sabato 2 giugno 2012

03 giugno 2012 SANTISSIMA TRINITÀ Anno B - Solennità

 La meraviglia della Rivelazione del mistero di Dio si è fatto storia di salvezza in un mondo all’oscuro della conoscenza di Dio. Pur affermato esistente, Dio non aveva una identità precisa, era inconoscibile con la sola forza della ragione, inaccessibile a causa della sua grandezza, perché puro Spirito di santità. Il cristianesimo nasce e si alimenta dall’offerta d’amore di Dio che si compiace di rivelare se stesso agli uomini perché entrino in comunione con lui. Buona domenica pb Vito Valente.

03 giugno 2012
SANTISSIMA TRINITÀ
Anno B - Solennità
 


 

Luce, splendore e grazia della Trinità
Dalle «Lettere» di sant'Atanasio, vescovo (Lett. 1 a Serap. 28-30; PG 26, 594-595. 599)
 
Non sarebbe cosa inutile ricercare l'antica tradizione, la dottrina e la fede della Chiesa cattolica, quella s'intende che il Signore ci ha insegnato, che gli apostoli hanno predicato, che i padri hanno conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale, se qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere cristiano, né venir chiamato tale.
La nostra fede é questa: la Trinità santa e perfetta é quella che é distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma é tutta potenza creatrice e forza operativa. Una é la sua natura, identica a se stessa. Uno é il principio attivo e una l'operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, é mantenuta intatta l'unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che é al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed é in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). E' al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo.
L'apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno solo é lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo é il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo é Dio, che opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 4-6).
Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito é in noi, é anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi é anche il Padre, e così si realizza quanto é detto: «Verremo io e il Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Dove infatti vi é la luce, là vi é anche lo splendore; e dove vi é lo splendore, ivi c'è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia.
Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia é il dono che viene dato nella Trinità, é concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l'amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito.
  
 MESSALE
Antifona d'Ingresso
Sia benedetto Dio Padre,
e l'unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo:
perché grande è il suo amore per noi.

Colletta
O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito santificatore per rivelare agli uomini il mistero della tua vita, f
a' che nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l'unico Dio in tre persone. Per il nostro Signore...

Oppure:
O Dio altissimo, che nelle acque del Battesimo ci hai fatto tutti figli nel tuo unico Figlio, ascolta il grido dello Spirito che in noi ti chiama Padre, e f
a'che obbedendo al comando del Salvatore, diventiamo annunziatori della salvezza offerta a tutti i popoli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te...

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura
  Dt 4, 32-34. 39-40
Il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n'è altro.
 

Dal libro del Deuteronòmio 
Mosè parlò al popolo dicendo: «Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra e da un'estremità all'altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu, e che rimanesse vivo?
O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un'altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi?
Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n'è altro.
Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre».
 

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 32
Beato il popolo scelto dal Signore.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell'amore del Signore è piena la terra.

Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Perché egli parlò e tutto fu creato,
comandò e tutto fu compiuto.

Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L'anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.


Seconda Lettura
  Rm 8, 14-17
Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: 
«Abbà! Padre!».
 

Dalla let
tera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
 

Canto al Vangelo
  Cf Ap 1,8
Alleluia, alleluia.

Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo:
a Dio che è, che era e che viene.

Alleluia.

 
    
Vangelo 
 Mt 28, 16-20
Battezzate tutti popoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
 

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io so­no con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Parola del Signore.

