mese, è troppo poco e il rischio è che si perdano.

Anche per il fatto serio dell’anno Propedeutico, richiesto ai giovani che

vogliono entrare in Seminario: non possiamo dire ai Vescovi che lo facciamo con

questi incontri se ne facciamo uno solo al mese; ma se lo facciamo bene può davvero

evitare un anno di preparazione a questi giovani. Per questo l’anno scorso abbiamo

dato uno schema di tre incontri al mese. Se uno abita lontano, è chiaro che non può

venire; dobbiamo vedere come fare. Ma un viaggio di due o tre ore si può fare. Questo

dovete vederlo voi. Se qualche ragazzo si alza per l’itineranza, anche lui deve

partecipare almeno un anno nel Vocazionale. Per venire alla convivenza degli

itineranti per partire in missione, deve aver fatto un discernimento con isuoi catechisti

insieme all’equipe che porta il Centro Vocazionale. Certo, ci sono eccezioni che si

possono vedere, ma questo lo diciamo come norma generale.

Anche i Gruppi del Rosario funzionano bene se si revisionano e integrano

ogni anno nuovi ragazzi per rafforzare i gruppi. Si devono fare alcuni incontri: non si

può dare il rosario e abbandonarli a se stessi, specialmente se poi i gruppi non si

incontrano. È necessario accompagnare e incoraggiare di nuovo i ragazzi.

Per il Giubileo: noi faremo l’incontro per i giovani, in occasione del giubileo

dei giovani, che è dal 27 luglio al 3 agosto. L’incontro, con l’Eucaristia con il Papa,

è il 2 e il 3 agosto, il 4 agosto, che è lunedì, Kiko farà l’incontro vocazionale, anche

se non sappiamo ancora dove. Nel mamotreto metteremo anche le indicazioni del sito

su cui dovranno essere fatte le iscrizioni per questo incontro per chi vuole andare al

Giubileo di Roma. Per il Giubileo in generale, ci sono vari incontri specifici, come a

maggio per le famiglie, a giugno nella Pentecoste per i Movimenti e nella festa del

Sacro Cuore, per i seminaristi e per i presbiteri. Noi non faremo incontri specifici,

proprio per permettere ai singoli e alle comunità di organizzarsi con la parrocchia o

con altri.

Chiederemo aiuto alle comunità del Centro Italia, per l’accoglienza con più

precarietà, per il Giubileo di giovani. Per il resto invitiamo ogni comunità a celebrare

il Giubileo, come ha detto anche Mario: a Roma o nei luoghi che saranno indicati. È

importante che in ogni comunità i fratelli approfittino di questo dono e facciano un

pellegrinaggio a piedi, con la confessione, passando per la porta santa indicata, e alle

altre condizioni. Anche per gli anziani la Santa Sede o le Diocesi daranno indicazioni

opportune.

Facciamo poi un invito particolare ai tanti catechisti delle comunità, che non

evangelizzano, perché durante questo anno giubilare possano visitare a i parroci ed

altri presbiteri per presentare loro il Cammino, dando la propria esperienza, ma anche

parlando degli incontri che ci sono stati con Papa Francesco. È bene prepararci un

poco per esporre seriamente il Cammino: potete organizzarvi, regione per regione,

perché questi catechisti vadano a visitare non solo i parroci, come dicevo, ma anche

i presbiteri, che magari possono aiutare le comunità ed il Cammino con le tante

necessità che abbiamo. Questo è un invito serio per tutti i catechisti e possono iniziare

già a partire da questa convivenza, anche per vedere se si può aprire il Cammino in

nuove parrocchie. Ma non solo i catechisti, tutti i fratelli sono chiamate a condividere

il Giubileo, l’anno di grazia del Signore. Nell’Annunzio di Avvento vi diremo quello

che il Signore ci ha ispirato, per dare una parola di speranza a questo mondo con tanta

sofferenza.

Mattia, che abbiamo messo come incaricato per preparare il Giubileo, ci

supplica di chiedere aiuto al Cammino per avere alcuni volontari. A Roma c’è

bisogno di molti volontari, che possano dare la loro disponibilità per tre mesi, per sei

mesi o per un anno. Questi vengono pagati 900 euro al mese, dall’Organizzazione del

Giubileo. L’età deve essere da 18 a 40 anni. Certo, chi lo fa, lo dovrebbe fare per

amore alla Chiesa. Per chi viene da fuori, la Chiesa di Roma darà la possibilità di un

alloggio gratis, in aggiunta al compenso.

Un’altra cosa. L’altro giorno ho visto su Whatsapp un gruppo che si era dato

il nome: “Cammino Neocatecumenale Internazionale”. Io mi sono chiesta: “Che

cos’è, un doppio Cammino?”. I catechisti devono dire con chiarezza che non

accettiamo questo. Il Cammino si vive personalmente, nella comunità. Stiamo

parlando seriamente di tutti i rischi che internet comporta per i giovani e non solo e

poi ci mettiamo anche noi con questo. È chiaro, e non giudichiamo nessuno, che lo si

fa con retta intenzione, per amicizia, o per quello che sia. Ma lo spirito del Cammino

è un altro: si fa personalmente il Cammino. Ci sono gruppi sui vari social che si sono

dati il nome di Cammino Neocatecumenale. Questo non è permesso a nessuno. Questi

canali debbono cambiare nome: non è accettabile che si usi questo nome, che ha una

sua identità e approvazione da parte della Chiesa, per canali e su canali privati. Vi

invitiamo ad obbedire e ad invitare amici o chi sia a fare il Cammino e a non limitarsi

a seguirlo o ad avere informazione che non hanno nessuna ufficialità. Il Cammino è

per viverlo e quando ci troviamo nelle convivenze diamo le notizie che riguardano il

Cammino. Nel sito web ufficiale noi mettiamo gli eventi che consideriamo

importanti, e anche i canti, informazioni sui pellegrinaggi... Le informazioni sul

Cammino Neocatecumenale si trovano sul sito web ufficiale:

www.neocatechumenaleiter.org per tutto il mondo e

www.neocatechumenaleiter.org/it/ per Italia.

Un’atra cosa. Quando Kiko ha eseguito a Trieste la seconda sinfonia, ci hanno

detto che un uomo, che sempre a Trieste anni fa aveva ascoltato la prima sinfonia

sulla sofferenza degli innocenti, e che da molti anni si era allontanato dalla Chiesa,

era stato indotto a cercare Dio. Poi gli è venuto un tumore e già stava per morire, ma

quando siamo andati a Trieste per la seconda sinfonia è voluto venire ad ascoltarla e

poi è morto riconciliato con Dio, grazie all’ascolto della sinfonia, con confessione e

comunione. Ha detto: “Questa musica mi ha dato la fede”. Ringraziamo il Signore,

che ha dato a Kiko anche il dono della musica.

Vi dico questo per un motivo: abbiamo bisogno di rinforzare l’orchestra:

una cosa difficile, perché questa orchestra si raduna due o tre volte all’anno. Per farne

parte è necessario essere dei buoni musicisti, avendo fatto gli studi superiori di

musica. È necessaria, inoltre, la disponibilità a entrare nella precarietà, perché in tre

giorni si deve lavorare tanto per preparare un concerto. A volte succede che un

musicista, o l’arpa, o il flauto, non può arrivare quel giorno stabilito, e perciò abbiamo

bisogno di avere qualche riserva, che cominci a imparare questa musica di Kiko. Per

questo vi invitiamo a chiedere questa disponibilità nelle convivenze. Mi dicono che

mancano soprattutto flauti, percussioni, arpa, contrabbasso. Tutti quelli che hanno

fatto studi superiori di musica possono inviare il curriculum all’orchestra,

all’indirizzo che verrà indicato nel mamotreto o al Centro Neocatecumenale. Serve

qualsiasi strumento, come anche servono coristi. Se qualcuno ha studi superiori di

coro o istrumenti, può mandare il suo curriculum alla seguente mail:

contacto@oscnc.org o al Centro neocatecumenale (cncroma5@tin.it).

Devo aggiungere ancora una cosa molto importante, che è il tema delle

collette. Sapete che il Cammino non ha beni materiali, perché è una fondazione di

beni spirituali. Ora, per sostenere le necessità pratiche dell’evangelizzazione: viaggi,

convivenze, ecc., il nostro statuto prevede uno strumento, che è la fondazione

autonoma diocesana: per questi fini, come ad esempio per sostenere i seminari o le

necessità della evangelizzazione; fin dall’inizio, sono state erette sia la fondazione

Famiglia di Nazareth di Roma che quella di Madrid. Se per caso in qualche diocesi il

Vescovo ha eretto un Centro Neocatecumenale oppure un catecumenium è

importante che questo sia fatto come è indicato negli Statuti.

Nel caso di nuove fondazioni diocesane è bene che ci consultiate, anche voi

itineranti, perché vi possiamo aiutare a fare le cose bene e in modo che tutto sia fatto

in modo gratuito.


Ora, un altro problema è che in alcuni paesi ci sono difficoltà anche per i

pagamenti di pellegrinaggi o delle convivenze, perché, per esempio, bisogna fare dei

pagamenti elettronici o tenere una contabilità legale: normalmente in questi casi si

chiede un appoggio alla parrocchia, che ha la sua contabilità. Se per caso si debbono

creare delle associazioni per questo scopo, è bene che, concluso il pellegrinaggio o

raggiunto il fine, queste associazioni si chiudano.

Ho ancora due o tre cose brevi da comunicarvi. La prima è questa: è stata

pubblicata in italiano le tesi di licenza in teologia di Carmen, che era già stata

pubblicata in Spagna. Il titolo: ”La necessità della Preghiera nel pensiero di Pio

XII”. L’edizione è stata curata da Ezechiele e l’ha pubblicata Chirico, a cui potete

fare richiesta delle copie di cui avete bisogno, anche con internet. È un libriccino

semplice, ma molto utile per i fratelli delle comunità, specialmente per conoscere

Carmen e le fonti della sua teologia e catechesi. Speriamo che nel prossimo anno si

concluda il processo diocesano della Causa di beatificazione di Carmen.

Volevano dare anche un’informazione agli itineranti. Abbiamo visto che in

tante zone ci sono vescovi nuovi, che non conoscono il Cammino o lo conoscono

poco. È importante anche per noi, anche se è molto difficile, però il Signore ci aiuterà

a fare una convivenza con i vescovi, perché possano conoscere bene il Cammino e

non le cose che si ascoltano o si leggono, spesso non corrette su di noi. È meglio, se

possiamo, spiegare noi cos'è il Cammino. Allora abbiamo pensato di fare una

convivenza la settimana in albis, in Israele. Siamo sicuri che la guerra sarà finita,

deve finire presto. Dovete allora invitare i vescovi delle vostre zone e nella

convivenza di gennaio ci dovete poter dire quanti pensano di venire: per poter

decidere se andare avanti o no. Sarà da martedì a domenica. Si arriva martedì e finisce

la domenica. Dovete andare a visitare i vescovi con la fiducia che ci sarà la pace. Non

abbiate paura, il Patriarca di Gerusalemme, il card. Pizzaballa, è molto contento con

il Cammino Neocatecumenale: siamo gli unici pellegrini che stiamo sostenendo la

Terra Santa in questi tempi. Per i vescovi sarà anche una cosa meravigliosa poter

vivere il Giubileo al Santo Sepolcro, a Nazareth, proprio nei lughi santi. Poter vivere

il Giubileo lì: penso che questo è un regalo per loro. Abbiamo scritto una lettera di

invito per loro, che dovreste consegnare loro personalmente, in mano.

