martedì 9 aprile 2013

Elogio della mitezza






La tentazione di chiacchierare degli altri e bastonarli con le parole è sempre dietro l’angolo. Anche in famiglia, tra amici e in parrocchia «dove le signore della catechesi lottano contro quelle della Caritas». Queste «sono tentazioni quotidiane» — «nemiche della mitezza» e dell’unità tra le persone e nella comunità cristiana — «che capitano a tutti, anche a me». E proprio da questo atteggiamento Papa Francesco ha messo in guardia durante la celebrazione della messa, martedì mattina 9 aprile, nella cappella della Domus Sanctae Marthae.Il Pontefice ha indicato la strada della mitezza evangelica per lasciare allo Spirito la possibilità di lavorare e rigenerarci a una «vita nuova», fatta di unità e di amore. «Chiediamo la grazia», ha detto, di «non giudicare nessuno» e di imparare a «non chiacchierare» alle spalle degli altri — sarebbe «un gran bel passo avanti» — cercando di «essere caritatevoli l’uno con l’altro», «rispettosi» e lasciando con mitezza «il posto all’altro».
Con il Santo Padre hanno concelebrato, tra gli altri, i monsignori Luigi Mistò, segretario dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e presidente del consiglio di amministrazione del Fondo Assistenza Sanitaria, e Paolo Nicolini, delegato per i settori amministrativo-gestionali dei Musei Vaticani, nel venticinquesimo anniversario di sacerdozio.Tra i presenti Giovanni Amici, direttore dei servizi generali del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, e Paolo Sagretti, floriere, con i rappresentanti dei servizi della motorizzazione, del transito merci e della floreria, e i componenti del consiglio di amministrazione del Fondo Assistenza Sanitaria con i dipendenti.

«Nella preghiera all’inizio della messa — ha detto il Pontefice nell’omelia — abbiamo chiesto al Signore che, per la forza di Gesù risorto, manifesti al mondo la pienezza della vita nuova. Dopo la risurrezione di Gesù, incomincia una vita nuova: è questo che Gesù disse a Nicodemo. Dovette “nascere dall’alto”, incominciare». Nicodemo — ha spiegato Papa Francesco in riferimento al brano evangelico di san Giovanni (3, 7-15) — «è un uomo studioso. Un po’ prima, nel Vangelo, aveva risposto a Gesù: ma come un uomo può nascere di nuovo, tornare nel grembo della sua mamma e nascere di nuovo? Gesù parlava di un’altra dimensione: “nascere dall’alto”, nascere dallo Spirito. È una nuova nascita, è quella vita nuova, quella potenza, bellezza della vita nuova che abbiamo chiesto nella preghiera. È la vita nuova che noi abbiamo ricevuto nel Battesimo, ma che si deve sviluppare».
«Dobbiamo fare di tutto — ha affermato ancora il Papa — perché quella vita si sviluppi nella vita nuova. E come sarà, questa vita nuova? Non è che oggi diciamo: “Sì, oggi sono nato, è finito, incomincio di nuovo”. È un cammino, è un laborioso cammino, bisogna lavorare per fare. Ma è anche un cammino che non dipende soltanto da noi: principalmente dipende dallo Spirito, e noi dobbiamo aprirci allo Spirito perché lui faccia in noi questa vita nuova».
«Nella prima lettura — ha detto Papa Francesco commentando il passo degli Atti  degli apostoli (4, 31-37) della liturgia odierna — abbiamo come un anticipo, un’anteprima di quello che sarà la “vita nuova”, quello che deve essere la “vita nuova”. La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola. L’anima sola, il cuore solo: l’unità, quell’unità, quella unanimità, quell’armonia dei sentimenti nell’amore, l’amore mutuo. Quel pensare che “gli altri sono meglio di me”: e questo è bello, no?».
«Ma la realtà — ha spiegato il Pontefice — ci dice che questo, dopo il Battesimo, non viene automaticamente. Questo è un lavoro da fare nel cammino della vita, è un lavoro da fare dallo Spirito in noi ed è fedeltà allo Spirito da parte nostra». E «questa mitezza nella comunità è una virtù un po’ dimenticata. Essere miti, lasciare il posto all’altro. Ci sono tanti nemici della mitezza, a incominciare dalle chiacchiere, no? Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell’altro, bastonare un po’ l’altro. Sono cose quotidiane che capitano a tutti, anche a me».
«Sono tentazioni del maligno — ha quindi proseguito — che non vuole che lo Spirito venga da noi e faccia questa pace, questa mitezza nelle comunità cristiane. Andiamo in parrocchia, e le signore della catechesi lottano contro quelle della Caritas». E «sempre ci sono queste lotte. Anche in famiglia o nel quartiere. Ma anche tra amici. E questa non è la vita nuova. Quando viene lo Spirito e ci fa nascere in una vita nuova, ci fa miti, caritatevoli. Non giudicare nessuno: l’unico Giudice è il Signore». Ecco allora il suggerimento a «stare zitti. E se devo dire qualcosa, la dico a lui, a lei: ma non a tutto il quartiere. Ma soltanto a chi può rimediare alla situazione».
«Questo — ha concluso Papa Francesco — è soltanto un passo nella vita nuova, ma è un passo quotidiano. Se, con la grazia dello Spirito, riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran bel passo avanti. E ci farà bene a tutti. Chiediamo al Signore che manifesti a noi e al mondo la bellezza e la pienezza di questa vita nuova, di questo nascere dello Spirito che viene nella comunità dei fedeli e ci porta a essere miti, a essere caritatevoli l’uno con l’altro. Rispettosi. Chiediamo questa grazia per tutti noi».
L'Osservatore Romano, 10 aprile 2013.


