giovedì 8 novembre 2012

Meglio fuori che dentro



di Costanza Miriano
Meglio fuori che dentro. No, non è una citazione da Shrek, un omaggio alla pur nobile fattura di un testo tanto significativo per la formazione dell’uomo moderno.
È l’icastico riassunto del mio atteggiamento nei confronti del diverso: i nemici, nel senso delle idee, sono fuori dalla Chiesa, dentro invece no, si deve cercare l’unione a tutti i costi.
Se la penso diversamente, non cerco mai un punto d’unione con le idee lontane dalle mie (con le persone sì, ma con le idee no) perché mi pare che questa necessità, che va tanto di moda, di appiattire, levigare a ogni costo sia un errore del sentire comune, che lo si chiami relativismo o – neologismo del blog – ognunismo (“ognuno ha il diritto di pensarla come vuole”). Il contemporaneo, con il parlare politicamente corretto, con un malinteso ecumenismo, cerca di dimenticare che anche in lui, in ognuno di noi, c’è un abisso di acque agitate, profondissime oscure e torbide che si agitano, che nessuna patina buonista riuscirà mai a quietare.
Noi a casa per reazione contro la melassa che tenta di nascondere la realtà – il male c’è, ed è dentro di noi – amiamo parlare politicamente scorrettissimo, anche se c’è sempre il rischio che una delle piccole ripeta certe cose sentite in casa in un momento e un luogo poco opportuni, e mi piombino in casa gli assistenti sociali (irripetibile per esempio l’espressione top secret con cui mio marito mi ha annunciato la rielezione di Obama, ieri mattina).
Insomma, lo ammetto, non sono molto ecumenica. Fino a che si tratta di dire che anche le altre religioni hanno colto un qualche raggio della luce unica che è Dio ci sono, sono d’accordo. Per il resto, no, non è che ci sia sempre qualcosa da imparare, dappertutto. Credo che la Verità tutta intera sia una sola, e sia Gesù Cristo.
Dentro la Chiesa invece tengo l’atteggiamento opposto. Vorrei tanto che nella Chiesa fossimo tutti uniti a qualsiasi costo, vorrei che fossimo pronti a passare sopra tutte le nostre differenze, fino a “spasimare d’amore”, come diceva santa Caterina, perché è qui e solo da qui, imprescindibilmente da qui che passa la salvezza dell’uomo, di ogni uomo.
Per questo mi fanno male tutte le distinzioni – continuità o discontinuità, tradizione o progressismo, apertura o chiusura – e tutte le inimmaginabili questioni in cui riesce dividerci il Nemico. Ma perché dobbiamo sempre finire per litigare, proprio tra di noi, tra cattolici, noi che dovremmo farci riconoscere per come ci amiamo? Perché siamo così pronti ad essere ecumenici nei confronti delle altre religioni, mentre tra di noi ci accoltelliamo con disinvoltura appena uno gira le spalle? Possibile sempre impallinarci gli uni con gli altri, sotto le sembianze di un fuoco amico?
Io lo dico chiaramente e tranquillamente, per me chi non crede, o crede in un’altra religione, si sta sbagliando, e noi gli dobbiamo annunciare il Vangelo (viviamo in terra di missione, ormai è chiaro). Tanto per dire, non bisogna cedere le chiese per pregare altre preghiere che non siano le nostre. Ma per il resto, dovremmo farci squartare prima di criticare la nostra amata Chiesa (se c’è qualcosa che non va, correzione fraterna, ma direttamente all’interessato, e in faccia). Possiamo anche sorridere di come il Signore scelga di sedere su un trono tarlato, di navigare su un vascello che fa acqua, con le vele bucate, ma mai e poi mai per nessun motivo al mondo cercare anche noi, come tutti gli altri, là fuori, cercare di affondarlo.