Sapete anche che le comunità hanno ripreso i loro pellegrinaggi in Israele. E’

vero che è ancora un tempo un po' difficile a causa della guerra, ma pur con le dovute

attenzioni, è possibile riprendere questi pellegrinaggi. Una cosa è certa: che tutti i

fratelli che sono andati questo anno in Terra Santa sono stati contentissimi, felici di

poter stare tranquilli nei luoghi santi soli, senza code... E tanti fratelli che non sono

andati con la sua comunità, dopo si sono pentiti. Per questo vi diciamo: Coraggio!

andiamo avanti con i pellegrinaggi in Israele.

Su questo dò la parola a Rino perché vi dica lui, che vive lì, qualche cosa.


D. Rino:

Il secondo video che abbiamo visto venerdì ha fatto presente l’esperienza che

abbiamo avuto, dopo la Pasqua, con i presbiteri formati nei seminari dell’Europa, ed

insieme avete visto anche l’esperienza nuova, che è in atto, dell’anno di immersione

nella geografia della salvezza. Questo non è una cosa casuale. Questo era il sogno di

Carmen. Il Signore ci ha permesso di aprire una nuova casa a Betania - per chi non

lo sa, Betania è in Gerusalemme - Carmen, desiderava molto tutto questo. Perché?

Vorrei solamente dire qualche cosa.

Posso raccontare l’esperienza che abbiamo avuto noi, stando lì tutti questi

anni.

Io sto lì da 25 anni, ho visto un poco tante cose che sono successe. Prima di

tutto: perché Dio ci ha dato la Domus Galilaeae? Non è un caso! Ci è stata data in

uso dai Padri Francescani. È importante la Domus Galilaeae per due cose: la prima:

è nel terreno dove si pensa che Gesù ha pronunciato il Sermone della Montagna. La

seconda: l’invio universale da parte degli apostoli. L’invio che è stato fatto da Gesù

Cristo risorto dopo la sua resurrezione: “Andate in tutto il mondo e battezzate, ecc...”.

Il Sermone della Montagna è l’annuncio che tutti abbiamo ricevuto: l’uomo nuovo,

ci viene presentata questa fotografia e poi anche la missione che abbiamo di

evangelizzare.

Sono anche rimasto sorpreso da come siamo riusciti a trovare la casa per l’anno

di immersione, sistemarla; sistemare anche la casa per i seminaristi. Ho come l’idea

che Dio ha fretta, ha fretta! Non solo, ma come anche ho detto nell’ultima convivenza:

dopo tante difficoltà che abbiamo avuto per il progetto sul Monte degli Ulivi, dove

abbiamo un terreno che ci è stato dato in uso, ecco, una sorpresa: dopo tanti fallimenti,

sembra che qualche cosa si apra. E nel frattempo questa Domus Betaniae: nonostante

la guerra e tante difficoltà, il Signore ci ha dato di iniziare questo anno di immersione

nella terra del Signore e l’esperienza del primo anno ha superato tutte le nostre

aspettative: un vero dono che ha aiutato tanto i presbiteri che lo hanno vissuto, che he

sono usciti contentissimi, rinnovati nel ministero e nella missione della Chiesa e del

Cammino.

A partire dalla prossima Pasqua, riprendiamo, come diceva Ascensión le

Convivenze dei Vescovi in Terra Santa. Da alcuni anni, per vari motivi, non si sono

potuti fare. Ma adesso l’équipe ha visto bene che è molto importante che noi

riprendiamo questo appuntamento che diamo a tutti i Vescovi. Questa volta inseriamo

anche i nunzi, come qualcuno ha chiesto. Però i nunzi, se vogliono venire, devono

chiedere il permesso alla Santa Sede.

È importantissimo per noi riprendere questa esperienza che ha dato tanti frutti,

con la possibilità che i vescovi vivano un poco la nostra esperienza liturgica,

particolarmente l’Eucaristia, che spiegheremo. Molti non sanno che cosa sia il

Cammino, per questo è importante che sappiano veramente che cos’è il Cammino,

che lo sperimentino, che sentano il carisma, che sentano predicare, confessarsi in

un’assemblea, celebrare l’Eucaristia con le risonanze.

Dice il Signore: “Andate in Galilea e là mi vedrete”. L’anno prossimo avremo

anche il giubileo, che sarà importantissimo.

Un’altra cosa che vorrei dirvi è che è scioccante che voi invitiate dei vescovi

con la guerra in corso, qualcuno rimarrà un poco scioccato che facciamo questo invito

adesso che c’è la guerra. Da qui a Pasqua dell’anno prossimo, molta acqua passerà.

Io, in venticinque anni che sono lì, ho assistito a cinque guerre e andiamo avanti; fa

parte del nostro vivere in Terra Santa.

Fratelli, di fronte a tutto questo dobbiamo fare ciò che la lettera agli Ebrei ci

ha detto all’inizio della convivenza: fissare il nostro sguardo al Signore! Non c’è altra

soluzione. Non fissare lo sguardo sui tuoi problemi, sulle comodità: nel Signore! Da

Lui ci viene la salvezza.


- Distribuzione degli inviti per la convivenza dei vescovi.


Riposo breve


EUCARESTIA – XXVI domenica del T.O. - Ciclo B - presiede P. Mario

- Canto d’ingresso: “M’indicherai il sentiero della vita”

- Saluto del Presidente

- Ammonizione

Kiko

Coraggio, fratelli, ecco che la domenica in questa convivenza viene a invitarci

alla festa, a fare Pasqua, al riposo che Cristo ha portato con la sua morte e resurrezione

per noi. L'Eucarestia canta l'amore di Dio mostrato nella morte e resurrezione di suo

Figlio, che si fa qui presente per noi: il suo sacrificio sulla croce, la sua oblazione per

i nostri peccati; e canta la sua vittoria. E questo amore enorme, che ha mostrato sulla

croce per tutti noi, lo dona a noi: ci dà il suo corpo perché possiamo presentare a tutti

nel mondo questo amore, questo amore che ci porta ad amare come lui ci ha amato.

E se per sua misericordia cominciamo a viverlo noi, sarà un grandissimo bene per

tutta la Chiesa e per tutto il mondo.


La Parola che oggi sentiremo è una Parola che viene a confermare tutto quello

che abbiamo detto, e ci parla dello zelo per l’annunzio del Vangelo e anche dello

scandalo. Noi proclamiamo la resurrezione dalla morte; e si va a fare presente qui

l'amore che Dio ha per ciascuno di noi nel Corpo di Gesù Cristo. È chiaro che noi non

sappiamo entrare nella morte, è difficile per noi entrare nella sofferenza, accettare gli

eventi. Per questo Gesù Cristo stesso ci dona il suo Corpo perché noi possiamo entrare

nella morte, ci fa bere il suo Sangue e ci fa partecipare alla festa, la resurrezione. Se

siamo convinti che la verità è il Servo di Jahwé, è la non resistenza al male, Egli ci

invita ad offrire i nostri corpi a Lui, a Gesù Cristo, formando un nuovo corpo con Lui,

in questa generazione, per portare questa verità agli uomini.

Esattamente quello che dicono questi sacramenti: “Questo è il mio corpo che

si spezza per voi”. Ma io ho bisogno dell’Eucaristia per entrare nella morte, per non

opporre resistenza, per poter morire all’altro. Questo è il mistero del cristianesimo.

Questo è il mistero del tuo presbiterato, del tuo matrimonio, il mistero della tua vita.

Cristo sta sulla croce, e in questa Eucaristia lo vedremo. Questo pane sarà il

Corpo di Cristo. La nostra fede dice che questo non è solo un simbolo. Questo sarà il

corpo di Gesù Cristo. E quello che i sacramenti predicano si dà a noi, perché possiamo

entrare nella volontà di Dio, in modo che non sia io che viva ma Cristo a vivere in

me. Cristo nel Shabbat è entrato nel riposo perché aveva finito tutte le sue opere,

aveva dato la vita per il peccato e il peccato era morto. Dicono i Padri della Chiesa:

“Entrando nel Battesimo, abbiamo riposato dalle opere della morte”. Anche noi

siamo entrati nell’eterno Shabbat: non possiamo più fare le opere del peccato.

L’anima del Concilio Vaticano II è la più perfetta partecipazione a quello che

i sacramenti significano e realizzano. Carmen e io abbiamo portato avanti una grande

battaglia: portare alle parrocchie il rinnovamento del Concilio Vaticano II.

Soprattutto il rinnovamento liturgico, dove l’Eucaristia ha un posto primordiale.

Infatti, noi abbiamo disegnato questo che vedete qua, una assemblea con l’altare al

centro, dando la possibilità ai fedeli di comunicare sotto le due specie, che è una cosa

importantissima. La Chiesa ha avuto nella storia delle sofferenze enormi per questo

fatto delle due specie e tutto questo si può portare avanti grazie ad una catechesi

sacramentale, fatta in piccole comunità all’interno delle parrocchie. Abbiamo visto

in questo rinnovamento, che stiamo portando avanti, grandi miracoli che Dio ha fatto,

come il permesso della Santa Sede alle due specie e di spostare il segno della pace.

Qui si fa presente per noi la passione, la morte e la resurrezione di nostro

Signore Gesù Cristo, nei segni del pane e del vino e noi possiamo partecipare alla sua

vita, alla sua vittoria sulla morte, che ci dona vita eterna. Lui alimenta la nostra vita

con la sua vita. Il Signore Gesù, sapendo che abbiamo un corpo debole, per poter

salire sulla croce, lui stesso ci dona la sua vita immortale, la sua vittoria. Ci dona il

suo corpo, corpo con il quale lui è salito sulla croce, con cui ha fatto la volontà del

Padre; il corpo che ha vinto questo combatte nel quale tutti ci troviamo.

Speriamo siate contenti di questa convivenza. Ma l’Eucaristia agisce al di là

del sentimento. Anche se tu senti poco, i frutti ci sono. Viviamo questa Eucaristia con

questa tensione dentro di noi, accogliendo il Signore che viene a donarsi tutto per noi.

Ringraziamo il Padre che ha avuto tanta misericordia di perdonare i peccati, di

metterci nella sua Chiesa, di inviare il suo Figlio che ci salva dall’inferno e dalla

morte.

Che Cristo oggi nell’Eucaristia risusciti la nostra fede, la faccia viva perché

noi possiamo compiere le opere della fede, e ci aumenti lo zelo per partire da qui pieni

di zelo per l’annuncio del Vangelo. Accogliamo il Presidente e i presbiteri, preceduti

dalla croce, faremo un’Eucaristia solenne ringraziando al Signore per i frutti di santità

che porterà questa convivenza a noi e a tutti i fratelli del Cammino.


