Papa Francesco ci aiuta a camminare insieme a Gesù: è quanto affermato dal cardinale Angelo Scola in una Messa celebrata, stamani, in San Pietro (vedi infra per il testo dell'omelia). L’arcivescovo di Milano guida un pellegrinaggio a Roma di 10 mila fedeli della diocesi ambrosiana, iniziato ieri per concludersi mercoledì. Tanti i giovani degli oratori milanesi – circa 6 mila - che, assieme agli altri fedeli, saranno presenti domani all’udienza generale di Papa Francesco. Il servizio di Alessandro Gisotti:
La gioia di essere in pellegrinaggio a Roma, alla Tomba degli Apostoli, e di essere tra i primi a poter incontrare il nuovo Papa. E’ l’esperienza che stanno vivendo 10 mila fedeli milanesi, la maggior parte giovani, accompagnati dal loro pastore, il cardinale Angelo Scola. Un sentimento che proprio l’arcivescovo di Milano ha manifestato, stamani, nella Messa ai pellegrini nella Basilica Petrina:
“Potere essere tra i primi a incontrare di persona, essere vicini, pieni di affetto al nuovo Papa Francesco, che tanta eco di stupore sta suscitando in tutto il mondo e anche in noi, evidentemente, perché aiuta soprattutto noi abitanti dell’Europa un po’ stanca, a rialzare un pochino la testa dal nostro ombelico e a camminare insieme a Gesù”.
Stare insieme a Gesù, ha detto, è ciò che di più bello possa accaderci. Ecco qual è, specie in questo tempo di Pasqua, il compito di ogni cristiano: cercare l’incontro con il Signore. Un’esortazione che il cardinale Scola ha rivolto a tutti, giovani e adulti:
“Dobbiamo stare attaccati a Gesù, ricco in misericordia, origine di speranza. Noi non abbiamo altro da dire al mondo, se non questo grande annuncio, questa parola, che ogni realtà – come diceva il grande poeta Jacopone da Todi – annuncia: tutto dice Gesù”.
Uscirà nei prossimi giorni il nuovo libro del cardinale Angelo Scola dal titolo: “Non dimentichiamoci di Dio. Libertà di fedi, di culture e politica”, edito da Rizzoli. Per l’arcivescovo di Milano, che parte dal centenario dell’Editto di Milano, è necessario uno Stato che non interpreti la sua laicità come “distacco” dalle fedi, ma apra spazi in cui ciascun soggetto, personale e sociale, possa portare il proprio contributo al bene comune.
LIBERTÀ RELIGIOSA. Come scrive il cardinale Scola in un brano anticipato da Avvenire «nelle nostre società occidentali il proliferare delle libertà esterne, periferiche sembra accompagnarsi a un progressivo restringimento delle profonda libertà interiore. In questo contesto una concezione integrale della libertà religiosa ha importanti implicazioni sociali e politiche. Infatti da un lato limita la pretesa che la dimensione socio-politica diventi l’orizzonte esclusivo della persona umana, dall’altro suggerisce la valorizzazione di un protagonismo tipico della società civile di cui nessuno Stato democratico può fare a meno».
COMUNICAZIONE E BENE COMUNE. Nel mondo di oggi, dove manca «un codice universale di intesa» tra le tante «concezioni del mondo diverse e contrastanti», è necessario «ripartire dal principio di comunicazione, da intendersi nel senso più forte, come un fondamentale “mettere in comune” ed “essere in comune”. (…) Proprio per la sua natura profonda, tale comunicazione non può mai essere presa come un dato scontato, ma va considerata come il frutto di una scelta, per quanto implicita. Si può perciò certamente parlare in proposito di un bene della comunicazione che rappresenta anche il fatto politico primario. In effetti, e malgrado l’abbondanza di voci che sostengono il contrario, per una vita in società occorre comunque un’idea di bene attorno alla quale tutti possano riconoscersi».
PRESUNTA NEUTRALITÀ. Ma «per comunicare occorre riconoscere l’altro come interlocutore a piano titolo, senza discriminazione, con giustizia, affinché il politico sia davvero l’ambito in cui i “molti” possono contribuire responsabilmente al bene comune. Ecco perché non convince la presunta neutralità di concezioni e di scelte politiche che escludono ogni riferimento religioso dallo spazio pubblico: l’esito di questo orientamento, infatti, non è un pensiero pratico comune, bensì un minimo comune denominatore rispetto al quale le differenze culturali subiscono una privatizzazione estraniante. È veramente pubblico, e perciò autenticamente aconfessionale, solo quello spazio che scommette sulla libertà dei cittadini, credenti e non credenti e che rende possibile il “raccontarsi” cioè l’intraprendere l’opera di esprimere il significato della propria esperienza, secondo una logica, come insegna Ricoeur, di reciproco seppur laborioso, riconoscimento».