* * *
Commento a cura della Congregazione per il Clero

Al termine del Tempo pasquale, che si è concluso Domenica scorsa con la Solennità di Pentecoste, la Liturgia della Chiesa sembra non poter fare a meno di attingere al suo tesoro per ricolmarci di ulteriori doni e, oggi, ci chiama a prendere coscienza di quale grande novità il Cristianesimo abbia portato nel mondo: dal santo Natale alla Pentecoste, cioè da quando il Salvatore è nato a Betlemme fino a quando Egli – morto, risorto e asceso al Cielo – ha effuso lo Spirito Santo sui Suoi, è radicalmente mutata la nostra concezione di Dio. Non per merito, ma per dono della Sua grazia, ci è stato dato di conoscere il Dio “Vero”, Uno nell’Essenza Divina e Trino nelle Persone!
Sono perciò rivolte a noi le parole di Mosè, ascoltate nella prima Lettura: «Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra e da un'estremità all'altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa?» (Dt 4,32). Dio ci ha parlato, ci ha rivolto cioè la Sua Parola Eterna, Gesù Cristo; ci ha “scelti” tra tutte le nazioni come Suo possesso, ci ha riscattati con il Sangue del Suo Figlio e ci ha donato la caparra dello Spirito (cfr. 2Cor 1,22), compiendo questo sotto i nostri occhi!
La certezza e la speranza che vengono da questa divina predilezione, ci consentono una breve riflessione sul modo con cui, nell’epoca contemporanea, viene trattata la “questione” di Dio.
Abbiamo detto che, dal Mistero del Natale a quello della Pentecoste, è stata data all’uomo la “vera” concezione di Dio. Ovviamente, però, questo dono vale solo – come recita il Prologo di San Giovanni – per quanti Lo hanno accolto, ai quali «ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Non potremmo, infatti, contemplare il Mistero della Santissima Trinità, come degli spettatori dinanzi ad un’opera d’arte, ma solo dentro l’amicizia con Cristo, che ci introduce nella Sua stessa figliolanza divina, attraverso il Dono dello Spirito.
Ma il fatto che la conoscenza del Dio “vero” sia data solo a quanti accolgono Cristo, significa forse che, al di fuori del Vangelo, non è data all’uomo alcuna conoscenza “vera” su Dio? Sarebbe la scarsa diffusione del Vangelo la causa dell’ateismo occidentale? No.
Certamente la missione, per la Chiesa, è un’esigenza irriducibile, derivante dalla sua stessa natura, e oggi quanto mai urgente, tanto che il Santo Padre Benedetto XVI ha costituito un Pontificio Consiglio per la “Nuova Evangelizzazione” ed ha annunciato l’indizione dell’Anno della Fede a partire dal prossimo 11 ottobre.
Tuttavia, la “crisi” della conoscenza di Dio affonda le radici anzitutto nella “crisi” della ragione, che sembra divenuta “impermeabile” alla realtà e, perciò, allo stesso Vangelo. Mentre l’uomo, infatti, già diversi secoli prima dell’Avvento di Cristo, era giunto ad affermare l’esistenza di un unico Dio, origine e fine di tutto ciò che esiste, oggi egli sembra incapace di esprimersi al riguardo, considerando l’argomento semplicemente “impossibile” da trattare. L’esistenza di Dio sarebbe “indimostrabile”, perché non vi è nessuna “premessa maggiore” dalla quale possa essere dedotta, ed “indisponibile” ai suoi sensi, perché, scrutando le galassie ed analizzando la composizione chimico-molecolare della materia, ad alcuni Egli sembrerebbe addirittura “assente”; anzi Lo considerano alla stregua di un’umana “invenzione”, che, in passato, aveva la singolare virtù di giustificare quanto l’uomo ancora non conosceva e che, perciò, oggi, sembra ormai obsoleta.
Costoro, in verità, hanno mutilato gravemente la propria ragione, impedendole di riconoscere la realtà come “segno”, attraverso il quale, in modo discreto ma incessante, Dio ci chiama al rapporto con Lui. La conoscenza di Dio, infatti, per quanto sempre perfettibile, accade solo in un moto della “libertà”, che da ciò che è finito e contingente, si spinge fino all’Autore di tutte le cose. Non a caso, l’unico limite che Egli ha posto alla propria Onnipotenza, è proprio la nostra libertà. Solo lasciandosi interpellare da questo “segno”, che è la creazione, possiamo giungere ad affermare Dio. E solo lasciandoci provocare e vincere dal grande “segno” che è la Chiesa, Presenza del Divino nel mondo, possiamo lasciarci coinvolgere da Cristo in quell’intima conoscenza del Padre che è, insieme, amore e adorazione, e comunicarla a quanti ci è dato di incontrare.
È grande la fiducia che il Signore nutre verso di noi, domandandoci di annunciarLo in quest’epoca, così difficile. Ma confidiamo in Lui che, di fronte al dubbio, che ancora abitava il cuore dei discepoli, non ha esitato a rassicurarli, dicendo: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Ci guidi la Beata Vergine Maria ad accogliere sempre più il Dono dello Spirito Santo e a servire fedelmente il Figlio suo, perché, con Lei, tutta la nostra vita possa giungere a cantare in Cielo: «Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli». Amen!

* * *
Commento di Luciano Manicardi (Bose)

Il Dio biblico si rivela a Israele mediante la parola, dunque come Padre che pone i credenti in posizione di figli (I lettura); il Dio Padre, rivelato dal Figlio, il Cristo morto e risorto (vangelo), crea comunione con l’uomo mediante il suo Spirito, sicché i credenti lo invocano “Abbà” (II lettura). Accanto alla rivelazione di Dio, i nostri testi presentano il tema della signoria di Dio sulla storia e sull’uomo. La prima lettura parla di Dio evocando la creazione, la rivelazione, l’elezione e la liberazione, quindi ammonisce i figli d’Israele a osservare i precetti del Signore; il vangelo mostra il Risorto che detiene autorità in cielo e in terra e che invia i discepoli a narrare e insegnare tutto ciò che egli ha loro comandato; la seconda lettura mostra che l’universalità della signoria di Dio si esprime nella ricezione del dono dello Spirito che guida l’uomo a vivere da figlio di Dio.
Il comando che il Risorto dà ai discepoli di battezzare le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, è anche il mandato perenne che il Signore dà alla sua chiesa: e non si tratta semplicemente di attuare un rito, ma di introdurre gli uomini nella relazione con Dio Padre per mezzo del Figlio Gesù Cristo nello Spirito santo. Questo il senso dell’esserci della chiesa: far conoscere la vita divina e introdurre in essa gli uomini. Altri compiti e mandati che la chiesa svolge occorre che siano passati al vaglio del vangelo perché non è detto che discendano da esso.

