giovedì 4 agosto 2011

Giovanni M. Vianney - Scritti scelti (2)



La Preghiera
Per mostrarvi il potere della preghiera e le grazie che essa vi attira dal cielo, vi dirò che è soltanto con la preghiera che tutti i giusti hanno avuto la fortuna di perseverare. La preghiera è per la nostra anima ciò che la pioggia è per la terra. Concimate una terra quanto volete, se manca la pioggia, tutto ciò che farete non servirà a nulla. Così, fate opere buone quanto volete, se non pregate spesso e come si deve, non sarete mai salvati; perché la preghiera apre gli occhi della nostra anima, le fa sentire la grandezza della sua miseria, la necessità di fare ricorso a Dio; le fa temere la sua debolezza.

Il cristiano conta per tutto su Dio solo, e niente su se stesso. Sì, è per mezzo della preghiera che tutti i giusti hanno. perseverato... Del resto, ci accorgiamo noi stessi che appena trascuriamo le nostre preghiere, perdiamo subito il gusto delle cose del cielo: pensiamo solo alla terra; e se riprendiamo la preghiera, sentiamo rinascere in noi il pensiero e il desiderio delle cose del cielo. SI, se abbiamo la fortuna di essere nella grazia di Dio, o faremo ricorso alla preghiera, o saremo certi di non perseverare per molto tempo nella via del cielo.
In secondo luogo, diciamo che tutti i peccatori debbono, senza un miracolo straordinario che accade rarissimamente, la loro conversione soltanto alla preghiera. Vedete santa Monica, ciò che fa per chiedere la conversione di suo figlio: ora essa è al piede del suo crocifisso' a pregare e piangere; ora si trova presso persone che sono sagge, per chiedere il soccorso delle loro preghiere. Guardate lo stesso sant'Agostino, quando volle seriamente convertirsi... SI, per quanto fossimo peccatori, se avessimo fatto ricorso alla preghiera e se pregassimo come si deve, saremmo sicuri che il buon Dio ci perdonerebbe.
Ah!, fratelli miei, non meravigliamoci del fatto che il demonio fa tutto ciò che può per farci tralasciare le nostre preghiere, e farcele dire male; è che capisce molto meglio di noi quanto la preghiera è temibile nell'inferno, e che è impossibile che il buon Dio possa rifiutarci ciò che gli chiediamo per mezzo della preghiera...
Non sono né le lunghe né le belle preghiere che il buon Dio guarda, ma quelle che si fanno dal profondo del cuore, con un grande rispetto ed un vero desiderio di piacere a Dio. Eccovene un bell'esempio. Viene riferito nella vita di san Bonaventura, grande dottore della Chiesa, che un religioso assai semplice gli dice: «Padre, io che sono poco istruito, lei pensa che posso pregare il buon Dio e amarLo? ».
San Bonaventura gli dice: «Ah, amico, sono questi principalmente che il buon Dio ama di più e che gli sono più graditi». Questo buon religioso, tutto meravigliato da una notizia così buona, va a mettersi alla porta del monastero, dicendo a tutti quelli che vedeva passare: «Venite, amici, ho una buona notizia da darvi; il dottore Bonaventura m'ha detto che noi altri, anche se ignoranti, possiamo amare il buon Dio quanto i dotti. Quale felicità per noi poter amare il buon Dio e piacergli, senza sapere niente!. ».
Da questo, vi dirò che non c'è niente di più facile che il pregare il buon Dio, e che non c'è nulla di più consolante.
Diciamo che la preghiera è una elevazione del nostro cuore verso Dio. Diciamo meglio, è il dolce colloquio di un bambino con il padre suo, di un suddito con il suo re, di un servo con il suo padrone, di un amico con il suo amico, nel cui cuore depone i suoi dispiaceri e le sue pene.
(Dal sermone per la 5a domenica dopo Pasqua)
Digiuno, elemosina, preghiera: in ogni circostanza
Leggiamo nella Sacra Scrittura che il Signore diceva al suo popolo, parlandogli della necessità di fare delle opere buone per piacerGli e per far parte del numero dei santi: «Le cose che vi chiedo non sono al di sopra delle vostre forze; per farle, non è necessario innalzarvi fino alle nubi, né attraversare i mari. Tutto ciò che vi comando è, per cosi dire, a portata di mano, nel vostro cuore e attorno a voi ». Posso ripetere la stessa cosa: è vero, non avremo mai la fortuna di andare in cielo se non facciamo opere buone; ma non ci spaventiamo: ciò che Gesù Cristo ci chiede, non sono cose straordinarie, né al di sopra delle nostre capacità; non chiede a noi di stare tutto il giorno in chiesa, neanche di fare grandi penitenze, cioè fino a rovinare la nostra salute, e neppure di dare tutto il nostro avere ai poveri ( benché sia verissimo che siamo obbligati a dare ai poveri quanto possiamo, e che lo dobbiamo fare per piacere a Dio che ce lo comanda e per riscattare i nostri peccati). E' pur vero che dobbiamo praticare la mortificazione in molte cose, domare le nostre inclinazioni... Ma, mi direte voi, ce ne sono più d'uno che non possono digiunare, altri che non possono dare l'elemosina, altri che sono talmente occupati che spesso riescono a stento a fare la loro preghiera al mattino e alla sera; come dunque potranno salvarsi, dal momento che bisogna pregare di continuo e bisogna necessariamente fare opere buone per conquistare il cielo? Visto che tutte le vostre opere buone si riducono alla preghiera, al digiuno e all'elemosina, potremo fare facilmente tutto questo, come vedrete.
Sì, anche se avessimo una cattiva salute o fossimo addirittura infermi, c'è un digiuno che possiamo facilmente fare. Fossimo pure del tutto poveri, possiamo ancora -fare l'elemosina e, per quanto grandi fossero le nostre occupazioni, possiamo pregare il buon Dio senza essere disturbati nei nostri affari, pregare alla sera e al mattino, e persino tutto il giorno. Ed ecco come. Noi pratichiamo un digiuno che è assai gradito a Dio, ogni volta che ci priviamo di qualche cosa che ci piacerebbe fare, perché il digiuno non consiste tutto nella privazione del bere e del mangiare, ma nella 'privazione di ciò che riesce gradito al nostro gusto; gli uni possono mortificarsi nel modo di aggiustarsi, gli altri nelle visite che vogliono fare agli amici che hanno piacere di vedere, gli altri, nelle parole e nei discorsi che amano tenere; questi fa un grande digiuno ed è molto gradito a Dio allorché combatte il suo amor proprio, il suo orgoglio, la sua ripugnanza a fare ciò che non ama fare, o stando con persone che contrariano il suo carattere, i suoi modi di agire...
Vi trovate in una occasione nella quale' potreste soddisfare la vostra golosità? Invece di farlo, prendete, senza farlo notare, ciò che vi piace di meno... Si, se volessimo applicarci bene, non soltanto troveremmo di che praticare ogni giorno il digiuno, ma ancora ad ogni momento della giornata.
Ma, ditemi, c'è ancora un digiuno che sia più gradito a' Dio del fare e del soffrire con pazienza certe cose che spesso vi sono molto sgradevoli? Senza parlare delle. malattie, delle infermità e di tante altre afflizioni che sono inseparabili dalla nostra miserabile vita, quante volte non abbiamo l'occasione di mortificarci, accettando ciò che ci incomoda e ci ripugna? Ora è un lavoro che ci annoia, ora una persona antipatica, altre volte è un'umiliazione che ci costa di sopportare. Ebbene, se accettiamo tutto questo per il buon Dio, e unicamente per piacergli, questi sono i digiuni più graditi a Dio...
Diciamo che c'è una specie di elemosina che tutti possono fare.
Vedete bene che l'elemosina non consiste soltanto nel nutrire chi ha fame, e nel dare vestiti a chi non ne ha; ma sono tutti i favori che si rendono al prossimo, sia per il corpo, sia per l'anima, quando lo facciamo in spirito di carità. Quando abbiamo poco, ebbene, diamo poco; e quando non abbiamo, diamo in prestito, se lo possiamo. Colui che non può provvedere alle necessità degli ammalati, ebbene, può visitarli, dir loro qualche parola di consolazione, pregare per loro, affinché facciano buon uso della loro malattia. SI, tutto è grande e prezioso agli occhi di Dio, quando agiamo per un motivo di religione e di carità, perché Gesti Cristo ci dice che un bicchiere d'acqua non rimane senza ricompensa. Vedete dunque che, benché siamo assai poveri, possiamo facilmente fare l'elemosina.
Dico che, per grandi che siano le nostre occupazioni, c'è una specie di preghiera che possiamo fare di continuo, anche senza distoglierci dalle nostre occupazioni, ed ecco come si fa. Consiste, in tutto quello che facciamo, nel non fare altro che la volontà di Dio. Ditemi, vi pare molto difficile lo sforzarsi di fare soltanto la volontà di Dio in tutte le nostre azioni, per quanto piccole esse siano?
(Per la 7a domenica dopo Pentecoste)
La comunione eucaristica
Quale gioia per un cristiano che ha la fede, che, alzandosi dalla santa Mensa, se ne va con tutto il cielo nel suo cuore!... Ah, felice la casa nella quale abitano tali 'cristiani!... quale rispetto bisogna avere per essi, durante la giornata. Avere, in casa sua, un secondo tabernacolo dove il buon Dio ha dimorato veramente in corpo e anima!...,
- Forse, mi direte ancora: se questa felicità è così grande, perché dunque la Chiesa ci dà il comandamento di comunicarci una volta ogni anno?
- Questo comandamento non è fatto per i buoni cristiani, esiste soltanto per i cristiani pusillanimi e indifferenti verso la salvezza della loro povera anima. Agli inizi della Chiesa, la più grande punizione che si poteva imporre ai cristiani era di privarli di tale felicità; ogni volta che avevano la gioia di assistere alla santa Messa, avevano la gioia di comunicare. Mio Dio! com'è possibile che dei cristiani rimangano tre, quattro, cinque e sei mesi, senza dare questo nutrimento celeste alle loro povere anime? La lasciano morire di inedia!... Mio Dio! che guaio e quale accecamento!... avendo tanti rimedi per guarirla e un cibo così adatto a conservarla in salute!...
La Chiesa, vedèndo quanto già i cristiani perdevano di vista la salvezza delle loro povere anime, sperando che il timore del peccato facesse loro aprire gli occhi, dette loro un comandamento che li obbligava a comunicarsi tre volte all'anno, a Natale, a Pasqua e a Pentecoste. Ma in seguito, vedendo che i cristiani diventavano sempre più insensibili alla loro disgrazia, la Chiesa ha finito per non obbligarli più ad avvicinarsi al loro Dio, tranne una volta all'anno.
O mio Dio! che disgrazia e quale accecamento che un cristiano sia obbligato a mezzo di leggi a cercare la sua felicità!
(Per la 6a domenica dopo Pentecoste)
La Priovvidenza
Non temiamo mai che la santa Messa comporti ritardi nei nostri affari temporali; succede tutto il contrario: stiamo certi che tutto andrà meglio, e che anzi i nostri affari riusciranno meglio che se avessimo la disgrazia di non assistervi. Eccone un esempio ammirevole. Viene riferito di due artigiani, che esercitavano lo stesso mestiere e che dimoravano nel medesimo borgo, che uno di essi, carico di una grande quantità di bambini, non mancava mai di ascoltare ogni giorno la santa Messa e viveva assai agevolmente con il suo mestiere; mentre l'altro, che pure non aveva bambini, lavorava parte della notte e tutto il giorno, e spesso il santo giorno della domenica, e a mala pena riusciva a vivere. Costui, che vedeva gli affari dell'altro riuscirgli così bene, gli chiese, un . giorno che lo incontrò, dove poteva prendere di che mantenere così bene una famiglia tanto grande come la. sua, mentre lui, che non aveva che sé e sua moglie, e lavorava senza posa, era spesso sprovvisto di ogni cosa.
L'altro gli rispose che, se voleva, l'indomani gli avrebbe mostrato da dove gli proveniva tutto il suo guadagno. L'altro, molto contento di una così buona notizia, non vedeva l'ora di arrivare all'indomani che doveva insegnargli a fare la sua fortuna. Infatti, l'altro non mancò di andare a prenderlo. Eccolo che parte di buon animo e lo segue con molta fedeltà. L'altro lo condusse fino alla chiesa, dove ascoltarono la santa Messa. Dopo che furono tornati: «Amico, gli disse colui che stava bene a suo agio, torni pure al suo lavoro ». Fece altrettanto l'indomani; ma, essendo andato a prenderlo una terza volta per la stessa cosa: «Come? - gli disse l'altro. Se voglio andare alla Messa, conosco la strada, senza che lei si prenda la pena di venirmi a prendere; non è questo che volevo sapere, bensì il luogo dove trova tutto questo bene che la fa vivere così agiatamente; volevo vedere se, facendo come lei, posso trovarvi il mio tornaconto ». - «Amico, gli rispose l'altro, non 00nasco altro luogo oltre la chiesa, e nessun altro mezzo fuorché l'ascoltare ogni giorno la santa Messa; e quanto a me, le assicuro che non ho adoperato altri mezzi per avere tutto il bene che la stupisce. Ma lei non ha letto ciò che Gesù Cristo ci dice nel Vangelo, di cercare anzitutto il regno dei cieli, e che tutto il resto ci sarà dato in soprappiù? ».

