martedì 17 febbraio 2015

Dalle ceneri alla Resurrezione



di Angelo Busetto
Il tempo non cammina in una piatta pianura, ma attraversa colline e catene montuose, e sale in vetta. Catena montuosa è la Quaresima; la vetta è la Pasqua, nel percorso della santa montagna che è Cristo. Con la compagnia nata da Lui, la Chiesa, la vita di ogni giorno si apre su un panorama di bellezza e di fatica. Abbiamo bisogno di senso e di gusto in quel che facciamo, fino a spalancare lo sguardo sull’orizzonte, intravvedendo la mèta. 
La Quaresima è uno straordinario cammino che la Chiesa propone ai cristiani; ci prende per mano e ci conduce a seguire Gesù fino alla vita e alla gioia della Pasqua. Comincia con un gesto sconcertante, che ci porta alle origini del nostro nulla e ci rimette nelle mani della iniziativa di Dio. All’origine del tempo e della nostra personale esistenza noi siamo nulla, polvere della terra. Ma Dio crea l’uomo dalla polvere e lo ricrea in Cristo risorto. Le Ceneri sul capo ci segnano di verità e di promessa. La Chiesa le associa alla penitenza del digiuno, perché il seme deve liberarsi dall’involucro che lo riveste, per germogliare la vita. Forse fa un poco sorridere che il digiuno venga descritto come «un pasto principale e due refezioni leggere» per chi ha compiuto i 14 anni fino ai 60. 
Qualcuno potrà pur decidere di fare un digiuno più reale, in comunione con chi soffre e con i cristiani perseguitati. Potrà decidere il digiuno da chiacchiere, siti internet, lasciando a casa qualche bagaglio pesante. Ai ragazzi - ma non solo - si potrà suggerire qualcosa riguardante la gola, lo studio, i servizi a casa-scuola-parrocchia, l’uso dei media. Anche l’invito a non mangiar carne nel Mercoledì delle Ceneri e nei Venerdì di Quaresima avrà almeno il valore di un atto di unità e di obbedienza, in comunione con gli altri cristiani. Il valore “spirituale” della Quaresima si svela nel fatto che tocca la carne, il corpo, il tempo e le scelte della giornata. Non si tratta primariamente di un esercizio ascetico, ma di un accompagnamento con Cristo, di una ripresa del valore e del gusto della sequela di Lui, per sperimentare almeno un poco la verità della sua vita.
Il percorso quaresimale si snoda nei tornanti delle cinque domeniche che introducono alla Domenica delle Palme e alla Settimana Santa, centro “drammatico” della vita di Cristo e di tutto il Mistero cristiano. La prima domenica di Quaresima riprende lo slancio penitenziale del Mercoledì delle Ceneri, con il racconto delle tentazioni di Gesù che decide nuovamente per Dio Padre. La seconda domenica ha un balzo con il racconto della Trasfigurazione, che dà già un anticipo del Gesù glorioso e risolve in modo straordinario il dramma del sacrificio di Isacco. La terza domenica fa camminare dalla legge dei comandamenti al riconoscimento di Cristo, vero tempio; noi non seguiamo una legge o un rito, ma una Persona. La quarta domenica, che segna il giro di boa della Quaresima, viene chiamata Domenica della gioia – “Laetare” dall’antifona iniziale. Già si intravvede e si gusta il compimento. 
La quinta domenica è caratterizzata dalla domanda dei greci: «Vogliamo vedere Gesù» e dallarisposta di Gesù: «E venuta l’ora…». Il chicco di grano muore per rinascere. La domenica delle Palme è il grande portale di ingresso nella Settimana della Passione, Morte, Risurrezione del Signore Gesù. Giriamo in vetta e ci troviamo sotto la Croce. Ci attende la risurrezione. Il percorso dal Mercoledì delle Ceneri al giorno di Pasqua è un modo geniale e semplice di farci gustare la contemporaneità di Cristo. Un cammino per ritrovare noi stessi e renderci partecipi del dramma di ogni uomo, che Cristo attrae a salvezza.