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Pellegrinaggio dell’arcidiocesi di Milano a Roma
1 – 3 aprile 2013
Per professare la fede sulla tomba degli Apostoli
per continuare a vivere il dono della Visita di Papa Benedetto XVI
per ascoltare e pregare con Papa Francesco
Basilica di San Pietro
Roma, 2 aprile 2013
Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo Cardinale Angelo Scola
III giorno dell’Ottava di Pasqua
Martedì in Albis
At 3,25-4,10; Sal 117; 1Cor 1,4-9; Mt
28,8-15
Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano
1. «Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di
Dio che vi è stata data in Cristo Gesù» (Epistola, 1Cor 1,4): le
parole dell’Apostolo Paolo dicono meglio di ogni altra parola i motivi profondi
del nostro essere venuti in pellegrinaggio fino a Roma, fino alla tomba
dell’Apostolo Pietro. È la gratitudine infatti, che ci ha condotto insieme qui
questa mattina.
2. Perché possiamo essere
grati? Cari ragazzi, quando celebriamo l’Eucaristia ascoltiamo parole che, anche
se di primo acchito ci possono sembrare un po’ difficili, dicono fino in fondo
la verità della vita. Perciò è necessario essere attenti e tentare di impararle
e di comprenderle. Oggi, all’inizio della Santa Messa abbiamo detto che il
cristiano è colui che «nella professione
della fede ha ricevuto la vita eterna» (All’inizio
dell’Assemblea liturgica). Perché chi professa la fede, chi dice: “Gesù io
credo in Te”, riceve la vita eterna? E cosa è la vita eterna? Non è forse
qualcosa di troppo lontano per voi che siete all’inizio del cammino della vita?
Nell’espressione “Vita
eterna” voi capite subito che sono in gioco due cose: la vita, ciò che di più
prezioso abbiamo, e il per sempre.
Con le due parole “vita eterna” la Chiesa dice che l’uomo nasce per essere
definitivamente felice. Nessun male, nessun dolore, nessuna sofferenza potranno
prevalere sulla felicità che Gesù ci dona e che sarà piena un giorno quando
vivremo per sempre insieme a Lui.
La fede, essere
cristiani, è proprio cominciare vivere con Lui; è aver presente ogni giorno l’invito
del Vangelo: «Non temete» (Vangelo, Mt 28,10). Chi è amico di Gesù,
chi dice di sì all’amicizia che Egli ci offre gratuitamente, vive senza paura:
sa di non essere mai da solo.
Di questo sono testimoni
tanti uomini e donne lungo i secoli: a cominciare di Pietro, la cui tomba oggi
visitiamo in pellegrinaggio. Pietro, il pescatore, che per paura aveva tradito
Gesù, è stato perdonato, accolto e inviato dal Risorto per confermare i suoi
fratelli nella fede. Pietro ci dice che tutto il nostro male e tutte le nostre
paure non sono nulla nei confronti dell’amore di Gesù, della Sua amicizia. Per
questo possiamo dire con Pietro: “Credo, Signore”.
3. Lasciatemi, ora,
rivolgere per un momento a tutti gli adulti che ci accompagnano e sono qui,
come voi, pellegrini della fede.
La Provvidenza, che guidò
Papa Benedetto a Milano per la Visita Pastorale alla Diocesi in occasione del
VII Incontro Mondiale delle Famiglie, ci ha condotto fino a Roma per
ringraziare il Papa per tale immenso dono. Quello di Milano è stato – lo abbiamo
spesso ricordato – «un evento atteso a
lungo e preparato con cura, che ha sorpreso tutti per la sua dirompente novità»
(Lettera Pastorale Alla scoperta del Dio
vicino). E Dio continua a sorprendere il Suo popolo per accompagnarlo
ad una sempre più decisa professione di
fede e ad una consegna totale della vita. Così in queste ultime settimane ci ha
regalato Papa Francesco e noi, pellegrini ambrosiani, abbiamo la grazia di
poterlo incontrare all’inizio del suo ministero petrino per dirgli il nostro affetto
e il nostro desiderio di seguirlo e di essere confermati da lui nella fede
apostolica.
4. Nella lettura degli
Atti abbiamo ascoltato che i capi, gli anziani, gli scribi e i sacerdoti hanno
domandato a Pietro e agli altri apostoli: «Con
quale potere o in quale nome voi avete fatto questo?» (Lettura, At 4,7). È una domanda che dobbiamo farci oggi noi,
cristiani del Terzo Millennio: in cosa consiste e da dove nasce il nostro
contributo per il bene del mondo? «nel
nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha
risuscitato dai morti» (Lettura,
At 4,10). Non abbiamo altro da dire al mondo che Gesù Cristo, morto e risorto:
Egli è la misericordia del Padre e, quindi, la speranza certa per tutti gli
uomini. Egli è la nostra unica ricchezza. A Lui vogliamo consegnare tutta la
nostra vita perché il mondo possa conoscerLo ed amarLo e, così, ricevere fin da
ora la vita eterna. Amen.