- I lettura: Num 11, 25-29

- Salmo responsoriale cantato

- II lettura: Gc 5, 1-6

- Canto dell’Alleluja

- Vangelo cantato: Mc 9, 38-43.45.47-48

- Invito alla risonanza (P. Mario)

- Risonanza della Parola nell’assemblea

- Omelia

P. Mario

Spero che il Signore voglia ispirarmi a spezzare la sua Parola, perché già

abbiamo sovrabbondato nella predicazione.

Questa Parola viene a confermare l’opera che il Signore - di cui siamo

testimoni - ha fatto nella nostra vita e sta realizzando nella nostra debolezza, nelle

nostre comunità.

La parola del libro dei Numeri, che abbiamo proclamato, parla della libertà

dello Spirito Santo. Ricordo sempre quello che diceva Carmen: quando facciamo

delle regole, degli statuti, come delle gabbie in cui tentiamo di mettere lo Spirito

Santo, quando stiamo per chiuderne la porta, lo Spirito Santo è già sparito. Per questo

la sua figura è la colomba, che viene e all’ improvviso se ne va, sparisce, può apparire

come la colomba che rappresenta lo spirito di amore tra il padre e il figlio così come

è cantato e descritto nel Cantico dei Cantici, in cui la sposa quando sparisce lo fa

cercando e invocando per tutta la città.

Mi colpisce questo che dice, che lo Spirito Santo ha preso un po’ del suo

Spirito, che aveva dato a Mosè e l’ha condiviso con i 70 che erano

nell’accampamento, dove c’era la tenda del convegno, la presenza di Dio. Arrivano

non dalla tenda del convegno, ma dall’accampamento al di fuori della zona sacra,

altri due che avevano ricevuto lo Spirito Santo. Allora qualcuno va ad avvisare Mosè:

guarda che lo Spirito Santo è sceso anche su due che erano nell’accampamento, non

nello spazio riservato al Signore. Questo per indicare la libertà dello Spirito Santo.

Sono convinto personalmente che ci sono molti più buoni e santi di quello che

pensiamo: non tutta questa generazione è pervertita. Questo lo dice il Signore quando

dice: molti, molti vi precederanno nel regno dei cieli. Dice: le prostitute e i pubblicani

vi precederanno perché il giudizio finale appartiene a Dio. Come ha detto bene

qualcuno qui, adesso nella risonanza, non spetta a noi giudicare, anche i poveri che

vivono per terra, gente povera senza ripari.

Per questo il Signore si identifica anche con loro, perché il Signore è libero.

Noi vediamo questa libertà del Signore all’interno delle nostre comunità. È

meraviglioso scoprire i vari carismi che il Signore dà ai fratelli e alle sorelle. Mi

ricordo la sorella della mia comunità, si chiamava Filomena, cieca, di una famiglia di

ciechi, solo una sorella vedeva e accudiva gli altri della famiglia. Quando faceva le

risonanze ci stupiva tutti, alla mia comunità a volte sono venuti anche Monsignor

Cafarra, che poi sarà arcivescovo di Bologna, veniva anche un Cardinale, di cui non

ricordo il nome, rimanevano stupiti dalle risonanze, perché grazie al cammino,

all’iniziazione cristiana la parola di Dio si fa carne dentro di noi, per cui quando si è

fatta carne, quando tu parli esce la sapienza di Dio, comunichi la sapienza di Dio.

Questo l’abbiamo fatto presente soprattutto ai professori itineranti, nella convivenza

che abbiamo avuto con loro: oggi, che ci sono molte teologie, molti teologi che non

hanno l’esperienza come noi della Parola incarnata nella loro vita, finiscono col

comunicare belle teorie, belle e anche brutte, distruttive.

Poi vorrei sottolineare ciò che ha detto anche una sorella: i precetti del Signore

fanno gioire il cuore. Oltre la parola, alla liturgia, abbiamo la Liturgia delle Ore,

recitare i salmi risuona in noi, ogni situazione in cui ci possiamo trovare sia di dolore,

sia di depressione, sia di gioia, di esultanza, di ringraziamento. Abbiamo anche il

dono che Kiko ci ha musicato questi salmi e quando siamo più depressi, più malati,

ecc., ascoltiamo questi canti, io li ascolto ogni tanto e ci rianimano perché la parola

di Dio ci rinfranca, ci solleva. Questo è un dono che ci fa il Signore.

La parola di Giacomo ci ricorda quello che dice il Signore: fa giustizia tra mio

fratello e me. Mi ha rubato la mia eredità. Ed il Signore dice: chi mi ha costituito

giudice tra di voi? Tutti e due siete ingannati, perché la vita non sta nei beni materiali,

non sta nei soldi, ma il vero tesoro è quello custodito in cielo. E fa l’esempio di colui

che ha accumulato, accumulato, pensando: quando andrò in pensione, avrò tanti soldi

da poter vivere veramente senza problemi e potrò godermi la vita, viaggiare. Stolto!

Questa notte ti sarà chiesto conto della tua vita e tutto quello che hai accumulato sarà

dissipato dai tuoi figli, dai tuoi nipoti. Questa è una parola per noi, perché il Signore

dice nel vangelo di Luca: non accumulate tesori sulla terra dove la tignola e le tarme

li consumano, accumulate tesori nel regno dei cieli.

Questa è la vita del cristiano; con la nostra fedeltà al Signore, il Signore va

accumulando ricchezze che un giorno troveremo in cielo.

Poi la parola del Vangelo. Anche qui: abbiamo sentito uno che caccia nel tuo

nome i demoni. Gesù dice: non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un

miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è

per noi. Ci possono essere tanti. Non siamo gli unici ripieni dalla vita dello Spirito

Santo. Ho trovato qualche cristiano, che, fedele aisacramenti, partecipa ai Sacramenti

nella Parrocchia, e la sua vita è trasformata, è piena della benedizione del Signore,

della gioia del Signore. Non pensiamo di essere gli unici, ma sì, siamo grati di quello

che il Signore ci ha fatto per comunicarlo agli altri, che non hanno avuto questa grazia

come noi.

Per questo dice: chi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome, perché

siete di Cristo, non perderà la sua ricompensa. Quando viviamo di provvidenza,

abbandonati il Signore, il Signore provvede per noi.

Poi la parola più terribile: chi scandalizza questi piccoli. I piccoli sono quelli

che si avvicinano alla Chiesa, vedendo la luce, e che invece di aiutare, di

accompagnare nel cammino della conversione, noi pretendiamo da loro cose che

ancora non possono attuare, perché non hanno ancora ricevuto la grazia dello Spirito

Santo, oppure creiamo uno scandalo per chi si sta avvicinando. Magari abbiamo finito

il cammino e succede che un marito lascia la moglie, va con un’altra, lascia la moglie

con i figli. Questo crea scandalo per i piccoli. Dice il Signore: sarebbe stato meglio

per lui che non fosse mai nato. Continua: è meglio per lui aver messo un masso al

collo e buttato nel mare che è figura dell’inferno. Cioè, questo cammino è

meraviglioso, ma Dio non è solo misericordioso, è anche giusto. Anche questo ci

serve per coltivare il timore di Dio. Ci ha dato dei tesori preziosi nella nostra

debolezza: abbiamo i sacramenti della parola, dell’eucarestia, della penitenza e tutti

gli altri che ci accompagnano nei momenti più importanti della nostra vita, nella

malattia, nella morte.

Ecco, allora aggrappiamoci sempre al Signore. Aggrappiamoci al suo amore,

perché ci doni la perseveranza e la costanza e ci dia questo zelo di voler comunicare

questi tesori che abbiamo ricevuto a quelli che ci ha messi attorno parenti, vicini,

conoscenti. Ecco che attingono da noi, anche solo con la nostra presenza, con il nostro

modo di vivere.

Ecco, allora adesso celebriamo questo sacrificio di Cristo che offre il suo

sangue, ci dona il suo corpo ed il suo sangue per continuare a sostenerci in questo

cammino di vita eterna, perché viene incontro alla nostra povertà e debolezza, con

tutto il suo corpo che è costituito dalla Gerusalemme celeste. I santi che intercedono

per noi dalla Gerusalemme celeste, perché possiamo anche noi arrivare a contemplare

il volto di Dio; c’è anche la Gerusalemme purgante, non possono pregare per sé stessi

- noi possiamo pregare per loro - ma possono pregare per noi. E poi c’è la Chiesa

militante, che ancora cammina nella fragilità, e anche questi che sono santi, magari

non da altare, in cui vive la santità di Dio, ci aiutano nella nostra debolezza.

Per cui benediciamo e ringraziamo il Signore per questa Eucarestia, per questo

banchetto a cui ci fa partecipare adesso.


- Credo apostolico

- Preghiere universali

- Pace: Canto di Balaam

- Liturgia Eucaristica

- Canto: “Agnello di Dio”

- Canto alla frazione del Pane: “Come pecora”

- Canto al Calice: “Andate e annunciate ai miei fratelli”

- Orazione finale


- Monizione alla colletta (Giampiero)

Adesso, fratelli, faremo la colletta per pagare la convivenza. Vi invito ad essere

generosi, perché abbiamo molte convivenze di itineranti e seminaristi, che devono

essere completate nel pagamento. Come tutti gli anni, vi chiediamo di darci una mano

nella generosità.

Quest’anno faremo un’unica colletta, che sarà per pagare la convivenza e

per l’evangelizzazione. Per questo vi chiediamo di essere generosi: 200 euro sono

per pagare i giorni di convivenza – se vi fermate di più dovete aggiungere – e poi

aggiungete per l’evangelizzazione. Tutto nell’unica colletta. Grazie.


- Canti durante la coletta: “Maria di Jasna Gora”


- Colletta per la convivenza, per i Seminari e per l’evangelizzazione.

- CHIAMATE

Kiko:

Adesso passiamo alle chiamate. Quelli che sentite di offrire la vostra vita per

questa opera di evangelizzazione vi alzate in piedi. Quelli che vi alzate vuole dire che

state disposti a partire, ma prima di venire in una convivenza d’itineranti, questa

chiamata deve essere confermata dai catechisti propri e anche dagli itineranti.

Stiamo assistendo a un grande spettacolo: evangelizzare nel mondo in

un’unica opera con presbiteri, ragazzi, ragazze, famiglie, Vescovi! Quello che sta

succedendo non è niente di straordinario, è la Chiesa stessa, la sua natura. Credo che

tutti vorreste alzarvi ma con circostanze concrete Dio vi ha marcato che non è il

momento. E’ così per tutti, vero? Perché l’evangelizzazione è la natura stessa

dell`essere cristiano.

- Chiamata dei presbiteri

I presbiteri che vi sentite chiamati dal Signore a offrire i vostri corpi in questa

nuova opera di evangelizzazione, mettetevi in piedi.

- Alzate dei presbiteri


- Chiamata dei seminaristi

Quelli che sentite una chiamata al seminario, quelli che vi sentite chiamati a

diventare presbiteri, mettetevi in piedi.