Forse vi stupisce fratelli? Me, no. E' ciò che ve diamo ogni giorno nelle case dove c'è devozione: coloro che vengono spesso alla santa Messa fanno i loro affari molto meglio di quelli ai quali la loro poca fede fa pensare che non ne hanno mai il tempo. Ahimè! se avessimo riposto tutta la nostra fiducia in Dio, e non contassimo affatto sul nostro lavoro, quanto saremmo più felici di quanto lo siamo!

- Ma, mi direte, se non abbiamo niente, non si dà niente.
- Cosa volete che vi dia il buon Dio, quando non contate che sul vostro lavoro e per niente su di lui? Visto che non vi concedete neanche il tempo per fare le vostre preghiere al mattino né alla sera, e vi accontentate di venire alla santa Messa una volta alla settimana.
Ahimè! non conoscete le ricchezze della provvidenza del buon Dio per colui che si fida in Lui. Volete una prova evidente? Essa sta dinanzi ai vostri occhi; guardate il vostro pastore e considerate questo dinanzi al buon Dio.

- Oh! mi direte, è perché a lei viene dato. - Ma chi mi dà se non la provvidenza del buon Dio? Ecco dove sono i miei tesori, e non altrove.
(Per la 2a domenica dopo Pentecoste)

L'amore del prossimo
Tutta la nostra religione non è che religione falsa e tutte le nostre virtù non sono altro che fantasmi; e siamo soltanto degli ipocriti agli occhi di Dio, se non abbiamo quella carità universale per tutti, per i buoni come per i cattivi, per i poveri come per i ricchi, per tutti quelli che ci fanno del male, come per quelli che ci fanno del bene.
No, non c'è virtù che meglio ci faccia conoscere se siamo i figli del buon Dio, come la carità. L'obbligo che abbiamo di amare il nostro prossimo è cosi grande, che Gesti Cristo ce ne fa un comandamento, che pone subito dopo quello col quale ci ordina di amarlo con tutto il cuore. Ci dice che tutta la legge e i profeti sono racchiusi in questo comandamento di amare il nostro prossimo.
Si, dobbiamo considerare quest'obbligo come il più universale, il più necessario e il più essenziale alla religione, alla nostra salvezza. Osservando questo comandamento, mettiamo in pratica tutti gli altri. San Paolo ci dice che gli altri comandamenti ci vietano l'adulterio, il furto, le ingiurie, le false testimonianze. Se amiamo il nostro prossimo, non facciamo niente di tutto questo, perché l'amore che abbiamo per il nostro prossimo non può tollerare che facciamo del male.
(Per la 12a domenica dopo Pentecoste)
* * *
In che consiste dunque l'amore che dobbiamo avere per il nostro prossimo? Quest'amore consiste in tre cose:
1) voler bene a tutti;
2) fame loro ogni volta che possiamo;
3) sopportare, scusare e nascondere i loro difetti. Ecco la vera carità dovuta al prossimo...
Ma, pensate in voi stessi, come mai non abbiamo questa carità, dal momento che ci rende già così felici in questo mondo, grazie alla pace e all'unione che regnano tra coloro che hanno la grande fortuna di averla?
Tre cose ce la fanno perdere, e cioè: l'avarizia, l'orgoglio e l'invidia. Ditemi, perché non amate la tale persona? Ahimè! è perché essa non entra nei vostri interessi; perché avrà detto qualche parola con tro di voi, o fatto qualche cosa che non vi è piaciuta; o perché avete chiesto qualche favore ch'essa vi ha rifiutato; o perché ha fatto qualche guadagno che sperate di fare voi, ecco cosa vi impedisce di amarla come dovete... Non perdete mai di vista che per tutto il tempo che non amate il vostro prossimo, il buon Dio è in furore contro di voi... O mio Dio! possibile che si possa vivere con l'odio nel cuore!... E' perché vedete grandi difetti nel vostro vicino? Ahimè!, amico, .sia persuaso che lei ne ha ancora di più grandi agli occhi di Dio e che lei non conosce. E' vero che non dobbiamo amare i difetti e i vizi del peccatore; ma dobbiamo amare la sua persona, poiché, sebbene peccatore, egli non smette di essere la creatura di Dio e la sua immagine. Se volete amare soltanto coloro che non hanno difetti, non amerete nessuno, perché nessuno è senza difetti. Ragioniamo da cristiani migliori: più un cristiano è peccatore, più è degno di compassione e di possedere un posto nel nostro cuore. No, per quanto cattivi siano coloro con i quali viviamo, non dobbiamo odiarli ma, sull'esempio di Gesù Cristo, dobbiamo amarli più di noi stessi.
(Per la 12a domenica dopo Pentecoste)
L'amore di Dio e del prossimo
Se chiedessi .a un bambino: cos'è la carità?, mi risponderebbe: è una virtù che ci viene dal cielo, per mezzo della quale amiamo Dio con tutto il nostro cuore, e il prossimo come noi stessi in rapporto a Dio. - Ma, mi chiederete adesso, cosa vuol dire amare il. buon Dio sopra ogni cosa, e più di noi stessi? Significa preferir Lo a tutto ciò che è creato, essere nella disposizione di perdere il proprio bene, la propria reputazione, i genitori e gli amici, i figli, il marito, la moglie e la vita stessa, piuttosto che commettere il minimo peccato mortale. Sant'Agostino ci dice che amare Dio perfettamente è amarlo senza misura, quand'anche non ci fosse né cielo da sperare, né inferno da temere; è amarLo con tutta l'estensione del cuore. Se mi chiedete la ragione, è perché Dio è infinitamente amabile e degno di essere amato. Se lo amiamo veramente, né le sofferenze, né le persecuzioni, né il disprezzo, né la vita, né la morte potranno portarci via quest'amore che dobbiamo a Dio.
Noi stessi avvertiamo che se non amiamo il buon Dio, possiamo soltanto essere infelici, molto infelici. Se l'uomo è creato per amare il buon Dio, non può trovare la sua felicità che in Dio solo. Fossimo anche i padroni del mondo, se non amiamo il buon Dio, potremo soltanto essere infelici per tutto il tempo della nostra vita. Se volete convincervi meglio, ecco, interrogate le persone che vivono senza amare il buon Dio... Un avaro non è più felice quando ha molto di quando. ha poco. E' un ubriacone più felice dopo aver bevuto il suo vino dove pensava di trovare tutto il suo piacere? Ne rimane più infelice. Un orgoglioso non ha mai riposo; teme sempre di essere disprezzato. Un vendicativo, cercando di vendicarsi, non riesce a dormire né il giorno né la notte. Osservate ancora un infame impudico che crede di trovare la sua felicità nei piaceri della carne: arriva fino, non dico a perdere la sua riputazione, ma il suo bene, la sua salute e la sua anima, senza poter però trovare la sua soddisfazione. E perché non possiamo essere felici in tutto quello che sembra doverci soddisfare? Ah!, è che, essendo creati soltanto per Dio, Lui solo potrà soddisfarei, cioè renderei felici quanto è possibile esserlo su questa povera terra...
Se adesso chiedessi a un bambino: cos'è la carità in rapporto al prossimo? mi risponderebbe: La carità verso Dio deve farcelo amare più dei nostri beni, della nostra salute, della nostra riputazione e della nostra stessa vita; la carità che dobbiamo avere verso il nostro prossimo deve farcelo amare come noi stessi, di modo che tutto il bene che possiamo desiderare per noi, dobbiamo desiderarlo per il nostro prossimo, se vogliamo avere questa carità senza la quale non c'è né cielo, né amicizia di Dio da sperare...
- Ma cosa si intende con questa parola: il nostro prossimo? Niente di più facile da capire. Questa virtù si estende a tutti, tanto a coloro che ci hanno fatto del male, che hanno nuociuto alla nostra riputazione, ei hanno calunniato e ei hanno fatto qualche torto, anche se avessero cercato di toglierei la vita. Dobbiamo amarli come noi stessi, ed augurar loro tutto il bene che possiamo desiderare per noi. Non soltanto ci è vietato di voler loro del male, ma bisogna aiutarli ogni volta che ne hanno bisogno e lo possiamo. Dobbiamo rallegrarci quando riescono nei loro affari, rattristarci quando sono provati da qualche disgrazia, da qualche perdita, schierarci dalla loro 'parte quando se ne dice male, dire il bene che sappiamo di essi, non evitare la loro compagnia, parlare loro di preferenza di coloro che ci hanno reso qualche servizio: ecco come vuole il buon Dio che amiamo il nostro prossimo. Se non ci comportiamo in questo modo, possiamo dire che non amiamo né il nostro prossimo, né il buon Dio...
- Ma, mi direte, come si può sapere che abbiamo questa bella e preziosa virtù, senza la quale la nostra religione non è che un fantasma?
- Anzitutto, una persona che ha la carità non è orgogliosa: non ama dominare sugli altri; non la sentite mai biasimare la loro condotta; non ama parlare di ciò che fanno. Una persona che ha la carità non esamina qual è l'intenzione degli altri nelle loro azioni; non crede mai di far meglio degli altri e non si mette mai al di sopra del proprio vicino; al contrario, essa crede che gli altri fanno sempre meglio di lei. Non si offende se le si preferisce il prossimo; se viene disprezzata, rimane contenta lo stesso perché pensa che merita ancora più disprezzo.
Una persona che ha la carità evita il più possibile di arrecar pena agli altri, perché la carità è un mantello regale che sa nascondere bene gli sbagli dei propri fratelli e non permette mai di credere che si è migliori di loro.
Vedete che per amare il buon Dio e il prossimo non è necessario essere molto eruditi, né molto ricchi; basta cercare di piacere a Dio in tutto quello che facciamo; di fare del bene a tutti, ai cattivi come ai buoni, a quelli che lacerano la nostra riputazione, come a quelli che ei amano...
(Per la 17a domenica dopo Pentecoste)
Nessuno può servire due padroni
Gesù Cristo ci dice che non possiamo servire due padroni, cioè Dio e il mondo. Non potete piacere a Dio e al mondo, ci dice. Nonostante tutto quello che farete non potete piacere a tutt'e due nello stesso tempo. Eccone la ragione: essi sono estremamente opposti nei loro pensieri, nei desideri e nelle azioni: uno promette una cosa totalmente contraria a quella che promette l'altro; uno vieta ciò che l'altro permette e comanda; uno vi fa lavorare per il tempo presente e l'altro per il tempo futuro che è il cielo; uno vi offre i piaceri, gli onori e le ricchezze, l'altro vi presenta soltanto le lacrime, la penitenza e la rinuncia a voi stessi; uno vi chiama in una via di fiori, almeno in apparenza, e l'altro in quella di spine.
