giovedì 1 marzo 2012

Vivere, cioè pregare

Di seguito il Vangelo di oggi, 1 marzo, giovedi della I settimana di Quaresima,
con un commento e un testo breve di Giovanni Crisostomo.
Negli Approfondimenti il capitolo sui "Mezzi per acquistare la Divina Sapienza" di Luigi Maria Grignon de Montfort, e i numeri del Catechismo della Chiesa Cattolica dedicati alla Preghiera Cristiana.


L'uomo che si priva della preghiera 
è simile a colui che si recide con un coltello 
i tendini e i nervi dei propri arti. 
Cade a terra, incapace di fare il minimo movimento. 
Così è l'anima di colui che non prega: atrofizzata, paralizzata.

San Giovanni Crisostomo

Mt 7,7-12

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe?
Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti”.

IL COMMENTO

Chiedere, cercare, bussare. Chi, che cosa, dove, perchè? La vita non è un quiz, si vive solo accompagnati da certezze, non importa se poche, di fatto ne basta una sola. C'è Uno che pensa a me. C'è Uno che si preoccupa di me. C'è Uno che mi ama, sempre, ovunque. Uno che ama facendo di me un altro se stesso. Uno che mi guarda ed è come se si stesse guardando in uno specchio; Uno che mi ascolta ed è come se stesse tendendo l'orecchio alle parole del proprio cuore; Uno che desidera esattamente ciò che desidero io e, misteriosamente, quel desiderio è proprio il suo; Uno che, per amore, si è spogliato di tutto per essere come me, per fare di me ciò che è Lui, al punto che nulla di me Gli è, in questo istante, indifferente; al punto che tutto di me è, in questo momento, suo, peoccupazione sua, desiderio suo, dolore suo, gioia sua. Per amore, e non per filantropia, per legge o per vana passione. Uno che ha posto il centro della sua vita in questa povera cosa che sono io oggi, e domani, e ogni giorno. Uno che in cambio della gioia che gli era posta innanzi ha scelto l'obbrobrio che ha ghermito la mia vita, sino a farlo diventare il suo obbrobrio per trasformarlo in vittoria. "Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l'hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno". (Santa Caterina da Siena, Il dialogo della Divina provvidenza).

Quest'Uno, quest'Unico che è Dio! E' Dio perchè si è umiliato sino a divenire servo, l'ultimo di tutti gli uomini, perdendone persino le sembianze per me che non so più neanche chi sono, da dove vengo e dove vado, anonimo tra milioni di anonimi. E' Dio perchè si è fatto come la creatura affinchè questa potesse ritornare ad essere se stessa, capace di amare il suo creatore: "La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce liberamente e non si affida al suo Creatore" (Concilio Vaticano II,Gaudium et spes, 19). E' Dio perchè tutto quello che vuole che le sue creature facciano a Lui lo ha fatto a loro, infinite volte: si è fatto uomo, è sceso sino al nulla d'amore provocato dal peccato, sino all'impossibilità di fare agli altri quello che si vorrebbe fatto a se stessi. E lì, uomo tra gli uomini, ha colmato la natura umana della Legge e dei Profeti, dell'essenza della sua Parola, l'amore vittorioso su ogni barriera, capace di donasi, di amare esattamente come il cuore di ogni uomo desidera essere amato 

E' infatti impossibile fare agli altri quel che si desidera fosse fatto a noi. E' impossibile perchè nessun "altro" può amarci come speriamo: desideriamo l'amore nel quale siamo stati creati, l'amore di Dio, senza limiti, senza giudizi, senza esigenze, misericordioso, puro, gratuito, libero. Desideriamo l'amore di Cristo, crocifisso e consegnato senza riserve e senza condizioni, l'amore perfetto, sino alla fine. Per questo Dio si è fatto uomo, prossimo a ciascuno, l'unico "altro" capace di fare a noi esattamente quello che desideriamo. Incontrare il Signore oggi, come l'Uomo che ci consegna quell'amore che bramiamo con ogni fibra del nostro essere, accoglierlo per lasciarci trasformare in Lui, è il compimento della parola del Vangelo di oggi, la pienezza della Legge e dei Profeti. Sperimentare quell'unico amore che vogliamo che gli uomini "facciano" a noi ci trasforma in questo stesso amore, apre le porte a Cristo perchè sia Lui a vivere in noi: "Si rivela così possibile l'amore del prossimo nel senso enunciato dalla Bibbia, da Gesù. Esso consiste appunto nel fatto che io amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco. Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento. Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo. Il suo amico è mio amico. Al di là dell'apparenza esteriore dell'altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto di amore, di attenzione... Così non si tratta più di un «comandamento» dall'esterno che ci impone l'impossibile, bensì di un'esperienza dell'amore donata dall'interno, un amore che, per sua natura, deve essere ulteriormente partecipato ad altri. L'amore cresce attraverso l'amore. L'amore è «divino» perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia «tutto in tutti»" (Benedetto XVI, Deus caritas est, 18). In questo amore scoprire e conoscere il desiderio divino di Dio rivelato in Cristo che coincide con il nostro desiderio, ci rende capaci di "fare" agli altri lo stesso amore; vivere in Cristo significa vedere compiuto ogni desiderio nell'unico "Uomo" dal quale recarsi a bussare certi che ci sarà sempre aperto, in cui cercare sicuri di trovare, a cui chiedere nella fiducia che ci sarà dato

