giovedì 23 marzo 2017

La più profetica delle apparizioni moderne



Nel messaggio di Fátima. Un cammino di solidarietà 

(Jacques Servais) Papa Francesco ha annunciato la sua intenzione di recarsi in pellegrinaggio al santuario di Fátima il 12 e il 13 maggio prossimi, in occasione del centenario dell’avvenimento che dieci anni fa Benedetto XVI ha definito essere «la più profetica delle apparizioni moderne». 
Dopo l’attentato di cui fu vittima all’inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo II ebbe la sensazione che una mano materna avesse guidato la traiettoria del proiettile, salvandolo da una morte certa. La data stessa del tentativo criminale, il 13 maggio 1981, ma anche la memoria trasmessa da suor Lucia nel 1944 — la terza parte del «segreto» di cui egli prese conoscenza immediatamente dopo — lo confermarono nella convinzione che la protezione gli era venuta dalla Vergine di Fátima. Egli affidò, come sappiamo, il proiettile rimasto incastrato nell’auto al momento dell’attentato al vescovo del luogo, che lo fece incassare nella corona della statua del santuario. E volle anche realizzare la richiesta della Vergine con un atto solenne di consacrazione del mondo al suo Cuore, il 25 marzo 1984. Nell’anno 2000, in seguito all’invito del Papa, il cardinale Joseph Ratzinger — allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede — pubblicò integralmente il messaggio, compresa la famosa terza e ultima parte, e ne presentò un commento teologico al fine di mettere fine alle congetture e alle speculazioni.
Se l’attuale successore di Pietro si reca a Fátima è certamente per esprimere a Nostra Signora la riconoscenza di tutta la Chiesa per la vita santa e la missione universale di Giovanni Paolo II, ma anche, senza dubbio, per ricordarci che non esiste alcuna fatalità, e che gli avvenimenti della storia mondiale sono affidati anche alle nostre mani, in quanto con la grazia ci è richiesto di prestare il nostro concorso alla costruzione di un mondo più giusto.
Ricordiamo brevemente qualche fatto. Il 13 maggio 1917, a mezzogiorno, mentre stanno giocando nella Cova da Iria, la piccola proprietà dei genitori di uno di loro, tre bambini vengono sorpresi da un lampo e, voltandosi, vedono «una Signora tutta vestita di bianco, più splendente del sole, dalla quale si propagava una luce più chiara e intensa di un bicchiere pieno di acqua pura, attraversato dai raggi di un sole ardente». Essi si sentono totalmente immersi in una luce accecante, al punto che in seguito al fatto la più grande, Lucia, non smetterà di ripetere: ella era luce, luce, luce! La Signora si mostrerà di nuovo, nei cinque mesi successivi, a intervalli regolari. Ella tiene le mani giunte sul suo seno e dirette verso l’alto, come per pregare — descriverà ancora Lucia, aggiungendo che dalla sua mano destra pende un rosario. I bambini non fanno fatica a riconoscere in lei la santa Vergine. Con tutto il suo essere, di una trasparenza totale, ella si irradia della grazia dell’Altissimo. Come la luna (Apocalisse, 21), riflette il sole i cui raggi la attraversano. Del resto, la Signora che discosta il velo che separa la terra e il cielo si presenta subito ella stessa come la «Regina del Rosario». È l’«umile serva» (cfr. Luca, 1, 48) che invita ancora a meditare i misteri del Vangelo. E si manifesta per meglio far conoscere il Figlio eterno del Padre che ha donato al mondo con il suo sì senza riserve. Attraverso la punta del suo mantello, irradiante di splendore, è il buon profumo, quasi fisico, di Cristo che ella offre ai tre pastorinhos di Fátima. Accalcandosi subito attorno a loro, la folla immensa che è accorsa, partecipa dello stesso spirito d’infanzia, tutto soprannaturale. Stupita di fronte ai fenomeni straordinari di cui il cielo terrestre è teatro, anche se essa non vede né intende la Signora, dà docilmente credito alla testimonianza dei bambini.
A un certo momento il volto, così bello, si fa serio e lascia trasparire un tocco di dolce rimprovero. Ma forse è piuttosto l’espressione di un’intensa afflizione. La Regina del cielo e della terra è sempre la Madre dei dolori che accompagna Gesù sulla via del Calvario. La beatitudine non impedisce di avere il cuore pesante alla vista dello spettacolo che offrono i peccatori: ella piange sul mondo, come aveva fatto davanti a Catherine Labouré, la giovane novizia della Rue du Bac, o sulla nuda cima della Salette. Il suo cuore, osservano i bambini, è come circondato da spine che sembrano affondare in esso. Pensiamo alla profezia di Simeone (Luca, 2, 35), ma anche alle dichiarazioni di Gesù: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo» (Giovanni, 9, 39); «Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare» (Giovanni, 8, 26). Maria rivela ai bambini la sua inquietudine quanto al castigo del peccato che minaccia il mondo. Lei, che era rimasta totalmente silenziosa, contemplativa ed esteriormente inoperosa sulla terra, interviene ora, raccomandando con insistenza di fare penitenza e di sopportare ogni sofferenza per la conversione dei peccatori.
