sabato 6 agosto 2011

XIX Domenica T.O.: Testi e commenti





XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (*)Anno A
(*): v. anche il post pubblicato per commentare il Vangelo di Lunedi scorso, dal titolo: "Se sei Tu chiamami!", per altri commenti.

* * *

La Seconda Lettura dell'ufficio di oggi è tratta:
Dal «Dialogo della Divina Provvidenza» di santa Caterina da Siena, vergine
(Cap. 13, libero adattamento; cfr. ed. I. Taurisano, Firenze, 1928, I, pp. 43-45)

Signore mio, volgi l'occhio della tua misericordia sopra il popolo tuo e sopra il corpo mistico della santa Chiesa. Tu sarai glorificato assai più perdonando e dando la luce dell'intelletto a molti, che non ricevendo l'omaggio da una sola creatura miserabile, quale sono io, che tanto t'ho offeso e sono stata causa e strumento di tanti mali.
Che avrebbe di me se vedessi me viva, e morto il tuo popolo? Che avrebbe se, per i miei peccati e quelli delle altre creature, dovessi vedere nelle tenebre la Chiesa, tua Sposa diletta, che è nata per essere luce?
Ti chiedo, dunque, misericordia per il tuo popolo in nome della carità increata che mosse te medesimo a creare l'uomo a tua immagine e somiglianza.
Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile col quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei. Ma poi per il peccato commesso perdette quella sublimità alla quale l'avevi elevata.
Tu, mosso da quel medesimo fuoco col quale ci hai creati, hai voluto offrire al genere umano il mezzo per riconciliarsi con te. Per questo ci hai dato il Verbo, tuo unico Figlio. Egli fu il mediatore tra te e noi. Egli fu nostra giustizia, che punì sopra di sé le nostre ingiustizie. Ubbidì al comando che tu, Eterno Padre, gli desti quando lo rivestisti della nostra umanità. O abisso di carità! Qual cuore non si sentirà gonfio di commozione al vedere tanta altezza discesa a tanta bassezza, cioè alla condizione della nostra umanità?
Noi siamo immagine tua, e tu immagine nostra per l'unione che hai stabilito fra te e l'uomo, velando la divinità eterna con la povera nube dell'umanità corrotta di Adamo. Quale il motivo? Certo l'amore. Per questo amore ineffabile ti prego e ti sollecito a usare misericordia alle tue creature.
MESSALE

Antifona d'Ingresso Sal 74,20.19,22.23
Sii fedele, Signore, alla tua alleanza,
non dimenticare mai la vita dei tuoi poveri.
Sorgi, Signore, difendi la tua causa,
non dimenticare le suppliche di coloro che ti invocano.

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, f
a'crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell'eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore...

Oppure:
Onnipotente Signore, che domini tutto il creato, rafforza la nostra fede e fa'che ti riconosciamo presente in ogni avvenimento della vita e della storia, per affrontare serenamente ogni prova e camminare con Cristo verso la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura 1 Re 19,9a.11-13a
Fermati sul monte alla presenza del Signore.
Dal primo libro dei ReIn quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore».
Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.


Salmo Responsoriale
Dal Salmo 84
Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

Seconda Lettura
Rm 9, 1-5
Vorrei essere io stesso anàtema, separato da Cristo, a vantaggio dei miei fratelli.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.
Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.
Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

Canto al Vangelo Sal 129,5
Alleluia, alleluia.

Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.

Alleluia.


Vangelo
Mt 14, 22-33
Comandami di venire verso di te sulle acque.
Dal vangelo secondo Matteo

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».



* * *

Commento 1: p. R. Cantalamessa ofmcapp.

I fatti del Vangelo non sono stati scritti per essere solo raccontati, ma per essere rivissuti. Ogni volta, chi li ascolta è invitato a entrare dentro la pagina di Vangelo, a divenire da spettatore attore, parte in causa. La primitiva Chiesa ce ne dà l'esempio. Il modo con cui è narrato l'episodio della tempesta sedata mostra che la comunità cristiana l'ha applicato alla propria situazione. Quella sera, congedate le folle, Gesù era salito sul monte solo a pregare; ora, al momento in cui Matteo scrive il suo Vangelo, congedatosi dai suoi discepoli, è salito al cielo, dove vive, appunto, pregando e "intercedendo" per i suoi. Quella sera spinse al largo la barca; ora ha spinto la Chiesa nel vasto mare del mondo. Allora si era levato un forte vento contrario; ora la Chiesa fa le prime esperienze di persecuzione.

In questa nuova situazione, cosa diceva ai cristiani il ricordo di quella notte? Che Gesù non era lontano e assente, che si poteva sempre contare su di lui. Che anche ora egli ordinava ai suoi di andare verso di lui "camminando sulle acque", cioè avanzando tra i flutti di questo mondo, appoggiati unicamente sulla fede.

La stessa cosa siamo ora invitati a fare noi: applicare l'accaduto alla nostra personale vicenda umana. Quante volte la nostra vita somiglia a quella barca "agitata a causa del vento contrario". La barca in difficoltà può essere il proprio matrimonio, gli affari, la salute...Il "vento contrario" può essere l'ostilità e l'incomprensione delle persone, rovesci continui di fortuna, la difficoltà di trovare un lavoro o la casa. Forse, all'inizio, abbiamo affrontato con coraggio le difficoltà, decisi a non smarrire la fede, a confidare in Dio. Per un po' abbiamo anche noi camminato sulle acque, cioè fidando unicamente sull'aiuto di Dio. Ma poi, vedendo la prova sempre più lunga e più dura, c'è stato un momento in cui ci è sembrato di non farcela più, di affondare. Abbiamo perso il coraggio.