Per questo è inutile chiedere, bussare e cerare laddove nessuno potrà mai darci quello che il nostro cuore desidera: è inutile e fonte di grandi sofferenze sperarlo dagli "uomini", dalla moglie, dal marito, dai figli, dai genitori, dagli amici, dal fidanzato, dalla fidanzata, dai superiori, da chi è a contatto con noi. Faremmo la fine di quell'uomo aggredito dai briganti e lasciato mezzo morto mentre scendeva da Gerusalemme a Gerico. Nessuno degli "uomini" da cui ci sarebbe aspettato amore, attenzione e aiuto si è fermato a soccorrerlo, a dargli "quello che avrebbe voluto che facessero per lui". Nessuno tranne uno Straniero, Uno che veniva dal Cielo, e quindi "eretico" per chi fa della carne il suo sostegno, l'unico prossimo capace di "fargli quello di cui aveva bisogno", caricarsi della sua vita per deporla nel seno della misericordia. Per questo Gesù racconta questa parabola al fariseo che lo aveva interrogato su chi fosse il prossimo da amare, concludendo con  parole che fanno eco a quelle del vangelo di oggi: "và e fa anche tu lo stesso". Chi ha conosciuto il Samaritano buono e misericordioso, che ha sperimentato il suo amore farà lo stesso, amerà come ha imparato, sperimentato e conosciuto: "Idem velle atque idem nolle— volere la stessa cosa e rifiutare la stessa cosa, è quanto gli antichi hanno riconosciuto come autentico contenuto dell'amore: il diventare l'uno simile all'altro, che conduce alla comunanza del volere e del pensare. La storia d'amore tra Dio e l'uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, così, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più: la volontà di Dio non è più per me una volontà estranea, che i comandamenti mi impongono dall'esterno, ma è la mia stessa volontà, in base all'esperienza che, di fatto, Dio è più intimo a me di quanto lo sia io stesso. Allora cresce l'abbandono in Dio e Dio diventa la nostra gioia". (Benedetto XVI, Deus caritas est, 17).

Per questo occorre bussare, cercare e chiedere con un cuore di bambino, senza timore, con audacia; ancor più forte quando ci troviamo mezzi morti sul ciglio della vita, come neonati affamati nell'ora della poppata. Un bambino infatti, senza alcun pregiudizio, per pura esperienza, si getta nell'amore del padre e chiede, cerca e bussa, senza stancarsi; lui sa come farsi aprire, usa astutamente ogni stratagemma perchè conosce la "fragilità" amorevole del cuore del padre. E quando un bimbo chiede, un padre, pur essendo "cattivo", cioè "schiavo", "prigioniero" del limite angusto della propria carne, dà prontamente cose buone al figlio. E non scambia pani per pietre o pesci per serpenti, pur essendo simili ad una prima occhiata. Non sbaglia dono, ed è solo un uomo. Certezza d'un bambino. Incrollabile fiducia di chi vede il suo papà grande, e forte, e buono, e con un cuore grandissimo, il migliore di tutti i papà. 

Pregare e vivere ogni istante così, il cristiano è tutto in questa certezza. La roccia d'un amore infinito, infallibile, che conosce il nostro cuore, sa di cosa abbiamo bisogno, e non sbaglia un colpo. Non v'è necessità che Gli sia sconosciuta, è nostro Padre, è nel Cielo, e  vede me in Lui e Lui in me, e vede tutto attraverso suo Figlio fatto una sola carne con me. Nel mio cuore incontra il suo cuore, nella mia anima riconsce il seme d'infinito che Egli stesso vi ha deposto, non può che raccoglierlo e fare secondo il desiderio che in esso è celato. E' Dio, ed è buono, e ci colma di cose buone, quelle che realmente il nostro cuore desidera. Ciò per cui siamo stati creati ed esistiamo, ed esisteremo in eterno. Spine nella carne, difficoltà, solitudini, incomprensioni, tradimenti, precarietà, morte, vita, situazioni irrazionali, in tutto brilla la sua Grazia, il suo amore, e questo basta: è la cosa buona per eccellenza. E' la bontà di Dio per noi. "Apparvero la bontà di Dio... e il suo amore per gli uomini!" (Tt 3,4). Apparvero in Gesù, ed è oggi quello che desideriamo sia fatto a noi: la bontà che ci accoglie. Vivere di questo amore che si manifesta pienamente nella nostra debolezza. Chiedere, bussare, cercare questo amore. Come Gesù nell'Orto degli Ulivi, all'estremo dell'angoscia, accasciato su una certezza: la volontà del Padre è la verità, l'unica salvezza, l'unica strada alla felicità e alla Vita. Chiedere, cercare, bussare, sempre e ovunque la sua volontà in noi. Lo Spirito nel nostro spirito sciogliendo le labbra del cuore nell'unica invocazione, che è uno stringersi senza paura: Papà.

