Il credente può far e a meno dei miracoli, ma lo scientista non può fare a meno della loro negazione.
Se ne parla nel nuovo libro di F. Agnoli e G. Tanel.
“Miracolo”, questo termine spesso abusato, conosciuto da tutti ma poco compreso,
un termine che viene accettato se indica un “miracolo economico”, ma
che nella sua accezione originale viene evitato come qualcosa di cui
vergognarsi, come un retaggio di una cultura primitiva della quale
l’uomo moderno deve assolutamente liberarsi. Ma questo atteggiamento è
il riuscito frutto di una mentalità che non è affatto il frutto della
scienza ma dello scientismo, di quell’ideologia che nega dogmaticamente
che possa esistere una qualsiasi realtà oltre a quelle indagabili e
interpretabili con il metodo scientifico sperimentale.
Appare quindi in tutta la sua evidenza come sia dirompente, e direi “scandalosa”, agli
occhi di questa società l’affermazione che per essere buoni scienziati
si debba essere pronti ad ammettere che le proprie conoscenze non sono
in grado di spiegare un certo fenomeno, che si è di fronte a quello che
può poi essere definito un “evento miracoloso”.
Quello che supera l’apparente, e
erroneamente insinuata, incompatibilità tra scienza e miracoli, è la
semplice constatazione che per parlare di miracoli non si può
prescindere dalla premessa che esistano delle leggi naturali: se non
ammetto che esistono leggi naturali, come posso affermare che qualcosa
non si è svolto secondo una tale legge?
Ecco quindi che solo in una
società dove si è affermata la scienza moderna, frutto della convinzione
che esistano delle leggi, si può parlare di un evento miracoloso,
nelle società pagane infatti tutto avveniva per volontà, spesso
capriccio, degli dei, e così era un prodigio il fulmine di Zeus al pari
di un’eruzione vulcanica o di una guarigione inspiegabile. E’ solo con
la nascita della scienza moderna, a sua volta figlia di una divinità che
ha istituito il mondo con le leggi di cui le tavole consegnate a Mosè
sono un’espressione, e figlia di un “Logos” ordinatore, che si può
parlare in senso compiuto di miracoli come di eventi che si collocano
secondo leggi che non sono quelle ordinarie.
Ma se il miracolo è etimologicamente derivato da “meraviglia”, il senso del miracoloso è necessaria premessa della ricerca scientifica, diceva infatti Einstein:
“Chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere”“La più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero. Sta qui il seme di ogni arte, di ogni vera scienza. L’uomo per il quale non è più familiare il senso del mistero, che ha perso la facoltà di meravigliarsi davanti alla creazione, è come un uomo morto, o almeno cieco.”
La mancanza di meraviglia,
la scelta riduzionista di voler rinchiudere tutto il reale nelle
categorie del misurabile e delle realtà già conosciute è quindi nemica
della scienza, dove infatti la scienza ha bisogno del meraviglioso, lo
scientismo vuole vedere solo banalità meccaniche, ecco dunque che il Big
Bang diventa nelle parole di un’astronoma come Margherita Hack solo:
“la più grande scorreggia dell’universo”
E che, come si ebbe a dire in una conferenza dell’UAAR, quelle strutture straordinarie, che sono le cellule, in realtà sono solo “uno schifo”:
“Non tutti sanno che una cellula non è come tutti la descrivono, una fabbrica perfetta con tutti gli ingranaggini a posto, ma è un… uno schifo, cioè una roba molle, fatta di cose spesso che non servono, messe lì che uno si porta dietro dall’evoluzione.“
Ma un’altra cosa che va chiarita è
che i fedeli cristiani non temono che un evento ritenuto miracoloso
possa essere spiegato con la scienza conosciuta, non è l’eccezionalità di un evento miracoloso a determinare o no la fede,
per il cristiano in realtà tutto è meraviglia e stupore, e quindi tutto
è miracolo, l’esistenza stessa dell’Universo, così come la nascita del
un germoglio di una pianta o il cielo stellato, sono “miracoli”.
Il miracolo per il cristiano quindi non è tanto un fatto quanto la sua interpretazione, tutta
la natura rimanda ad un’altra realtà e tutto è un segno di quella
realtà, le cose che osserva un cristiano o un non credente sono le
stesse, ma sono invece i significati ad essere differenti, o meglio, la presenza di un significato piuttosto che il “non senso”.
Lo scienziato che è pronto ad arrendersi davanti ad un “miracolo” è
quindi più pronto ad accettare i limiti personali e della propria
scienza, è quindi un vero scienziato. Se invece questi limiti non
vengono accettati e per paura dell’inspiegabile si ricorre a spiegazioni
forzate, allora non si è bravi scienziati, si è al massimo scientisti.
Un’ultima cosa va detta infine con grande chiarezza: se
il cristiano non ha timore che un evento “miracoloso” sia spiegato con
la scienza sperimentale, chi è invece ad avere assolutamente bisogno di
non essere smentito è l’ateista: se infatti la mancanza di un
miracolo non minaccia la fede, la presenza anche di un solo miracolo è
mortale per lo scientismo ateo.
Proprio come è riportato nel
libro di Agnoli e Tanel. Era proprio un propagandista di prima grandezza
dell’ateismo come Emile Zola, ad affermare che anche un solo miracolo è
sufficiente a confutare l’ateismo. (E. Pennetta)