sabato 13 aprile 2013

Da che cosa il Figlio di Dio ha salvato l'umanità?



Di Maurizio Moscone, docente presso i Seminari Diocesani Missionari "Redemptoris Mater"

1. La Risurrezione: la Vita ha vinto la morte


Cur Deus homo? Perché Dio si è fatto uomo?
Nel corso dei secoli sono state date fondamentalmente due risposte: una che fa riferimento alla gloria di Dio e l’altra alla salvezza dell’uomo, la prima specifica di Duns Scoto e l’altra di San Tommaso d’Aquino.
Il Credo afferma che Gesù Cristo si è incarnato, come sostenuto da San Tommaso, per la nostra salvezza: “Per noi uomini e per la nostra salvezza - dice il simbolo di fede - discese dal cielo, si è incarnato per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine e si è fatto uomo”1.
Da che cosa il Figlio di Dio ha salvato l’umanità?
Melitone di Sardi, in una omelia sulla Pasqua, dà questa risposta: “[…] ci salvò dalla schiavitù del demonio come dalla mano del Faraone. Contrassegnò le nostre anime con il proprio Spirito e le membra del nostro corpo con il suo sangue”2.
Gesù Cristo ci ha salvati dalla schiavitù del demonio, il quale ci dominava per la paura che avevamo della morte. E’ scritto infatti nella Lettera agli Ebrei che il Signore ha ridotto “all’impotenza colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita”3.
San Paolo, in questa lettera, parla della morte dell’anima di colui che è incapace di uscire da se stesso e, vivendo prigioniero delle proprie passioni, è impossibilitato ad amare il suo prossimo, a morire per l’altro come ha fatto il Figlio di Dio per noi.
Da questa morte ontologica l’umanità è liberata nel giorno di Pasqua con la Risurrezione di Gesù Cristo, come canta la liturgia bizantina: « Cristo è risuscitato dai morti. Con la sua morte ha vinto la morte, ai morti ha dato la vita »4.
Il Signore libera dalla morte tutti coloro che si affidano a Lui, perché “prese su di sé la morte che trovò in noi - afferma sant’Agostino - e così assicurò quella vita che da noi non può venire”5.
Con la sua risurrezione Gesù Cristo ha distrutto le opere di morte del diavolo, portando a compimento la sua missione salvifica, poiché, come è scritto nella prima lettera di san Giovanni: «Per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo»6.
La gioia pasquale è caratterizzata propriamente dal fatto che il cristiano sperimenta nel proprio essere il passaggio dalla morte alla vita, perché il Signore “coprì di confusione la morte e gettò nel pianto il diavolo, come Mosè il Faraone”7.
Nel giorno di Pasqua si fa quindi memoria della vittoria della Vita, cioè di Gesù Cristo, sulla morte e della sconfitta di satana. 
2. Satana: simbolo del male?
La sconfitta di satana, e la liberazione dell’umanità redenta dal suo regno di morte, non sarebbe ovviamente avvenuta se il diavolo non esistesse realmente, ma fosse soltanto un simbolo per indicare il male. Questa ultima tesi è però sostenuta da buona parte dei teologi protestanti e cattolici, il cui pensiero ha contagiato e contagia le menti di molti laici ed ecclesiastici.
Molti oggi sottoscriverebbero queste affermazioni del teologo protestante Bultmann:
“Non ci si può servire della luce elettrica e della radio, o far ricorso in caso di malattia ai moderni ritrovati medici e clinici, e nello stesso tempo credere nel mondo degli spiriti […] propostoci dal Nuovo Testamento”8.
Gran parte dei teologi “progressisti” condivide il modo di pensare dell’uomo secolarizzato, secondo il quale la scienza e la tecnica hanno dissolto i miti del passato, perché consentono di spiegare e dominare la realtà senza dovere ricorrere a entità non appartenenti al mondo della natura.
Il teologo cattolico Kolthgasser scrive in proposito:
“L’uomo con la sua ‘ragione’ diventa facilmente ‘misura di tutte le cose’; e tutto ciò che non passa per il filtro della sua ‘ ragione pratica o scientifica’ difficilmente lo accetta. Si sente padrone del suo destino e prova perciò o indifferenza o scetticismo di fronte al ‘mitico’ o al ‘religioso’ , al ‘misterioso’, al ‘transempirico’, al ‘trascendente’. E’ portato, di conseguenza, a ‘denumizzare’, ‘demitizzare’, ‘desacralizzare’ radicalmente e spietatamente […].”9.
All’interno di questo modo di interpretare la realtà, si comprendono i tentativi attuati dai teologi per demistificare false rappresentazioni del male, mostrando come satana sia una raffigurazione immaginifica nata nella mente dell’uomo dell’antichità, il quale non viveva il suo rapporto con il mondo filtrato dalla scienza e dalla tecnica, come avviene per lo più oggi.
Scrive il teologo protestante Gogarten:
“Le cose con le quali l’uomo antico entra in contatto, nonché le relazioni e i rapporti nei quali vive, non sono per lui – come sono invece per noi – di una dimensione puramente oggettiva, cioè non sono nel loro comportamento e nelle loro relazioni note e calcolabili; egli non ha a che fare soltanto con questo stato di cose, ma in esso ha a che fare con delle potenze demoniache misteriose e non-calcolabili. Ad ogni passo, l’uomo antico sta sotto il loro influsso e il loro potere. […] Questo uomo non ha ancora cognizione dell’autonomia e dell’indipendenza interiore con cui l’uomo moderno sta di fronte al mondo e alle cose che vi si trovano”.