* * * 

San Giovanni Crisostomo
 (c. 345-407), sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Omelie sull'incomprensibilità di Dio, n° 5

«Chiunque chiede riceve»

        E' un'arma potente la preghiera, un tesoro indefettibile, una ricchezza inesauribile, un porto al riparo delle tempeste, un serbatoio di pace; la preghiera è radice, fonte e madre di innumerevoli beni... Ma la preghiera di cui parlo non è mediocre, né incurante; è una preghiera ardente, scaturita dalla sofferenza dell'anima e dallo sforzo dello spirito. Ecco la preghiera che sale fino al cielo... Senti ciò che dice l'autore sacro: «Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto» (Sal 120,1). Chi prega così nel dolore, gusterà nella sua anima, dopo la preghiera, una grande gioia...
        Per preghiera non intendo quella che affiora solo sulle labbra, ma quella che scaturisce dal profondo del cuore. Come gli alberi dalle radici profonde, anche quando i venti scatenano mille assalti, non vengono schiantati, né divelti, perché sono radicati saldamente ben dentro al terreno, ugualmente le preghiere che emergono dal profondo del cuore, così radicate, si elevano sicure e nessun pensiero di mancanza di certezza o di merito può deviarne il corso. Ecco perché il salmista esclama: «Dal profondo a te grido, o Signore» (Sal 130,1) ...
        Se raccontare agli uomini le tue sventure e descrivere le prove che ti hanno colpito porta qualche sollievo alle tue sofferenze, come se attraverso le parole si sprigionasse una brezza rinfrescante, a maggior ragione se dici al Signore le sofferenze della tua anima troverai consolazione e conforto in abbondanza! Succede spesso che la gente sopporti difficilmente chi viene a gemere o a lamentarsi; lo si respinge e lo si allontana. Dio, invece, non agisce così: ti fa avvicinare, anzi ti attira a sé; e anche se per l'intera giornata gli esponi i tuoi mali, sarà ancor più disposto ad amarti e ad esaudire le tue suppliche.


 APPROFONDIMENTI


 

1. Da "L' AMORE DELL'ETERNA SAPIENZA"

 di S. Luigi Maria Grignion de Montfort


CAPITOLO XV
 MEZZI PER ACQUISTARE LA DIVINA SAPIENZA 

PRIMO MEZZO: UN DESIDERIO ARDENTE

I. - Necessità del desiderio della Sapienza

 [181] Fino a quando, figli degli uomini, avrete il cuore duro e rivolto verso la terra? Fino a quando amerete la vanità e cercherete la menzogna? [211] Perché non volgete i vostri occhi ed i vostri cuori verso la divina Sapienza? Di tutte le cose che si possono desiderare è la più desiderabile. Per farsi amare dagli uomini rivela la propria origine, mostra la propria bellezza, sfoggia i propri tesori ed in mille modi attesta il desiderio che gli uomini la bramino e la cerchino. «Desiderate le mie parole...[212] La Sapienza previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano... [213] Dunque il desiderio della Sapienza conduce al regno... Onorate la Sapienza,perché possiate regnare per sempre [214]».

 II. - Qualità di tale desiderio
 [182] Il desiderio della Sapienza deve essere un gran dono di Dio, se è ricompensa alla fedele osservanza dei comandamenti di Dio! «Se desideri la Sapienza, osserva i comandamenti; allora il Signore te la concederà... [215] Rifletti sui precetti del Signore, medita sempre sui suoi comandamenti: egli renderà saldo il tuo cuore, e il tuo desiderio di Sapienza sarà soddisfatto [216]». Infatti «la Sapienza non entra in un'anima che opera il male, né abita in un corpo schiavo del peccato» [217]. Occorre che tale desiderio della Sapienza sia santo e sincero nell'osservanza fedele dei comandamenti di Dio. Esiste infatti un'infinità di stolti e pigri che hanno mille desideri, o piuttosto mille velleità di bene. Ma tali desideri non producono fuga dal peccato, né violenza a se stessi e sono perciò desideri falsi e menzogneri che uccidono e dannano. «I desideri del pigro lo portano alla morte» [218].Anche lo Spirito Santo, il maestro della scienza, «rifugge dalla finzione, se ne sta lontano dai discorsi insensati, è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia» [219]

 III - Esempi
 [183] Salomone, modello dato a noi dallo Spirito Santo nell'acquisto della Sapienza, non l'ha ricevuta se non dopo averla lungamente desiderata, cercata e chiesta: «Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo Spirito della Sapienza... [220] Questa ho amato e ricercato fin dalla mia giovinezza, ho cercato di prendermela come sposa, mi sono innamorato della sua bellezza ... [221] Andavo cercando come prenderla con me [222]».Bisogna essere come Salomone e Daniele, uomini di desiderio, per ottenere questo grande tesoro della Sapienza.