- Alzate dei ragazzi per il seminario


- Chiamata dei ragazzi

Ora qualche ragazzo che abbia deciso lo stato, che non si senta chiamato al

presbiterato, ma al “carisma primitivo”, che accettano essere il ragazzo dell’équipe,

l’ultimo, che abbia accettato di non sposarsi. E’ importante aver deciso lo stato perché

devono combattere su questo, devono sapere che se guardano una ragazza peccano e

normalmente se un ragazzo guarda una ragazza non pecca, se la guarda bene. Ma se

tu hai fatto un contratto con Dio che tu non guarderai ragazza, Dio ti chiama a essere

un segno dell’escatologia. Si c’è qualche ragazzo, che si metta in piedi.

- Alzate dei ragazzi per l’itineranza

- Chiamata delle ragazze

Adesso, le ragazze che si sentano chiamate ad aiutare la evangelizzazione nei

modi e le forme che Dio ci mostri: nella missione o in un monastero. Per andare in

missione se deve avere una chiara decisione d’stato, lo stesso che per andare in

convento. La verginità é sempre esistita nella Chiesa come un segno magnifico. Le

ragazze che vi sentite disposte a offrire la vostra vita al Signore per aiutare

l’evangelizzazione nel modo che Dio disponga, mettetevi in piedi.

- Alzate delle ragazze per la missione o per il monastero


- Chiamata delle famiglie

Bene, per ultime vediamo le famiglie. Vale la stessa cosa che ho detto alle

ragazze: le famiglie si offrono per l’evangelizzazione, per andare in missione, come

Dio voglia. Coraggio: chi sente che Dio sta chiamando la sua famiglia, con i suoi

figli, che Dio si farà garante per i figli - perché è profetizzato che saranno i figli a

portare avanti quello che oggi è seminato in te, la prossima generazione darà frutto

veramente - chi sente di offrire la sua famiglia al Signore perché la usi per

l’evangelizzazione e la salvezza di questa generazione, si metta in piedi.

- Alzate delle famiglie per la missione


- Alzate delle coppie e sorelle in aiuto dei SRM

- Benedizione


- Canto finale: “Voglio andare a Gerusalemme”


Pranzo


- Conclusione della convivenza

martedì 29 ottobre 2024

Il fascino oscuro di Halloween



Nella sua opera “Il fascino oscuro di Halloween. Domande e risposte”, Francesco Bamonte, vicepresidente dell’Aie – Associazione internazionale degli esorcisti -, illustra l’evoluzione e il deterioramento di questa celebrazione che ha origini pagane ed è diventata una festa non solo commerciale, ma anche una ricorrenza che i satanisti hanno caricato di simbolismo e solennità molto perniciosi. Per questo non ne vanno sottovalutati i rischi né ostentata la banalizzazione, magari in nome di uno sdoganamento che ci metta al riparo da accuse di integralismo o isteria religiosa. I pericoli spirituali, ahinoi, esistono e agiscono anche senza la piena adesione delle vittime agli scopi malefici della celebrazione.

«”Halloween è pieno di simbolismi legati al mondo dell’orrore, della morte, dell’occulto e del demoniaco”, spiega Bamonte nella presentazione della sua opera “Il fascino oscuro di Halloween”», leggiamo sulle pagine di Infocatolica. L’opera di recente pubblicazione, risale al mese scorso, è strutturata come un’intervista, o come il catechismo che procede per domande precise e risposte altrettanto puntuali, e si basa su un’ampia raccolta di dati, proprio per offrire risorse concrete e non semplici quanto fumose suggestioni. Lo scopo degli autori, Alberto Castaldini, portavoce dell’Aie e l’esorcista Francesco Bamonte, è quello di offrire uno strumento solido e chiaro per sacerdoti, famiglie e tutti gli educatori che abbiano a cuore la salute integrale dei giovani.

Spesso in ambito cattolico si fa riferimento alla avvenuta cristianizzazione della festa, che ha origini celtiche e che la Chiesa antica ha fatto seguire dalla celebrazione di Ognissanti, ma forse si liquida troppo rapidamente la riconquista che, per via commerciale e per importazione dagli Usa, il fronte occultista e satanista ha realizzato e continua a perseguire.«Padre Bamonte ricorda il processo di cristianizzazione nelle isole britanniche, luogo d’origine di questa festa dalle radici pagane. Con l’avvento del Cristianesimo, la solennità di Tutti i Santi venne istituita come celebrazione principale, mantenendo solo alcuni elementi delle antiche usanze, ora dotati di un accento salvifico e rinnovatore. Negli Stati Uniti, però, la reinterpretazione di questa tradizione ha trasformato Halloween in una festa consumistica, svuotandola progressivamente del suo contenuto religioso. Così, “Halloween si è ritrovato radicato nella magia, nell’orrore e nella morte”, in contrapposizione al cristianesimo, che si affida a un Dio che, attraverso Cristo, dona serenità, speranza, pace e gioia, anche nei momenti difficili della vita».

È proprio grazie allo svuotamento del suo significato religioso in relazione alla salvezza di Cristo che le infiltrazioni pagane e sataniste hanno potuto realizzarsi, quasi imperterrite. Quello che l’opera intende fare, quindi, è ridare consapevolezza ai credenti non soltanto dei pericoli che si corrono, ma anche e soprattutto della potestà salvifica di Dio che, attraverso i misteri della redenzione, ha sconfitto il maligno e continua a combattere la battaglia di retroguardia di una guerra che il principe di questo mondo sa di aver perso. Lo abbiamo sempre visto anche nelle guerre “umane”: la fine ufficiale delle ostilità e il primo dopo guerra sono spesso momenti nei quali esplode la violenza casa per casa, si dà sfogo alla crudeltà e molti innocenti ne pagano il prezzo. Spiega Bamonte come «“la celebrazione di Halloween oggi sembra essere strettamente legata a realtà oscure e oscure come la stregoneria e il satanismo”. Cita, ad esempio, il movimento neopagano Wicca, che celebra Samhain – considerato l’inizio del nuovo anno della stregoneria – nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre. Inoltre, Halloween rappresenta per i satanisti la loro celebrazione principale e l’inizio del loro anno satanico, il che rende questa data un fenomeno inquietante». 

E questo costituisce un pericolo oggettivo e per così dire svincolato dalle intenzioni di chi vi si trova coinvolto a scopo ludico perché «di fatto (la persona, ndr) si mette in comunione con questa corrente spirituale maligna, con questo flusso oscuro e dannoso attraverso il quale senza rendersene conto, vengono avvolti come da un alone di oscurità, divenendo di conseguenza più vulnerabili all’azione ordinaria e straordinaria del demonio, con tutte le conseguenze dannose che ciò comporta per la loro vita. “Noi esorcisti conosciamo bene queste situazioni di sofferenza”, avverte il sacerdote». Come cristiani, e soprattutto come adulti responsabili dell’educazione di bambini e giovani, siamo tenuti a considerare il fenomeno nella sua realtà – ne parliamo diffusamente nel numero di ottobre di ottobre nella nostra rivista  (qui per abbonarsi)-  e a mettere in atto le misure necessarie per proteggere chi ci è affidato. Il pericolo principale risiede proprio nel potere attrattivo che il male esercita sulla creatura umana, come suggerisce il titolo del libro e come spiega lo stesso esorcista nella sua intervista per Interris:

«Qual è il fascino oscuro di Halloween? “Il Male esercita un’attrattiva, soprattutto quando si maschera di potere o si camuffa con il divertimento, la trasgressione e l’occultismo. In Halloween questi elementi sono fusi assieme: la festa, lo scherzo, la spensieratezza vengono usati per introdurre a una mentalità magico-esoterica. Il passo verso l’occultismo e i suoi ‘poteri’ è breve. Quello che oggi sperimentano i più piccoli (lo scherzetto, il gioco, la mascherata), una volta raggiunta l’età giovanile o adulta li introdurrà a una dimensione ben diversa”». Si tratta di un fascino perverso, poiché storna le nostre emozioni e la nostra volontà da ciò che naturalmente ci chiama senza sforzo, ovvero il bello, il buono e il vero. Ciò che nella visione che la fede ci apre è solo il promemoria della nostra provvisoria corruttibilità, e diventa magari un benefico memento mori, nell’immaginario che l’occultismo promuove diventa abitudine all’orrido, alla deformità, all’angoscia, alla disperazione.

Riguardo all’affollarsi in tutti gli angoli dello spazio sociale di maschere, scheletri, falci insanguinate, zombie, padre Bamonte osserva: «È una pericolosa e ricercata normalizzazione. Halloween esalta la bruttezza e celebra il macabro, inoculando nella mente dei più piccoli e dei giovani l’orrido. In questo modo li indirizza in qualche modo al male. Perché se li si orienta al brutto e all’oscuro, si indica una direzione opposta a ciò che è buono e vero, e quindi a Dio che è la fonte del vero, del buono e del bello. In Paradiso, dove regna la beatitudine, tutto è bello e luminoso. All’Inferno, dove regnano l’odio e la disperazione, tutto è brutto e tenebroso». La guerra contro il peccato e la morte è vinta, non c’è possibilità di altri esiti: non facciamoci allora trovare in mezzo a queste violenze da guerra civile e contribuiamo, semmai, a diffondere il modo di vivere di chi riconosce e partecipa del regno di Dio presente qui e ora.

lunedì 28 ottobre 2024

CUANDO DORMÍA: CATEQUESIS SOBRE EL CANTO

 


CUANDO DORMÍA: CATEQUESIS SOBRE EL CANTO

 

CANTAR DE LOS CANTARES -RESONANCIAS BIBLICAS

AUSENCIA Y BÚSQUEDA DEL AMADO: 5,2-8

Emiliano Jiménez Hernández

 

a) Mientras dormía, Mi corazón velaba

Tras la plenitud de gozo en el encuentro del huerto, vuelve la noche y la separación. Mientras peregrinamos por este mundo, el amor se vive en tensión entre la presencia y la ausencia, el encuentro la búsqueda, gozando de las primicias del Espíritu y esperando la visión eterna cara a cara, sin que la noche siga al día (Ap 21,25; 22,5). Ahora, con la embriaguez llega el sueño: Yo dormía, dice la esposa después del banquete con el Esposo y los amigos. No es un sueño común, se trata de un sueño particular. En el sueño normal, quien duerme no está despierto y quien está despierto no duerme. Lo uno pone fin a lo otro; el sueño y la vigilia se excluyen mutuamente. Aquí, en cambio, ocurre algo insólito: Yo dormía, pero mi corazón velaba: "Con toda mi alma te anhelo en la noche, y con todo mi espíritu te busco por la mañana" (Is 26,9). Es el sueño de Jacob en Jarán con la cabeza recostada sobre una piedra, donde su corazón despierto contempla la escala que une cielo y tierra (Gén 28,10ss). Es el sueño de Elías bajo la retama del desierto, cuando se le aparece el ángel del Señor y le dice: "Levántate y come que el camino hasta el Horeb es largo" (1Re 19,lss).