Ognuno chiede il nostro cuore, tocca a noi scegliere quale dei due padroni vogliamo seguire. Uno, che è il mondo, promette di farci gustare tutto quello che possiamo desiderare durante la nostra vita, sebbene prometta sempre più di quel che dà; ma, nello stesso tempo, ci nasconde i mali che ci sono riservati durante l'eternità. L'altro, che è Gesti Cristo, non ci promette tutte queste cose; ma ci dice, per consolarci, che ci aiuterà e che, anzi, attenuerà fortemente le nostre pene. «Venite a me, vi consolerò; al mio seguito troverete la pace dell'anima e la gioia del cuore» (cf. Mt. 11, 28). Ecco questi due padroni che ci chiedono il nostro cuore; a quale volete appartenere? Tutto quello che il mondo vi presenta è soltanto il tempo presente. I beni, i piaceri e gli onori finiranno con la vita... Ma, se vogliamo seguire Gesù Cristo, che ci chiama, carico della sua croce, vedremo presto che le pene del suo servizio non sono poi casi grandi come noi crediamo: egli camminerà dinanzi a noi, ci aiuterà, ci consolerà, e ci promette, dopo qualche breve momènto di pene, una felicità che durerà quanto Lui stesso.
(Per la 14a domenica dopo Pentecoste)
Voi siete del mondo
Vorreste essere di Dio e accontentare il mondo. Sapete cosa sono tali persone? Sono persone che non hanno ancora perso interamente la fede, e alle quali rimane ancora qualche attaccamento al servizio di Dio; esse non vorrebbero abbandonare tutto, perché esse stesse biasimano coloro che non frequentano piu le funzioni sacre, ma non hanno abbastanza coraggio per rompere col mondo, e per rivolgersi dalla parte del buon Dio. Questa gente non vorrebbe dannarsi, ma non vorrebbe neanche scomodarsi. Sperano di potersi salvare, senza farsi troppa violenza. Hanno in mente che il buon Dio essendo casi buono, non li ha creati per perderli, che in fin de' conti perdonerà loro, che verrà un tempo nel quale si daranno al buon Dio, si correggeranno, lasceranno le loro cattive abitudini. Se, in qualche momento di riflessione, essi mettono la loro povera vita un po' dinanzi agli occhi, se ne lamentano, e qualche volta verseranno anche delle lacrime...
Ahimè! quale triste vita conducono coloro che vorrebbero essere del mondo senza smettere di appartenere a Dio! Andiamo un po' avanti e capirete ancora meglio; vedrete quanto è ridicola la loro stessa vita. In certi momenti li sentirete pregare il buon Dio o fare un atto di contrizione, in altri momenti li sentirete bestemmiare, forse lo stesso Santo Nome di Dio, se qualche cosa non va come loro vogliono. La mattina, li avete visti alla santa Messa, cantare o sentire le lodi di Dio e, lo stesso giorno, li vedete tenere i discorsi più infami... Gli stessi occhi che, la mattina, hanno avuto la grande gioia di contemplare Gesù Cristo stesso nell'ostia santa, durante il giorno guarderanno volontariamente gli oggetti più disonesti, e questo, con piacere. Ieri, avete visto tale uomo fare la carità al suo prossimo, o rendergli un servizio, oggi, cercherà di ingannarlo, se può trovarvi profitto. Solo qualche istante fa, quella madre augurava ogni specie di benedizioni ai suoi figli, e adesso che l'hanno contrariata, essa li carica di ogni specie di sciagure: vorrebbe non averli mai visti, vorrebbe essere lontana da essi tanto quanto ne è vicina; finisce per mandarli al diavolo, per sbarazzarsene! A momenti essa manda i suoi figli alla santa messa o a confessarsi. Altri momenti, li manderà al ballo, o almeno farà finta di non saperlo, o lo proibirà loro ridendo, il che vuol dire: «Vacci! ». Una volta dirà a sua figlia di essere prudente, di non frequentare le cattive compagnie e un'altra volta la lascia passare ore intere con i ragazzi, senza dirle nulla. Andiamo! povera madre, lei è del mondo! Crede di essere di Dio per. qualche apparenza di religione che pratica. Si sbaglia: lei è del numero di coloro ai quali Gesù ha detto: «Guai al mondo! ». Guardate queste persone che credono essere di Dio e che sono del mondo: non si fanno scrupolo di prendere al loro vicino, ora della legna, or qualche frutto e mille altre cose. Finché sono adulate nelle loro azioni che fanno per quel che riguarda la religione, lo fanno anzi con molto piacere, mostrano molta premura, sono brave per dare consigli agli altri. Ma sono esse disprezzate o calunniate? Le vedete allora scoraggiarsi, tormentarsi perché sono trattate in quel modo. Ieri, volevano soltanto del bene a coloro che hanno fatto loro del male, oggi non possono più sopportarli, spesso neppure vederli, né parlar loro.
(Per la 14a domenica dopo Pentecoste)
L'anima tiepida
Penso che desiderate sapere qual è lo stato di un'anima tiepida. Ebbene, eccolo: un'anima tiepida non è ancora totalmente morta agli occhi di Dio, perché la fede, la speranza e la carità, che sono la sua vita spirituale, non sono ancora totalmente spente. Ma è una fede senza zelo, una speranza senza fermezza, una carità senza ardore...
Niente lo tocca [il cristiano in stato di tiepidezza]: egli ascolta la parola di Dio, è vero; ma spesso si annoia. Ascolta con fatica, per abitudine, come una persona che pensa che ne sa abbastanza, o che fa già abbastanza. Le preghiere un po' lunghe lo disgustano. La sua mente è così piena dell'azione che ha appena finito, o di quella che sta per fare... che la sua povera anima è come in agonia.
Da vent'anni quell'anima è piena di buoni desideri, senza aver modificato per nulla le sue abitudini. Essa è simile ad una persona che invidia chi sta su un carro di trionfo, ma non si degna neanche di alzare un piede per salirvi. Non vorrebbe però rinunciare ai beni eterni per quelli della terra. Ma essa non desidera né uscire da questo mondo, né andare in cielo, e se potesse passare il suo tempo senza croce e senza dolori, non chiederebbe mai di uscire dal mondo. Se la sentite dire che la vita è tanto lunga e miserabile, è soltanto quando tutto non va secondo i suoi desideri. .Se il buon Dio, per obbligarla in qualche modo a staccarsi dalla vita, le manda croci o indigenze, eccola che si tormenta, si addolora, si abbandona ai lamenti, ai brontolii, e spesso ad una specie di disperazione. Sembra non voler più riconoscere che è il buon Dio che le manda queste prove per il suo bene, per staccarla dalla vita e attirarla a Sé. Cosa ha fatto per meritarle? pensa in se stessa, molti altri più colpevoli di lei non ne subiscono altrettante.
Nella prosperità, l'anima tiepida non si spinge fino a dimenticare il buon Dio, ma non dimentica neanche se stessa. Sa raccontare molto bene tutti i mezzi che ha impiegato per riuscire; pensa che molti altri non avrebbero avuto lo stesso successo; le piace ripeterlo, sentirlo ripetere; ogni volta che lo sente, è una gioia nuova. Verso coloro che la adulano, assume un aspetto grazioso. Ma verso quelli che non le hanno manifestato tutto il rispetto che lei pensa di meritare o che non sono stati riconoscenti dei suoi favori, essa conserva un aspetto freddo, indifferente, e sembra dir loro che sono degli ingrati che non meritavano di ricevere il bene che ha fatto loro...
E' vero che un cristiano che vive nella tiepidezza compie ancora abbastanza regolarmente i suoi doveri, almeno in apparenza. Ogni mattina, farà la sua preghiera in ginocchio. Senz'altro egli frequenterà i sacramenti, ogni anno, a Pasqua, e persino parecchie volte durante l'anno. Ma in tutto questo c'è tanto disgusto, tante viltà e tanta indifferenza, così poca preparazione, così poco cambiamento nel proprio modo di vivere, che si vede chiaramente che egli adempie i suoi doveri soltanto per abitudine e per costume, perché è festa e ha l'abitudine di compierli in quella circostanza...
Riguardo alle sue preghiere, Dio solo sa come sono fatte: ahimè, senza preparazione. Al mattino, non si occupa del buon Dio, né della salvezza della sua povera anima, ma pensa soltanto a lavorare molto. La sua mente è talmente avvolta dalle cose della terra che il pensiero di Dio non vi trova posto. Pensa a quello che farà nella giornata, dove manderà i suoi bambini e i suoi servi, come farà per accelerare il suo lavoro. Per fare la sua preghiera si mette in ginocchio, è vero, ma non sa né ciò che vuole chiedere al buon Dio, né ciò che gli ~ necessario e neppure davanti a chi si trova. Il suo modo di agire, così poco rispettoso, ben l'annuncia. E' un povero che, nonostante la sua miseria, non vuole niente e ama la sua povertà. E' un ammalato quasi disperato, che disprezza i medici e le medicine, e ama le sue infermità.
Un'anima tiepida non commetterà peccati gravi, se volete. Ma una maldicenza, una bugia, un sentimento di odio, di avversione, di gelosia, una piccola dissimulazione, non le costano molto. Se non le portate tutto il rispetto che crede di meritare, ve lo farà ben notare, con il pretesto che si offende il buon Dio; dovrebbe piuttosto dire: perché si offende lei stessa...
Durante le funzioni sacre, non vuole dormire, è vero, e lei ha anche paura che qualcuno la veda, ma non fa il minimo sforzo. Riguardo alle distrazioni durante la preghiera o la santa messa, non vorrebbe averle. Ma siccome bisognerebbe un po' lottare, le tollera .con pazienza, però, senza amarle. I giorni di digiuno si riducono quasi a nulla, sia perché si anticipa l'ora del pranzo, sia perché si fa una colazione abbondante, il che equivale ad una cena, con il pretesto che il cielo non si conquista con la fame.
Quando essa fa qualche azione buona, la sua intenzione spesso non è molto purificata: talora è per fare piacere a qualcuno, talora è per compassione e qualche volta per piacere al mondo.
Con loro, tutto quello che non è peccato grave va bene... Amano fare il bene ma vorrebbero che non fosse doloroso, o almeno lo fosse ben poco. Amerebbero inoltre vedere gli ammalati, ma bisognerebbe che gli ammalati venissero essi stessi a trovarli. Hanno di che fare l'elemosina, sanno bene che la tale persona ne ha bisogno, ma aspettano ch'essa venga a chiederla, invece di prevenirla.
Diciamo di più: una persona che conduce una vita tiepida non smette di fare molte opere buone, di frequentare i sacramenti, di assistere regolarmente a tutte le funzioni sacre, ma in tutto questo si vede solo una fede debole, languida, una speranza che la minima prova rovescia, un amore di Dio e del prossimo che è senza ardore, senza gioia. Tutto quello che fa non è totalmente perso, ma poco ci manca.
(Per la 18a domenica dopo Pentecoste)
La religione nel cuore