SECONDO MEZZO: UNA PREGHIERA CONTINUA


I. - Necessità della preghiera continua 

[184] Più un dono di Dio è grande e più difficile è ottenerlo. Quali preghiere, dunque, quali fatiche non esige il dono della Sapienza, il più grande fra tutti i doni di Dio! Ascoltiamo che cosa dice la Sapienza stessa: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto» [223]. Come se dicesse: «Volete trovarmi? Dovete cercarmi. Volete entrare nel mio palazzo? Dovete bussare alla porta. Volete avermi? Dovete chiedermi. Nessuno mi trova se non mi cerca; nessuno entra da me se non bussa alla porta; nessuno mi ottiene se non mi chiede. Tutto, invece, è concesso alla preghiera». La preghiera è l'ordinario canale per il quale Dio comunica le sue grazie, in modo speciale la Sapienza. Il mondo invocò per 4 millenni l'incarnazione della divina Sapienza. Maria si preparò durante quattordici anni con la preghiera per riceverla nel suo seno. Salomone la possedette dopo averla lungamente chiesta e con ardore straordinario: «Mi rivolsi al Signore e lo pregai, dicendo con tutto il cuore... [224] Dammi la Sapienza, che siede in trono accanto a te [225]». «Se qualcuno di voi manca di Sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data» [226]. Notate. Lo Spirito Santo non dice: se qualcuno manca di carità, di umiltà, di pazienza ecc., che pure sono virtù eccellenti; ma «se qualcuno manca di Sapienza», perché con questa si chiedono tutte le virtù in essa racchiuse. Per averla occorre, quindi, chiederla. Ma come?

 II. Qualità della preghiera
 [185] 1) Bisogna chiedere con fede viva e ferma, senza esitazione: «La domandi però con fede, senza esitare» [227]. Chi possiede fede vacillante non deve attendersi di ottenerla: «Non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l'animo vacillante» [228].
 [186] 2) Bisogna chiedere con fede pura, senza appoggiare la domanda a consolazioni sensibili, visioni o rivelazioni particolari. Benché tutto ciò possa essere una cosa buona e vera - come lo fu presso alcuni santi - è sempre pericoloso fidarvisi. La fede è tanto meno pura e meritoria, quanto più si fonda su queste grazie straordinarie e sensibili. Quanto lo Spirito Santo ci dice delle grandezze e bellezze della Sapienza, dei desideri di Dio di darla a noi, del nostro bisogno di possederla, sono motivi sufficienti per farcela desiderare e chiedere a Dio con tutta la fede e la premura possibili.
 [187] La fede pura è il principio e l'effetto della Sapienza nell'anima nostra. Più si ha fede e più si ha la Sapienza; più si ha la Sapienza e più si ha fede. Il giusto - o il sapiente - vive solo di fede [229] senza vedere, sentire, gustare e tentennare. «Dio l'ha detto o l'ha promesso!», ecco la pietra fondamentale di ogni sua preghiera e di ogni sua azione. Anche se gli pare naturale che Dio non abbia occhi per vedere la sua miseria, orecchie per ascoltare le sue domande, braccia per abbattere i suoi nemici, mani per dargli aiuto. Anche se è assalito da distrazioni, dubbi e tenebre dello spirito, da illusioni della fantasia, da disgusti e noie del cuore, da tristezze ed agonie dell'anima. Il sapiente non chiede di vedere cose straordinarie come le hanno viste i santi, né di gustare dolcezze sensibili nell'orazione e nelle pratiche di pietà. Chiede con fede la divina Sapienza, sicuro che gli sarà concessa [230] molto più che se un angelo fosse disceso dal cielo per assicurarglielo. Dio infatti ha detto: «Chi chiede ottiene» [231]. Quelli che chiedono a Dio nel modo giusto, ottengono ciò che chiedono. «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo (lo spirito di Sapienza) a coloro che glielo chiedono!» [232]. [188] 3) Bisogna chiedere con perseveranza. Per possedere questa perla preziosa e questo infinito tesoro, occorre usare una santa importunità presso Dio, altrimenti non la si avrà mai. Non si faccia come tante persone che domandano grazie a Dio, ma quando hanno pregato per un periodo considerevole di tempo, magari per anni interi, e vedono di non essere state esaudite, si scoraggiano e smettono di pregare, persuase che Dio non le voglia accontentare. Così perdono il frutto delle loro preghiere e offendono Dio, che si compiace solo nel donare e che sempre esaudisce in un modo o nell'altro le preghiere ben fatte. Dunque, chi vuole ottenere la Sapienza, deve chiederla giorno e notte, senza stancarsi e senza scoraggiarsi. Mille volte beato chi la otterrà dopo dieci, venti, trent'anni di preghiera, od anche un'ora prima della morte! E se la ricevesse solo dopo aver trascorso tutta la vita a cercarla, chiederla e meritarla con ogni sorta di fatiche e di croci, si persuada di non riceverla per giustizia, come una ricompensa, ma per pura misericordia, come una elemosina.
 [189] No, no, non sono affatto queste anime negligenti ed incostanti nella preghiera e nella ricerca quelle che otterranno la Sapienza! Bensì le somiglianti a quell'amico che, di notte, va a bussare alla porta di un altro amico per chiedergli in prestito tre pani. In tale parabola o racconto è la stessa Sapienza ad indicarci il modo con cui bisogna domandarla per ottenerla. L'amico bussa e raddoppia i colpi e la preghiera, quattro o cinque volte, con più forza ed insistenza, benché indebita sia l'ora, verso mezzanotte, benché l'altro sia a letto, e benché ne sia stato respinto e rimandato due o tre volte come imprudente ed importuno. Alla fine, l'amico è talmente importunato dalle richieste dell'altro, che si alza, apre la porta e gli dà quanto chiede [233].
[190] Ecco come dobbiamo pregare per ottenere la Sapienza. Presto o tardi, infallibilmente, Dio, che vuol essere importunato, si leverà, aprirà la porta della misericordia e ci darà i tre pani della Sapienza: il pane di vita, il pane dell'intelletto e il pane degli angeli. Ecco una preghiera dettata dallo Spirito Santo per chiedere la Sapienza:

III. Preghiera di Salomone per ottenere la divina Sapienza 
[191] 1. Dio dei padri e Signore di misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, 2. che con la tua Sapienza hai formato l'uomo, perché domini sulle creature fatte da te 3. e governi il mondo con santità e giustizia e pronunzi giudizi con animo retto, 4. dammi la Sapienza che siede in trono accanto a te e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, 5. perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella, uomo debole e di vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi. 6. Se anche uno fosse il più perfetto tra gli uomini, mancandogli la tua Sapienza, sarebbe stimato un nulla.
[192] 7. Con te è la Sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti,
8. Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito. 9. Essa infatti tutto conosce e tutto comprende, e mi guiderà prudentemente nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloria. 10. Così le mie opere ti saranno gradite; io giudicherò con equità il tuo popolo e sarò degno del trono di mio padre. 11. Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? 12. I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, 13. perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri. 14. A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi può rintracciare le cose del cielo 15. Chi ha conosciuto il tuo pensiero, se tu non gli hai concesso la Sapienza e non gli hai inviato il tuo Santo Spirito dall'alto? 16. Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono ammaestrati in ciò che ti è gradito; essi furono salvati per mezzo della Sapienza» [234].
 [193] All'orazione vocale bisogna aggiungere l'orazione mentale che rischiara lo spirito, infiamma il cuore e rende l'anima capace di ascoltare la voce della Sapienza, di gustare le sue dolcezze e di possedere i suoi tesori. Per me, non trovo nulla di più efficace per attirare dentro di noi il regno di Dio, la Sapienza eterna, quanto l'aggiungere alla preghiera vocale l'orazione mentale, unendo alla recita del santo Rosario la meditazione dei quindici misteri che esso contiene.


NOTE
211 Sal 4,3: «Fino a quando, uomini, sarete duri di cuore? Perché amate cose vane e cercate la menzogna?». 212 Sap 6,11. 213 Sap 6,13. 214 Sap 6,20-21. 215 Sir 1,33. 216 Sir 6,37. 217 Sap 1,4. 218 Pr 21,25. 219 Sap 1, 5. 220 Sap 7,7. 221 Sap 8,2. 222 Sap 8,18. 223 Mt 7,7. 224 Sap 8,21. 225 Sap 9,4. 226 Gc 1,5. 227 Gc 1,6. 228 Gc 1,5-7: «Se qualcuno di voi manca di Sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data. La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare mossa e agitata dal vento; e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni». 229 Cf Ab 2,4: «il giusto vivrà per la sua fede», o «fedeltà». «La fedeltà a Dio, cioè alla sua parola e alla sua volontà, caratterizza il giusto ; gli assicura quaggiù sicurezza e vita. L'empio che manca di questa rettitudine va alla rovina». (Bibbia di Gerusalemme, p. 2033). Cf Rm 1,17: «Il giusto vivrà mediante la fede»; Gal 3,11; Eb
10,38. 230 Cf sopra Gc 1,5-7. 231 Lc 11,10. 232 Lc 11,13. 233 Cf Lc 11,5-8 234 Sap 9,1-6.9-18.
* * *