Comenta Gregorio de Nisa: La esposa, embriagada por el vino del esposo, cae en el sueño. Los sentidos, con que ha buscado las cosas terrenas, se han cerrado, pero su corazón sigue en vela, a la espera del Amado, según su consejo: "Estén ceñidos vuestros lomos y las lámparas encendidas, y sed como hombres que esperan a que su Señor vuelva de la boda, para que, en cuanto llegue y llame, al instante le abran. Dichosos los siervos, que el señor al venir encuentre despiertos, os aseguro que se ceñirá, los hará sentarse a la mesa y, yendo de uno a otro, les servirá" (Lc

 12,35-37). La esposa se asemeja a los ángeles, que aguardan que vuelva el Señor de la boda con los hombres. Están sentados, vigilantes, a las puertas del cielo, para abrirle apenas llegue para ser coronado como rey de la gloria (Sal 23,7-10). El Señor vuelve como rey glorioso al reino de los cielos, donde es acogido con aclamaciones. Vuelve como esposo que sale de su tálamo (Sal 18,6) después de haber celebrado las bodas con la virgen (2Cor 11,12) que, mediante la regeneración del agua bautismal, ha dejado de ser una meretriz en pos de la idolatría (Ez 16,15ss). A nosotros, muertos para el mundo, se nos invita a vivir despiertos en los atrios de nuestro santuario interior, esperando la vuelta del Señor de la gloria.

Ahora bien, cada texto de la Escritura contiene innumerables significados: "No es ésta una palabra vacía para nosotros" (Dt 32,47). "Como un martillo golpea la roca" (Jr 23,29) y la rompe en muchos fragmentos, así también de cada palabra de la Escritura se desprenden muchos significados: "Una cosa ha dicho Dios, dos he escuchado: porque de Dios es la potencia" (Sal 62,12).

Yo dormía se puede entender de otra manera. Después de los hechos salvadores del Exodo, Israel pecó; se durmió y el Señor lo entregó en manos de Nabuconosor, rey de Babilonia, que lo llevó al exilio. En el exilio los hijos de Israel eran como un hombre adormilado que no sabe despertarse de su sueño. La voz del Espíritu les amonestaba mediante los profetas para despertarlos del sueño de su corazón: "¡Despierta, despierta, Jerusalén!" (Is 51,17). "Despierta, despierta, levántate, Jerusalén prisionera" (Is 52,1s). Es el sueño del perezoso: "Un poco dormir, otro poco dormitar, otro poco tumbarse con los brazos cruzados; y llegará como vagabundo tu miseria y como un mendigo tu pobreza" (Pr 6,10s). Es el sueño de Jonás bajo la retama, que le lleva a desear la muerte (4,8s). Es el sueño de la tibieza, que amenaza al justo, que se cree rico y se duerme, perdiendo el celo de sus comienzos, exponiéndose a ser vomitado por el Señor (Ap 3,14ss). Es el sueño de Israel en su espera del Mesías, es el sueño de las vírgenes necias, que se quedan fuera del banquete de bodas por no tener aceite en las alcuzas (Mt 25,1ss). "Velad y orad, dice el Señor a sus discípulos, para no caer en tentación, porque el espíritu está pronto, pero la carne es débil" (Mt 26,41).


b) la voz del Amado


Tras el encuentro luminoso vuelve la noche. La amada duerme, pero el amor no duerme, se mantiene en vela. De repente se oye una voz conocida, que hace saltar el corazón: es el Amado que golpea a la puerta: "Mira que estoy a la puerta llamo; si uno me oye y abre, entraré en su casa y cenaremos juntos" (Ap 3,20). ¡Dichosos los siervos a quienes su Señor encuentre así! (Lc 12,43). Ellos oirán la voz del Amado apenas llegue llame: La voz de mi Amado que llama.

Cada día empieza todo de nuevo. La esposa, que ha alejado de sí el cierzo y ha atraído el soplo del Espíritu; que ha visto florecer las granadas en su jardín y ha preparado al Señor de la creación la mesa del banquete donde no había ningún manjar impuro (He 10,15), pues Dios todo lo había purificado: la mirra, el pan untado con miel, el vino mezclado con la leche; la que ha oído al Esposo decirle: "Eres toda bella, y no hay mancha alguna en ti"; ahora, ésta misma se encuentra como si le esperase por primera vez. Escucha su voz con la emoción de la primera vez. Toda estremecida exclama: ¡La voz de mi Amado que llama! Cada vez es nueva la voz del Amado: "Si alguien cree conocer algo, aún no lo conoce como se debe" (1Cor 8,2).

Moisés comenzó a gozar de la visión de Dios en la luz (Ex 19,3) y después Dios le habló desde la densa nube (Ex 19,9; 20,21). En el conocimiento de Dios pasamos de la luz a la nube, del conocimiento aparente al conocimiento oscuro de su misterio insondable; cuanto más se acerca el hombre a Dios más se adentra en la nube de su misterio, descubriendo la falsedad de todas las imágenes de Dios, que antes se ha formado, hasta llegar a la fe desnuda, que confiesa que Dios es Dios. De las cosas visibles pasamos a las invisibles. La amada, de etapa en etapa, pasa de ser negra, por la ignorancia de la idolatría, a la purificación interior de la fe. Dicho de otro modo, su carrera hacia Dios la hace ser, primero, como yegua y, luego, volar como paloma hasta posarse a la sombra del manzano, entrando en la nube donde se une con el Esposo.

Aunque el Esposo se haya dejado ver en tantas ocasiones, sin embargo, sigue dándose a conocer a través de su voz. Siempre que uno se acerca a la fuente de la Escritura, que es el manantial que al principio brotó de la tierra y regó todo el suelo (Gén 2,6), experimenta la maravilla de su novedad inagotable. Aunque pase siglos sentado junto ella, bebiendo de ella y contemplándola manar, nunca descubrirá todos sus veneros


 escondidos. Su agua salta hasta la vida eterna. Siendo fuente de agua viva, siempre está manando agua nueva. Cada día sacia y cada día suscita la sed, para beber de nuevo de ella. La esposa se admira y estremece cada vez que oye la voz del Amado.

Cada día el Esposo deja oír su voz: ¡Ábreme! Y da a la amada las llaves para abrirle la puerta. Las llaves son los nombres que le da: hermana mía, amiga mía, paloma mía, mi perfecta. Si uno quiere abrir las puertas del alma para que entre el rey de la gloria (Sal 23,7-9), ha de hacerse hermano suyo, acogiendo su palabra y haciendo la voluntad del Padre (Mc 2,35); amigo suyo, para que le revele todos los misterios del Padre (Jn 15,15); paloma suya perfecta, que no en la carne, sino en el Espíritu (Rom 8,4ss). Con estas llaves se abre al Esposo, cuya cabeza destila el rocío y el relente de la noche, con que arroja del seno de la tierra las sombras de la muerte (Is 26,19). Tomó entonces la palabra el Señor dijo: "¡Arrepentíos convertíos!" (Jr 3,12s). Abre tu boca, grita (Lam 2,18s), hermana mía, amada mía, Asamblea de Israel, que eres como una paloma por la perfección de tus obras. Mira que mis cabellos están llenos de tus lágrimas, empapados de rocío; y mis rizos están llenos del relente de tus ojos, pues "llora que llora por la noche Jerusalén y las lágrimas surcan sus mejillas" (Lam 1,2).

Los rizos de su cabellera están perlados del relente de la noche, impregnados de rocío como el vellón de Gedeón (Ju 6,37-40). Llegando de noche, en el tiempo de la prueba, el esposo se deja sentir como indicio de las bendiciones de Dios para la amada: "Seré como rocío para Israel, que florecerá como el lirio y hundirá sus raíces como el Líbano. Sus ramas se desplegarán y su esplendor será como el del olivo" (Os 14,6s). En un ambiente seco como el de Palestina, el rocío es signo de bendición (Gén 27,28), es un don divino precioso (Job 38,28; Dt 33,13), símbolo del amor de Dios (Os 14,6) y señal del amor entre los hombres (Sal 133,3); es también principio de resurrección: "Revivirán tus muertos, tus cadáveres revivirán, despertarán y darán gritos de júbilo los moradores del polvo; porque rocío luminoso es tu rocío, y la tierra echará de su seno las sombras" (Is 26,19). El vellón es el seno de María en el que cae el rocío divino del Espíritu Santo que engendra a Cristo. La liturgia sirio-maronita canta:


Oh Cristo, Verbo del Padre, tú has descendido como lluvia sobre el campo de la Virgen y como grano de trigo perfecto, has aparecido allí donde ningún sembrador había jamás sembrado y te has convertido en alimento del mundo... Nosotros te glorificamos, Virgen Madre de Dios, vellón que absorbió el rocío celestial, campo de trigo bendecido para saciar el hambre del mundo.

Gotas de rocío, que caen de los rizos de la Cabeza, Cristo, sobre su cuerpo, la Iglesia, son las palabras de sus apóstoles. Son simples gotas de rocío de la fuente inagotable de la Palabra. Pablo no se cansa de repetir: "Parcial es nuestra ciencia, parcial nuestra profecía. Cuando venga lo perfecto desaparecerá lo parcial" (1 Cor 13, 9-10; Flp 3,13). La fuente es inagotable; siempre queda en ella agua para apagar la sed: "Jesús, puesto en pie, grita: Si alguno tiene sed, venga a mí y beba el que cree en mí" (Jn 7,37).

Cristo resucitado encuentra a los discípulos con las puertas cerradas por el miedo. El llama, les anuncia la paz y les muestra las manos y el costado (Jn 20, l9ss). Ocho días después vuelve y dice a Tomás: Ábreme tu corazón con la llave de la fe, "ven, acerca aquí tu dedo, mete tu mano en mi costado y no seas incrédulo, sino creyente". Y con Tomás nos dice a nosotros: "Dichosos los que no han visto y han creído". Tocar a Cristo o ser tocado por Cristo es lo que estremece las entrañas hasta la confesión de fe: "¡Señor mío y Dios mío!" (1Jn 20,24ss).

En el oficio de santa Catalina de Siena se dice: Ábreme, hermana mía, que has llegado a ser coheredera de mi reino; amada mía, que has llegado a conocer los profundos misterios de mi verdad; tú que has sido enriquecida con la donación de mi Espíritu; tú que has sido purificada de toda mancha con mi sangre. Sal del reposo de la contemplación y consagra tu vida a dar testimonio de mi verdad.


c) La mano en la cerradura

Me he quitado la túnica, ¿cómo voy a ponérmela de nuevo? Me he lavado los pies, ¿cómo volver a mancharlos? La Asamblea de Israel respondió a los profetas: Ya he sacudido de mí el yugo de sus mandamientos (Lam 1,8) y he dado culto al abominio de las naciones, ¿cómo podría atreverme a volver a Él? Le responden los profetas: El Señor, en su amor, te encontró desnuda y te

 cubrió con la túnica blanca de la santidad (Ez 16; Ex 28,39-40; 29,8; 39,7; 40 14); estabas bella como una palmera, como la virgen Tamar vestida con la túnica de hija de rey (2Sam 13,18). ¿Cómo te has quitado la túnica nupcial, volviendo a quedar desnuda (Gén 3,7)? ¿Es que ya no esperas al esposo, que siempre llega a la hora que menos se piensa? Escucha: En medio de la noche se oyó una voz: "¡Ya está aquí el novio! ¡Salid a su encuentro!" (Mt 25,6.21). ¡Pobre esposa que se ha quitado la túnica, con que la revistió el Amado! ¿Cómo podrá ponérsela de nuevo? Imposible para ella, pues se trata de la túnica de gloria del Señor (Sal 104,1). Sólo de él puede recibir "los vestidos blancos para cubrirse y que no quede al descubierto la vergüenza de su desnudez. Sé, pues ferviente arrepiéntete. Mira que estoy a la puerta llamo; si alguno oye mi voz y me abre la puerta, entraré en su casa y cenaré con él y él conmigo" (Ap 3,18ss).