*
NOTE 
1 Credo di Nicea-Costantinopoli.
2 Melitone di Sardi, Omelia sulla Pasqua, SC 123, 95-101.
Eb 2, 14-15
4 E’ scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica: ” « Noi vi annunziamo la Buona Novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù » (At 13,32-33). La risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo, creduta e vissuta come verità centrale dalla prima comunità cristiana, trasmessa come fondamentale dalla Tradizione, stabilita dai documenti del Nuovo Testamento, predicata come parte essenziale del mistero pasquale insieme con la croce: « Cristo è risuscitato dai morti. Con la sua morte ha vinto la morte, ai morti ha dato la vita »”. CCC, 638 .
5 Sant’ Agostino, Discorsi, PLS 2, 545-546
6 1 Gv 3,8
7 Melitone di Sardi, Omelia sulla Pasqua, cit.
8 R. Bultmann, Nuovo Testamento e mitologia. Il manifesto della dimitizzazione, saggio introduttivo di I. Mancini, Queriniana, Brescia 1973, IV ed., p.110.
9 A. M. Kothgasser, Il diavolo: mito o realtà?, in A. Amato (a cura di), Temi teologici pastorali, LAS, Roma 1977, p. 145.


* * *

Secondo Gogarten l’uomo contemporaneo si è reso indipendente da “forze misteriose” che lo sovrastano e interpreta la realtà in cui vive in modo secolarizzato. All’interno di questo modo di pensare, risulta convincente l’affermazione dell’esegeta Quinlan, secondo cui “angeli e diavoli, con tutta probabilità, sono espressioni simboliche di verità più profonde. Angeli e diavoli non sono realtà rivelata”[1].

