giovedì 9 maggio 2013

Confessione di un ex-abortista



Bernard Nathanson_4
del dr. Bernard Nathanson*
Sono personalmente responsabile di aver eseguito 75.000 aborti. Ciò mi legittima a parlare con autorevolezza e credibilità sull’argomento. Sono stato uno dei fondatori della National Association for the Repeal of the Abortion Laws (NARAL), nata negli Stati Uniti, nel 1968. A quel tempo, un serio sondaggio d’opinione aveva rilevato che la maggioranza degli Americani era contraria a liberalizzare l’aborto. In capo a soli 5 anni, noi riuscimmo a costringere la Corte Suprema degli Stati Uniti ad emettere la decisione che, nel 1973, legalizzò l’aborto completamente, rendendolo possibile virtualmente fino al momento del parto.
Come ci riuscimmo? È importante capire le strategie messe in atto perché esse sono state utilizzate, con piccole varianti, in tutto il mondo occidentale al fine di cambiare le leggi contro l’aborto.
La prima strategia fu conquistare i massmedia
Cominciammo convincendo i massmedia che quella per la liberalizzazione dell’aborto era una battaglia liberale, progressista ed intellettualmente raffinata. Sapendo che se fosse stato fatto un vero sondaggio ne saremmo usciti sonoramente sconfitti, semplicemente inventammo i risultati di falsi sondaggi. Annunciammo ai media che dai nostri sondaggi risultava che il 60% degli Americani era favorevole alla liberalizzazione dell’aborto. Questa è la tecnica della bugia che si auto-realizza: poche persone, infatti, desiderano stare dalla parte della minoranza. Raccogliemmo ulteriori simpatie verso il nostro programma inventando il numero degli aborti illegali praticati ogni anno negli Stati Uniti. La cifra reale era di circa centomila, ma il numero che più volte ripetemmo attraverso i media era di un milione. Ripetendo continuamente enormi menzogne si finisce per convincere il pubblico.
Il numero delle donne morte per le conseguenze di aborti illegali si aggirava su 200-250 ogni anno. La cifra che costantemente indicammo ai media era 10.000. Questi falsi numeri penetrarono nelle coscienze degli Americani, convincendo molti che era necessario eliminare la legge che proibiva l’aborto.Un’altra favola che facemmo credere al pubblico attraverso i media era che la legalizzazione avrebbe significato soltanto che quegli aborti, allora eseguiti illegalmente, sarebbero divenuti legali. In realtà, ovviamente, l’aborto è divenuto ora il principale metodo di controllo delle nascite negli Stati Uniti e il loro numero annuale è aumentato del 1500% dalla legalizzazione.
La seconda strategia fu giocare la “carta cattolica”
Sbeffeggiammo sistematicamente la Chiesa Cattolica e le sue “idee socialmente arretrate” e scegliemmo la Gerarchia cattolica come colpevole dell’opposizione contro l’aborto. Questo argomento fu ripetuto all’infinito. Diffondemmo ai media bugie del tipo “tutti sappiamo che l’opposizione all’aborto viene dalla Gerarchia e non dalla maggioranza dei cattolici” e “ i sondaggi dimostrano ripetutamente che la maggior parte dei cattolici vuole la riforma della legge sull’aborto”. I media bersagliarono insistentemente il pubblico americano con queste informazioni, persuadendolo che qualsiasi opposizione alla liberalizzazione dell’aborto doveva essere sotto l’influenza della Gerarchia ecclesiastica e che i cattolici favorevoli all’aborto erano illuminati e lungimiranti. Da questa affermazione propagandistica si deduceva che non esistessero gruppi antiabortisti non cattolici; il fatto che altre religioni cristiane e non cristiane fossero (e ancora sono) unamimemente antiabortiste era costantemente sottaciuto, allo stesso modo delle opinioni pro-life espresse da atei.