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Vogliono uccidere i cristiani

di Antonello Japicca
Quest’anno la Quaresima bussa alle nostre porte con le minacce dell’Isis. Ma a guardare bene, sulle porte che ci separano dalla storia cola il sangue dei molti fratelli “assassinati per il solo fatto di essere cristiani”, come ha detto Papa Francesco riferendosi ai ventuno copti decapitati in Libia dai miliziani dello Stato Islamico e ripresi in un video terrificante con le acque del Mediterraneo colorate del loro sangue. Attraverso questo sangue Dio ci sta parlando ormai da molto tempo.
Non è diverso da quello dei martiri che da duemila anni ha imporporato la terra dei cinque continenti. Ma oggi è un indizio chiaro della volontà di Dio che dobbiamo saper cogliere, se davvero vogliamo guardare agli eventi con gli occhi profetici che solo la fede può donare. Altrimenti rischiamo di impantanarci nelle fredde analisi geopolitiche, importanti per carità, ma che hanno i limiti della prospettiva semplicemente umana, troppo orizzontale per indicarci il cammino da percorrere.
Di che indizio si tratta? Ce lo ha svelato più volte Papa Francesco, e lo ha ribadito anche ieri incontrando i rappresentati della chiesa riformata di Scozia: “Dicevano solamente ‘Gesù aiutami’. Il sangue dei nostri fratelli cristiani è una testimonianza che grida. Siano cattolici, ortodossi, coopti, luterani non importa. Sono cristiani. E il sangue è lo stesso. Il sangue testimonia Cristo. Ricordando questi fratelli che sono morti per il solo fatto di testimoniare Cristo, chiedo di incoraggiarci l’uno con l’altro ad andare avanti con questo ecumenismo, che sta incoraggiando l’ecumenismo del sangue. I martiri sono di tutti i cristiani”.
Di fronte alle minacce e alle azioni di cieca e folle violenza dei fondamentalisti Dio ci sta lasciando una traccia da seguire, una concreta indicazione per tutti noi di cosa significhi convertirsi.
Dicendo che il sangue dei cristiani “è una testimonianza che grida” Papa Francesco sta attualizzando il cuore del discorso tenuto da Benedetto XVI a Ratisbona, nel quale faceva suo il pensiero dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo: “Dio non si compiace del sangue - egli dice -, non agire secondo il logos, ovvero secondo ragione è contrario alla natura di Dio”. Si potrebbe dire che oggi più che mai il “logos” ferito a morte “grida” come una profezia.
Un grido che ci chiama a lasciarci coinvolgere dall’ecumenismo del sangue, l’unica risposta plausibile all’efferatezza dei fondamentalisti. Nell’ultima cena Gesù indicava con chiarezza i due segni attraverso i quali i cristiani sarebbero stati riconosciuti come sui discepoli: l’amore e l’unità. E non certo per sfilare sulle passarelle della moda religiosa e dar lustro al marchio cristiano. L’amore e l’unità sono gli unici segni credibili della risurrezione di Gesù Cristo nella storia.
Un amore soprannaturale che si fa carne capace di offrirsi al male dei nemici per caricarlo su di sé e disintegrarlo nel perdono. E l’unità che svela il potere di Cristo di abbattere qualunque barriera di razza, cultura e condizione sociale. Il sangue dei martiri cristiani degli ultimi cinquant’anni sino ai ventuno fratelli copti uccisi in Libia segnano una svolta decisiva: “Quelli che per odio della fede uccidono i cristiani – diceva Papa Francesco alla plenaria del Consiglio per la promozione dell’Unità dei cristiani - non domandano se sono ortodossi o cattolici. Li perseguitano semplicemente perché sono cristiani”.
L’ “ecumenismo del sangue” è dunque l’indizio della volontà di Dio per ogni cristiano, il segno profetico con cui illuminare l’oscura notte che sembra avvolgere l’umanità. Non ne sono immuni neanche i giapponesi, lo abbiamo visto. Non lo è l’Australia, come non lo sono l’Africa e le Americhe.
Stringiamoci dunque ai nostri fratelli, entrando con loro nel martirio che ci attende ogni giorno a scuola, al lavoro, ovunque. Non è forse il sangue che ci verrà chiesto, ma la testimonianza della fede adulta che si fa in noi opere di vita eterna. L’ecumenismo del sangue ci chiama dunque a crescere ogni giorno nella fede perché risplenda in noi la testimonianza che Dio ha preparato per ciascuno: aprirsi coraggiosamente alla vita, perdonare i torti subiti, accogliere oltre i nostri schemi il fratello così com’è, con i suoi difetti e le sue nevrosi.
Possiamo starne certi, questo ecumenismo del sangue fa dei cristiani il corpo benedetto di Cristo nella storia, l’unico che romperà l’assedio del male, da qualunque parte esso arrivi. Come sta accadendo in Egitto dove, pur con le riserve per la violenza che nessun cristiano auspica, il Presidente Abdel Fattah al Sisi ha reagito con fermezza alle efferatezze dei miliziani di Abu Bakr al Baghdadi. Eppure proprio il martirio dei cristiani ha suscitato una reazione che vogliamo interpretare come un primo vagito della “ragione” che ponga un limite alla follia con cui, secondo l’Imam Al Tayeb, “questi tiranni corrompono e fanno la guerra ad Allah e al suo messaggero”.
17/02/2015