La chiesa investita di questo mandato è e sarà sempre una povera chiesa. Matteo presenta non i Dodici, ma gli Undici: è una comunità monca, che ha conosciuto l’infedeltà, il tradimento e l’abbandono e la sorte tragica (cf. Mt 27,5) di Giuda. Inoltre è una comunità di credenti che però anche dubitano. Il passo di Mt 28,17 può essere tradotto: “Vedendolo, si prostrarono, però dubitavano”. La contemporaneità del gesto “liturgico” della prostrazione e del dubbio che abita il cuore è eloquente. La fede si accompagna alla non-fede. Gli “evangelizzatori” sono chiamati anzitutto a custodire e a nutrire la loro fede che anche in loro è “poca” e incerta.
In questa parzialità e mancanza la chiesa è chiamata a farsi testimone della totalità di cui il Risorto è depositario. Il testo parla di quattro totalità: totalità dell’autorità che Cristo ha ricevuto da Dio in cielo e in terra (v. 18); totalità delle genti a cui sono inviati i discepoli (v. 19); totalità di ciò che Gesù ha comandato ai discepoli e che questi devono insegnare alle genti (v.20); totalità del tempo e della storia che vedrà la vicinanza del Risorto ai suoi discepoli e inviati (v. 20). Dunque la chiesa svolge la sua missione non contando su un proprio potere o su una propria forza, ma sul fatto che con la resurrezione ogni potere è stato dato (da Dio) a Cristo: “A me è stato dato ogni potere: andate dunque…”. È proprio questa liberazione dal potere, dall’assillo di darsi un potere umano, che fonda la possibilità della missione. È questo che consente agli inviati di raggiungere ogni gente, in una missione che deve essere rinnovata in ogni generazione e che ha un’estensione non tanto spaziale, quanto cronologica, “fino alla fine del mondo”. La missione e l’annuncio saranno dunque compiuti da inviati a loro volta obbedienti alla parola e ai comandi del Signore. Promessa e consolazione per i credenti sono poi le parole del Signore: “Io sono con voi tutti i giorni”.
Il tutto del Dio trinitario manifestato nel Cristo risorto impegna la chiesa alla fede e all’obbedienza. Le concrete situazioni di povertà ecclesiale possono allora essere colte come occasioni per far spazio alla presenza del Risorto. La missione della chiesa è infatti sacramento della missione che il Risorto stesso, nella potenza dello Spirito, compie. Come vaso fragile, la chiesa custodisce come tesoro prezioso, con la fede e l’obbedienza, la presenza che sola può dissetare e saziare chi ha fame e sete di giustizia. Come sta scritto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
* * *
Commento di Enzo Bianchi

In questa domenica in cui la chiesa celebra il mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito santo – mistero che la riflessione teologica ha letto come Tri-unità di Dio – il testo proposto alla nostra meditazione e contemplazione è l’ultima pagina del vangelo secondo Matteo. In questo brano, manifestazione di Gesù Risorto e missione della chiesa sono fuse mirabilmente insieme, in modo che appaia come l’evento di salvezza compiuto in Gesù Cristo si prolunga nella fede e nella vita della comunità cristiana.
 Su una montagna della Galilea, terra di confine che raccoglieva in sé culture e genti diverse, terra nella quale Gesù aveva iniziato la propria predicazione della buona notizia (cf. Mt 4,12-17) e aveva chiamato i primi discepoli (cf. Mt 4,18-22), il Risorto appare come Vivente, e subito viene riconosciuto e adorato dagli undici. Egli riunisce così nuovamente i discepoli che si erano dispersi durante la sua passione e morte, raduna la sua comunità provata dallo scandalo della croce (cf. 1Cor 1,23). Ora però non sono più dodici, quelli che Gesù aveva chiamati a sé e istituiti quale primi suoi inviati alle pecore perdute della casa d’Israele (cf. Mt 10,6; 15,24), ma solo undici, perché Giuda ha tradito…
 E anche tra questo “resto” ve ne sono alcuni che dubitano; davvero siamo di fronte a una povera comunità, a una chiesa segnata dall’infedeltà e dalla poca fede. Eppure è proprio a questi poveri uomini che Gesù affida la missione di annunciare la buona notizia a tutte le genti; anzi, se in precedenza li aveva inviati al popolo cui era stato promesso il Messia e affidata la benedizione in favore di tutta l’umanità (cf. Gen 12,3; 18,18…), ora li invia direttamente a “tutte le genti”, a tutte le famiglie degli uomini. Quella che era stata la loro esperienza di essere “battezzati” – immersi nella morte-risurrezione di Gesù – e istruiti da lui, ora gli apostoli sono chiamati a ripeterla fino ai confini del mondo e alla fine della storia!