Questo è il momento di raccogliere e sentire come rivolta personalmente a noi, la parola che Gesù rivolse in quella circostanza agli apostoli: "Coraggio, sono io, non abbiate paura". È nota la frase con cui don Abbondio, nei Promessi Sposi, giustifica le proprie paure e vigliaccherie: "Il coraggio, chi non ce l'ha non se lo può dare". È proprio questa convinzione che dobbiamo sfatare. Il coraggio, chi non ce l'ha, se lo può dare! Come? Con la fede in Dio, con la preghiera, facendo leva sulla promessa di Cristo.

Qualcuno dice che questo coraggio basato sulla fede in Dio e sulla preghiera è un alibi, una fuga dalle proprie possibilità e responsabilità. Uno scaricare su Dio i nostri compiti. È la tesi sottintesa nella nota opera teatrale di B. Brecht ambientata in Germania al tempo della guerra dei Trent'anni, che ha come protagonista una donna del popolo chiamata, per la sua decisione e intraprendenza, "Madre Coraggio". Nel cuore della notte, le truppe imperiali, uccise le guardie, avanzano contro la città protestante di Halle per darla alle fiamme. Nei dintorni della città, una famiglia di contadini, che ospita Madre Coraggio con la figlia muta Kattrin, sa di non poter fare altro che pregare per salvare la città dalla rovina. Ma Kattrin invece di mettersi a pregare, si precipita sul tetto della casa, si mette a battere disperatamente su un tamburo, finché vede accendersi in città le prime luci e capisce che gli abitanti si sono svegliati e sono in piedi. Lei viene uccisa dai soldati, ma la città è salva.

La critica qui sottintesa (che è la critica classica del marxismo) colpisce l'atteggiamento di chi pretendesse di starsene con le mani in mano, in attesa che Dio faccia tutto lui, non la vera fede e la vera preghiera che è tutt'altro che passiva rassegnazione. Gesù lasciò che gli apostoli remassero contro vento per tutta la notte e usassero tutte le loro risorse prima di intervenire lui.

* * *

Commento 2: Congregazione per il Clero
Dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci con cui aveva sfamato la folla, Gesù invita noi, suoi discepoli, a verificare nostra la fede in ogni passaggio nel quale siamo richiamati a fidarci e a puntare lo sguardo su di Lui, il Salvatore che risponde al grido dell’uomo.
Il contesto della narrazione evangelica è come stretto nel contrasto tra la quiete che Gesù vive in preghiera sul monte e lo scenario del lago in cui navigano i discepoli, accompagnati dal vento contrario che mette in pericolo la traversata. Vento contrario, segno di un’apparente fine, che suscita paura nel cuore dei discepoli. Una paura che rende drammatica, tragica la traversata: le acque agitate, la figura di Gesù scambiata per un fantasma, il terrore di Pietro di annegare mentre cammina sulle acque verso il suo Signore.
Nella notte, soprattutto quando è tragica, siamo chiamati a fare un percorso dal turbamento al coraggio della fede, provata dal dubbio e dalla caduta, dal timore alla quiete orante; cammino che si compie nell’esperienza della salvezza.
Pietro è figura di ogni uomo: quando lo sguardo è fisso su Cristo e la fede è abbandono obbediente, allora nella fiducia è possibile avanzare; Al contrario, lo sguardo ripiegato sul limite e sulle difficoltà, nella presunzione di bastare a se stessi, determina il prevalere della paura e si può annegare.
È per fede che noi dobbiamo essere certi che il Signore è vicino, è presente, è con noi e ci ripete: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Dovrebbe bastare questa parola di Gesù per incedere nel cammino della vita con certezza e decisione.
Ma la paura, in Pietro come il noi, diviene dubbio: «Se sei veramente Tu…». E la condizione che si pone alla proposta di Dio, è da Lui trasformata in occasione di verifica ed irrobustimento della fede: «Vieni!».
Che cosa salva Pietro e con lui ogni uomo?
Non la ricerca spasmodica di certezze umane, non la confidenza in se stesso, incapace di reggere l’urto del mondo e delle sue onde, ma la risposta di Cristo al grido: «Signore, salvami!»
È un grido di preghiera a cui risponde la potenza di Dio che salva. L’intraprendenza dell’uomo non è sufficiente per andare incontro al Signore: la paura fa annegare l’uomo, l’illusione di avere tutto nelle proprie mani crolla miseramente; solo l’umiltà della fede può salvare e, in realtà, salva!
Il viaggio dal turbamento al coraggio della fede si compie in quella mano che salva dai frutti agitati dal vento: è l’esperienza che porta a riconoscere Chi è colui che si rivela a noi: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». La salvezza che Cristo dona è la sola certezza per poter continuare a credere anche se toccati dall’esperienza del turbamento; riconoscere, come i discepoli, che Lui è Signore del creato e di tutte le cose è garanzia di vittoria nella lotta contro il male. «Gesù Cristo ha un significato e un valore per il genere umano e la sua storia, singolare e unico, a lui solo proprio, esclusivo, universale, assoluto. Gesù è, infatti, il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti». (Dichiarazione Dominus Iesus,n. 15)
In questo tempo, per molti di riposo e di quiete dalle fatiche quotidiane, chiediamo al Signore un cuore capace di autentica fiducia in Lui, capace di riconoscerLo e seguirLoe, perché Verità della nostra vita; nella celebrazione dei Sacramenti incontriamo la salvezza di Dio per noi!
La Beata Vergine Maria, donna della fiducia e dell’abbandono totale e confidente, ci ottenga «un cuore semplice, che non si ripieghi ad assaporare le proprie tristezze; un cuore magnanimo nel donarsi, facile alla compassione, un cuore fedele e generoso, che non dimentichi alcun bene e non serbi rancore di alcun male» (preghiera di Padre de Grandmaison).