mercoledì 11 gennaio 2017

Leila della tempesta



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(Silvia Guidi) «Se mai ti capitava di guardare il creato attraverso le fessure della fortezza non vedevi se non un piccolo lembo di cielo e l’alto bastione, mentre su e giù per il bastione, giorno e notte passeggiavano le sentinelle». A metà dell’Ottocento, Dostoevskij descrive così la propria esperienza di recluso in Siberia. Il carcere come limite, noia e angoscia, ma anche immaginazione; come limbo di vita ma anche lembo di cielo.
Ignazio De Francesco, un monaco che da anni si occupa di dialogo con i detenuti musulmani, ha scelto proprio Dostoevskij come incipit per il libro che ha appena pubblicato con il concorso dell’Ufficio ecumenismo e dialogo interreligioso della Cei Leila della tempesta. Un’avventura di dialogo tra le culture (Reggio Emilia, Zikkaron, 2016, pagine 179, euro 15) in libreria dal 15 gennaio. Zikkaron è la neonata casa editrice della Piccola Famiglia dell’Annunziata, la comunità fondata da Giuseppe Dossetti con base a Monte Sole, sui luoghi della strage di Marzabotto. 
Leila è il resoconto romanzato di un’esperienza pluriennale d’incontro coi detenuti all’interno del carcere di Bologna, dove De Francesco svolge tuttora la sua attività di mediazione culturale. Il fondale è dunque quello del carcere, e in particolare il mondo delle persone coinvolte nel traffico di stupefacenti. 
Tra loro c’è Leila, giunta in Italia come clandestina, attraverso il mare, durante una tempesta sul Mediterraneo. Con questa strana figura di monaco cristiano che parla l’arabo perfettamente, Leila intreccerà nel corso dei mesi un rapporto intenso, fatto di scoperte reciproche, scontri — «Tu non sei un fratello, tu sei un cristiano!» — e incontri, sul filo di una scommessa: trovare punti in comune al di là delle differenze, e diffidenze, reciproche. 
Un dialogo serrato nel quale si intrecciano molti temi alti trattati però in modo accessibile a ogni genere di lettore. Di Leila della tempestasono  state già realizzate numerose letture sceniche — anche per gruppi giovanili — mentre l’attore Alessandro Berti ne ha realizzato una completa versione teatrale, che ha debuttato in anteprima al Teatro Comunale di Savignano sul Panaro (Modena) il 21 ottobre scorso. «Pur svolgendosi in carcere — si legge sul blog di Berti — Leila oltrepassa con forza i limiti di un discorso sulla problematica del reato, le questioni aperte di cosa significhi ancora cittadinanza in una società in evoluzione velocissima».
Superato il muro di un’apparente incomunicabilità, siamo all’inizio di una storia vera che può raccontare meglio di tanti monologhi e di tanti discorsi cosa occorre fare per favorire un incontro autentico tra l’occidente cristiano e l’islam.
L'Osservatore Romano