 Ed è in questa missione che consiste la ragion d’essere della chiesa nella storia e nel mondo: si tratta di chiamare tutti gli uomini alla conversione, annunciando il Vangelo, la buona notizia, e battezzando, cioè immergendo nell’acqua, chi aderisce a questo annuncio. È così che le genti provenienti da culture diverse possono diventare discepole di Cristo, possono ascoltare e mettere in pratica ciò che egli ha comandato, fino a giungere nella loro esistenza alla consapevolezza del mistero della Trinità di Dio: ogni cristiano si pone infatti alla sequela di Gesù, il Figlio di Dio, sotto la guida dello Spirito santo e in cammino verso il Padre. Ecco perché il battesimo, l’immersione che porta in sé il sigillo di Dio Padre, Figlio e Spirito santo, del Dio uno e, insieme, comunione di vita, è il segno di questa nuova alleanza stretta sulla base della parola di Gesù, del Vangelo annunciato dai suoi inviati.
 Solo Gesù può chiedere e autorizzare tale missione: lui che sull’alta montagna aveva rifiutato di acconsentire alla tentazione di Satana, il quale gli offriva “tutti i regni del mondo con la loro gloria”, chiedendogli in cambio l’adorazione (cf. Mt 4,8-10); lui che il Padre ha esaltato e glorificato con il nome di Signore (cf. Fil 2,8-11), affidandogli ogni potere in cielo e in terra. Ebbene, questo potere che Gesù ha ricevuto in dono da Dio, senza rapirlo (cf. Fil 2,6; Gen 3,1-6), accompagna la missione dei discepoli, a condizione che essi rinuncino a ogni potere mondano: o gli evangelizzatori saranno ministri di Gesù, oppure essi lo saranno di Satana, non c’è una terza possibilità…
 Il nostro brano, e con esso l’intero vangelo, sfocia sulla grande promessa di Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Se il Dio vivente, rivelando il proprio Nome a Mosè, aveva detto: “Io sarò con te” (Es 3,12), ora è il Signore Gesù a consegnarci la rivelazione; lo fa non come un nuovo Mosè, bensì come colui che parlava a Mosè, e affidandoci quello che per sempre sarà il suo Nome: egli è il Dio-con-noi, l’Emmanuele, Nome annunciato dall’angelo a Giuseppe prima della sua nascita (cf. Mt 1,23; Is 7,14), ma che solo ora trova il suo vero compimento. Sì, non dobbiamo temere nulla, perché il Signore Gesù, porta d’accesso al mistero della Trinità di Dio, è con noi per sempre!
* * *

COMMENTI PATRISTICI

Agostino di Ippona: DISCORSO 384


SULLA TRINITÀ, SIA SUL VECCHIO E NUOVO TESTAMENTO
CONTRO GLI 
ARIANI.

