martedì 9 aprile 2013

Tutte le strade (buone) portano all'uomo...



(Nikolais Schneider) Nel 2003 il cardinale Walter Kasper, in occasione dell’assemblea plenaria della Federazione luterana mondiale riunita a Winnipeg, ricordò il cinquecentesimo anniversario della Riforma protestante che cade nel 2017 e sollevò la questione della dimensione ecumenica dell’evento. Poco dopo, l’allora presidente della Sassonia-Anhalt, Böhmer, accolse l’invito incoraggiando Stato e Chiesa a riflettere insieme sull’anniversario. Costatiamo con gratitudine che allo stato attuale non solo il Governo federale tedesco, ma anche diversi länder e comuni interessati hanno deciso di “entrare in gioco”, lasciandosi coinvolgere nella preparazione dell’anniversario. Bisogna anche dire che nel Bundestag tedesco non è certamente cosa consueta che tutti i partiti siano concordi, in particolare nel dichiarare, come avvenuto nel mese di novembre 2011, che l’anniversario della Riforma nel 2017 è da ritenersi «un evento di portata mondiale», degno di essere promosso e sostenuto dal Governo federale.
In primo luogo va sottolineato che Martin Lutero e la Riforma hanno posto al centro la riscoperta del Vangelo. Nel 2017 non celebriamo l’anniversario della nascita della nostra Chiesa evangelica — che d’altronde, a nostro parere, si colloca bene nell’azione salvifica di Gesù Cristo e nella predicazione e l’azione degli Apostoli che hanno dato vita a tante comunità — ma celebriamo piuttosto il fatto che il Vangelo, con la Riforma, abbia trovato una nuova strada per raggiungere l’uomo. I nostri più importanti punti di riferimento per l’anniversario della Riforma sono i cosiddetti quattro “soli”: solus Christus, sola scriptura, sola gratia, e sola fides.
Dal 2008 cerchiamo, in dieci tappe annuali dedicate a temi diversi, di misurare «la larghezza, la lunghezza, la profondità e l’altezza» (cfr. Efesini, 3, 18) di questo significato evangelico della Riforma, con tutti i limiti che questo movimento comporta. Infatti, il Vangelo liberava, e libera, l’uomo dalla necessità di fare degli sforzi spesso disperati — e in ultima analisi del tutto inutili — per giustificare se stesso, attingendo alle proprie forze e alla sua capacità di non commettere errori.
Essendo consapevoli di questa libertà, quest’anno tratteremo il difficile tema «Riforma e tolleranza». Vogliamo riflettere anche sulle ombre, le crudeltà e le distruzioni provocate da Lutero stesso, ma anche dall’insieme della Riforma nella sua intolleranza. In questo modo desideriamo anche correggere l’immagine classica di Martin Lutero “eroe”, che aveva invece, come emerge chiaramente dagli studi più recenti sulla sua persona, una personalità ambivalente: nonostante possedesse delle capacità ammirevoli e avesse delle ispirazioni teologiche persistenti, era anche tremendamente polemico e vergognosamente antigiudaico.
Alla luce di questo “lato oscuro” della Riforma, una Commissione interconfessionale, seguendo il motto healing of memories, tenterà di sciogliere i nodi che ancora oggi pesano sull’immaginario della Riforma e hanno dato luogo a logoranti generalizzazioni. È nostro desiderio affrontare, davanti a Dio e a noi stessi, le ferite che ci siamo inflitte a vicenda in seguito alla Riforma. Se dovessimo riuscire in questo intento, la celebrazione comune di una messa di riconciliazione nel 2017 diventerebbe non solo un segno inconfondibile della forza liberatrice e risanatrice del Vangelo, ma anche un forte segnale ecumenico.