Se Gesù Cristo non ha rivelato l’esistenza di angeli buoni o malvagi come si spiega la loro credenza nelle comunità cristiane primitive?
Alcuni teologi cattolici, come Schillebeeckx e Drewermann, danno una risposta in chiave psicoanalitica a questa domanda.
Secondo Schillebeeckx, la credenza negli angeli è generata dalla proiezione in un mondo fantastico dei conflitti intrapsichici che travagliano l’essere umano. Scrive:
“La frattura che osserviamo nella creazione buona di Dio deve essere […] provocata da una causa non divina. La scissione nel nostro mondo umano: il fatto cioè che da una parte sia creato da Dio, e quindi buono, dall’altra però di fatto peccatore, e quindi nemico di Dio, in questo antico modo di raffigurarsi,  la realtà viene proiettata nel mondo delle potenze celesti, dove sembra regnare la stessa ambivalenza di bontà e malignità. Se non ci sono né angeli né demoni, l’uomo stesso è un demonio! Ma è quanto egli stesso non può accettare nonostante tutte le esperienze di non senso che fa”[2].
Secondo i teologi “secolarizzati” il diavolo non esiste. Come si deve allora interpretare il fatto che, soprattutto nei Vangeli, satana è descritto come una realtà personale che tenta gli esseri umani?
A questa domanda risponde Harnak, rappresentante del protestantesimo liberale, sostenendo che la Bibbia presenta il diavolo come una persona, ma sottolinea che la Sacra Scrittura non è infallibile. Scrive:
“Quanto alla domanda riguardo il diavolo, non può esservi alcun dubbio che la Scrittura intende parlare di un diavolo personale. Ma la Bibbia, deve avere l’ultima parola, è infallibile? […] Questa non è la mia opinione. In particolare riguardo a Satana, si può provare che essa è concepita e sviluppata progressivamente ed è connessa con idee di altri tempi, che noi non condividiamo più”[3].
La grande tradizione teologica, basti pensare a Sant’Agostino e a San Tommaso, non ha mai messo in dubbio la realtà personale di satana e anche oggi ci sono teologi concordi  nell’affermare la sua esistenza.
Ad esempio, il teologo cattolico Leon-Dufour scrive:
“Con il nome di Satana (ebr. satan, l’avversario) o di diavolo (gr. diàbolos, il calunniatore) – i due nomi ricorrono con frequenza pressoché uguale nel NT – la Bibbia designa un essere personale, per sé invisibile, ma la cui azione od influsso si manifesta sia nell’attività di altri esseri (demoni o spiriti impuri), sia nella tentazione”[4].
Secondo la Sacra Scrittura, il diavolo è quindi una persona, che esercita un’attività malefica nei confronti degli uomini e guida l’esercito infernale dei demoni[5].
Gli esorcisti, sulla base della loro esperienza, sono normalmente concordi nell’affermare la realtà di satana e della sua azione malefica, che si esercita sia ordinariamente nelle tentazioni, sia straordinariamente nelle possessioni, nelle vessazioni, nelle ossessioni e nelle infestazioni[6].
La Tradizione della Chiesa avvalora la testimonianza degli esorcisti, poiché essa è unanime nell’affermare l’esistenza personale e spirituale del diavolo e la sua azione malefica.
A titolo esemplificativo vengono riportati, qui di seguito, alcuni giudizi dei Padri della Chiesa, i quali attribuivano a satana l’origine delle eresie sorte nei primi secoli del Cristianesimo e le persecuzioni di cui fu (ed è oggi e sempre) oggetto la Chiesa.
Origene: “Quanto al diavolo e ai suoi angeli e alle potenze contrarie, la Chiesa ce ne insegna l’esistenza”[7].
Atenagora: “I demoni sono angeli creati da Dio e ribellatisi a Lui”[8].
Giustino: “I demòni si sono sempre adoperati a seminare odio tra quanti cercano in qualche modo di vivere secondo il Verbo e fuggire il vizio”[9].
Tertulliano “Il diavolo ha usato vari mezzi per combattere la verità. Talora l’ha turbata fingendo di difenderla”[10].
Il Magistero, in continuità con la Tradizione, afferma sin dalle sue origini l’esistenza di satana come realtà creaturale, e, in quanto creatura, soggetto alla signoria assoluta di Gesù Cristo, che, con la sua risurrezione, ha sconfitto il diavolo – e dunque la morte e il peccato – in modo definitivo.