Chi è Dio.
1. 1. Incessantemente, ogni giorno ci viene letta la santa parola di Dio per la salvezza e il nutrimento della nostra anima; di questo nutrimento saremo saziati alla mensa eterna nella vita futura, come dice il profeta: Sarò saziato al manifestarsi della tua gloria. Noi possiamo inneggiare alla gloria che ci attende, ai beni che l'arricchiranno, allo splendore di cui brillerà, ma non siamo in grado di esprimere tutto questo a parole. Ce ne spiega il motivo Paolo che scrive: Quelle cose che occhio non vide né orecchio udì né mai entrarono in cuore d'uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. Tanti e tali eterni doni celesti il Signore onnipotente ha preparato ai suoi santi popoli fedeli di tutto il mondo; ma chi è Dio stesso che li ha disposti per noi? Di lui diciamo solo che non lo sappiamo misurare né esprimere né comprendere, che è al di là di tutto, al di fuori, al di sopra. Supera ogni sua creatura, è al di là delle sue opere, sta al di sopra di tutto. Potrei cercare di esprimere la sua grandezza, ma lui è più grande, la sua bellezza, ma lui è più bello. Egli è più dolce di ogni dolcezza, più fulgido di ogni splendore, più giusto di ogni giustizia, più forte di ogni fortezza, più mite di ogni mitezza. La ragione non ammette che la creatura si pretenda uguale al suo Creatore né che l'opera prodotta sia posta al pari di Colui che l'ha prodotta. Così appunto leggiamo nel profeta: Egli sorpassa in potenza le cose potenti che ha fatto, sorpassa in bellezza le cose belle di cui è l'autore.
Trinità è l'unico Dio e il Dio unico è Trinità.
2. 2. Noi celebriamo l'eccelsa grandezza del Dio unico; in quanto però non siamo Giudei, ma Cristiani, riconosciamo insieme il mistero della sua Trinità divina. Come è onnipotente e ineffabile il Padre così è onnipotente e infinito il Figlio, e parimenti anche lo Spirito Santo che è unito inscindibilmente al Padre e al Figlio, è ineffabile e immenso. Padre e Figlio e Spirito Santo, unico Dio onnipotente, uno nella trinità, uno nella potenza; unità, trinità, eterna maestà, unica potenza sopra tutte le cose, egli è trinità nell'unità e unità nella trinità, senza che nella trinità si possano fare divisioni o nell'unità introdurre separazioni. Fondati su questa fede cattolica, nostra difesa e nostra forza, rivolgiamoci, carissimi, agli infami eretici ariani che sono empiamente molto impegnati nei nostri giorni e tentano e ingannano molti nostri fedeli, cercando di sedurli. Noi chiediamo loro come possano pregare il Signore se si sono posti contro di lui con le loro idee. Essi ci rispondono che pregano senz'altro Dio nella sua Trinità, ma nel modo che è scritto: il Padre come maggiore, il Figlio come minore e lo Spirito Santo al di sotto, perché lo stesso Cristo ha dichiarato: Il Padre è maggiore di me.
3. 2. Rispondiamo loro che se onorano Dio pregandolo in quel modo, che dichiarano corrispondere a quanto è scritto, essi non onorano, non pregano l'unico grande Dio, ma fanno di lui tre divinità; e chiediamo loro dove hanno posto il comando della legge divina: Ascolta Israele: Dio, il Signore tuo Dio, è un solo Dio. E parimenti altrove ci viene detto: Adorerai il Signore tuo Dio, e lui solo servirai. Se invece è diverso il Padre, diverso il Figlio, diverso lo Spirito Santo, non v'è più l'unica trinità, la potenza divina è divisa. Ma una potenza divisa in se stessa non può reggersi, secondo quanto leggiamo nel Vangelo: Ogni casa e ogni regno discorde non può reggersi. Come non si può separare dalla luce il suo splendore, dal sole il suo calore, così non si può introdurre una separazione nella divinità. Se consideriamo il sole, ne possiamo individuare tre componenti inseparabili: movimento, splendore, calore; infatti lo vediamo in movimento nel cielo, fonte di luce e di calore. Ma io invito l'ariano a separare, se gli riesce, il sole da queste componenti: allo stesso modo riuscirà a separare la Trinità. Ma se ragionare sul sole, su quello che di esso distinguiamo con la vista, può forse riuscire difficile, perché è lontano, nel cielo, proponiamo un altro elemento del creato che non ha la grandezza del sole, ed è qui sulla terra tra noi: mi riferisco al fuoco che abbiamo alla mano e che però non è divisibile. Anche il fuoco non può essere diviso, pur avendo le tre componenti di movimento, luce, calore. Mi rivolgo ancora dunque a te, infame eretico, chiedendoti come puoi pretendere di separare Dio che è il creatore di tutte le cose, se non riesci a separare il sole o il fuoco che sono sue creature.
Testimonianze delle Scritture. Encomio della fede cattolica.
4. 3. Se poi presti ascolto, puoi apprendere che fin dall'inizio del genere umano fu rivelata la grande e unica Trinità. Ce la rivelano la Legge e i Profeti, i Salmi e il Vangelo, afferma con chiarezza l'Apostolo. Ascolta la Genesi: Dio creò l'uomo a immagine di Dio. E per mostrare inseparabile la Trinità, dice lo stesso libro: E lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque. Il profeta poi, parlando in persona di Cristo, dice: Lo Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri. E ancora, nei Salmi: Dal Verbo del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca venne tutta la loro potenza; e in un altro Salmo: Ridonami la gioia di essere salvato e sostienimi con lo Spirito sovrano. Ascolta poi il Vangelo che dà conferma di questo là dove Cristo Signore dice agli Apostoli: Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E ascolta l'Apostolo: O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e investigabili le sue vie. Infatti chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? Poiché da lui e per lui e in lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Dunque l'Antico e il Nuovo Testamento confermano pienamente e chiaramente come l'unità di Dio è Trinità inscindibile. Noi quindi non prendiamoci cura degli eretici, seguendo l'invito dell'Apostolo: Dopo averlo ammonito una volta, schiva chi è eretico, e dedichiamoci a rafforzare nella fede cattolica il nostro popolo fedele. Non vi sono ricchezze o tesori o onori che siano più grandi della fede cattolica, nessun bene di questo mondo la supera; essa salva i peccatori, illumina i ciechi, guarisce i malati, battezza i catecumeni, giustifica i fedeli; per essa i penitenti riparano le loro colpe, i giusti crescono spiritualmente, i martiri ricevono la corona; essa protegge il casto pudore delle vergini, delle vedove, degli sposati; per essa i sacerdoti ricevono l'Ordine; essa prepara ai regni celesti nella eredità eterna e crea comunione con i santi Angeli. Lo conferma il Signore stesso con la sua promessa: Alla risurrezione non si prende né moglie né marito, ma si è come gli Angeli di Dio. Per Cristo nostro Signore.