 La terza strategia fu la denigrazione e la soppressione di tutte le prove scientifiche del fatto che la vita ha inizio dal concepimento.
Spesso mi viene chiesto che cosa mi abbia fatto cambiare idea. Come, da esponente abortista di punta, mi sono trasformato in un difensore pro-life? Nel 1973, sono diventato direttore di Ostetricia in un grande ospedale di New York City ed ho fondato l’unità di indagine prenatale, proprio quando stava prendendo il via una nuova grande tecnologia che oggi usiamo quotidianamente per studiare il feto nell’utero. Una delle principali tattiche pro-aborto è insistere sull’impossibilità di definire quando la vita abbia inizio, e che questa sia una domanda di carettere teologico o morale o filosofico ma non scientifico. La fetologia ha reso innegabilmente evidente che la vita inizia dal concepimento e che richiede tutta la protezione e la salvaguardia che ognuno di noi desidera per se stesso. È chiaro che la liberalizzazione dell’aborto è la deliberata distruzione di quella che indiscutibilmente è una vita umana. È un inaccettabile atto di violenza mortale. Si può comprendere che una gravidanza non pianificata sia uno straziante dilemma, ma cercare la soluzione in un deliberato atto di distruzione significa buttare via l’infinita ricchezza dell’ingengno umano e sottomettere il bene pubblico alla classica risposta utilitaristica ai problemi sociali.
Come scienziato so – non “credo”, ma “so” – che la vita ha inizio con il concepimento. Benché io non sia praticante, credo con tutto il cuore alla sacralità dell’esistenza che ci impone di fermare in modo definitivo ed irrevocabile questo triste e vergognoso crimine contro l’umanità.
*Il dottor Bernard Nathanson medico ginecologo statunitense, è stato uno dei membri di spicco del NARAL (National Association for the Repeal of Abortion Laws), cioè l’ente che più di ogni altro si batté per legalizzare l’aborto in USA; divenne direttore del CRASH (Center for Reproductive and sexual Health), la più grande struttura abortista del mondo. Egli stesso procurò con le sue mani 75.000 aborti.
 Negli anni settanta lo sviluppo degli ultrasuoni permise di avere una immagine definita del bambino in grembo e Nathanson assiste ad un aborto visto però tramite le immagini ultrasoniche, visto, cioè, quasi dalla parte del bambino. La visione lo cambia per sempre. Il campione dell’abortismo, è folgorato e diventa il più grande attivista pro-life.  Il suo libro Aborting America è un testo imprescindibile nella storia della cultura della vita, il suo documentario The Silent Scream diverrà uno strumento preziosissimo, poiché mostra fisicamente quello che Nathanson arriva a chiamare «il più grande olocausto della storia». Benché si fosse sempre dichiarato ateo giudeo, nel 1996, si convertì al cattolicesimo attraverso l’incontro con l’Opus Dei. E’ morto nel 2011.
marcia per la vita