2. Dal "Catechismo della Chiesa Cattolica"

  Il combattimento della preghiera

PARTE QUARTA
LA PREGHIERA CRISTIANA
SEZIONE PRIMA
LA PREGHIERA NELLA VITA CRISTIANA
CAPITOLO TERZO
LA VITA DI PREGHIERA
ARTICOLO 2
IL COMBATTIMENTO DELLA PREGHIERA
2725 La preghiera è un dono della grazia e da parte nostra una decisa risposta. Presuppone sempre uno sforzo. I grandi oranti dell'Antica Alleanza prima di Cristo, come pure la Madre di Dio e i santi con lui ce lo insegnano: la preghiera è una lotta. Contro chi? Contro noi stessi e contro le astuzie del tentatore che fa di tutto per distogliere l'uomo dalla preghiera, dall'unione con il suo Dio. Si prega come si vive, perché si vive come si prega. Se non si vuole abitualmente agire secondo lo Spirito di Cristo, non si può nemmeno abitualmente pregare nel suo nome. Il « combattimento spirituale » della vita nuova del cristiano è inseparabile dal combattimento della preghiera.
2726 Nel combattimento della preghiera dobbiamo opporci, in noi stessi e intorno a noi, ad alcune concezioni erronee della preghiera. Alcuni vedono in essa una semplice operazione psicologica, altri uno sforzo di concentrazione per arrivare al vuoto mentale. C'è chi la riduce ad alcune attitudini e parole rituali. Nell'inconscio di molti cristiani, pregare è un'occupazione incompatibile con tutto ciò che hanno da fare: non ne hanno il tempo. Coloro che cercano Dio mediante la preghiera si scoraggiano presto allorquando ignorano che la preghiera viene anche dallo Spirito Santo e non solo da loro.
2727 Dobbiamo anche opporci ad alcune mentalità di « questo mondo »; se non siamo vigilanti, ci contaminano, per esempio: l'affermazione secondo cui vero sarebbe soltanto ciò che è verificato dalla ragione e dalla scienza (pregare è, invece, un mistero che oltrepassa la nostra coscienza e il nostro inconscio); i valori della produzione e del rendimento (la preghiera, improduttiva, è dunque inutile); il sensualismo e le comodità, eretti a criteri del vero, del bene e del bello (la preghiera, invece, « amore della Bellezza » [N48@i"8\"], è passione per la gloria del Dio vivo e vero); per reazione contro l'attivismo, ecco la preghiera presentata come fuga dal mondo (la preghiera cristiana, invece, non è un estraniarsi dalla storia né un divorzio dalla vita).
2728 Infine la nostra lotta deve affrontare ciò che sentiamo come nostri insuccessi nella preghiera: scoraggiamento dinanzi alle nostre aridità, tristezza di non dare tutto al Signore, poiché abbiamo « molti beni », 194 delusione per non essere esauditi secondo la nostra volontà, ferita al nostro orgoglio che si ostina sulla nostra indegnità di peccatori, allergia alla gratuità della preghiera, ecc. La conclusione è sempre la stessa: perché pregare? Per vincere tali ostacoli, si deve combattere in vista di ottenere l'umiltà, la fiducia e la perseveranza.
Di fronte alle difficoltà della preghiera
2729 La difficoltà abituale della nostra preghiera è la distrazione. Può essere relativa alle parole e al loro senso, nella preghiera vocale; può invece riguardare, più profondamente, colui che preghiamo, nella preghiera vocale (liturgica o personale), nella meditazione e nella preghiera contemplativa. Andare a caccia delle distrazioni equivarrebbe a cadere nel loro tranello, mentre basta tornare al nostro cuore: una distrazione ci rivela ciò a cui siamo attaccati, e questa umile presa di coscienza davanti al Signore deve risvegliare il nostro amore preferenziale per lui, offrendogli risolutamente il nostro cuore, perché lo purifichi. Qui si situa il combattimento: nella scelta del Padrone da servire. 195
2730 Positivamente, la lotta contro il nostro io possessivo e dominatore è la vigilanza, la sobrietà del cuore. Quando Gesù insiste sulla vigilanza, essa è sempre relativa a lui, alla sua venuta nell'ultimo giorno ed ogni giorno: « Oggi ». Lo Sposo viene a mezzanotte; la luce che non deve spegnersi è quella della fede: « Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto" » (Sal 27,8).
2731 Un'altra difficoltà, specialmente per coloro che vogliono sinceramente pregare, è l'aridità. Fa parte dell'orazione nella quale il cuore è insensibile, senza gusto per i pensieri, i ricordi e i sentimenti anche spirituali. È il momento della fede pura, che rimane con Gesù nell'agonia e nella tomba. « Il chicco di grano, [...] se muore, produce molto frutto » (Gv 12,24). Se l'aridità è dovuta alla mancanza di radice, perché la parola è caduta sulla pietra, il combattimento rientra nel campo della conversione. 196
Di fronte alle tentazioni nella preghiera
2732 La tentazione più frequente, la più nascosta, è la nostra mancanza di fede. Si manifesta non tanto in una incredulità dichiarata, quanto piuttosto in una preferenza di fatto. Quando ci mettiamo a pregare, mille lavori o preoccupazioni, ritenuti urgenti, si presentano come prioritari; ancora una volta è il momento della verità del cuore e del suo amore preferenziale. Talvolta ci rivolgiamo al Signore come all'ultimo rifugio: ma ci crediamo veramente? Talvolta prendiamo il Signore come alleato, ma il cuore è ancora nella presunzione. In tutti i casi, la nostra mancanza di fede palesa che non siamo ancora nella disposizione del cuore umile: « Senza di me non potete far nulla » (Gv 15,5).
2733 Un'altra tentazione, alla quale la presunzione apre la porta, è l'accidia. Con questo termine i Padri della vita spirituale intendono una forma di depressione dovuta al rilassamento dell'ascesi, ad un venire meno della vigilanza, alla mancata custodia del cuore. « Lo spirito è pronto, ma la carne è debole » (Mt 26,41). Quanto più si cade dall'alto, tanto più ci si fa male. Lo scoraggiamento, doloroso, è l'opposto della presunzione. L'umile non si stupisce della propria miseria; essa lo conduce ad una maggior fiducia, a rimanere saldo nella costanza.
2734 La fiducia filiale è messa alla prova – e si manifesta – nella tribolazione. 197 La difficoltà principale riguarda la preghiera di domanda, nell'intercessione per sé o per gli altri. Alcuni smettono perfino di pregare perché, pensano, la loro supplica non è esaudita. Qui si pongono due interrogativi: Perché riteniamo che la nostra domanda non sia stata esaudita? In che modo la nostra preghiera è esaudita, è « efficace »?
Perché lamentarci di non essere esauditi?
2735 Una constatazione dovrebbe innanzi tutto sorprenderci. Quando lodiamo Dio o gli rendiamo grazie per i suoi benefici in generale, noi non ci preoccupiamo affatto di sapere se la nostra preghiera gli è gradita. Invece abbiamo la pretesa di vedere il risultato della nostra domanda. Qual è, dunque, l'immagine di Dio che motiva la nostra preghiera: un mezzo di cui servirci oppure il Padre del Signore nostro Gesù Cristo?
2736 Siamo convinti che « nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare » (Rm 8,26)? Chiediamo a Dio « i beni convenienti »? Il Padre nostro sa di quali cose abbiamo bisogno, prima che gliele chiediamo, 198 ma aspetta la nostra domanda perché la dignità dei suoi figli sta nella loro libertà. Pertanto è necessario pregare con il suo Spirito di libertà, per poter veramente conoscere il suo desiderio. 199
2737 « Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri » (Gc 4,2-3). 200 Se noi chiediamo con un cuore diviso, « adultero », 201 Dio non ci può esaudire, perché egli vuole il nostro bene, la nostra vita. « O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: "Fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi"? » (Gc 4,5). Il nostro Dio è « geloso » di noi, e questo è il segno della verità del suo amore. Entriamo nel desiderio del suo Spirito e saremo esauditi:
« Non rammaricarti se non ricevi subito da Dio ciò che gli chiedi; egli vuole beneficarti molto di più, per la tua perseveranza nel rimanere con lui nella preghiera ». 202