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Dopo il colloquio con il Papa in Vaticano, il segretario generale dell’Onu ha incontrato a Roma un gruppo ristretto di giornalisti. Tra loro anche il nostro Alessandro Gisotti, che ha chiesto a Ban Ki-moon di soffermarsi sull'incontro con Papa Francesco e sull'impegno comune per la pace e i diritti umani:

R. – I told His Holiness that his choice of name after Saint Francis of Assisi…
Ho detto a Sua Santità che la scelta del suo nome legato a San Francesco d’Assisi è un messaggio potente per i molti obiettivi condivisi dalle Nazioni Unite. Il Papa ribadisce ad alta voce il suo impegno per i poveri. Apprezzo il suo profondo senso di umiltà, la sua passione e la sua compassione volte a migliorare la condizione umana. Ho avuto il privilegio particolare di incontrare Papa Francesco quando mancano esattamente mille giorni allo scadere del termine per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio. Abbiamo parlato della necessità di far progredire la giustizia sociale e di accelerare le azioni per raggiungere tali Obiettivi. Questo è vitale per i più poveri del mondo. Mi ha anche molto rincuorato l’impegno di Papa Francesco a costruire ponti tra comunità di diverse fedi: credo fermamente che il dialogo interreligioso possa aprire la strada a un profondo apprezzamento per valori condivisi che, a sua volta, porta alla tolleranza, all’inclusione e quindi alla pace. Questa è la forza motivante delle Nazioni Unite in tutte le sue iniziative di civilizzazione e ho ampiamente apprezzato l’occasione di poter confrontarmi con Papa Francesco su come promuovere ulteriormente questa opera essenziale. E’ stato un incontro edificante e pieno di speranza: Papa Francesco è un uomo di pace e di azione, è voce per chi non ha voce. Spero di poter proseguire in questa nostra conversazione. Con questo spirito, e seguendo la tradizione dei suoi predecessori, ho avuto l’onore di invitare Papa Francesco a visitare le Nazioni Unite appena possibile.

Quale ruolo, secondo lei, Papa Francesco potrà svolgere nel promuovere la pace, specie nelle aree di crisi come Siria e Nord Corea?

R. – He already expressed his sincere hope and…
Egli ha espresso la sua profonda speranza e vicinanza a molte aree di crisi, compresa la riconciliazione e la pace tra israeliani e palestinesi, la pace nella penisola coreana, nella Repubblica Democratica del Congo, nella Repubblica Centrafricana e pace, stabilità e assistenza umanitaria per il popolo siriano. Ho manifestato il mio profondo apprezzamento per la sua guida spirituale e per la sua ispirazione e compassione: è esattamente quello che io cerco di fare per conto delle Nazioni Unite, e gli chiedo di cuore il suo sostegno costante. Ho apprezzato anche i suoi primi passi nei riguardi delle comunità religiose, ebraiche, musulmane. Gli ho detto che lo considero un costruttore di pace e che attraverso questo processo possiamo promuovere una comprensione migliore e più profonda e maggiore rispetto tra i diversi gruppi religiosi come anche tra civiltà etniche e culture diverse.


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