Come si può conoscere che abbiamo la religione nel cuore, quella religione che non si smentisce mai? Eccolo: ascoltatelo bene... Una persona che ha una vera virtù, niente è capace di farla cambiare, essa è come una roccia in mezzo al mare e sbattuta dalla tempesta. Che vi si disprezzi, che vi si calunni, che si facciano beffe di voi, che vi si tratti d'ipocrita, di falso devoto: tutto questo non vi toglie per niente la pace nell'anima. Li amate quanto li amavate quando dicevano bene di voi. Non smettete di far loro del bene, di sostenerli, anche quando ne dicono male. Fate le vostre preghiere, le vostre confessioni e comunioni; andate alla santa messa, come al solito. Per farvelo capire meglio, ecco un esempio. Viene riferito che in una parrocchia c'era un giovanotto che era un modello di virtù. Andava quasi ogni giorno alla santa messa, si comunicava spesso. Accadde che un altro, geloso della stima di cui godeva quel giovanotto, un giorno che tutt'e due erano in compagnia di un vicino che aveva una bella tabacchiera d'oro, il geloso la prese dalla tasca del suo vicino e la mise in quella del giovanotto senza che costui se ne accorgesse. Dopo aver fatto il colpo, senza far mostra, gli chiese di vedere la sua tabacchiera. L'altro crede di trovarla nella propria tasca ed è ben stupito di non trovarvela. Non si lascia uscire nessuno dalla stanza senza perquisire tutti. La si trova nella tasca del giovanotto che era un modello di sapienza. Ecco che tutti si mettono a gridare al ladro e a prendersela con la sua religione, a trattarlo d'ipocrita, di falso devoto. Il giovanotto non poteva difendersi, visto che era stata trovata nella sua tasca. Non disse niente, sopportò tutto questo come proveniente dalla mano di Dio. Quando passava per la strada, venendo dalla chiesa, dalla messa o dalla comunione, tutti quelli che lo vedevano passare lo schernivano chiamiandolo ipocrita, falso devoto e ladro. Ciò durò per lungo tempo. Nonostante tutto egli continua sempre le sue pratiche di religione, le sue confessioni, le comunioni e tutte le sue preghiere, come se tutti gli avessero mostrato il più grande rispetto. Trascorsi alcuni anni, colui che era stato causa di tutto questo, essendosi ammalato, confessò dinanzi a tutti quelli che erano presenti che era stato lui stesso la causa di tutto il male che era stato detto di quel giovanotto che era un santo e che, per gelosia, per farlo disprezzare, gli aveva messo la tabacchi era nella sua tasca.
Ebbene! ecco una religione che è vera religione, che ha messo radici nell'anima. Ditemi, se tutti questi poveri cristiani che fanno professione di religione fossero messi in simili prove, imiterebbero quel giovanotto? Ahimè!, quante lagnanze, quanti rancori, quanti pensieri di vendetta, e la maldicenza, e la calunnia, e forse anche citare in tribunale... Perché tale condotta? Per il solo fatto che abbiamo una religione di capriccio, di abitudine e di costume, e, diciamo meglio, perché siamo soltanto ipocriti che servono il buon Dio nel solo caso in cui tutto va secondo i nostri capricci. Ahimè! tutte queste virtù che vediamo apparire nel maggior numero di cristiani non sono che come quei fiori della primavera, che un solo colpo di vento caldo brucia.
(Per la 7a domenica dopo Pentecoste)
Vivere la propria fede
Com'è bella la vostra religione, ci dicono i Giudei e anche i pagani, se faceste ciò che essa vi comanda! Non soltanto siete fratelli, ma, quello che di più bello c'è: non fate, tutti insieme, che un medesimo corpo in Gesù Cristo, del quale la carne e il sangue vi servono ogni giorno come nutrimento; siete tutti membri gli uni degli altri. Bisogna convenirne, quest'articolo della vostra fede è ammirevole, ha qualche cosa di divino. Se vi comportaste secondo la vostra fede, sareste in grado di attirare tutte le altre nazioni alla vostra religione, tanto essa è bella, consolante e vi promette tanti beni per l'altra vita. Ma ciò che fa pensare a tutte le nazioni che la vostra religione non è quale voi la dite, è il fatto che la vostra condotta è interamente opposta a quello che la vostra religione vi comanda. Se si interrogassero i vostri pastori, e fosse loro permesso di svelare ciò che c'è di più segreto, ci mostrerebbero le dispute, le inimicizie, le vendette, le gelosie, le maldicenze e tanti altri vizi che fanno orrore a tutti quei popoli, dei quali dite che la religione è tanto lontana dalla vostra, riguardo alla santità. La corruzione dei costumi che regna fra voi trattiene coloro che non sono della vostra religione dall'abbracciarla, perché se foste ben persuasi che essa è buona e divina, vi comportereste in ben altro modo.
(Per il giorno di Natale)
L'orgoglio
E' una specie di condimento che trova posto dovunque. Ascoltatemi un momento e lo vedrete. Gesù Cristo ce ne dà un esempio nel Vangelo, dicendo che un fariseo, andato nel tempio per fare la sua preghiera, si teneva dritto in presenza di tutti, dicendo ad alta voce: «Ti rendo grazie, Signore, di non essere come gli altri uomini, coperti di peccati. Trascorro la mia vita a fare il bene e a far piacere a Te ». Ecco il vero carattere di un orgoglioso: invece di ringraziare Dio per essere stato così buono di servirsi di lui per il bene, di rendergli grazie, egli considera tutto questo come proveniente da se stesso e non da Dio. Entriamo in alcuni dettagli, e vedrete che quasi nessuno ne è esente, i vecchi come i giovani, i poveri come i ricchi. Ognuno si loda e si compiace di quello che è o di quello che fa, o piuttosto di quello che non è e di ciò che non ha fatto.
Ognuno si applaude ed ama essere applaudito. Ognuno corre a mendicare le lodi degli. uomini, e ognuno lavora per attirarle su di sé. Così si svolge la vita della maggioranza delle persone.
La porta dalla quale l'orgoglio entra con la più grande abbondanza, è la porta delle ricchezze. Appena una persona aumenta i suoi beni, la vedete cambiare modo di vivere. Fa come ci dice Gesù Cristo dei fari sei. Queste persone amano essere chiamate dottori, essere salutate. Vogliono i primi posti. Incominciano a vestirsi più riccamente. Abbandonano quell'aspetto di semplicità. Se le si saluta, appena crollano il capo, senza alzare il cappello. Camminando a testa alta, si studieranno di cercare tutte le parole più belle, di cui spesso non conoscono neanche il significato; amano ripeterle. Un tale uomo vi romperà il capo con le eredità che avrà ricevuto, per far vedere che il suo patrimonio si è accresciuto. Tutte le sue preoccupazioni sono di lavorare per farsi stimare e lodare. Avrà avuto successo in qualche opera? si affretta a renderlo noto per mettere in mostra il suo preteso sapere. Se ha detto qualche cosa per cui è stato applaudito, non smette di rompere gli orecchi a coloro che gli stanno attorno, fino ad annoiarli e a farsi prendere in giro... Credono di apparire come persone di spirito, mentre vengono disprezzati di nascosto. Non ci si può impedire di dire in sé stessi: ecco un orgoglioso di cartello, riesce a convincere se stesso che si presta fede a tutto quel che dice!...
Eccovi una persona di una certa professione mentre esamina l'opera di un'altra; vi troverà sempre mille difetti, dicendo: «Ah! cosa volete? Non ne sa di più! ». Ma come l'orgoglioso non abbassa mai gli altri senza innalzare se stesso, si affretterà allora a parlare di qualche lavoro che ha compiuto, che un tale ha trovato fatto casi bene che ne ha parlato a molti.
Una ragazza avrà un bell'aspetto? O almeno crede di averlo? La vedete camminare contando i passi, con affettazione, con una superbia che sembra innalzarsi fino alle nubi. Possiede camicette, gonne? Lascerà aperto il suo armadio per farle vedere. Ci si insuperbisce delle proprie bestie e della propria casa. Ci si insuperbisce di sapersi confessare bene, di pregare bene il buon Dio, di essere più modesto in chiesa. Una madre si insuperbisce dei suoi figli; un contadino, del fatto che le sue terre sono in miglior stato di quelle degli altri, che egli condanna; e si compiace del suo sapere...
No, non c'è niente di così ridicolo e di così stupido come lo star sempre lì a parlare di ciò che si ha, di ciò che si è fatto.
(Per la 103 domenica dopo Pentecoste)
La maldicenza
Gli uni dicono male per invidia, il che accade soprattutto fra gente dello stesso mestiere, per attirarsi i clienti. Diranno male degli altri: che la loro merce non vale niente - o che ingannano - che non c'è niente da loro e che non sarebbero capaci di dare la merce a quel prezzo - che diverse persone se ne sono lamentate... che vedranno senz'altro che la cosa non riuscirà loro utile... O che non c'è né il peso né la misura. Un bracciante dirà che un altro non è un buon operaio, che non so in quante case si è recato e non sono stati molto contenti di lui; non lavora, si diverte. O non sa lavorare.
- Ciò che vi dico non bisogna dirlo, aggiungono, perché gli potrebbe nuocere.
- Bisogna, gli dite voi? Sarebbe stato meglio non dire niente voi stessi, non ci sarebbero state complicazioni.
Un contadino vedrà che i beni del suo vicino prosperano più dei suoi: questo lo irrita, ne dirà male.
Altri parlano male del loro vicino per vendetta: se avete fatto qualche cosa a qualcuno, anche per dovere o per carità, cercheranno di screditarvi, di inventare mille cose contro di voi, per vendicarsi.
Se se ne dice bene, ciò li irrita, vi diranno: - E' ben come tutti gli altri, ha i suoi difetti. Ha fatto questo, ha detto quello. Non lo conoscete? E' perché non avete ancor avuto a che fare con lui.
Molti dicono male per orgoglio, credono di mettersi in luce abbassando gli altri, dicendo male degli altri. Fanno mostra delle loro supposte buone qualità. Tutto quello che diranno e faranno sarà bene e tutto quello che gli altri diranno o faranno sarà male.
Ma i più dicono male per leggerezza, per una specie di mania di parlare, senza esaminare se è vero o no. Hanno bisogno di parlare... Perché ci sia un qualsiasi motivo che li faccia agire, non si peritano di diffamare la riputazione del prossimo.
Credo che il peccato di maldicenza racchiuda in sé quasi tutto ciò che c'è di più cattivo. Si, questo peccato contiene il veleno di tutti i vizi, la bassezza della vanità, il veleno della gelosia, l'asprezza dell'ira, il rancore dell'odio e la sconsideratezza così indegna in un cristiano... E' la maldicenza, infatti, che semina quasi ovunque la discordia, la divisione, che mette in discordia gli amici, che impedisce ai nemici di riconciliarsi, che turba la pace delle famiglie, che inasprisce il fratello contro il fratello, il marito contro la moglie...