Egli vuole « che nella preghiera si eserciti il nostro desiderio, in modo che diventiamo capaci di ricevere ciò che egli è pronto a darci ». 203
In che modo la nostra preghiera è efficace?
2738 La rivelazione della preghiera nell'Economia della salvezza ci insegna che la fede si appoggia sull'azione di Dio nella storia. La fiducia filiale è suscitata dall'azione di Dio per eccellenza: la passione e la risurrezione del Figlio suo. La preghiera cristiana è cooperazione alla provvidenza di Dio, al suo disegno di amore per gli uomini.
2739 In san Paolo questa fiducia è audace, 204 fondata sulla preghiera dello Spirito in noi e sull'amore fedele del Padre che ci ha donato il suo unico Figlio. 205 La trasformazione del cuore che prega è la prima risposta alla nostra domanda.
2740 La preghiera di Gesù fa della preghiera cristiana una domanda efficace. Egli ne è il modello, egli prega in noi e con noi. Poiché il cuore del Figlio non cerca se non ciò che piace al Padre, come il cuore dei figli di adozione potrebbe attaccarsi ai doni piuttosto che al Donatore?
2741 Gesù prega anche per noi, al nostro posto e in nostro favore. Tutte le nostre domande sono state raccolte una volta per sempre nel suo grido sulla croce ed esaudite dal Padre nella sua risurrezione, ed è per questo che egli non cessa di intercedere per noi presso il Padre. 206 Se la nostra preghiera è risolutamente unita a quella di Gesù, nella fiducia e nell'audacia filiale, noi otteniamo tutto ciò che chiediamo nel suo nome; ben più di questa o quella cosa: lo stesso Spirito Santo, che comprende tutti i doni.
2742 « Pregate incessantemente » (1 Ts 5,17), « rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo » (Ef 5,20); « pregate incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi » (Ef 6,18). « Non ci è stato comandato di lavorare, di vegliare e di digiunare continuamente, mentre la preghiera incessante è una legge per noi ». 207 Questo ardore instancabile non può venire che dall'amore. Contro la nostra pesantezza e la nostra pigrizia il combattimento della preghiera è il combattimento dell'amore umile, confidente, perseverante. Questo amore apre i nostri cuori su tre evidenze di fede, luminose e vivificanti.
2743 Pregare è sempre possibile: il tempo del cristiano è il tempo di Cristo risorto, che è con noi « tutti i giorni » (Mt 28,20), quali che siano le tempeste. 208 Il nostro tempo è nelle mani di Dio:
« È possibile, anche al mercato o durante una passeggiata solitaria, fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate ». 209
2744 Pregare è una necessità vitale. La prova contraria non è meno convincente: se non ci lasciamo guidare dallo Spirito, ricadiamo sotto la schiavitù del peccato. 210 Come può lo Spirito Santo essere la « nostra vita », se il nostro cuore è lontano da lui?
« Niente vale quanto la preghiera; essa rende possibile ciò che è impossibile, facile ciò che è difficile. [...] È impossibile che cada in peccato l'uomo che prega ». 211

« Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna ». 212
2745 Preghiera e vita cristiana sono inseparabili, perché si tratta del medesimo amore e della medesima abnegazione che scaturisce dall'amore. La medesima conformità filiale e piena d'amore al disegno d'amore del Padre. La medesima unione trasformante nello Spirito Santo, che sempre più ci configura a Cristo Gesù. Il medesimo amore per tutti gli uomini, quell'amore con cui Gesù ci ha amati. « Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo concederà. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri » (Gv 15,16-17).
« Prega incessantemente colui che unisce la preghiera alle opere e le opere alla preghiera. Soltanto così possiamo ritenere realizzabile il principio di pregare incessantemente ». 213
2746 Quando la sua Ora è giunta, Gesù prega il Padre. 214 La sua preghiera, la più lunga trasmessaci dal Vangelo, abbraccia tutta l'Economia della creazione e della salvezza, come anche la sua morte e la sua risurrezione. La preghiera dell'Ora di Gesù rimane sempre la sua preghiera, così come la sua pasqua, avvenuta « una volta per tutte », resta presente nella liturgia della sua Chiesa.
2747 La tradizione cristiana a ragione la definisce la « preghiera sacerdotale » di Gesù. È quella del nostro Sommo Sacerdote, è inseparabile dal suo sacrificio, dal suo passaggio (« pasqua ») al Padre, dove egli è interamente « consacrato » al Padre. 215
2748 In questa preghiera pasquale, sacrificale, tutto è « ricapitolato » in lui: 216 Dio e il mondo, il Verbo e la carne, la vita eterna e il tempo, l'amore che si consegna e il peccato che lo tradisce, i discepoli presenti e quelli che per la loro parola crederanno in lui, l'annientamento e la gloria. È la preghiera dell'Unità.
2749 Gesù ha portato a pieno compimento l'opera del Padre, e la sua preghiera, come il suo sacrificio, si estende fino alla consumazione dei tempi. La preghiera dell'Ora riempie gli ultimi tempi e li porta verso la loro consumazione. Gesù, il Figlio al quale il Padre ha dato tutto, si consegna interamente al Padre, e, al tempo stesso, si esprime con una libertà sovrana 217 per il potere che il Padre gli ha dato sopra ogni essere umano. Il Figlio, che si è fatto Servo, è il Signore, il A". Il nostro Sommo Sacerdote che prega per noi è anche colui che prega in noi e il Dio che ci esaudisce.
2750 È entrando nel santo nome del Signore Gesù che noi possiamo accogliere, dall'interno, la preghiera che egli ci insegna: « Padre nostro! ». La sua « preghiera sacerdotale » ispira, dall'interno, le grandi domande del « Pater »: la sollecitudine per il nome del Padre, 218 la passione per il suo Regno (la gloria 219), il compimento della volontà del Padre, del suo disegno di salvezza 220 e la liberazione dal male. 221
2751 Infine è in questa preghiera che Gesù ci rivela e ci dona la « conoscenza » indissociabile del Padre e del Figlio, 222 che è il mistero stesso della vita di preghiera.
2752 La preghiera suppone uno sforzo e una lotta contro noi stessi e contro le insidie del tentatore. Il combattimento della preghiera è inseparabile dal « combattimento spirituale », necessario per agire abitualmente secondo lo Spirito di Cristo: si prega come si vive, perché si vive come si prega.
2753 Nel combattimento della preghiera dobbiamo affrontare concezioni erronee, varie mentalità diffuse, l'esperienza dei nostri insuccessi. A queste tentazioni, che inducono a dubitare dell'utilità e perfino della possibilità della preghiera, occorre rispondere con l'umiltà, la fiducia e la perseveranza.
2754 Le principali difficoltà nell'esercizio della preghiera sono la distrazione e l'aridità. Il rimedio si trova nella fede, nella conversione e nella custodia del cuore.
2755 Due tentazioni frequenti minacciano la preghiera: la mancanza di fede e l'accidia, che è una forma di depressione, dovuta al rilassamento dell'ascesi, e che porta allo scoraggiamento.
2756 La fiducia filiale viene messa alla prova quando abbiamo la sensazione di non essere sempre esauditi. Il Vangelo ci invita a interrogarci sulla conformità della nostra preghiera al desiderio dello Spirito.
2757 « Pregate incessantemente » (1 Ts 5,17). È sempre possibile pregare. Anzi, è una necessità vitale. Preghiera e vita cristiana sono inseparabili.
2758 La preghiera dell'Ora di Gesù, detta a ragione « preghiera sacerdotale », 223 ricapitola l'intera Economia della creazione e della salvezza. Essa ispira le grandi petizioni del « Padre nostro ».

(194) Cf Mc 10,22.
(195) Cf Mt 6,21.24.
(196) Cf Lc 8,6.13.
(197) Cf Rm 5,3-5.
(198) Cf Mt 6,8.
(199) Cf Rm 8,27.
(200) Cf tutto il contesto Gc 1,5-8; 4,1-10; 5,16.
(201) Cf Gc 4,4.
(202) Evagrio Pontico, De oratione, 34: PG 79, 1173.
(203) Sant'Agostino, Epistula 130, 8, 17: CSEL 44, 59 (PL 33, 500).
(204) Cf Rm 10,12-13.
(205) Cf Rm 8,26-39.
(206) Cf Eb 5,7; 7,25; 9,24.
(207) Evagrio Pontico, Capita practica ad Anatolium, 49: SC 171, 610 (PG 40, 1245).
(208) Cf Lc 8,24.
(209) San Giovanni Crisostomo, De Anna, sermo 4, 6: PG 54, 668.
(210) Cf Gal 5,16-25.
(211) San Giovanni Crisostomo, De Anna, sermo 4, 5: PG 54, 666.
(212) Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Del gran mezzo della preghiera, parte 1, c. 1, ed. G. Cacciatore (Roma 1962) p. 32.
(213) Origene, De oratione, 12, 2: GCS 3, 324-325 (PG 11, 452).
(214) Cf Gv 17.
(215) Cf Gv 17,11.13.19.
(216) Cf Ef 1,10.
(217) Cf Gv 17,11.13.19.24.
(218) Cf Gv 17,6.11.12.26.
(219) Cf Gv 17,1.5.10.22.23-26.
(220) Cf Gv 17,2.4.6.9.11.12.24.
(221) Cf Gv 17,15.
(222) Cf Gv 17,3.6-10.25.
(223) Cf Gv 17.