Como hija de Abraham, en vez de pensar en sus pies, debería pensar en los pies del viajero que visita su tienda: "Permitid que os traiga un poco de agua, os lavaréis los pies y reposaréis a la sombra de este árbol" (Gén 18,4). Como se siente pura, porque se ha lavado los pies, ignora que necesita que el Amado la lave toda entera para ser realmente pura de todas sus inmundicias: "Cuando haya lavado el Señor la inmundicia de las hijas de Sión y haya limpiado las manchas de sangre del interior de Jerusalén, entonces extenderá Yahveh sobre el monte de Sión el resplandor de su gloria" (Is 4,4ss). Por ello el Señor le responde por medio de los profetas: Yo también he quitado mi Shekinah de en medio de ti (Ez 10,18s), ¿cómo podría volver? Puesto que tú has hecho obras malas y yo he santificado mis pies de tu impureza, ¿cómo podría volver a mancharlos en medio de ti con tus obras malas? ¿Has olvidado mi palabra "Éste es el lugar de la planta de mis pies, aquí habitaré en medio de los hijos de Israel para siempre y no contaminarán más mí santo Nombre con sus prostituciones" (Ez 43,7)?

La frialdad de la esposa frente a su fiel esposo refleja la frialdad de Israel en tantos momentos de su historia. Pero Dios, en su fidelidad, insiste, mete la mano en el agujero de la cerradura de la puerta, hasta estremecer las entrañas de la amada. "Vino a su casa y los suyos no le recibieron. Pero a todos los que la recibieron les dio poder de hacerse hijos de Dios" (Jn 1,11s). El Señor, cuyas entrañas maternas se estremecen ante la amada (Jr 4,19; 31,20; Is 16,11; 49,15), insiste sin cansancio: ¡Hijos míos!

Abridme un resquicio de penitencia como el ojo de una aguja y Yo abriré puertas tan grandes que podrán pasar por ellas carros camellos. "Cesad en vuestras malas acciones sabed que Yo soy Dios" (Sal 46,11). Es suficiente abrir un pequeño resquicio para que el Amado meta sus manos, estremezca nuestras entrañas y nos haga saltar del lecho. Un resquicio de conversión, un zureo de arrepentimiento le basta al Amado: "andarán por los montes, como palomas de los valles, gimiendo cada uno por sus culpas" (Ez 7,16), "zureando sin cesar como palomas, porque fueron muchas nuestras rebeldías frente a ti" (Is 59,11s). "A la tarde, a la mañana, al mediodía me quejo y gimo: él oye mi clamor" (Sal 55,18). El Señor está cerca de quien, con corazón contrito y humillado (Sal 51,19), "desahoga ante él su alma en pena"(1Sam 1,15s). "Mira, Señor, que estoy en angustia, me hierven las entrañas, el corazón se me retuerce dentro, pues he sido muy rebelde" (Lam 1,20s).

La confesión del propio pecado cambia radicalmente todo: La esposa ha escuchado la voz del Amado y le ha obedecido: se ha hecho hermana suya, amiga, paloma, perfecta. Se ha quitado la túnica de pieles, con que se había revestido después del pecado (Gén 3,21) y ha lavado el polvo de sus pies (Jn 13,10). En Cristo se ha quitado el velo de su corazón: "Sólo en Cristo desaparece el velo, puesto sobre los corazones. Cuando uno se convierte al Señor se arranca el velo" (2Cor 3,14-16). La redención de Cristo libra totalmente del pecado y hace innecesario el velo, que sólo cubría el pecado, sin eliminarlo. El hombre viejo es el que necesita del velo; quien se ha despojado de él se ha revestido del hombre nuevo (Col 3,9) no se corrompe siguiendo la seducción de las concupiscencias, pues está revestido del Hombre Nuevo, creado según Dios en justicia y santidad (Ef 4,22ss), es decir, está revestido de Jesucristo (Rom 13,14), que dejó en la tumba el sudario y las vendas, con que antes se había revestido (Jn 20,6-7).

La esposa, que se ha despojado de la túnica, no desea ponérsela de nuevo; le basta estar revestida de Jesucristo; le basta una sola túnica (Mt 10,10). Quienes han recibido la túnica blanca del bautismo, no pueden volver a revestirse de la túnica del pecado. Dos túnicas, la de Cristo y la del pecado, son inconciliables (2Cor 6,4). Y menos aún echar un remiendo nuevo en la túnica vieja, pues se haría un desgarrón y la situación sería peor que antes (Mc 2,21). Quien se ha revestido de la túnica luminosa, que mostró el Señor en su transfiguración (Mt 17,2), ¿como puede

aceptar vestir el andrajoso vestido del borracho el fornicador (Pr 23,21)?

Quien se ha lavado los pies para pisar la tierra santa (Ex 3,5), ¿cómo va a mancharlos otra vez? Moisés, que preparó las vestiduras sacerdotales según el modelo celeste que se le mostró en el Monte (Ex 28,4ss), no preparó sandalias para los pies. El sacerdote, que camina sobre tierra santa, no puede llevar en sus pies calzado de animales muertos. Por ello el Señor prohíbe a sus discípulos llevar sandalias (Mt 10,10) o caminar sobre el camino de los paganos (Mt 10,5). El Señor es el camino, por donde marchan quienes se han despojado de la vestidura del hombre muerto. La esposa ha comenzado a caminar por esa vía; el Señor le ha lavado los pies y se los ha secado (Jn 13,5), ¿cómo volver a ensuciarlos? Quien, por el bautismo, ha sido lavado, apoya sus pies sobre la roca y no sobre el fango: "Me sacó de la fosa fatal, del fango cenagoso; asentó mis pies sobre la roca, consolidó mis pasos" (Sal 39,3). La roca es el Señor (1Cor 10,4), que es luz (Jn 1,4; 8,12) y verdad (Jn 14,6), incorruptibilidad (1 Cor 15,53-57) y justicia (1 Cor 1,30), virtudes con que está empedrada la vía de la santidad. Quien camina por esta vía, sin desviarse ni a derecha ni a izquierda, encuentra al Señor: Mi Amado metió la mano por la cerradura y se me estremecieron las entrañas. La voz del Amado le hace presente. Un pequeño resquicio es suficiente para que él meta su mano y toque en lo más íntimo al alma. La mano o potencia de Dios hace exultar, estremece el ser del hombre, como saltó de gozo Juan en el seno de su madre ante la presencia del Señor en el seno de María (Lc 1,44). Es la exultación de los ciegos, cojos, leprosos y muertos a los que el Señor curó tocándoles con la potencia de su mano.


d) Le busqué y no le hallé

Me levanté para abrir a mi Amado y mis manos destilaron mirra, mirra fluida mis dedos, en el pestillo de la cerradura. Cuando sentí fuerte contra mí el golpe de la potencia del Señor, me arrepentí de mis obras, ofrecí sacrificios e hice subir el incienso de los aromas ante el Señor. Pero no fue acogida mi ofrenda, porque el Señor había cerrado frente a mí las puertas de la conversión: "Aunque grito y gimo, Él sofoca mi oración. Ha interceptado mis caminos con bloques de piedra, ha obstruido mis senderos" (Lam 3,8s). El Señor corrige a quien ama: "Que te enseñe tu propio daño, que tus apostasías te escarmienten;

 reconoce y ve lo malo y amargo que te resulta dejar a Yahveh tu Dios" (Jr 2,19). La gloria de Dios se ha alejado y ahora te toca caminar hacia el exilio "amargado, con quemazón de espíritu, mientras la mano de Dios pesa fuertemente sobre ti" (Ez 3,15s). Pero no desesperes, pues la mirra que destilan tus manos exhala el perfume del arrepentimiento. La mirra del sacrificio fluye sobre tus manos y las purifica. Ellas serán transformadas en fuentes de oro para la ofrenda del incienso en honor del Señor (Nm 7,84ss).

Si las puertas de la oración están cerradas, no lo están las de las lágrimas: "Escucha mi oración, oh Dios, inclina tu oído a mi lamento; no seas sordo a mis lágrimas" (Sal 39,13). La oración es como una cisterna, la penitencia como el mar; la cisterna está a veces abierta, a veces cerrada; pero el mar está siempre abierto, o sea, las puertas de la penitencia están siempre abiertas. Me levanté para abrir a mi Amado con el arrepentimiento; y mis manos gotearon mirra por la amargura de mi pecado. "Y Yahveh se arrepintió del mal" (Ex 32,14). La oración y las lágrimas conmueven al Señor: "Todo el que invoque el nombre del Señor será salvo" (JI 3,5). Di con el corazón: "me levanté para abrir a mi Amado". Me levanté de mi pecado para abrir a mi Amado con el arrepentimiento; mis manos gotearon mirra por la amargura y mis dedos destilaron mirra, pues el Señor pasó por alto tu rebelión "y se arrepintió del mal" (Ex 32,14); en verdad Israel puede decir: "Yo soy de mi Amado y Él me busca con deseo" (Cant 7,11). Nosotros somos débiles, pero oteamos y esperamos todos los días la salvación de parte del Señor. Y cada día declaramos dos veces que su Nombre es único, cuando decimos: "Escucha, Israel, Yahveh es nuestro Dios, Yahveh es único" (Dt 6,4).

La amada se levanta. Y mientras sus dedos levantan la manija de la cerradura, siente el perfume que ha dejado en ella la mano del Amado. Los dedos de la amada quedan impregnados del aroma del Amado. La mirra, con su olor fuerte y penetrante, es el perfume preferido del Amado, que visita a la amada en la noche, no para entrar donde ella, sino para sacarla del sueño. Por ello le deja un signo tangible de su venida: la mirra fluida de sus manos. Cuando el Amado metió la mano por la cerradura, a la esposa se le estremecieron las entrañas. El toque de amor del Amado la levantó y sus manos destilaron mirra. Ésta es la experiencia de todo el que se une al Señor. No es posible que él se una a nosotros, si antes no damos muerte a los miembros

terrenos (Col 3,5) y nos despojamos del velo de la carne (2Cor 3,16). De este modo las manos destilan mirra, se hacen fuente de mirra, llenando todos los dedos. Me levanté, porque había sido sepultada con él en la bautismo para la muerte. La resurrección no puede darse en quien no muere, es decir, en quien no da muerte a su hombre de pecado con todas sus pasiones.

