mercoledì 1 marzo 2017

Figli di (2) papà

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Utero in affitto,
sì dei giudici: famiglia condannata
a morte


di Tommaso Scandroglio

Un'altra sentenza di condanna a morte della famiglia. Anzi, questa volta è un’ordinanza, emessa dalla Corte di Appello di Trento il 23 febbraio scorso (precisiamo che, dato che sono coinvolti dei minori, il tribunale non ha reso noto i nomi dei soggetti coinvolti né lo Stato straniero convolto anch’esso nella vicenda). I fatti sono questi: una coppia omosessuale, “sposata” all’estero, ottiene due gemelli tramite pratica dell’utero in affitto realizzata fuori dai confini italici. Per questo Stato estero i due uomini sono entrambi genitori legittimi, nonostante uno dei due uomini non sia ovviamente genitore biologico dei due minori.
Tornano in Italia e chiedono la trascrizione dell’atto di nascita, dove figurano entrambi come “padre di”, all’ufficiale di stato civile il quale si rifiuta dato che sarebbe un atto contrario all’ordine pubblico, giustamente “asserendo che secondo la normativa vigente i genitori devono essere necessariamente di sesso diverso”. I due rispondevano illustrando “il contesto affettivo e familiare nel quale era maturata la scelta della coppia di fare ricorso, per soddisfare la comune aspirazione alla genitorialità, alla procreazione medicalmente assistita all’estero”. 
Si apre un contenzioso e la coppia, come ulteriore motivazione per vedersi riconosciuta la bi-genitorialità omosex, sostiene che i gemelli, che ormai vivevano con loro da sei anni, li riconoscevano come “papà e papà”. Quindi se non faceva problema a loro perché avrebbe dovuto farlo allo Stato italiano? Il Procuratore però si oppose, ma venne anche incontro alla coppia: che il compagno non genitore naturale adotti tramite stepchild adoption i gemelli! Ormai è quasi routine per i giudici permetterlo. Interviene in giudizio pure l’Avvocatura dello Stato la quale fa notare che la stessa legge Cirinnà esclude che alle coppie gay unite civilmente si possa applicare la normativa sulla filiazione prevista per i coniugi: se il figlio nasce in costanza di matrimonio si presume che sia figlio di entrambi. La vertenza è approdata infine in Corte di Appello.
Qui i giudici in prima istanza hanno avuto gioco facile ad appellarsi ad un precedente autorevole: la sentenza n. 19599 del 2016 della Cassazione. In quell’occasione i giudici avevano riconosciuto la doppia genitorialità legale ad una coppia di lesbiche. Il caso era leggermente differente dal presente. Nel caso della coppia lesbica, una donna aveva dato l’ovocita e l’altra aveva partorito. Quindi una vantava un legame genetico e l’altra era madre per il nostro ordinamento giuridico perché aveva dato alla luce la prole. In questo caso, dato che fin ora i maschi non possono partorire, solo un membro della coppia poteva vantare un legame naturale con i due bambini.
I giudici di Appello intanto rigettano l’ipotesi della stepchild adoption: l’esito sarebbe troppo incerto. Meglio riconoscere il certificato di nascita che hanno già in mano, è una strada più sicura. Come dire: abbiamo già stabilito chi deve vincere, troviamo la soluzione più comoda per arrivare al risultato. Aggiungiamo che la mancata volontà di indirizzarli alla stepchild adoption è fortemente sintomatica dell’orientamento ideologico dei giudici. Infatti la coppia quasi certamente avrebbe ottenuto la stepchild, ma così facendo i giudici avrebbero perso l’occasione di inventarsi un nuovo modo di essere genitori omo. Riconoscendo infatti il certificato di nascita redatto all’estero hanno riconosciuto, per impossibile che sia, una “genitorialità naturale omosessuale”, come avviene per le coppie etero. Non più solo genitori per adozione, ma in modo ancor più significativo genitori para-naturali. Laddove non arriva madre natura ci arriva la magistratura.
In secondo luogo, citando sempre la sentenza della Cassazione di cui sopra, i giudici hanno escluso che la trascrizione voluta dalla coppia sia contraria all’ordine pubblico. Per i giudici trentini infatti nel concetto di ordine pubblico rientrano anche le relazioni familiari. Ora per lo Stato straniero i due gemellini hanno legami familiari e inoltre de facto hanno instaurato legami “familiari” con entrambi i membri della coppia. Inoltre – con un salto logico notevole – si giustifica la doppia paternità perché altrimenti i minori non potrebbero avvalersi, nei confronti dell’uomo non genitore biologico, dei diritti spettanti a chi è figlio legittimo e, parallelamente, anche il genitore biologico non potrebbe esercitare quei diritti propri di chi è legalmente padre. Come dire: tu che non hai acquistato questa auto pretendi di esserne il legittimo proprietario. Noi giudici ti accordiamo questo status perché altrimenti non potresti esercitare i diritti propri di chi è proprietario di un’auto. Noi portatori di buon senso invece diciamo che finchè non acquisterai l’auto non potrai esserne il proprietario.
E che dire del fatto che i due gemelli sono nati con la pratica dell’utero in affitto, pratica da noi vietata? I giudici rispondono che, citando una sentenza del 24 gennaio 2017 della Corte Europea dei diritti dell’uomo, c’è margine di apprezzamento da parte dei tribunali in ordine a questioni eticamente sensibili, che la maternità surrogata non lede i principi costituzionali e che, legittima o no, questa pratica “non potrebbe determinare la negazione del riconoscimento ai minori dello statu filiationis legittimamente riconosciuto all’estero”. Noi rispondiamo che, fino a prova contraria, la pratica della maternità surrogata è vietata e quindi i due signori di cui sopra dovrebbero essere sanzionati.
I giudici, ed arriviamo alla parte saliente dell’ordinanza, affermano infine che occorre “escludere che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico tra il genitore e il nato”. Per giustificare l’asserto i giudici richiamano la disciplina dell’adozione e della fecondazione artificiale eterologa. Insomma per aversi famiglia bastano delle relazioni affettive di fatto ci dicono i giudici.
Mettiamo un po’ di ordine. Dunque i bambini hanno il diritto nativo di essere cresciuti dai propri genitori biologici. Solo nel caso in cui questi si dimostrassero assolutamente incapaci di prendersi cura di loro allora scatta l’adozione. Quindi vero, come dicono i giudici, che per essere genitori non sempre deve sussistere il legame genetico. Infatti tale legame non è l’unico aspetto da tenere in considerazione: l’aspetto centrale è l’interesse del minore. Il quale interesse reclama in prima battuta l’educazione da parte del proprio padre naturale e madre naturale e solo in subordine si deve prendere la strada dell’adozione. Ma in ogni caso il suo interesse esige la diversità sessuale dei genitori. Non ascoltare questa esigenza provoca gravi danni. Da qui il vulnus all’ordine pubblico inferto dall’idea che ci possono essere due padri o due madri.
La fecondazione eterologa poi lede il bambino nel suo diritto ad essere cresciuto dai propri genitori biologici. L’adozione pone un rimedio ad una situazione lesiva per il benessere del minore, l’eterologa invece crea un danno rendendo orfano in modo preordinato il bambino. Questi inoltre non ha bisogno di qualsivoglia “affetto”, ma di un affetto diversamente sessuato. Solo questa diversità, inserita in un contesto matrimoniale, crea famiglia. Non sentimenti omosex, né progetti genitoriali, né desideri di paternità.