mercoledì 10 agosto 2011

Diamo ad usura, ma a Dio, non all' uomo!



In tempo di crisi economica, di "volatilità" delle Borse, di crollo dei titoli, facciamoci consigliare da un esperto su come moltiplicare i guadagni. Traggo questa pagina dai "Discorsi" di sant'Agostino.
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Io, fratelli, ho forze assai limitate ma la parola di Dio ha forze grandi. Che essa agisca liberamente nei vostri cuori! Pertanto, le parole che pronunziamo lentamente, voi le ascoltate con profitto se le metterete in pratica. Il Signore ha fatto udire il suo tuono ad opera del profeta Isaia, quasi attraverso una sua nube. Se avete della sensibilità, vi siete dovuti spaventare. Ha parlato infatti chiaramente e le sue parole non necessitano dell'interprete ma di chi le metta in pratica. Diceva: Che m'interessa della quantità dei vostri sacrifici? Chi v'ha chiesto cose di questo genere dalle vostre mani?. Dio cerca noi, non le cose nostre. Quanto poi al cristiano, suo sacrificio è l'elemosina elargita al povero. Per essa Dio diventa propizio verso il peccato: poiché, se Dio non diventasse propizio verso il peccato, cosa sarebbe l'uomo se non un colpevole? È infatti per mezzo delle opere di misericordia che egli viene purificato dalle colpe e dai peccati, senza dei quali non si vive sulla terra. Ora, tali opere di misericordia sono di due categorie: dare e condonare; dare dei beni che possiedi e condonare i mali che subisci. Su queste due specie di opere di misericordia ascoltate come seppe ben compendiarle in una breve massima il Signore, maestro buono che sulla terra parlò in maniera succinta perché la sua parola fosse fruttuosa, non pesante. Disse: Rimettete e vi sarà rimesso, date e vi sarà dato. Rimettete e vi sarà rimesso riguarda il perdono; date e vi sarà dato riguarda le elargizioni. Con quell'opera di misericordia per la quale rimetti al prossimo non perdi nulla. Ecco, uno ti chiede perdono e tu lo scusi: non perdi nulla, anzi torni a casa dilatato dalla carità. Quanto all'altro genere di opere di misericordia, con cui ci si comanda di dare al bisognoso, sembrerebbero cosa gravosa perché quello che ciascuno dà, per il fatto stesso di darlo, non lo possiede più.
A questo riguardo ci tranquillizza l'Apostolo quando dice: Secondo quello che ciascuno ha; non in modo che per gli altri ci sia il contributo, mentre voi restate nella strettezza. Ciascuno dunque misuri le sue forze; non si preoccupi d'accumulare tesori sulla terra. Dia generosamente: non va perduto quello che dà. Non dico: Ciò non va perduto, ma: È l'unica cosa che non vada perduta. Quanto invece al resto, che tu non dài e lasci abbondare presso di te, o lo perdi mentre vivi o devi abbandonarlo con la morte. E poi, miei fratelli, chi non si sentirebbe incitato da così grande promessa? Dice: Rimettete e vi sarà rimesso, date e vi sarà dato. Quando dice: Date e vi sarà dato, bada a chi è detto e chi sia a dirlo. Dio lo dice all'uomo, l'immortale lo dice al mortale, un così ricco padre di famiglia lo dice al mendico. Egli non ci sottrarrà quel che noi gli diamo. Abbiamo trovato chi impegnare. Diamo ad usura, ma a Dio, non all'uomo. Diamo a chi è nell'abbondanza, diamo a chi ci ha dato la possibilità di dare. In cambio di cose minute, insignificanti, mortali, corruttibili e terrene egli ci concederà cose eterne, incorruttibili, permanenti senza fine. Perché dire molte cose? Chi ha fatto la promessa vi ha promesso se stesso. Se lo ami, compratelo da lui stesso. E per saperti dare a lui, ascoltalo mentre dice: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; sono stato pellegrino e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, ammalato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Gli replicheranno: Quando ti abbiamo visto in tali bisogni e ti abbiamo soccorso? E lui: Tutte le volte che l'avete fatto a uno solo di questi miei più piccoli, l'avete fatto a me. Egli dà dal cielo, mentre sulla terra riceve. Lui dà, lui riceve. Ti procuri come un interesse trasferibile: qui dài, là ricevi; qui dài cose periture, là ricevi cose che restano per sempre.
Agostino di Ippona, Discorsi, 42, 1-2