sabato 6 dicembre 2014

Che fare con i fidanzati conviventi?

Una coppia di fidanzati

Sempre più numerosi coloro che chiedono di celebrare il matrimonio dopo anni di convivenza. I dubbi di un parroco italiano

FABRIZIO MASTROFINIROMA



«Al cammino verso il matrimonio dei fidanzati della mia unità pastorale nell’anno in corso stanno partecipando otto coppie, sette delle quali convivono. La realtà della convivenza è assai diffusa e quasi generalizzata, il dato di fatto emerge anche dal confronto tra parroci». Che fare dunque? Perché «anche tra i “vicini” – i regolarmente praticanti, chi fa parte di gruppi o associazioni cattoliche, quelli impegnati come catechisti, animatori e nel servizio di carità – non mancano coppie che scelgono la convivenza pre-matrimoniale».


Così scrive don Antonio Cecconi di Calci, Pisa; una lunga lettera pubblicata integrale sull’ultimo numero di «Settimana», il periodico dei Dehoniani di Bologna che si rivolge a parroci, catechisti, operatori pastorali.


La realtà delle coppie conviventi è tra l’altro ben presente nel Rapporto inviato dai vescovi tedeschi in Vaticano, in risposta al questionario della segreteria del Sinodo in vista dell’appuntamento di ottobre. Nei commenti delle diocesi, nota il Rapporto, viene «unanimemente constatato che la "convivenza prematrimoniale" non è solo un'importante, bensì quasi una capillare realtà pastorale». Quasi tutte le coppie che chiedono un matrimonio religioso convivono già da diversi anni (le stime vanno tra il 90% e il 100%).


Don Cecconi in proposito ha le idee piuttosto chiare. «Credo che sia mancata da parte nostra, in questi anni, un’attenzione al diffondersi del fenomeno, alle sue motivazioni e, in senso più ampio, all’evoluzione/involuzione dell’essere coppia e fare famiglia nel nostro tempo: matrimoni celebrati quasi sempre oltre i trent’anni, differiti per motivazioni psicologiche (le adolescenze prolungate!), ma anche per crescenti precarietà lavorative e difficoltà abitative. Avverto un aumento di distanza e un calo di empatia da parte della Chiesa, in particolare di noi preti, verso il mondo giovanile, al di là della (ristretta?) cerchia dei fedelissimi».


Non si tratta di «giudicare» le convivenze, non serve «un approccio da buco della serratura», nota il parroco di Calci. «Personalmente avverto questo rischio, e sono peraltro testimone di situazioni in cui un confessore ha prodotto nel penitente disagio, talvolta fino ad allontanarlo dalla pratica religiosa».


Piuttosto sarebbe necessario un cambio di prospettiva perché gli sposi non sono destinatari bensì «ministri del sacramento». Dunque «mi limito ad affermare la necessità e l’urgenza di riconsegnare il matrimonio agli sposi cristiani, tra cui vi sono molte persone esperte e mature sotto il profilo teologico, pastorale e spirituale. Bisogna trovare il modo, noi preti (vescovi compresi) di andare a scuola da loro e soprattutto di riscrivere insieme agli sposi cristiani – in forza della specifica grazia sacramentale che li assiste – l’etica teologica che li riguarda».


In particolare per le coppie conviventi che decidono di celebrare il matrimonio, don Cecconi si chiede se «ciò che precede l’atto sacramentale del matrimonio non va considerato come una serie di atti umani che manifestano l’iniziale e progressiva  volontà di divenire coppia, fino a sfociare nella formula “Io accolgo te…” con cui i due diventano definitivamente una carne sola? L’intimità sessuale che da quel momento in poi vivranno riceve semplicemente il “permesso” della Chiesa per cui “non è più peccato”? O non è piuttosto tutto il con-vivere della coppia elevato da allora in poi a strumento di una grazia che si esplicherà in molte direzioni: amore reciproco, fecondità e apertura alla vita, diffusività di amore e accoglienza nella Chiesa e nella società?».


 «Mi rendo conto – aggiunge – che restano aperti molti problemi, tra cui la scelta quasi obbligata della contraccezione prima del matrimonio». Ma anche su questo aspetto, come su altri, «non sarebbe tempo di riprendere il discorso con un più accentuato protagonismo delle coppie credenti, per troppi anni lasciate ad “arrangiarsi” in una diffusa congiura del silenzio sul tema?»


Le diocesi tedesche nelle risposte al questionario sono arrivate ad una conclusione simile. «Nell'organizzazione del sinodo straordinario del 2014 – scrive il testo – si  dovranno realmente prendere sul serio i coniugi e le famiglie come soggetti della pastorale coniugale e familiare, coinvolgerli attivamente nella preparazione dei sinodi e farli partecipare in modo adeguato alle consultazioni».