Quante famiglie molto unite che una sola cattiva lingua ha messo sottosopra, che non possono più né vedersi, né parlarsi. Chi ne è la causa? La sola cattiva lingua del vicino o della vicina...
Sì, la lingua di un maldicente avvelena tutte le azioni buone e mette in luce tutte le cattive. E' lei che, tante volte, diffonde su un'intera famiglia macchie che passano. dai padri ai figli, da una generazione ad un'altra, e che, forse, non si cancelleranno mai più. La lingua maldicente va fino a frugare nella tomba dei morti; essa muove le ceneri di quei poveri infelici, facendo rivivere, cioè rinfrescando i loro difetti che erano sepolti con loro nella tomba.
Che atrocità! Da quale indignazione sareste invasi se vedeste uno sciagurato accanirsi contro un cadavere, dilaniarlo in mille pezzi? Un tale fatto vi farebbe gemere di compassione. Ebbene! il crimine è ancora più grande quando si va a rinfrescare gli sbagli di un povero morto. Quante persone hanno quest'abitudine quando si parla di qualcuno che è morto:
- Ah!, ne ha combinate di tutti i colori durante la sua vita; era un perfetto ubriacone, uno scaltro matricolato, in breve, era un cattivo soggetto.
Ahimè, amico mio, forse lei si sbaglia, e anche se fosse vero quel che dice, forse adesso è in cielo, il buon Dio lo ha perdonato. Ma dove è la vostra carità?
(Per 1'11a domenica dopo Pentecoste)
Non giudicare
Ma ditemi, su che cosa sono fondati tutti questi giudizi e queste apparenze? Ahimè! è su deboli apparenze e, per lo più, su un «si dice ». Forse mi direte che avete visto e sentito. Ahimè! potete sbagliarvi lo stesso, vedendo e sentendo, lo vedrete...
Ecco un esempio che vi dimostrerà nel modo migliore che possiamo facilmente sbagliarci, e che ci sbagliamo quasi sempre. Ditemi, cosa avreste fatto se aveste vissuto al tempo di san Nicola, e l'aveste visto venire, in piena notte, girare attorno alla casa di tre giovani signorine, esaminando bene, e facendo attenzione affinché nessuno lo vedesse. Ecco un vescovo, avreste pensato subito, che disonora la sua dignità, è un bell'ipocrita. In chiesa sembra essere un santo ed eccolo, in piena notte, alla porta di tre signorine che non hanno troppo buona riputazione. Però quel vescovo che sicuramente sarebbe condannato, era un grande santo e molto amato da Dio. Ciò che faceva era la migliore opera del mondo. Per evitare a quelle giovani persone la vergogna di chiedere, veniva di notte e gettava loro denaro dalla finestra, temendo che la povertà le inducesse ad abbandonarsi al peccato.
Questo vi deve spingere a non giudicare mai azioni del nostro prossimo senza aver prima riflettuto bene. E inoltre, solo allorché siamo incaricati della condotta di quelle persone, come i padri e le madri, i maestri e le maestre. Per qualsiasi altra persona, facciamo quasi sempre male... Ditemi, abbiamo noi un miglior fondamento per i giudizi che portiamo sulle azioni del nostro prossimo di quelli che avessero visto san Nicola che si aggirava attorno a quella casa, e che si sforzava di trovare la porta della camera di quelle tre signorine?
Non è a noi che gli altri devono rendere conto della loro vita, ma soltanto a Dio. Sarebbe volerci costituire giudici di ciò che non ci riguarda... Il buon Dio non ci chiederà conto di ciò che gli altri hanno fatto, bensì di ciò che avremo fatto noi. Stiamo ben attenti a noi stessi e non tormentiamoci tanto degli altri, pensando o dicendo quello che hanno fatto o detto. Tutto questo è affanno inutile che non può venire che da un fondo di orgoglio, simile a quello di quel fariseo che era soltanto occupato a pensare e a giudicare male il suo prossimo, invece di occuparsi di se stesso e di piangere sulla sua povera vita. No, lasciamo la condotta del prossimo da parte, accontentiamoci di dire, come il santo re David: «Mio Dio, fammi la grazia di conoscermi così come sono, affinché io veda ciò che può dispiacerti, perché possa correggermi, pentirmi e ottenere il perdono».
No, fratelli, finché una persona si diverte ad esaminare la condotta degli altri, né conoscerà se stessa, né sarà del buon Dio.
(Per 1'11a domenica dopo Pentecoste)
L'invidia
In quanto uomini, lo sapete, dobbiamo avere umanità gli uni per gli altri. Ma un invidioso, al contrario, vorrebbe, se potesse, distruggere ciò che scorge di bene nel suo prossimo. In quanto cristiani, lo sapete anche, dobbiamo avere una carità senza limiti verso i nostri fratelli. Ma un invidioso è ben lontano da tutte queste virtù. Vorrebbe vedere il suo fratello rovinarsi. Ogni segno della bontà di Dio verso il prossimo è un colpo di lancia che gli strazia il cuore e lo fa segretamente morire. Poiché siamo tutti un solo Corpo di cui Gesù Cristo è il capo, dobbiamo manifestare in tutto l'unione, la carità, l'amore e lo zelo. Per renderci felici gli uni gli altri, dobbiamo godere, come ci dice san Paolo, della felicità dei nostri fratelli, e addolorarci con loro quando hanno qualche pena. Lungi dall'avere questi sentimenti, l'invidioso non smette di lanciare maldicenze e calunnie contro il suo vicino. Sembra, facendo questo, che trovi sollievo e addolcisca un po' il suo dispiacere.
Ahimè! non abbiamo ancora detto abbastanza. E' questo temibile vizio che rovescia i re e gli imperatori dal loro trono. Perché, fra questi re, questi imperatori, questi uomini che occupano i primi posti, gli uni sono cacciati, gli altri avvelenati, altri infine pugnalati? E' soltanto per regnare al loro posto. Non è il pane, né il vino, né l'alloggio che manca agli autori di questi crimini. No, di sicuro, ma è l'invidia che li divora. D'altra parte, osservate un negoziante: vorrebbe avere tutta la clientela, e per gli altri niente. Se qualcuno lo lascia per andare da un altro, cercherà di dir male quanto più potrà, sia della persona del negoziante, sia della merce. Adotterà tutti i mezzi possibili per fargli perdere la sua riputazione, dicendo che la sua merce non è cosi buona come la sua, o che pesa male. Guardate ancora l'astuzia diabolica di quest'invidioso: non bisogna dirlo ad altri, aggiunge, nel timore di nuocergli; mi dispiacerebbe; lo dico soltanto a lei perché non si lasci ingannare. Osservate un operaio, se un altro va a lavorare nella casa dove ha l'abitudine di andare, ciò l'offende; farà tutto il possibile per screditare quella persona, affinché essa non sia accolta.
Guardate un padre di famiglia, come si irrita se il suo vicino riesce meglio di lui, nei suoi affari, se le sue terre producono più delle proprie...
Ahimè! questo vizio si trova pure fra coloro nei quali non lo si dovrebbe incontrare; mi riferisco alle persone che vivono la religione. Esse esaminano quanto tempo una tale rimane a confessarsi, il suo modo di comportarsi nel pregare il buon Dio. Ne parlano e la biasimano. Pensano che tutte queste preghiere, queste opere buone sono soltanto per farsi vedere, o, se volete, sono soltanto finzioni. Non serve ripetere che le azioni del prossimo concernono lui solo. Si irritano e si sentono offese perché gli altri agiscono meglio di loro.
Abbiamo detto che questa passione mostra uno spirito gretto. E' talmente vero che nessuno crede di averla, almeno non vuole credere di esserne colpito. Si cercherà di coprirla con mille pretesti per nasconderla agli altri. Se in presenza nostra si dice bene del nostro prossimo, conserviamo il silenzio; ci affligge il cuore. Se siamo obbligati a parlare, lo facciamo in modo freddo. No, non c'è carità in un invidioso. San Paolo ci dice che dobbiamo gioire del bene che arriva al nostro prossimo. E' ciò che la carità cristiana deve ispirarci gli uni per gli altri. Ma i sentimenti di un invidioso sonò ben diversi. No, non credo che ci sia un peccato più cattivo e più terribile di quello dell'invidia, perché è un peccato nascosto e spesso ricoperto da una bella veste di virtù e di amicizia. Diciamo di più: è un leone al quale si finge di mettere la museruola, o un serpente coperto da un po' di foglie, che vi morderà senza che ve ne accorgiate. E' una peste pubblica che non risparmia nessuno...
Ma come possiamo correggerei di questo vizio, dal momento che non ci crediamo colpevoli? Sono sicuro che fra mille invidiosi, esaminandoli per bene, non ce ne sarà uno che vorrà credere che fa parte di quel numero. Non c'è peccato che si conosca cosi poco quanto questo...
- Ma, pensate in voi stessi, se lo conoscessi, cercherei ben di correggermi.
- Per conoscerlo, bisogna chiedere i lumi dello Spirito Santo. Soltanto Lui vi farà questa grazia. Anche se ve lo facesse toccare col dito, non vorreste convenirne, trovereste sempre qualche cosa che vi farebbe credere che non avete avuto torto di pensare e di agire come avete agito. Sapete ancora ciò che potrà contribuire a farvi conoscere lo stato della vostra anima ed a scoprire quel maledetto peccato nascosto nelle pieghe segrete del vostro cuore? E' l'umiltà. Mentre l'orgoglio 've lo nasconde, l'umiltà ve lo scoprirà.
(Per la 18a domenica dopo Pentecoste)
Il furto
Se volessi esaminare la condotta di coloro che sono qui presenti, troverei forse soltanto dei ladri. Vi stupisce? Ascoltatemi un istante, e riconoscerete che è vero...
I furti più comuni si fanno nelle vendite e negli acquisti. Entriamo nei dettagli affinché conosciate il male che fate e, nello stesso tempo, possiate correggervi. .
Quando andate a vendere le vostre derrate, vi si chiederà se le vostre uova o il vostro burro sono freschi. Vi affretterete a rispondere di SI, mentre sapete che è il contrario. Perché lo dite se non per rubare due o tre soldi ad una povera persona che forse li ha presi in prestito per mantenere la sua famiglia? Un'altra volta lo fate vendendo la canapa. Prenderete la precauzione di nascondere all'interno quella più corta o la più scadente. Direte forse: - Se non facessi cosi, non la venderei a tanto.
Cioè, se vi comportaste come un buon cristiano, non rubereste come fate. Un'altra volta avete notato che sul vostro conto vi è stato dato più del dovuto, ma non avete detto niente. - Tanto peggio per . quella persona. Non è colpa mia.

