martedì 2 dicembre 2014

Maradiaga, la riforma della Curia e la collegialità...

Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga

Intervista con il coordinatore del C9, il consiglio che aiuta Francesco nel riorganizzare i dicasteri vaticani: «Ci saranno meno cardinali in Vaticano, allo studio anche una riforma della Segreteria di Stato»

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO


Da quando è diventato coordinatore del consiglio di cardinali che aiuta il Papa nella riforma della Curia e nel governo della Chiesa universale, l'arcivescovo di Tegucigalpa Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga è di frequente a Roma. Salesiano, 72 anni alla fine di dicembre, cardinale dal 2001, è presidente di Caritas internationalis. Ci riceve nella residenza di Santa Marta, ormai alla vigilia della riunione del C9.

C'è chi critica il vostro lavoro e dice che di questo lavoro di riforma della Curia non si vedono i risultati. Si fa o non si fa?

«Prima di tutto vorrei dire che la riforma va avanti. Il primo passo è stata la creazione della Segreteria per l'Economia, e questa già cammina a grandi passi. Era al primo punto dell'agenda: abbiamo fatto tre riunioni del consiglio solo su questo argomento e a febbraio è nata già la Segreteria. Nella riunione dello scorso luglio abbiamo lavorato ancora su questo. Non si vedono tanto gli effetti esternamente, ma internamente ci sono grandi cambiamenti in atto: adesso ogni dicastero deve presentare un budget che sarà pubblico».

Come procede il lavoro sui media vaticani?

«Ci sono i problemi economici per le comunicazioni sociali, per i media vaticani: non è facile sostenerne le spese senza entrate pubblicitarie. Come è noto, c'è una commissione speciale nominata dal Papa che si sta occupando di studiare la situazione. Non è facile, c'è tanto personale, tante lingue diverse, la necessità di grandi investimenti per le trasmissioni in onda corta. Ma aspettiamo il lavoro della commissione».

E la riorganizzazione dei dicasteri? È certa la nascita di due nuovi poli che accorperanno le competenze di diversi pontifici consigli?

«I due poli dedicati ai laici e alla carità sono sicuri, il Papa li ha già presentati ai capi dicastero della Curia romana. Certamente ci sono alcune osservazioni che sono state avanzate, la consultazione è stata fatta proprio per questo. Ci sono dettagli da mettere a punto. Ma nell'impostazione generale credo si possano definire progetti già avviati».

I due poli sui laici e sulla carità - che dovrebbero accorpare laici, famiglia, migranti, pastorale per gli operatori sanitari, Cor Unum e Giustizia e Pace - saranno congregazioni?

«Sì, l'intenzione è quella. Saranno due congregazioni. Ma non saranno la somma aritmetica di quello che c'è già. Perché, prima di tutto, come congregazioni avranno uno status giuridico diverso da quello dei pontifici consigli. E poi non è necessario che a capo di ogni dicastero ci sia un cardinale oppure un vescovo: potrebbe essere per esempio una coppia di sposi ad occuparsi di famiglia, e per i migranti potrebbe essere una suora che ha competenze specifiche in materia, come ad esempio una religiosa delle scalabriniane».

Quale obiettivo c'è nella riforma della Curia?

«È quello di razionalizzare e di semplificare. In questo momento ci sono circa trenta dicasteri diversi, tra segretariati, consigli e congregazioni. Come fa un governante a riunire tutti i suoi ministri con una certa regolarità? In passato lo si faceva una volta o due volte all'anno. Come può andare avanti così un'istituzione? C'è la necessità di riunioni  e di consultazioni più frequenti. Così si può dire che la semplificazione favorirà la collegialità. E questo è importante».

Sarà riformata anche la Segreteria di Stato?

«Sì, è allo studio una riforma anche di quella. Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, deve presentare alla prossima riunione un progetto su questo».

Si può dire qualcosa in proposito?

«No, è ancora prematuro, bisogna aspettare. Credo che uno dei punti sarà una diversa distribuzione delle competenze interne. Ma aspettiamo...».

Ci sarà anche una riforma delle strutture giudiziarie?

«Ancora non si è discusso di questo. Personalmente penso che potrebbe avere buone prospettive l'idea di unificare gli organismi che riguardano la giustizia. Se abbiamo tempo, ne discuteremo nella prossima riunione. Per me sarebbe una buona idea quella di avere un unico ministero di Giustizia della Chiesa, che comprenda la Segnatura apostolica, la Rota, il dicastero per l'interpretazione dei testi legislativi e anche la Penitenzieria apostolica. Con un unico capo dicastero».

Con la riforma della Curia diminuirà il numero dei cardinali in servizio negli uffici della Santa Sede?

«Certo, c'è questa intenzione. La Curia non può più essere considerata la corte papale, né un super-governo centralizzato della Chiesa. Ma una struttura agile di servizio al ministero del Papa».

Che cosa pensa delle critiche al Papa che arrivano da certi ambienti, negli Stati Uniti ma non solo?

«Credo che il vero problema non sia rappresentato dal dibattito su certi punti di dottrina morale o sulla disciplina dei sacramenti, com'è sembrato emergere dalle polemiche sui media durante il recente Sinodo. Penso invece che il vero punto di scontro sia rappresentato dal magistero sociale del Papa, che presenta la dottrina sociale della Chiesa, tutta la dottrina sociale. Ci sono poteri ai quali non piace che vengano dette certe cose sui poveri, sulle conseguenze della globalizzazione, sull'idolatria del denaro, sul mercato divinizzato che diventa una vera schiavitù».


Come giudica il dibattito sul recente Sinodo straordinario sulla famiglia?

«Forse l'approccio dei media non si è concentrato a sufficienza sui temi centrali. Anche la Relatio post disceptationem ha attratto solo per quei due o tre punti relativi alle persone omosessuali e alla comunione per i divorziati risposati. Invece in quel testo c'era un approccio pastorale ricchissimo, che il Papa ha deciso di far diventare la base di discussione per il prossimo Sinodo ordinarie. In quel testo ci sono tante cose positive, belle. Tanta gente purtroppo non l'ha neanche letto: ci sono 62 paragrafi, se non mi sbaglio, ma si è guardato solo a due o tre punti. In quelle pagine c'è tanta ricchezza pastorale, ci sono tanti suggerimenti, c'è un approccio complessivo ai problemi delle famiglie. Dobbiamo riflettere su questo: non solo sui sacramenti ai divorziati risposati o sulle persone omosessuali».

Fra tre mesi si compirà il secondo anno del pontificato di Francesco. Come viene percepito nelle Chiese  l'approccio di Papa Bergoglio?

«Prima di tutto, il popolo di Dio è incantato di fronte al Papa: non era solo una luna di miele delle prime settimane o dei primi mesi. La dimostrazione sta nella gente che viene così numerosa alle udienze generali. Secondo: tantissima gente in tutto il mondo prega per il Papa. È una cosa straordinaria! Dovunque io vada, mi raccomandano: "Dica al Santo Padre che stiamo pregando per lui". Terzo: i gesti del Papa stanno recuperando tanti cattolici che si erano allontanati dalla Chiesa. Le confessioni sono in aumento, la gente viene a confessarsi e lo dice che viene perché colpita dalla testimonianza del Papa: ho sentito questo in Spagna, Germania, Italia, Francia e anche in Norvegia».

Crescono però anche le resistenze, soprattutto interne...

«Certo che ci sono queste resistenze. Anche se viviamo in un mondo dell'ideologia del pensiero unico, non è detto che tutti debbano pensare allo stesso modo. Ma dobbiamo sempre ricordarci, se abbiamo la fede, che lui è Pietro».

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