* * *


LETTURE DELLA PREGHIERA NOTTURNA DEI CERTOSINI
                                      DELLA SANTISSIMA TRINITA'


Domenica dopo Pentecoste

Solennità



1

Dal "Trattato sulla Trinità" di sant'Ilario di Poitiers.



Mio Dio, non voglio che in nulla sia scalfita in me la fede

nella tua onnipotenza, che mi oltrepassa in sommo grado.
Perciò non posso pretendere di concepire l'origine del tuo
unico Figlio; sarebbe voler accamparmi a giudice del mio
Creatore e del mio Dio.



La sua nascita precede i tempi eterni. Quello che può

esistere prima dell'eternità deve per forza superare la
nozione stessa di eternità. E' appunto il tuo caso e il
caso del tuo Unigenito; egli non è una parte, un
prolungamento tuo; neppure, come succede nelle realtà
create, il Figlio tuo è una nozione priva di sostanza, ma
è il Figlio, il Figlio nato da te, Dio Padre; è davvero
Dio. Generato da te, condivide l'unità della tua propria
natura. Proclamare che è dopo di te vuol dire che è con
te, dato che tu sei l'autore eterno della sua eterna
origine. Siccome è davvero tuo, non puoi essere separato da
lui.



2



Grande in me è la venerazione verso tutto ciò che ti

riguarda. Sapendo che tu solo sei l'Ingenito e che
l'Unigenito è generato da te, non dirò tuttavia che lo
Spirito Santo è generato, e neanche lo dirò mai creato. Io
temo l'ingiuria che può giungere a te per causa di questa
espressione.



Il tuo Santo Spirito scruta e conosce, secondo l'Apostolo,

le tue profondità, e fattosi mio avvocato, dice a te quello
che io non riuscirei mai a dire; cf Rm 8,26 e io, invece,
oserei chiamare creato la potenza della sua natura che da te
procede attraverso il tuo Unigenito, non solo, ma
addirittura ingiuriarla? Niente che non ti appartenga può
entrare in te, né può essere misurato l'abisso della tua
immensa maestà, da una forza diversa ed estranea a te.
Qualunque cosa penetra in te è tua: né ti è estranea la
potenza di colui che può scrutarti.



3



Mi è impossibile parlare di colui che ti dice per me parole

inesprimibili. Quindi, come nella generazione del tuo
Unigenito prima di tutti i secoli cessa ogni ambiguità di
discorso e ogni difficoltà di comprensione, e resta
soltanto che è stato generato da te: così, pur non
afferrando con i sensi il procedere del Santo Spirito da te
attraverso il Figlio, tuttavia lo percepisco con la
coscienza. Infatti sono del tutto incapace di capire le cose
spirituali, come dice il tuo Unigenito: "Non ti meravigliare
se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. Il vento soffia
dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e
dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito." Gv
3,7-8. Pur avendo ricevuto la fede nella mia rigenerazione
io non la comprendo, e pur ignorandola tuttavia la posseggo.
Infatti sono rinato senza l'intervento dei miei sensi, ma
con la potenza di una vita nuova.



Lo Spirito poi non ha regole particolari, ma dice ciò che

vuole, quando vuole e dove vuole. Se dunque non so il motivo
per cui è vicino o lontano, pur rimanendo consapevole della
sua presenza, come potrò collocare la sua natura fra le
cose create e come potrò limitarla con la pretesa di
definire la sua origine? Tutte le cose sono state create per
mezzo del Figlio, il Verbo che fin dal principio era Dio
presso di te, o Dio, come dice il tuo Giovanni. E Paolo
passa in rassegna tutte le cose che in lui sono state create
nei cieli e sulla terra: quelle visibili e quelle
invisibili. E mentre ricorda che tutto è stato creato in
Cristo e per Cristo, dello Spirito Santo giudica sufficiente
per sé affermare che è il tuo Spirito.



4



Perciò su queste cose avrò gli stessi sentimenti di quegli

uomini che ti sei scelti in modo particolare, così che non
dirò nulla circa il tuo Unigenito che secondo il loro
giudizio superi la mia comprensione, eccetto il fatto che è
nato: come pure non dirò nulla sul tuo Santo Spirito che
secondo loro vada oltre le possibilità dell'intelligenza
umana, eccetto che è il tuo Spirito. Né voglio perdermi in
una inutile schermaglia di parole, ma piuttosto restare
nella perenne professione di una fede incrollabile.