- Ah, amico mio, verrà un giorno nel quale vi sarà detto forse con più ragione: tanto peggio per te....

La tale persona vuole comprarvi del frumento, del vino o delle bestie. Vi chiederà se quel frumento proviene da una buona annata. Senza tentennare, l'assicurate che è così. Il vostro vino, lo mescolate con altro cattivo e lo vendete come buono...
- Quella bestia, vi si dirà ancora, ha qualche difetto? Non mi dovete ingannare, ho preso in prestito questo denaro; se lo fate, mi rovinate.
- Ah, no di certo!, ritorcete, quella bestia è molto buona. Se la vendo, non è senza dispiacere. Se potessi fare altrimenti, non la venderei.

E in realtà la vendete perché non vale niente e non vi serve più.

- lo faccio come gli altri. Tanto peggio per chi si lascia intrappolare. Sono stato ingannato, cerco di ingannare, altrimenti ci rimetto troppo...
Ebbene, vi dico .che se avete venduto una bestia con difetti nascosti, siete obbligati di risarcire il compratore della perdita che quei difetti nascosti possono avergli causato. .

- Ah, se lei fosse al posto nostro, farebbe come noi!

- Si, senz'altro, farei come voi se, come voi, volessi dannarmi. Ma, volendo salvarmi, farei proprio il contrario di ciò che voi fate.
(Per la 22a domenica dopo Pentecoste)

La bestemmia
Se mi chiedete che cosa si intende con la parola bestemmia...
Questo peccato è casi orribile che sembra che i cristiani non dovrebbero avere il coraggio di proferirla. La bestemmia è una parola che vuol dire maledire e detestare una beltà infinita, il che indica che questo peccato se la prende direttamente con il buon Dio. Sant'Agostino ci dice: «Bestemmiamo quando attribuiamo al buon Dio qualche cosa che non ha o che non gli conviene, o che toglie ciò che conviene, o infine, quando si attribuisce a se stesso ciò che conviene a Dio e che è dovuto a Lui solo ». Dico quindi the bestemmiamo:
1. Quando diciamo che il buon Dio non è giusto nel fare gente così ricca e che ha tutto in abbondanza, mentre tanti altri sono così miseri che hanno appena il pane da mangiare.
2. Che non è così buono come si dice, poiché lascia tante persone nel disprezzo e nelle infermità, mentre altre sono amate e rispettate da tutti.

