sabato 12 marzo 2016

Il destino di Mida

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Il 6 Giugno 1918 scriveva così Antonio Gramsci:
“Il dottor Voronof ha già annunziato la possibilità dell’innesto delle ovaie. Una nuova strada commerciale aperta all’attività esploratrice dell’iniziativa individuale. Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l’organo della maternità? Lo cederanno alla ricca signora infeconda che desidera prole per l’eredità dei sudati risparmi maritali.
Le povere fanciulle guadagneranno quattrini e si libereranno di un pericolo.Vendono già ora le bionde capigliature per le teste calve delle cocottes che prendono marito e vogliono entrare nella buona società. Venderanno la possibilità di diventar madri: daranno fecondità alle vecchie gualcite, alle guaste signore che troppo si sono divertite e vogliono ricuperare il numero perduto. I figli nati dopo un innesto? Strani mostri biologici, creature di una nuova razza, merce anch’essi, prodotto genuino dell’azienda dei surrogati umani, necessari per tramandare la stirpe dei pizzicagnoli arricchiti. La vecchia nobiltà aveva indubbiamente maggior buon gusto della classe dirigente che le è successa al potere. Il quattrino deturpa, abbrutisce tutto ciò che cade sotto la sua legge implacabilmente feroce. La vita, tutta la vita, non solo l’attività meccanica degli arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell’attività, si distacca dall’anima, e diventa merce da baratto; è il destino di Mida, dalle mani fatate, simbolo del capitalismo moderno”.

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Un alleato come Gramsci

Pubblichiamo la rubrica “Boris Godunov” di Renato Farina contenuta nel numero di Tempi in edicola da oggi, giovedì 10 marzo (vai alla pagina degli abbonamenti)
Quanto pesano gli avvenimenti grandiosi nella vita del popolo minuto, ad esempio nella mia, di vita? Boris ama la letteratura russa, per ovvie ragioni. Gli piace citare Lev Tolstoj, Guerra e pace. Nel libro secondo, parte terza, capitolo primo scrive: «Nel 1808 lo zar Alessandro si recò a Erfurt per un nuovo incontro con l’imperatore Napoleone (…). Nel gran mondo si parlava persino della possibilità di un matrimonio tra Napoleone e una delle sorelle di Alessandro. Oltre alle discussioni sulla politica estera, in quel tempo l’attenzione della società russa era rivolta con particolare vivacità alle riforme interne, che venivano attuate allora in tutte le zone dell’amministrazione imperiale».
Si può sostituire zar Alessandro con Putin e Napoleone con Obama, Erfurt con New York. Ma, più in piccolo, andrebbe bene anche Renzi che si incontra con la Merkel a Milano, e c’è una grande intesa, e magari potrebbe esserci invece che un matrimonio tra figli, più modernamente, un’unione civile. Dopo di che analogamente, accanto alla politica estera, ecco la riforma costituzionale. Quante cose essenziali, non è vero? Guerra in Libia, riforma costituzionale, legge Cirinnà.


Tolstoj però continua: «Intanto, la vita, la vera vita degli uomini, con i suoi interessi sostanziali, di salute, di malattia, di lavoro, di riposo, con i suoi interessi di pensiero, di scienza, di poesia, di musica, d’amore, d’amicizia, di odio, di passione, procedeva come sempre, indipendentemente e fuori da ogni politica di alleanza o di inimicizia con Napoleone Bonaparte, fuori da tutte le possibili trasformazioni e riforme».
Boris crede con Tolstoj, il quale pure alle sue utopie ha dedicato libri su libri e deve al pacifismo molto della sua fama di profeta, che la politica non sia il fattore decisivo per la felicità o l’infelicità, ma noi uomini siamo portati ad attaccarci ad essa, e sappiamo bene che molte cose cambiano se vince o perde Napoleone. Per questo credo che il Papa dica di “non immischiarsi” con le beghe politiche, anche se inevitabilmente, da uomo passionale, fa entrare dalla finestra quello che pensa di aver chiuso fuori dalla porta. Allo stesso modo nella nostra vita è impossibile separare con il bisturi l’essenziale e l’evidenza impossibile da occultare della nostra simpatia per questo o quel partito, schieramento, legge, polemica culturale. Tutto è buono, tutto è investito dal significato. Non esistono franchigie dove non arrivi lo sguardo di Cristo (o di Mammona).
Per questo ogni terreno è terreno inevitabile di dialogo, in tutto versiamo la vita. Ed è magnifico per Boris sbiancare in volto per la sorpresa di trovare in piena pugna un ateo più attento all’umano di noi. Così a Boris è accaduto con Antonio Gramsci, fino a intuire che il suo ateismo fosse gonfio di preghiera, e la sua egemonia culturale marxista fosse sfida al cristianesimo sperando di perdere. (E credo abbia trovato la carezza del Nazareno, come lo storico ebreo e mio amico Giancarlo Lehner, autore del libro La famiglia Gramsci in Russia, ritiene probabile: «Non sarebbe una grande sorpresa se Gramsci avesse abbracciato la fede cattolica»)
Propongo questi stralci di un articolo di Gramsci scritto per l’Avanti! del 6 giugno 1918, a Bersani, a D’Alema, a Vendola. Non mi dispiacerebbe lo citasse papa Francesco a cui lo porgo:
«Il dottor Voronof ha già annunziato la possibilità dell’innesto delle ovaie. Una nuova strada commerciale aperta all’attività esploratrice dell’iniziativa individuale. Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l’organo della maternità? Lo cederanno alla ricca signora infeconda che desidera prole per l’eredità dei sudati risparmi maritali. Le povere fanciulle guadagneranno quattrini e si libereranno di un pericolo. Vendono già ora le bionde capigliature per le teste calve delle cocottes che prendono marito e vogliono entrare nella buona società. Venderanno la possibilità di diventar madri: daranno fecondità alle vecchie gualcite, alle guaste signore che troppo si sono divertite e vogliono ricuperare il numero perduto. I figli nati dopo un innesto? Strani mostri biologici, creature di una nuova razza, merce anch’essi, prodotto genuino dell’azienda dei surrogati umani, necessari per tramandare la stirpe dei pizzicagnoli arricchiti. (…) La vita, tutta la vita, non solo l’attività meccanica degli arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell’attività, si distacca dall’anima, e diventa merce da baratto; è il destino di Mida, dalle mani fatate, simbolo del capitalismo moderno».

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