Con la muerte del hombre viejo se da muerte a todas las pasiones; los dedos destilan mirra, es decir, la mortificación de las pasiones. La palabra dedos especifica las diversas formas, distintas unas de otras, de las pasiones. Es como si dijera: con la fuerza de la resurrección he dado muerte a los miembros terrenos (Col 3,5); pues ni es suficiente dar muerte a la intemperancia, si se alimenta el orgullo, la envidia, la ira, la ambición o cualquier otra pasión; si una vive en el interior, no es posible que los dedos destilen mirra. Si el grano de trigo no muere, no brota la espiga (1Jn 12,24). La muerte precede a la vida; sólo por la muerte se llega a la vida. Por ello, el Señor dice: "Yo doy la muerte y la vida" (Dt 32,39). Así Pablo, muriendo, vivía (2Cor 6,9-10); cuando estaba débil, entonces era fuerte (2Cor 12,10); encadenado, seguía su carrera (He 20,22-24): "pues llevamos este tesoro en vasos de barro para que aparezca que una fuerza tan extraordinaria es de Dios y no de nosotros. Llevamos siempre en nuestro cuerpo el morir de Jesús, a fin de que la vida de Jesús se manifieste en nuestro cuerpo. De modo que la muerte actúa en nosotros, mas en vosotros la vida" (2Cor 4,7ss).

Por la muerte, pues, llegamos a la vida. Su muerte nos levanta de la muerte, pues con su muerte es vencida la muerte. El hombre, creado a imagen de Dios, recibió de él el hálito de la vida (Gén 2,7), le dio además el Paraíso, que con su fertilidad alimentaba esa vida (Gén 2,9), y el mandamiento de Dios como ley de vida, pues prohibía al hombre morir (Gén 2,16-17). Pero junto al árbol de la vida estaba el árbol, cuyo fruto era la muerte, fruto que Pablo llamó pecado, al decir que "el fruto del pecado es la muerte" (Rom 6,23). El árbol era bello, pues todo pecado tiene siempre su placer, sea el de la ira, el de concupiscencia o cualquier otro; era bello, pero dañino, como "la miel que destilan los labios de la extraña, que es dulce al paladar, pero al fin es amargo como ajenjo, mordaz como espada de dos filos" (Pr 5,3-4). De este modo fue engañado el hombre, comiendo del fruto prohibido, y el pecado le llevó a la muerte. El hombre gustó la

 muerte; perdió la vida. Acogió en sí una vida que es muerte; nuestra auténtica vida quedó, por tanto, muerta. Por ello, cuando el hombre se une a Cristo, da muerte a esa muerte que lleva en sí y recobra la vida perdida. Sólo muriendo a la vida del pecado recobra la vida (Rom 6,11). Por ello la esposa, al levantarse con la llegada del Esposo, muestra que sus manos destilan mirra, porque ha muerto al pecado y vive para quien es su vida (1Jn 14,6). El discípulo de Cristo vive esta muerte cada día (1Cor 15,31), experimentando así "el poder de la resurrección del Señor y la comunión en sus padecimientos hasta hacerse semejante a él en su muerte, tratando de llegar a la resurrección de entre los muertos" (Flp 3,10-11).


e) Herida de amor

Abrí a mi Amado, pero Él ya no estaba. El alma se me salió en su huida. Le busqué y no le hallé, le llamé, y no me respondió. Abrí a mi Amado, lo busqué, pero él había quitado su Shekinah de en medio de mí. Mi alma, en su ausencia, anheló oír la voz de sus palabras. Busqué su gloria y no la encontré; oré delante de Él, pero oscureció el cielo con nubes y no escuchó mi oración: "Te has envuelto en una nube, para que no pase la oración" (Lam 3,44). Al abrir la puerta, me encontré con el vacío. El Amado se había disuelto como una sombra (Sal 144,4). Pero el amor se enciende y la amada sale en busca del Amado por las calles y plazas de la ciudad desierta. A sus llamadas sólo responde el silencio. Como mujer perdida, vagabunda, recorre la ciudad. De pronto, en una esquina, me encontraron los guardias que hacen la ronda en la ciudad. Me golpearon, me hirieron, me despojaron del manto los guardias de la muralla. Pero nada puede alejar a la amada del amor de su vida: ni la tribulación, ni la angustia, ni la persecución, ni el hambre, la desnudez, los peligros, la espada, ni la muerte, ni la vida, ni otra criatura alguna podrá separarla del amor de Dios, manifestado en Cristo Jesús, Señor nuestro (Rom 8,35ss). Ella sigue buscando al Amado, llamando en su auxilio a las hijas de Jerusalén. La voz del Amado ha suscitado la sed irresistible de su palabra: "He aquí que vienen días en que yo mandaré hambre a la tierra, no hambre de pan ni sed de agua, sino de oír la palabra de Dios. Entonces vagarán de mar a mar, de norte a levante andarán errantes en busca de la palabra de Dios, pero no la encontrarán" (Am 8,11-12).

 Me agarraron los caldeos, que guardaban las calles y cerraban el cerco alrededor de la ciudad de Jerusalén. Mataron a algunos de los míos a espada; a otros los condujeron a la esclavitud. Y quitaron la diadema del reino del cuello de Sedecías, rey de Judá, lo llevaron a Ribla, cegaron sus ojos, los hombres de Babilonia, que asediaban la ciudad y guardaban los caminos (2Re 25,1-7). "De la planta del pie a la cabeza no hay en ella cosa sana: golpes, magulladuras y heridas frescas, ni cerradas, ni vendadas, ni ablandadas con aceite. Ha quedado la hija de Sión como cobertizo en viña, como choza en pepinar, como ciudad sitiada" (Is 1,6ss). "Por cuanto son altivas las hijas de Sión y caminan con el cuello estirado guiñando los ojos, y andan a pasitos menudos, haciendo tintinear las ajorcas de los pies, el Señor rapará sus cabezas, desnudará sus vergüenzas y arrancará sus adornos: ajorcas, diademas, pendientes, pulseras, velos, trajes, mantos, chales, vestidos de gasa y de lino..." (Is 3,16ss).

El Amado llega llama; con su mano estremece levanta a la esposa, pero pasa adelante, sin detenerse jamás, invitando a la esposa a salir de sí misma, a seguirle, a buscarle en las calles y plazas, en la vida. La llave que abre el pestillo de la cerradura de la puerta estrecha (Mt 7,14) es la fe viva, que actúa en la caridad (Gál 5,6; ICor 13,2ss; Sant 2,14ss). Son las llaves que el Señor da a quien tiene la fe de Pedro (Mt 16,16-19). Con su huida el Esposo no abandona a la esposa, sino que la arrastra en pos de él. ¡Dichoso quien sale de s1 siguiendo al Esposo! El Señor guardará sus entradas y salidas (Sal 120,8). Cristo mismo se presenta como la puerta, de modo que "quien entra por mí, estará a salvo, entrará y saldrá" (Jn 10,9; 14,6).

La experiencia de la esposa es la misma de Moisés. Cuando quiso ver el rostro de Dios, Dios pasó ante él siguió adelante, sin detenerse (Ex 33,19-23). Deslumbrado por la visión de Dios, Moisés caminó de gloria en gloria, hasta el final de su vida. Ya desde el comienzo prefirió el oprobio de Cristo a los tesoros de Egipto (Heb 11,25-26) y estimó más sufrir con el pueblo de Dios que el placer momentáneo del pecado. Arriesgó su vida, dando muerte el egipcio, para defender al israelita (Ex 2,11-12). Luego su oído fue iluminado gracias a los rayos de la luz (Ex 3,1 ss); para ello descalzó sus pies de todo revestimiento egipcio; destruyó con el bastón las serpientes de Egipto (7,12); liberó de la esclavitud del Faraón al Pueblo de Dios, al que guió mediante la nube (13,21), dividió en dos partes el mar (14,21-31), sumergió en las aguas la tiranía, hizo dulces las aguas amargas (15,25),

 golpeó la roca (17,6), se sació del pan de los ángeles (Sal 77,25), oyó las trompetas de los cielos (19,19), subió al monte que estaba envuelto en llamas (19,20ss), penetrando dentro de la nube (24,18), en cuya oscuridad se hallaba Dios (20,21), recibió el testamento (31,18), su rostro quedó radiante, pues en él brillaba la luz inaccesible del Señor (34,29-35)... Su vida fue un caminar continuo de teofanía en teofanía. Y, sin embargo, su deseo del Señor no quedó nunca saciado. Aunque Dios hablaba con él "cara a cara" (Ex 33,11), "boca a boca" (Nú 12,8), aún suplica: "Si realmente he hallado gracia a tus ojos, hazme saber tu camino, para que yo te conozca y halle gracia a tus ojos" (Ex 33,13). Y el Señor pasó ante él, pero antes le metió en la hendidura de la roca, le tapó los ojos con la mano, y sólo logró ver las espaldas, después que Él hubo pasado (Ex 33,21-23). A Dios sólo se le ve de espaldas, sólo lo ve quien le sigue. Dios nunca se deja apresar. Está siempre de paso, en pascua. Es el comienzo del Cántico espiritual de san Juan de la Cruz: "¿Adónde te escondiste, Amado, y me dejaste con gemido? Como el ciervo huiste habiéndome herido; salí tras ti clamando, y eras ido"
Aunque diga que buscó al Amado y no lo halló, le llamó no la respondió, no es inútil su salida tras el Esposo. Las palabras: Me encontraron los guardias que hacen la ronda en la ciudad. Me golpearon, me hirieron, me despojaron del manto los guardias de la muralla, no son un lamento, sino las palabras con que la esposa se gloría, como Pablo, mostrando sus trofeos por seguir a Cristo: "Porque pienso que a nosotros, los apóstoles, Dios nos ha asignado el último puesto, como condenados a muerte. Nosotros, necios por seguir a Cristo, débiles, despreciados, hasta el presente pasamos hambre, sed y desnudez. Somos abofeteados, andamos errantes" (1Cor 4,9ss). "Nos recomendamos en todo como ministros de Dios: con mucha constancia en tribulaciones, necesidades, angustias, en azotes, cárceles, sediciones, en fatigas, desvelos, ayunos." (2Cor 6,4ss). "De cualquier cosa que alguien presuma, yo más que ellos. Más trabajos, cárceles y azotes; en peligros de muerte. Si hay que gloriarse, me gloriaré en mis flaquezas. Con sumo gusto seguiré gloriándome sobre todo en mis flaquezas, para que habite en mí la fuerza de Cristo. Por eso me complazco en mis flaquezas, en las injurias, en las necesidades, en las persecuciones, y las angustias sufridas por Cristo" (2Cor 11,11-12,10). "¡Dios me libre de gloriarme si no es en la cruz de nuestro Señor Jesucristo, por el cual el mundo está crucificado para mí y

 yo para el mundo! En adelante nadie me moleste, pues llevo sobre mi cuerpo las señales de Jesús" (Gál 6,14-17). Las cicatrices de los malos tratos sufridos por Cristo (2Cor 4,10; Col 1,24) son más gloriosas que cualquier otra señal en la carne (Flp 3,7).