È senza dubbio per meglio inculcare la lezione, che ella fa vedere, per un breve istante, una scena dell’inferno. I pastorinhos sperimentano così, interiormente, a cosa conduce la sregolatezza della ragione e della volontà: il castigo che minaccia l’umanità peccatrice. La visione dell’inferno, di cui provano tutto l’orrore, ha per loro la forza di una presenza reale che si impone a ciascuno dei loro sensi. Non dobbiamo abusarne, tuttavia: non si tratta di una sorta di fotografia della condizione dei dannati nell’aldilà, un’opinione che le autorità della Santa Sede hanno creduto di dover scartare formalmente. Diciamo che le immagini visive che si imprimono nel loro spirito con una dura evidenza mostrano, con un linguaggio a loro comprensibile, il rischio della perdizione e del supplizio eterno. L’istante terribile nel quale i veggenti sono esposti fa loro sperimentare l’immensa serietà di una possibile dannazione, ma li impegna soprattutto a «fare dei sacrifici» per «salvare le anime». Nessuno ha diritto di anticipare il mistero del giudizio escatologico concernente i vivi e i morti. Il cammino della salvezza, dice san Paolo, passa attraverso una «fede operosa» in Cristo, che è morto per tutti e al quale tutti partecipano, e con l’«impegno della carità», ma queste due «opere di nostro Signore» sono inseparabili dalla terza, la «fermezza della speranza» (1 Tessalonicesi, 1, 3) riguardo la salvezza delle anime, di tutte le anime (1 Timoteo, 2, 4). Questo cammino è un cammino ecclesiale, un cammino sul quale i cristiani procedono insieme, legati da una solidarietà profonda con tutti gli uomini in favore dei quali essi intercedono e per i quali fanno anche penitenza.
Tramite i piccoli veggenti, Maria indica dall’alto del Cielo un mezzo per «salvare le anime dei poveri peccatori»: la devozione al suo Cuore immacolato. Ella è l’unica creatura che ha saputo rispondere con il suo sì incondizionato al sacrificio di Cristo. Intimamente unita a suo Figlio, ai misteri della sua vita, morte e risurrezione, ella partecipa spiritualmente alle sue sofferenze salvifiche. A differenza di suo Figlio, ella non è — certamente — che una semplice persona umana, ma forma un tutto con Lui: il nuovo Adamo si è unito da sempre alla nuova Eva. Gesù, al quale ella deve la sua santità, ha voluto “dipendere” da lei nella sua vita terrena e, nella sua sovrana libertà, egli continua in Cielo, a “dipendere” dai fedeli che si rifugiano sotto il suo mantello di grazia. Anche la Vergine non conosce altro mezzo più efficace che invitare a passare attraverso di lei.
In una delle apparizioni, quando la Grande guerra sta volgendo alla fine, la Vergine evoca i rischi di un’altra guerra mondiale ancora peggiore. Se i cristiani allentano la loro vigilanza — avverte anche — la Russia «spargerà i suoi errori attraverso il mondo, favorendo guerre e persecuzioni verso la Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, diverse nazioni saranno distrutte». Qui conviene ancora una volta afferrare bene il senso di una predizione di questo genere. Un profeta è qualcuno che ha ricevuto il dono di far conoscere alla Chiesa ciò che Dio vuole nel momento presente. La profezia, secondo la tradizione biblica, non consiste nella predizione di un futuro obbligato. «Non si subisce l’avvenire, lo si fa», diceva Bernanos. Ciò che predice il profeta ha una forma condizionata: resta avvolto dal velo di un grande “se”. La Signora mostra a Lucia ciò che secondo la volontà di Dio per il presente non dovrebbe accadere e ciò che, se gli uomini persistono nel loro accecamento e se i cristiani non fanno penitenza, avrà immancabilmente luogo. Quando il Cielo solleva leggermente, come qui, il velo del futuro, è per meglio sottolineare l’urgenza del messaggio. Detto questo, dobbiamo constatare che la predizione si è in parte avverata. La sollecitudine materna di Maria non ha ottenuto il frutto sperato: la conversione della famiglia umana che avrebbe dovuto risparmiarle le sofferenze degli scorsi decenni. A ogni buon conto, gli avvenimenti particolari descritti nella terza parte del “segreto” appartengono ormai al passato.
Se voi pregate, se voi vi consacrate — promette la santa Vergine, a nome del Figlio — verrà un regno di giustizia e di pace nel mondo. Dopo Fátima, la Madonna è apparsa in ben altri luoghi ed ella non ha cessato di attestare che questa possibilità esiste ancora. Ella piange sul mondo perché il mondo non vuole togliersi di dosso la sua indifferenza, ma anche per condurlo, attraverso le sue lacrime, alla compassione. Ella ha bisogno del sì delle nostre labbra e delle nostre azioni per aiutare la vittoria del bene sul male. La purezza del suo fiat(cfr. Luca, 1, 38) la eleva al di sopra dei suoi fedeli, ma ella viene sempre di nuovo a noi come «mediatrice di tutte le grazie». Il “favore” (cfr. Luca, 1, 28) che Dio le ha concesso con la sua elezione e la sua (pre-)redenzione l’ha costituita di colpo come concausa della nostra salvezza. La distribuzione delle grazie (Efesini, 4, 11) da parte di Cristo passa sempre attraverso di lei. Le apparizioni sono un richiamo della sua presenza discreta ma efficace nella Chiesa che, in lei, è già «senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Efesini, 5, 27). Davanti all’intorpidimento che oggi si impadronisce dei cristiani, più che mai ella li mette davanti all’ora della decisione. Ella si fa testimone del giudizio imminente, ma sempre ancora indicando una via provvidenziale, che esige da noi un impegno coinvolgente e totale.
L'Osservatore Romano