Conserva puri, te ne prego, questi principi della mia fede e

fino al mio ultimo respiro dà voce alla mia coscienza,
perché mi mantenga sempre fedele a ciò che ho professato
nel Simbolo della mia rigenerazione, quando sono stato
battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo; possa sempre adorare te, nostro vero Padre, insieme
con il Figlio tuo e meritare così il tuo Santo Spirito, che
promana da te attraverso il tuo Unigenito.



Poiché basta alla mia fede il mio Signore Gesù Cristo, che

dice: "Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono
mie". Gv 17,10. Egli che sempre rimane Dio in te, da te e
presso di te, è benedetto nei secoli eterni. Amen.



5



Dal "Trattato sulla Trinità" di Riccardo di San Vittore.



In Dio, bene sommo e assolutamente perfetto, c'è anche la

bontà nella forma completa ed eccellente. Ma là dove è la
pienezza dì tutto quello che esiste di buono, non può
mancare l'amore autentico, supremo. Però, finché uno non
vuole bene all'altro così come a sé stesso, questa carità
particolare, limitata a sé, dimostra di non aver ancora
raggiunto il vertice della dilezione.



Ma come potrebbe una Persona divina amare degnamente

un'altra quanto sé stessa se non ci fosse un'altra Persona
uguale a lei per nobiltà? Per eguagliare in elevatezza una
Persona divina bisogna per forza essere Dio. Perché nella
vera divinità ci potesse essere la pienezza dell'amore, era
necessario che a una Persona divina ne fosse associata
un'altra di eguale dignità, cioè che anch'essa fosse
divina.



6



Ognuno rifletta bene dentro dì sé: in modo indiscutibile

riconoscerà che non vi è nulla di meglio dell'amore,
niente che dia più gioia. Ce lo insegna proprio la natura e
ne facciamo continuamente l'esperienza.



E' chiaro: nella pienezza della bontà autentica non può

essere assente il bene ottimale, così come nella felicità
perfetta non può mancare quel che soddisfa al massimo
grado. In conclusione, la somma felicità esige l'amore.



Tuttavia, perché nel sommo bene arda la carità, bisogna

che per forza sia presente chi dia e chi riceva il dono
dell'amore. La caratteristica propria della carità, la
condizione stessa perché esista, è la risposta totale
d'amore da parte di colui che è amato senza frontiere. Non
ci può essere festa d'amore se non vi è reciprocità.



7



L'apice dell'amore autentico sta nel volere che l'altro sia

amato come siamo amati noi. Nell'amore scambievole pieno di
fuoco nulla è tanto stupendo e anche tanto raro: bramare
che colui il quale sopra tutto e tutti tu ami, e dal quale
sei amato con la stessa somma misura, ami un altro d'uguale
dilezione. La prova della carità completa è il desiderio
che sia comunicato ad altri l'amore da cui siamo avvolti.
Certamente, per chi ama di tutto cuore e con la stessa
intensità desidera essere amato, la gioia perfetta è
questa: realizzare quel suo ardente voto di ottenere
l'affetto al quale egli aspira. Perciò trapela una carità
ancora imperfetta nel rifiuto di rallegrarsi perché ad
altri sia partecipata la nostra gioia più cara.



Non poter ammettere comunanza d'amore è segno di evidente

meschinità. Ma saperla accettare rivela grande amore.
Tuttavia, se questo è già molto, varrà ben di più
accogliere gioiosamente di condividere il proprio affetto.
Arrivare poi a desiderare questo è il massimo, secondo una
graduatoria sempre più eccellente. Diamo allora il massimo
a ciò che è massimo, l'ottimo a ciò che è ottimo.



8



Fin qui abbiamo considerato due esseri legati da reciproco

amore. Ma perché la perfezione di ambedue gli amanti sia
completa, si esige per la stessa ragione che anche un altro
possa condividere l'affetto con cui ognuno dei due è amato.
Se non vuoi ciò che richiede la bontà perfetta, come
potrai avere la pienezza della bontà? E volere la bontà
perfetta senza poterla raggiungere, dove fa approdare la
pienezza della potenza? Perciò la conclusione è lampante:
la carità al sommo grado, quindi la bontà in pienezza,
sono escluse dal rifiuto di chi non vuole o non può
associare anche un altro nella sua dilezione o comunicargli
la propria gioia più preziosa.



Perciò quelli che sono amati sommamente e meritano di

esserlo, devono entrambi reclamare con medesimo desiderio un
amico comune ad entrambi, in perfetta concordia. Vedete bene
perciò che la compiutezza della carità richiede una
trinità di persone, senza di cui la carità non può
esistere nella sua pienezza integrale. Così la perfezione
totale e assoluta è intimamente connessa con la perfetta
carità non meno che con la vera Trinità. Non c'è soltanto
pluralità, ma Trinità autentica nella vera Unità e vera
Unità nell'autentica Trinità.