Los siervos del Guardián de Israel, que encuentran a la esposa, la despojan del velo, que cubría su cabeza y sus ojos, impidiéndola correr sin tropezar y ver al esposo (Gn 24,65). El poder del Espíritu arranca el velo al discípulo de Cristo, para que camine con libertad: "Cuando uno se convierte al Señor, se arranca el velo. Porque el Señor es Espíritu, y donde está el Espíritu del Señor, allí está la libertad. Por eso nosotros, que con el rostro descubierto reflejamos como en un espejo la gloria del Señor, nos vamos transformando en esa misma imagen cada vez más gloriosos: así es como actúa el Señor, que es Espíritu" (2Cor 3,16-18). A esta transformación se ordenan los golpes y heridas de los guardias: "No ahorres corrección al niño, que no se va a morir porque le castigues con la vara. Con la vara le castigarás y librarás su alma de la muerte" (Pr 23,13-14). El Señor mismo "hiere para sanar" (Dt 32,39). Por ello la esposa puede decir: "Tu vara y tu cayado me consuelan" (Sal 22,4). Con la vara del Señor se atraviesa el valle oscuro y se prepara el fiel para participar en la mesa divina, donde es ungido con el óleo y bebe del cáliz el vino puro, que produce la "sobria embriaguez".

El alma se me salió en su huida, pero quien pierde su alma por Cristo, la guarda para la vida eterna (Jn 12,25). Los profetas los apóstoles, guardias apostados día noche sobre Jerusalén (Is 62,6), me encontraron y golpearon con su palabra, pues no callan hasta restablecer a Jerusalén como alabanza de toda la tierra (Is 62,6-7). Gracias a sus golpes "estoy herida de amor""llevo en mi cuerpo las señales de Jesucristo" (Gál 6,17). Con las señales de Cristo en el cuerpo, con el rostro descubierto, despojada del velo, en mí se refleja, como en un espejo, la gloria del Señor (2Cor 3,18).

Os conjuro, hijas de Jerusalén, si encontráis a mi Amado, ¿qué le diréis? Que estoy enferma de amor. La amada ha descubierto que, sola, no puede encontrar al Amado. Necesita implorar a las hijas de Jerusalén, sus compañeras, que le busquen con ella, que la acompañen en su búsqueda, que intercedan por ella ante el Amado, que le digan que está herida, enferma de amor. "Pastores los que fuerdes allá por el otero, si por ventura

 vierdes aquel que yo más quiero, decidle que adolezco, peno y muero" (S. Juan de la Cruz).

 

 

 

 

 

 

 

CATEQUESIS CONVIVENCIA DE SHEMA A CUANDO DORMIA

 

Me gustaría decir dos palabras sobre este canto. Este canto que es todo él palabra de Dios, dice: “Cuando dormía, más mi corazón velaba, la voz de mi amado sentí”. “Cuanto dormía” significa cuando me alienaba, cuando perdía la vida durmiendo; “pero mi corazón velaba”, es decir, no era feliz. Mi corazón, que ha sido creado por Dios (como dice san Agustín) sólo podrá reposar en Dios; por tanto buscaba alguna otra cosa.

 

Entonces, en esta situación en que me encontraba, sentí la voz de mi amado. Todos nosotros nos encontramos en esta situación: caminando, trabajando, con nuestras cosas, con nuestros problemas cotidianos, sintiéndonos poco satisfechos interiormente, de manera que la voz de mi amado, la voz de Jesucristo, por medio de la catequesis, por medio de esta convivencia, sentí.»

 

«Y esta voz me ha dicho: “Ábreme, paloma; déjame entrar, hermana mía”. Los hebreos dicen en el Talmud que el Señor necesita que nosotros abramos un poco la puerta, aunque sea una abertura tan pequeña como un alfiler; porque si nosotros no abrimos la puerta (dice el Talmud, que es el comentario rabínico a la Torá, a la Escritura), no somos nosotros los que permanecemos cerrados; sino que es Dios el que permanece cerrado.»

 

«Puesto que Dios es amor, tiene necesidad de transmitirse, de entrar en nosotros. Si el hombre le cierra la puerta; le cierra su corazón, Dios permanece cerrado. Dios no se realiza (si se puede
 decir así). Dios tiene necesidad absoluta de entrar en ti, porque Dios te ama con todo su corazón.»

 

«Dios, para convencerte de que le abras la puerta, no sólo te tienta diciéndote: “Ábreme, mis rizos están cargados del rocío de la noche, quiero hacer el amor contigo”. En esta imagen, que presenta a Dios como un esposo, que quiere entrar donde la esposa, es también Dios mismo, que trata de abrir introduciendo la mano por la abertura de la puerta, tratando de alcanzar el cerrojo de la puerta para abrirla. Cuando la amada ve la mano de su amado, todas sus vísceras se estremecen e inmediatamente se levanta para abrir la puerta y sus manos destilan mirra exquisita, sobre el pestillo.

 

Pero al abrir la puerta sucede una cosa extraña, que quizás no entendamos: el amado se ha ido, ya no está. Este acontecimiento en lugar de desalentar a la amada, le hace morir todavía más de amor; el alma se viene abajo, se siente destruida; después de haber sido capaz de despertar del sueño, que ha sido capaz de ponerse en marcha, sucede que el amado se ha marchado. Y entonces sale a buscarlo a la carrera, pregunta a todos los que se encuentra, porque se muere de amor, porque comienza a sentir amor, un amor que ha nacido tal vez para el placer.»


«Lo llama, lo busca por las plazas y por los campos y el amado no aparece; entonces la encuentran los guardias que hacen la ronda de la muralla, la golpean, la desnudan, la violan.

 

Esto es algo que nosotros tenemos que experimentar. ¿Por qué?

Aunque tal vez alguno de vosotros, hoy y en este camino ha sentido que esta palabra se tiene que cumplir, porque la esposa, al final del canto dice: “Oh, si tú fueses mi hermano, te podría abrazar sin provocar escándalo” y entonces yo te podría besar como una hermana besa a su hermano cuando regresa de un largo viaje y le encuentra en la puerta. “Os conjuro, hijas de Jerusalén, si encontráis a mi amado decidle que muero de amor”. Porque, hermanos, lo que nos cura no es ser amados, sino ser capaces de amar. Esta es la obra del Señor: os pone en marcha hasta que sintáis amor, con persecuciones, etc., y buscaréis a Dios.

 

No importará que te encuentres a los guardias de la muralla y que te desnuden, que te hagan sufrir, que la vida se transforme en un drama, cuando te des cuenta que en ti ha nacido un amor inmenso hacia Jesucristo, que se expresa en el amor a los hermanos. Esta frase: “Si tú fueses mi hermano…” se realiza en la comunidad cristiana. En Jesucristo. Dios se ha hecho nuestro hermano; y en la Iglesia podemos besar a Jesucristo en el beso de la paz, porque sabemos ontológicamente que los hermanos de la Iglesia son los hermanos de Jesucristo, son el mismo Jesucristo.»

 

«Si vosotros no entendéis esto ni que lo importante no es ser amado, sino ser capaces de amar, entonces no entenderéis nada de nuestra existencia y por qué en un cierto punto sentimos y después de improviso ya no sentimos, porqué suceden ciertas cosas que nos parecen horribles. Cantamos, hermanos, este canto.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CATEQUESIS CONVIVENCIA DE 2DO. ESCRUTINIO A CUANDO DORMIA


Este canto nos dice algo importante, necesario para todos los que estamos aquí, y es bueno repetirlo incluso si ya lo sabéis.»

 

«Dice: "Mi corazón velaba mientras yo dormía”. Esta es una forma de hacer ver que todos dormimos en la vida, tratando de ser felices a nuestro modo, alienándonos y buscando nuestra felicidad. Nuestro corazón vela, pero no es feliz. Así como dice San Agustín: "Mi corazón ha sido creado por Dios y está inquieto hasta que descanse en Ti".»

 

«En efecto, nuestro corazón vela porque aunque tengas una casita en la montaña, un automóvil, incluso si ganas bastante, en verdad no eres feliz. Tu corazón vela y tú estás dormido con el fútbol, la televisión, el viaje al campo, y en realidad no eres feliz. En estos acontecimientos que vive el hombre, en uno cualquiera de ellos, Dios nos ha encontrado, escuchamos la voz del amado que llama como un enamorado a su esposa. Esta es la imagen de la llamada de Dios: un amado que trata de seducir, que tienta a la amada para que le abra; la invita, de noche, a abrir la puerta, a dejarle entrar. Dice el Talmud acerca de este texto que dice: "Ábreme, paloma; ábreme hermana", que si el hombre no abre siquiera un poquito, ni siquiera una rendija fina como una aguja, Dios permanece cerrado porque Dios, la esencia misma de Dios, es amar, es transcender, es donarse a nosotros, a la criatura que ha creado. Si el hombre no abre la puerta, Dios permanece bloqueado. No es el hombre quien permanece cerrado; es Dios quien permanece, por decirlo así, frustrado, según el modo rabínico de hablar, paradójico para que la gente lo entienda mejor.»

 

«Dios está deseando unirse al hombre, amarle. Pero lo curioso de todo esto es que Dios no sólo te habla en la catequesis, habla a tu espíritu y te ha despertado, sino que también introduce la mano por la rendija de la puerta para tratar de abrir el pestillo y actúa para conmoverte: te ha hecho sentir cosas maravillosas en la catequesis o no sé qué.»

 

«Hasta el punto que te ha obligado incluso a levantarte de tu sueño e ir a abrir la puerta. Lo paradójico es que cuando se abre la puerta, el Amado no está allí. El Amado se ha ido. ¡Bien! Incluso me ha obligado a levantarme y ahora no está. ¿Por qué no está? Exactamente por esto, porque el amor, desde que te
 levantaste hasta que abriste la puerta y viste que no estaba, que Jesucristo no estaba allí, el amor no ha disminuido, el amor ha crecido hasta el punto que saliste a preguntar "¿Dónde estás?" diciendo: "Hijas de Jerusalén, si encontráis a mi amado, decidle que muero de amor". Y buscando al amado ha llegado la persecución. Y te han despojado, te han golpearon tanto que tú, como la amada, has dicho: "Si fueras mi hermano, podría besarte sin escandalizar". Es decir: en Jesús, Dios se ha hecho nuestro hermano; y, en el abrazo de la paz, nosotros los cristianos podemos abrazarle y darnos cuenta de esto: besar a Jesucristo en los hermanos de la comunidad.»

 

«Porque lo importante no es ser amado, sino amar, llegar a amar. Por esto, el camino que Dios está haciendo contigo es llevarte al Amor. 

 

Dios también escapa de tu vida, desaparece, para que descubras que no sólo el pan vive en el hombre, sino de cada palabra que sale de la boca de Dios. Muchas veces, dejas la comunidad creyendo que aquí no te dan mucho, y tratas de vivir del pan, pero luego vuelves a la comunidad porque no solo de pan vive el hombre, porque no te satisface todo lo que tienes en la vida, sino que hay algo que realmente extrañas.»

 

«Digo estas cosas porque quizás alguien, muy sentimental, ve que Jesucristo se ha ido y no siente nada y no sabe por qué. Yo os invito siempre a la sabiduría, a la iluminación de vuestra historia, a no ser -como os dije ayer- ciegos como ladrillos, cabreados porque todo os sale mal, sin tener absolutamente ninguna iluminación, en una actitud de constante murmuración del corazón. Prestad atención porque por esta actitud de constante murmuración del corazón, Dios ha castigado a su pueblo y ellos no entraron en su descanso. Ni siquiera Moisés. Y San Pablo dice que esto ha sucedido por nosotros.

 

Cantamos este canto.