***

Mancano 3 giorni alla Marcia per la Vita


*

Il mercante di bambini
La storia che si legge sui giornali racconta di una ragazza minorenne che si sarebbe rivolta a un ginecologo campano per abortire. Secondo la ricostruzione degli inquirenti la gravidanza è avanzata e i termini previsti dalla legge sono abbondantemente superati, ma questo non scoraggia il sanitario che propone alla giovane la soluzione: un aborto clandestino. Il prezzo? Seimila euro.
La ragazza però non ha quei soldi e allora scatta il piano B: nessun aborto, ma al suo posto la vendita del bambino appena nato a una coppia che aveva consegnato al medico venticinquemila euro. Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, così avviene che la giovane si ritrova il bambino che aveva partorito sul suo stato di famiglia, così scatta la segnalazione e le relative indagini che hanno portato all’arresto del medico e la denuncia per i falsi genitori.
Al di là dei risvolti legali, questa storia mostra alcune cose che vale la pena evidenziare. La recente campagna orchestrata contro i medici obiettori di coscienza sentenziava: “Il buon medico non obietta”. Dai promotori di quello sgangherato e offensivo attacco contro i medici obiettori di coscienza all’aborto vorrei sapere se anche quel medico arrestato (che pure dovrebbe piacere perché non obiettava e anzi era un punto di riferimento importante per l’attività abortista nell’area campana) sia un buon medico.
Forse qualche operatore dell’aborto che accusa i medici obiettori di avere una morale farisaica favorente l’aborto clandestino, farebbe cosa saggia se guardasse con un pizzico più di attenzione in casa propria, magari, com’è avvenuto in questo caso, gli potrebbe capitare di scoprire che qualcuno l’aborto lo pratica non solo alla luce del giorno.
Ma ancora più interessante è riflettere su come certi laureati in Medicina considerano l’essere umano all’alba della sua esistenza: si può ucciderlo, si può venderlo, si può trattare come una cosa. Ecco che sale prepotente un pensiero: anche sugli schiavi dell’antica Roma pendeva lo ius vitae ac necis da parte del padrone, il dominus, che aveva su di loro anche il diritto di commercio. Anche per la suprema corte americana del caso Scott vs Sanford lo schiavo fuggito era una merce di cui potere rivendicare la proprietà. Oggi ci sono altre schiavitù: le donne sfruttate per la prostituzione, gli immigrati fatti lavorare con turni massacranti, sono queste forme ben visibili di violazione della dignità umana, incapaci però di nascondere la truculenza del proprio volto; ma accanto a queste altre, più subdole, culturalmente seducenti forme di schiavitù colpiscono l’essere umano indifeso all’alba della sua esistenza riuscendo a trasformare la belva di Thomas Hobbes in un perfetto gentiluomo.
Ricordo il 2008 quando a Firenze l’ospedale pediatrico Meyer, l’ordine dei medici di Firenze, la Consulta Bioetica presieduta dal professor Mori organizzarono un convegno; una relazione aveva per titolo “Il neonato è persona?”. E la risposta del relatore fu che "I feti, i neonati, gli infanti, i ritardati mentali gravi e coloro che sono in uno stato vegetativo permanente, cioè senza speranza, costituiscono esempi di non persone umane. Tali entità fanno parte della specie umana, ma non sono persone".
L’anno scorso due autori italiani pubblicarono su una rispettabile rivista internazionale di bioetica la tesi che, non essendoci differenza tra bambino prima e dopo la nascita, poiché si ritiene lecito l’aborto su semplice richiesta della donna, allora si dovrebbe parimenti ritenere lecito sopprimere anche il neonato dietro semplice richiesta della donna. Lo chiamarono “aborto post-nascita”. In questi giorni la stessa rivista ha dedicato un intero numero a quel tema e il professor Mori, nel descrivere le reazioni in Italia a quell’articolo, conclude scrivendo che “il concetto di aborto post-nascita può essere scartato immediatamente come un mero ossimoro, ma potrebbe essere anche interpretato come una richiesta di un nuovo modo di concettualizzare la nostra opinione sull’argomento”.
Ecco, di concetto in concetto, si giunge all’accerchiamento totale della realtà, vi partecipano non-cognitivismo, costruttivismo, nominalismo, tutti insieme vogliono mettere al centro un idealizzato soggetto umano, ma finiscono per spazzare via l’essere umano in carne e ossa insieme alla sua umanità. Come disse infatti quell’adorabile geniaccio di Clive Staple Lewis, «l'uomo che vuole concepirsi come materiale grezzo, materiale grezzo diventa».
(Puccetti)
*
Il dr. Blaas e la Vergine che salva dall'aborto

Anche quest’anno la Marcia per la Vita sarà preceduta da un importante convegno che si svolgerà l’11 maggio, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, con lavori mattutini e pomeridiani. Alla fine del convegno preliminare dell’11 maggio verranno premiate alcune personalità che si sono distinte nel prendersi cura della vita nascente, attraverso un’opera concreta, diretta, o attraverso l’attività culturale. Tra i premiati, su segnalazione del Mevd, c’è il dottor Gianfranco Blaas, ginecologo in pensione, già primario del reparto di ostetrica e ginecologia in un ospedale veneto. 
Sulla porta del suo reparto, il dottor Blaas al posto della scritta "Ostetricia e Ginecologia” aveva fatto apporre il titolo "Reparto dell'accoglienza". Obiettore lui e tutto il suo personale, dopo tante resistenze ha dovuto subire un abortista pendolare per effettuare gli aborti. In seguito, nel tentativo di frenare le uccisioni, con la collaborazione di tutto il personale ha collocato nella sala d'attesa di abortiste e partorienti una grande immagine (a tutta parete) della "Madonna del Parto" di Piero della Francesca. 
In questo luogo abortiste e partorienti potevano incontrare lo sguardo della Madonna (anche Lei, in fondo, mamma di un figlio “imprevisto”). Se questa immagine, per la sua serenità e semplicità, era un conforto per le partorienti, nelle donne che avevano deciso di uccidere il loro bambino suscitava un conflitto. Oltre a ciò il dr. Blaas, in collaborazione con la caposala, è stato uno dei primi ostetrici a mettere in atto la norma "parto in anonimato" salvando molti bambini e permettendo alle donne in seria difficoltà di dare ugualmente la vita, senza poi dover assumersi un peso ritenuto, a torto o a ragione, “impossibile”.
Falena