*
NOTE
[1] J. Quinlan, Angeli e diavoli, in Aa. Vv., Angeli e diavoli, Queriniana, Brescia 1972, p. 90.
[2] E.  Schillebeeckx, Il Cristo, La storia di una nuova prassi, Queriniana, Brescia 1980, p. 90.
[3] A. Harnak, cit. in M. Kothgasser, op. cit., p. 145. 
[4] X. Leon-Dufour, Dizionario di teologia biblica, Marietti, Casale Monferrato, 1984, V ed., p. 1159. 
[5] Cfr. ibidem
[6] Gli esorcisti sono normalmente meno inclini di certi teologi a ritenere che il diavolo non esiste. La loro esperienza diretta vissuta con uomini e donne, di tutte le età e estrazioni sociali, tormentati da qualcuno che agisce in loro, li convince ad affermare l’esistenza di satana.
Padre Amorth, decano degli esorcisti, si impegna da anni, soprattutto tramite pubblicazioni e conferenze a Radio Maria, a far conoscere l’azione del maligno e ai modi per difendersi, raccomandando, prima di tutto di vivere in grazia di Dio e di confessarsi con regolarità.
In particolare, sottolinea che l’esorcismo è necessario nei casi di possessione diabolica, la quale, “è il tormento più grave e ha luogo quando il demonio su impossessa di un corpo (non di un’anima), facendolo agire e parlare come lui vuole, senza che la vittima possa resistere e quindi senza che essa ne sia responsabile moralmente” (G. Amorth, Un esorcista racconta, Presentazione di C. Amantini, Edizioni Dehoniane, Bologna 1991, III ed. ampliata, p. 31).
Padre Amorth svolge un’opera di sensibilizzazione nei confronti del clero, e in particolare dei Vescovi, riguardo alla necessità di amministrare l’esorcismo nei casi necessari, e quindi di nominare esorcisti nelle diocesi. 
[7] Origene, De principiis, III, 6. 
[8] Atenagora, Supplica per i cristiani, I, 21. 
[9] Giustino, Seconda apologia, VIII. 
[10] Tertulliano, Adversus Praxeam, I, 1.


* * *

Il Concilio Vaticano II (1962-1965)  insegna , in sintonia con i precedenti, che nella storia umana avviene una “lotta tremenda” contro satana, nella quale è coinvolto ogni  uomo, che può schierarsi liberamente dalla parte di Dio o del diavolo, della Luce o delle tenebre, della Verità o della menzogna, della Pace o della violenza. E’ scritto nel documento conciliare:

“Tutta intera la storia umana è […]  pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno”.
Riguardo alla natura di satana il Concilio Lateranense IV (1215) afferma:
“[Dio] creò dal nulla l’uno e l’altro ordine di creature: quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli e il mondo terrestre, e poi l’uomo, quasi partecipe dell’uno e dell’altro, composto di anima e di corpo. Il diavolo, infatti, e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi. L’uomo poi ha peccato per suggestione del demonio”.
Il Concilio di Trento (1545-1563) sottolinea che, nonostante la vittoria di Gesù Cristo su satana, questi è sempre attivo e cerca di condurre ogni essere umano alla perdizione eterna, in modo particolare al termine della vita.  Afferma il Concilio:
“Quantunque […] il nostro avversario, durante tutta la vita, cerchi e colga ogni occasione per divorare [cfr. 1 Pt 5,8] le nostre anime in qualsiasi modo, non vi è tempo in cui egli impieghi con più forza tutta la sua astuzia per perderci completamente e allontanarci, se possibile, anche dalla fiducia nella divina misericordia, nel momento in cui vede imminente la fine della nostra vita”.
Giovanni Paolo II ha riaffermato questa dottrina conciliare[1] quando, il 24 maggio 1987, durante la visita al santuario di San Michele Arcangelo, dichiarò che il diavolo “è tuttora vivo e operante nel mondo. Infatti il male che è in esso, il disordine che si riscontra nella società, l’incoerenza dell’uomo, la frattura interiore della quale è vittima, non sono solo le conseguenze del peccato originale, ma anche l’effetto dell’azione infestatrice e oscura di satana”.
Gesù Cristo ha vinto il nemico dell’uomo con  la sua morte e risurrezione e a Lui è necessario affidarci per essere liberati dal male e essere felici.
La Pasqua di Cristo, cioè il suo passaggio dalla morte alla vita, è l’evento savifico che la Chiesa è chiamata ad annunziare fino ai confini della terra, specialmente nelle “periferie dell’esistenza”[2] ai tanti giovani , uomini e donne che vivono “nell’ombra della morte”  e hanno perso o non hanno mai trovato il vero senso della vita.
Ogni  cristiano è chiamato a testimoniare Cristo crocifisso, che con la sua croce ha redento  il mondo e dona a chi si affida  a Lui la gioia e la forza per portare la propria  croce, perché “ci ha liberati dai nostri nemici. […] Eterna è la sua miseicordia”[3].