9

Dal vangelo secondo Matteo:
28,16-20



Gesù, avvicinatosi agli undici discepoli, disse loro:

"Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra
. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni,
battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo".



Dal "Commento al salmo 14"di san Girolamo.



Mi è stato comunicato che alcuni fratelli discutono

talvolta e si domandano come mai il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo siano tre insieme e anche uno. Se considerate
il problema, vi accorgerete quanto la disquisizione sia
pericolosa. Un vaso di creta sì mette a discutere sul suo
Creatore, mentre non giunge neppure a scandagliare la
propria natura. Da curioso cerca di cogliere il mistero
della Trinità santissima, che neppure gli angeli in cielo
possono scrutare. Che dicono infatti gli angeli? Chi è
questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re
dello gloria. Sal 23,10. Anche Isaia scrive: "Chi è costui
che viene da Edom, da Bozra con le vesti tinte di rosso?" Is
63,1. Vediamo dunque che gli angeli lodano la bellezza di
Dio, ma nulla dicono sulla sua essenza. Perciò restiamo
anche noi semplici e modesti.



Quando vuoi scrutare la natura divina, quando desideri

sapere ciò che Dio sia, allora nota che tu nulla ne sai. Ma
di ciò non devi turbarti, perché gli angeli stessi non ne
sanno nulla, e nessuna altra creatura ne sa qualcosa.



10



Il pagano vede una pietra e la stima Dio; il filosofo

considera il firmamento e crede di percepire in esso il suo
Dio. Altri scorgono il sole, che sembra loro la divinità.
Considera, perciò, quanto tu superi in saggezza questa
gente, quando dici: Una pietra non può essere Dio; il sole,
che segue il suo corso per comando di un altro, non può
essere Dio. Nella confessione della tua ignoranza si
nasconde una gran sapienza. E i pagani sono insipienti
proprio perché stimano di sapere e invece la loro
conoscenza è un errore.



Oltre a ciò, tu non tieni presente il tuo nome: tu vieni

detto un credente, non un raziocinante. Se sono credente,
vuol dire che credo ciò che non capisco. E proprio per
questo sono sapiente, perché sono consapevole della mia
ignoranza. Al giorno del giudizio non sarò condannato se
dovrò dire: Non ho penetrato l'essenza del mio Creatore. Ma
se sostengo un'affermazione temeraria, la presunzione avrà
il suo castigo, mentre l'ignoranza otterrà misericordia.



11



Desidero anche citare la Scrittura, per appoggiarmi non

tanto sul mio pensiero, ma piuttosto sull'autorità del
nostro Signore e Salvatore. Che disse egli poco prima della
sua ascensione, agli apostoli a cui parlava come maestro e
signore? Nessuno potrà mai parlare della propria natura
come lui che è Dio stesso. Per noi è sufficiente sapere
della Trinità quanto il Signore si è degnato comunicarci.
Che disse dunque agli apostoli? Andate e ammaestrate tutte
le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo. Odo tre nomi, eppure si parla di uno
solo. Il Signore non dice: nei nomi, ma: nel nome. Eppure
Gesù pronunzia tre nomi, Come può riassumerli in uno con
le parole: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo? Il nome del Padre, del Figlio e dello Spirito è uno;
ma è il nome che veramente spetta alla Trinità. Quando si
dice: Nel nome di Dio Padre, nel nome di Dio Figlio e nel
nome di Dio Spirito Santo, Padre, Figlio e Spirito Santo
sono l'unico nome della divinità. E se mi domandi come mai
tre possano venir chiamati con un nome solo, io non lo so e
ammetto con schiettezza la mia ignoranza, perché Cristo non
ci ha rivelato nulla su di ciò.



12



Fratelli, si parla tanto sulla Trinità. Però ai fedeli

basti aver ascoltato poche parole su questo mistero. In
convento impegniamoci piuttosto a trionfare sull'avversario;
ricerchiamo come digiunare; come piangere sui nostri
peccati. Preferiamo indagare come il pensiero ci imprigioni
nelle spire del peccato, riflettiamo come reggere con
pazienza di fronte ad ogni ingiuria e a non opporci al
fratello che ci offende. Cerchiamo di vincerlo nell'umiltà
che ci ha insegnato Cristo lui che soffrendo non minacciava
vendetta. 1Pt 2,23. Invece quando si affaccerà alla mente
il quesito: Che cosa è Dio? E qual è la ragione della
Trinità? ci basti credere che ciò è. Non indaghiamo
temerariamente le ragioni, ma con timore e tremore preghiamo
Dio senza sosta. Mostriamogli la nostra scienza, che
consiste nell'elevargli giorno e notte lodi gioiose.