3. O dicendo che il buon Dio non vede tutto, che non si cura di ciò che succede sulla terra.

4. Dicendo ancora: «Se il buon Dio usa misericordia al tale, non è giusto: ne ha combinate troppe» .
5. O quando subiamo qualche perdita, e andiamo in collera contro il buon Dio dicendo: «Ah, come sono infelice! Il buon Dio non può farmene di più! Credo che ignora che sono al mondo, o se lo sa, è soltanto per farmi soffrire! ».
E' pure una bestemmia disprezzare la Madonna e i santi, dicendo: « Eccone uno che ha molto potere: ho fatto tante preghiere, non ho mai ottenuto niente ».
San Tommaso ci dice che la bestemmia è una parola ingiuriosa, oltraggiosa, contro il buon Dio o contro i santi. Ciò avviene in quattro modi.
1. Per affermazione, dicendo: «Il buon Dio è crudele e ingiusto nel permettere che soffra tanti mali, che sia calunniato in questa maniera, che perda quel denaro o quel processo. Ah, come sono sfortunato! Tutto va in rovina a casa mia, non posso avere niente, mentre tutto riesce in casa degli altri ».
2. Si bestemmia quando si dice che il buon Dio non è onnipotente e che si può fare qualche cosa senza di lui...
3. Si bestemmia quando si attribuisce ad una creatura ciò che è dovuto soltanto a Dio.
4. Si bestemmia, dicendo: « Ah, S... N... di D...! ». Che orrore!
State ben attenti che se la bestemmia regna nelle vostre case, tutto andrà in rovina. Sant' Agostino ci dice che la bestemmia è un peccato più grande che lo spergiuro, perché, ci dice, con lo spergiuro invochiamo il nome di Dio a testimone di una cosa falsa, mentre con la bestemmia diciamo una cosa falsa del buon Dio. Quale crimine! Chi fra noi ha mai potuto capirlo?
San Tommaso ci dice ancora che c'è un'altra specie di bestemmia contro lo Spirito Santo che si commette in tre modi:
1. Attribuendo al demonio le opere del buon Dio, come facevano i Giudei che dicevano che Gesù Cristo cacciava i demoni nel nome del principe dei demoni. Come facevano i tiranni e i carnefici che attribuivano alla magia e al demonio i miracoli che facevano i santi.
2. Si bestemmia contro lo Spirito Santo, ci dice sant' Agostino, «quando si muore nell'impenitenza finale ». L'impenitenza è uno spirito di bestemmia, poiché la remissione dei nostri peccati si fa con la carità, che è lo Spirito Santo.
3. Quando facciamo azioni che sono direttamente opposte alla bontà di Dio, come allorché disperiamo della nostra salvezza, e non vogliamo utilizzare tutti i mezzi per ottenerla; come allorché siamo irritati dal fatto che altri ricevono più grazie di noi. State attenti a non lasciarvi mai andare a questa specie di peccati, perché sono spaventosi! Trattiamo il buon Dio come ingiusto, dicendo che dà più agli altri che a noi.
Non avete bestemmiato, dicendo che c'è Provvidenza soltanto per i ricchi e per i cattivi? Non avete bestemmiato quando vi accade qualche perdita, dicendo: - Ma cosa ho fatto di più di un altro al buon Dio, perché io abbia tanta sfortuna?...
Ma, mi direte, quale differenza c'è tra la bestemmia e il rinnegamento di Dio? C'è una grande differenza tra le bestemmie e i rinnegamenti di Dio. Parlando di rinnegamento, non voglio parlare di coloro che rinnegano il buon Dio lasciando la vera religione: chiamiamo tali persone rinnegati o apostati. Voglio bensì parlare di coloro che, parlando, hanno la brutta abitudine, per collera e per impeto d'ira, di rinnegare il santo nome di Dio: come è il caso di una persona che perderà in un acquisto di mercato, o al gioco: essa si adira contro Dio, volendo far credere che ne è lui la causa. Quando questo vi accade, bisogna che il buon Dio subisca tutte le furie della vostra collera, come se egli fosse la causa della vostra perdita o dell'incidente che vi è capitato.
Ah, sciagurati! Colui che vi ha tirato fuori dal nulla, che vi preserva e vi ricolma continuamente di beni, osate ancora disprezzarlo, profanare il suo santo nome e rinnegarlo!...
(Per la 5a domenica dopo Pentecoste)
Alle madri di famiglia
Non è forse vero che ogni giorno vi lamentate dei vostri figli? Che non riuscite più a dominarli? E' proprio vero. Avete forse dimenticato il giorno in cui avete detto al vostro ragazzo o a vostra figlia:
- Se vuoi andare alla fiera di Montmerle, o, vestito all'ultima moda, dal bettoliere, puoi andarci. Torna presto.
- Vostra figlia vi ha detto che avrebbe fatto come volevate.
- Vai pure, non esci mai, bisogna bene che tu abbia un momento di piacere.
Non direte che non è così. Ma più tardi, non avete bisogno né di sollecitarla, né di darle il permesso. Allora vi tormenterete del fatto che essa se ne va senza dirvelo. Guarda indietro, o madre, e ti ricorderai che le hai dato il permesso una volta per sempre ...Vuoi che essa faccia conoscenze per maritarsi. Infatti, a furia di correre, ne farà delle conoscenze.. .
Non è così, madre mia? Lascia dire il signor parroco, vai pure, sii brava, torna presto e stai tranquilla.
Va molto bene, madre mia, ma ascolta.
Un giorno mi ,son trovato a passare vicino ad un grande fuoco. Ho preso una manciata di paglia ben secca, e l'ho buttata dentro dicendole di non bruciare. Coloro che furono testimoni del fatto mi dissero, prendendomi in giro: - Può ben dirle di non bruciare, ciò non impedirà che essa bruci.
- E come, risposi loro, dal momento che le ho detto di non bruciare?
Che ne pensi, madre? Ti riconosci in ciò? Non è questa la tua condotta?..
(Per la 20a domenica dopo Pentecoste)
La nostra debolezza
La tentazione ci è necessaria per farci capire che non siamo niente da noi stessi. Sant' Agostino ci dice che dobbiamo ringraziare il buon Dio tanto dei peccati dai quali ci ha preservati, quanto di quelli che ha avuto la bontà di perdonarci. Se abbiamo la disgrazia di cadere tanto spesso nei tranelli del demonio, è perché contiamo troppo sulle nostre risoluzioni e le nostre promesse, e non abbastanza sul buon Dio.

E' proprio COSI. Quando niente ci affligge, quando tutto va secondo i nostri desideri, osiamo credere che niente ci potrà far crollare. Dimentichiamo il nostro nulla e la nostra povera debolezza. Diamo le più belle assicurazioni che siamo pronti a morire piuttosto che lasciarci vincere. Ne vediamo un bel1'esempio in san Pietro, che diceva al buon Dio:

- Anche se tutti gli altri ti rinnegassero, quanto a me, non lo farò mai.
Ahimè! il buon Dio, per fargli vedere quanto l'uomo lasciato a se stesso vale poca cosa, non si servì di re, ma della sola voce di una serva, che sembrava per di più parlargli in modo assai indifferente. Prima, era pronto a morire per lui e adesso assicura che non lo conosce, che non sa di chi gli si vuole parlare. Per. dare loro una prova maggiore che non lo conosce, fa il giuramento. Dio mio, di cosa non siamo capaci, lasciati a noi stessi! Ci sono di quelli che, a sentirli, sembrano portare invidia ai santi che hanno fatto grandi penitenze. Credono di poterne fare altrettanto. Leggendo la vita di qualche martire, saremmo pronti, diciamo noi, a soffrire tutto ciò per il buon Dio. Tale momento è presto passato, diciamo, per un'eternità di ricompensa. Ma ciò che fa il buon Dio per insegnarci un po' a conoscerei, o meglio, che siamo niente, eccolo: permette al demonio di avvicinarsi un po' di più a noi.. Sentite quel cristiano che, prima, portava invidia ai solitari che vivono soltanto di radici e di erbe, che prendeva la grande risoluzione di trattare così duramente il suo corpo... Ahimè! un piccolo mal di testa, una puntura di spillo ed eccolo che si lamenta, grande com'è. Si tormenta. Grida. Prima, avrebbe voluto fare tutte le penitenze degli anacoreti, ed un niente lo dispera. Osservate quell'altro, che sembra voler dare volentieri tutta la sua vita per il buon Dio, che tutti i tormenti non riescono a fermare: una piccola maldicenza, una calunnia, anche un viso un pò freddo, una piccola ingiustizia che gli viene fatta, un favore pagato con l'ingratitudine, fa nascere immediatamente nella sua anima sentimenti di odio, di vendetta, di avversione, spesso al punto di non voler più vedere il suo prossimo, o per lo meno in modo freddo, con un'aria che ben mostra ciò che succede nel suo cuore; e quante volte, svegliandosi, ciò costituisce il suo primo pensiero, che arriva al punto di impedirgli di dormire.
Ahimè, quanto siamo poca cosa e quanto dobbiamo contar poco su tutte le nostre belle risoluzioni!
(Per la 1a domenica di Quaresima)
Le croci amate
Tutti i santi hanno amato la croce; vi hanno trovato la loro forza e la loro consolazione.
- Ma, mi direte, bisogna dunque sempre aver qualche cosa da soffrire? Ora la malattia o la povertà, ora la maldicenza o la calunnia, una perdita di beni o un'infermità?
Sei calunniato, amico mio? Sei caricato d'improperi? Meglio cosi! E' buon segno, non tormentarti, sei sul cammino che conduce al cielo.
Sapete quando bisognerebbe piangere? Non so se lo capirete, ma sarebbe precisamente se, al contrario, non aveste niente da soffrire, se tutti vi stimassero e vi rispettassero: qui sarebbe il caso di invidiare coloro che hanno la fortuna di passare la loro vita nella sofferenza, nel disprezzo e nella povertà. Dimenticate dunque che, nel vostro battesimo, avete accettato una croce che dovete abbandonare soltanto alla morte, e che è la chiave di cui vi servirete per aprire la porta del cielo? Dimenticate queste parole del Salvatore: «Figlio mio, se vuoi seguirmi, prendi la tua croce e seguimi »? Non un giorno, non una settimana, né un anno, ma tutta la vostra vita. I santi avevano paura di passare qualche istante senza soffrire, perché consideravano questo tempo come perduto. Secondo santa Teresa, l'uomo è in questo mondo soltanto per soffrire, e appena cessa di soffrire, deve cessare' di vivere. San Giovanni della Croce chiede a Dio, con lacrime, per unica ricompensa delle sue fatiche, di fargli la grazia di soffrire sempre di più.
Da tutto ciò, cosa dobbiamo concludere? Eccolo.
Prendiamo la risoluzione di portare un grande rispetto a. tutte le croci che sono benedette, e che rappresentano per noi, in sintesi, tutto quello che il nostro Dio ha sofferto per noi.
(Per l'Invenzione della Santa Croce)
La santità
Siate santi perché io sono santo, ci dice il Signore. Perché Dio ci dà un simile comandamento? E' perché siamo figli suoi e, se il Padre è santo, anche i figli lo devono essere. Soltanto i santi possono sperare di avere la felicità di andare a godere la presenza di Dio che è la santità stessa. Infatti, essere cristiano, e vivere nel peccato, è una contraddizione mostruosa. Un cristiano deve essere un santo...
I mondani, per dispensarsi dal lavorare ad acquistare la santità, ciò che, senz'altro, li incomoderebbe troppo nel loro modo di vivere, vogliono farvi credere che, per essere dei santi, bisogna fare azioni strepitose, applicarsi a pratiche di devozione straordinarie, abbracciare grandi austerità, fare molti digiuni, abbandonare il mondo per fuggirsene nei deserti, per passarvi i giorni e le notti in preghiera. Senz'altro tutto questo è buono, ed è proprio la strada che molti santi hanno seguito; ma non è ciò che Dio chiede a tutti. No, non è questo che la nostra santa religione esige; al contrario, essa ci dice: Alzate gli occhi al cielo e osservate se tutti coloro che occupano i primi posti hanno fatto cose meravigliose. Dove sono i miracoli della Madonna, di san Giovanni Battista, di san Giuseppe? Ascoltate: Gesù Cristo stesso dice che molti, nel giorno del giudizio, esclameranno: «Signore, Signore, non abbiamo profetizzato nel tuo nome; non abbiamo cacciato demoni e fatto miracoli? - Andate lontano da me, operatori d'iniquità, risponderà loro il giusto Giudice; come! avete comandato al mare e non avete saputo comandare alle vostre passioni? Avete liberato i posseduti dal demonio, e voi ne siete stati gli schiavi? Avete fatto miracoli, e non avete osservato i miei comandamenti? ... Andate, miserabili, nel fuoco eterno; avete fatto grandi cose, e non avete fatto niente per salvarvi e meritare il mio amore» (Parafrasi di Mt. 7, 22-23).
Vedete quindi che la santità non consiste nel fare grandi cose, ma nel compiere fedelmente i comandamenti di Dio, e nell'adempiere i propri doveri, nello stato in cui il buon Dio ci ha messo.
Vediamo spesso una persona del mondo, che compie fedelmente i piccoli doveri del suo stato, essere più gradita a Dio dei solitari nei loro deserti. Volete ancora sapere che cos'è un santo agli occhi della religione? E' un uomo che teme Dio, che lo ama sinceramente e che lo serve con fedeltà; è un uomo che non si lascia gonfiare dalla superbia, né dominare dal. l'amar proprio, che è veramente umile e piccolo ai suoi propri occhi; che, essendo privo dei beni di questo mondo, non li desidera o che, possedendoli, non vi attacca il proprio cuore; è un uomo che è nemico di ogni acquisto ingiusto; è un uomo che, possedendo la sua anima nella pazienza e la giustizia, non si offende di un'ingiustizia che gli viene fatta. Ama i suoi nemici, non cerca di vendicarsi. Rende tutti i servizi che può al suo prossimo; condivide volentieri i suoi beni con i poveri; cerca Dio solo, disprezza i beni e gli onori di questo mondo. Aspirando soltanto ai beni del cielo, si disgusta dei piaceri della vita e trova la sua felicità unicamente nel servizio di Dio. E' un uomo che è assiduo alle funzioni divine, che frequenta i sacramenti, e che si occupa seriamente della sua salvezza; è un uomo che, avendo orrore di ogni impurità, fugge le cattive compagnie quanto può, per conservare puro il suo corpo e la sua anima. E' un uomo che in tutto si sottomette alla volontà di Dio, in tutte le croci e gli ostacoli che gli capitano; che non accusa nessuno, ma che riconosce che la giustizia divina si posa su di lui a causa dei suoi peccati.
E' un padre buono che cerca soltanto la salvezza dei suoi figli, dando loro l'esempio lui stesso, e non facendo mai nulla che possa scandalizzarli. E' un padrone caritatevole che ama i suoi domestici come fossero i suoi fratelli e le sue sorelle. E' un figlio che rispetta suo padre e sua madre e che li considera come aventi il posto di Dio stesso. E' un domestico che vede, nella persona dei suoi padroni, Gesti Cristo stesso, che gli comanda per bocca loro.
Ecco ciò che voi chiamate semplicemente un uomo onesto. Ma ecco ciò che Dio chiama l'uomo del miracolo, il santo, il grande santo. «Chi è costui? - ci dice il Saggio -lo colmeremo di lodi, non perché ha fatto cose straordinarie nella sua vita, ma perché è stato provato dalle tribolazioni; e perché è stato trovato perfetto; la sua gloria sarà eterna» (cf. Eccli. 31, 9-10)...
Credete voi che i santi siano pervenuti senza sforzo a tale semplicità, a tale dolcezza, che li portavano alla rinuncia della loro propria volontà, ogni volta che l'occasione se ne presentava? Oh, no! Ascoltate san Paolo: «Ahimè, faccio il male che non vorrei e non faccio il bene che vorrei; sento nelle mie membra una legge che si ribella contro la legge 1el mio Dio. Ah, come sono infelice! chi mi libererà h questo corpo di peccato? » (Rom. 7, 15-24). Quali prove non dovettero sopportare i primi cristiani, abbandonando una religione che tendeva soltanto ad assecondare le loro passioni, per abbracciarne una che tendeva soltanto a crocifiggere la loro carne? Credete voi che san Francesco di Sales non abbia dovuto farsi violenza per diventare così mite come era? Quanti sacrifici ha dovuto fare!... I santi sono diventati santi soltanto dopo molti sacrifici e molte violenze.
In secondo luogo, dico che noi abbiamo le stesse grazie di loro. E anzitutto, il battesimo non ha la stessa capacità di purificarci, la cresima di fortificarci, la confessione di rimettere i nostri peccati, l’eucaristia di indebolire in noi la concupiscenza e di aumentare la grazia nelle nostre anime? Riguardo alla parola di Gesù Cristo, non è essa sempre la tessa? Non sentiamo ogni momento questo consiglio: «Lasciate tutto e seguitemi»? E' ciò che convertì sant'Antonio, sant'Arsenio, san Francesco d'Assisi. .Non leggiamo nel Vangelo quest'oracolo: «Cosa serve all'uomo guadagnare l'universo se perderà poi la sua anima? ».
Sono queste parole che convertirono san Francesco Saverio, e che fecero di un ambizioso un apostolo. Non sentiamo dire ogni giorno: «Vigilate e pregate sempre », «Amate il vostro prossimo come voi stessi»? Non è questa dottrina che ha formato tutti i santi?
Infine, riguardo ai buoni esempi, per quanto sregolato sia il mondo, non ne abbiamo tuttavia alcuni sotto gli occhi, e assai più di quanti ne potremmo imitare?
Infine, la grazia ci manca di più che ai santi?...
Si, possiamo essere dei santi, e dobbiamo tutti lavorare a diventarlo. I santi sono stati mortali come noi, deboli e soggetti alle passioni come noi, abbiamo gli stessi aiuti, le stesse grazie, gli stessi sacramenti...
Possiamo essere santi, perché mai il buon Dio ci rifiuterà la sua grazia per aiutarci a diventarlo? Egli è nostro Padre, nostro Salvatore e nostro amico. Egli desidera con ardore di vederci liberati dai ma li della vita. Egli vuole colmarci di ogni sorta di beni, dopo averci dato, già in questo mondo, immense consolazioni, pregustazioni di quelle del cielo, che io vi auguro.
(Per la festa di Tutti i Santi)
La Madonna
Se vediamo la Madonna abbassarsi, nella sua umiltà, al di sotto di ogni creatura, vediamo anche quest'umiltà innalzarla al di sopra di tutto ciò che non è Dio. No, non sono i grandi della terra che l'hanno fatta salire a quel supremo grado di dignità nella quale abbiamo la gioia di contemplarla oggi. Le Tre Persone della Santissima Trinità l'hanno posta su questo trono di gloria; l'hanno proclamata Regina del cielo e della terra, rendendola depositaria di tutti i tesori celesti. No, non capiremo mai abbastanza la grandezza di Maria, e il potere che Gesù Cristo, suo divin Figlio, le ha dato; non conosceremo mai bene il desiderio che ella ha di renderei felici. Ella :i ama come figli suoi; si rallegra del potere che Dio le ha dato, per esserci utile. Sì, Maria è la nostra mediatrice; è lei che presenta al suo divin Figlio tutte le nostre preghiere, le nostre lacrime, i nostri gemiti; è lei che ci attira le grazie necessarie per la nostra salvezza. Lo Spirito Santo ci dice che Maria, tra tutte le creature, è un prodigio di grandezza, un prodigio di santità e un prodigio d'amore.
(Per l'Assunzione della Santa Vergine)
Ave Maria
L'ave Maria è una preghiera che non stanca mai. Quando si parla delle cose della terra, del commercio, della politica, ci si stanca: ma quando si parla della Madonna, è sempre nuovo...
Tutti i santi hanno una grande devozione alla Madonna; nessuna grazia viene dal cielo senza passare per le sue mani. Quando si vuole offrire qualche osa ad un grande personaggio, si fa presentare questo dono dalla persona che egli preferisce, affinché l’omaggio gli sia gradito.
Così, le nostre preghiere, presentate dalla Santa Vergine, hanno tutt'altro merito, perché la Santa Vergine è l'unica creatura che non abbia mai offeso Dio. Soltanto la Madonna ha compiuto il primo comandamento: un solo Dio adorerai e amerai perfettamente. Ella l'ha compiuto nella sua totalità... Tutto quello che il Figlio chiede al Padre gli è concesso. Tutto ciò che la Madre chiede al Figlio le è similmente concesso.
Quando le nostre mani hanno toccato degli aromi, profumano tutto ciò che toccano; facciamo passare le nostre preghiere per le mani della Madonna: lei le profumerà. Penso che alla fine del mondo, la Madonna sarà ben tranquilla, ma finché il mondo dura, è tirata da tutte le parti. La Madonna è come una madre che ha molti figli. E' continuamente occupata ad andare dall'uno all'altro.
(Per la festa del Santo Rosario)