*
NOTE
[1] Il magistero di Giovanni Paolo II si attua in continuità con i suoi predecessori. Paolo VI, nell’udienza generale del 15 novembre 1972, ricordò l’insegnamento della Chiesa relativo all’azione malvagia nel mondo di “un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore, terribile realtà, misteriosa e paurosa”.
Leone XIII ebbe diretta esperienza di questa “terribile realtà, misteriosa e paurosa” durante una visione che ebbe in Vaticano mentre assisteva a una Messa nella sua cappella privata.
Il giornalista Huber così racconta questo episodio, testimonato anche dal Cardinale Nasalli Rocca nella sua lettera pastorale per la Quaresima del 1946:
“Era un giorno del  dicembre 1884 o del gennaio 1885, in Vaticano, nella cappella privata di Leone XIII.
Dopo aver celebrato la Messa, il Papa come al solito assistette a una seconda Messa. Verso la fine lo si vide drizzare energicamente il capo, poi fissare intensamente qualcosa, al di sopra del capo del celebrante. Guardava fisso, senza battere palpebra ma con un senso di terrore e di meraviglia, cambiando colore e lineamenti. Qualcosa di strano, di grande, avveniva in lui … Finalmente, come rivenendo a sé,  dando un leggero ma energico tocco di mano, si alzò e si avviò verso il suo studio privato. Un prelato del suo seguito chiese: ‘‘Santo Padre, non si sente bene? Ha bisogno di qualcosa?’’. ‘‘Niente, niente’’, rispose il Papa.
Il Ponterfice si chiuse nel suo studio. Una mezz’ora dopo  fece chiamare il segretario della Congregazione dei Riti. Porgendogli  un foglio,  gli ingiunse di farlo stampare e di farlo  pervenire a tutti i vescovi del mondo.
Qual era il contenuto di questo foglio? Una preghiera a San Michele Arcangelo composta dalla stesso Leone XIII: una preghiera  che i sacerdoti avrebbero dovuto recitare alla fine di ogni Messa bassa, in ginocchio ai piedi dell’altare, dopo la Salve Regina già prescritta da Pio IX:
‘‘O San Michele Arcangelo, difendici nella lotta: sii il nostro aiuto contro le malvagità e le insidie del demonio. Iddio lo domini, supplichevoli lo chiediamo e tu, Capo della Milizia celeste, incatena nell’inferno, col divino potere, Satana e gli altri spiriti maligni, che vanno vagando nel mondo, per perdere le anime. Così sia’’.
Leone XIII confidò più tardi a un segretario, monsignor Rinaldo Angeli, di aver visto durante la Messa un nugolo di demoni che si scagliavano sulla Città eterna per investirla” (G. Huber,Vattene via satana! Il diavolo oggi, Libreria Edirice Vaticana, Città del Vaticano 1993, pp. 20-22).
[2] Il Papa invita tutti i cristiani ad “andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di aiuto. C’è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e ricco di amore! “ (Papa Francesco, Udienza generale, Roma, Piazza San Pietro, 27 marzo 2013). 
[3] Sal 136, 24