Va inoltre considerato che Martin Lutero e la Riforma appartengono a tutte le Chiese cristiane. Intendiamo celebrare il 2017 con spirito allegro, cosciente, autocritico, e con una grande apertura nei confronti dei nostri fratelli e sorelle di altre confessioni. Da una parte la Chiesa evangelica in Germania desidera dare all’anniversario della Riforma un’impronta internazionale, a differenza di quella nazionale o persino nazionalistica. E in questo contesto si colloca anche il momento della grande conferenza internazionale che terremo il prossimo autunno, assieme alla Federazione delle Chiese evangeliche della Svizzera (Sek), con tutte le Chiese gemellate, in preparazione all’anniversario in questione.
Abbiamo rivolto un invito di collaborazione ai nostri fratelli e sorelle della Chiesa cattolica romana. In accordo con la Conferenza episcopale tedesca, il Consiglio della Chiesa evangelica in Germania (Ekd) ha fissato vari appuntamenti per rafforzare la nostra comunione. Non bisogna dimenticare che Lutero, all’epoca, non aveva l’intenzione di fondare una nuova Chiesa, ma voleva soltanto riformare la sua Chiesa, una, cattolica e apostolica. Storicamente non solo è dubbia la famosa affissione delle tesi alla porta della chiesa del castello di Wittenberg nel 1517, ma è anche discutibile che le 95 tesi possano essere davvero considerate una nuova teologia «protestante-evangelica», o che siano invece semplicemente una buona teologia cattolica come si intendeva all’epoca.
La Riforma ha posto al centro la riscoperta del Vangelo, e bisogna fare sì che la ricorrenza di quest’avvenimento nel 2017 sia celebrata come festa di Cristo, alla cui preparazione e celebrazione sono invitati tutti i nostri fratelli e sorelle di altre confessioni.
Martin Lutero e la Riforma hanno provocato anche cambiamenti culturali e sociali. La nostra società moderna si basa su presupposti che essa non ha creato e che non può garantire da sola. Tra le fonti a cui attinge, spiccano i principi educativi della Riforma e l’emancipazione dell’individuo che ne deriva; il concetto di libertà di coscienza e la conseguente responsabilità che ognuno di noi ha verso gli altri; la traduzione della Bibbia in tedesco, con tutte le conseguenze che questo ebbe per la lingua; il concetto etico della professione inaugurato dalla Riforma, e altro ancora. In particolare, il movimento riformatore ha influenzato il modo di cantare e suonare dentro e fuori delle nostre chiese. L’anno scorso abbiamo riflettuto proprio sul «Riforma e musica», lo abbiamo fatto cantando e suonando.
Questo concerto propone musica di stampo riformatore, dagli inizi dal XVII secolo fino ai compositori moderni. Brani musicali di tre grandi predecessori di Bach — Schein, Schütz e Scheidt — nonché di Erhard Mauersberger e Johannes Weyrauch. E naturalmente non poteva mancare una versione adattata del famoso inno di Martin Lutero Una solida fortezza è il nostro Dio.
Lo stesso Ensemble Thios Omilos, che eseguirà il programma, fa parte di una storia musicale molto importante e soprattutto ecumenica. Nato nel 2002 da alcuni ex alunni della Thomana di Lipsia, che lo scorso anno ha celebrato gli otto secoli di vita, attualmente l’ensemble è composto dai tenori Patrick Grahl e Cornelius Frommelt, dal baritono Tobias Ay e dai bassi Philipp Goldmann e Manuel Helmeke. Al quintetto si affiancano per l’occasione Yannick Sartorelli al violino e Bernadett Mészáros all’organo. L'Osservatore Romano, 10 aprile 2013.

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(Riccardo Burigana) «Come i cristiani possono e devono rivolgersi al mondo con una sola voce, manifestando così il cammino ecumenico fatto in questi decenni?»: è il tema centrale del convegno ecumenico che si tiene dal 9 all’11 aprile a Parigi.
L’incontro, che ha come titolo Christ et César, quelle parole publique des Églises?, è promosso congiuntamente dall’Istituto superiore di studi ecumenici (Iseo) dell’Institut Catholique, dall’Istituto di teologia ortodossa Saint-Serge e dall’Istituto protestante di teologia; le tre istituzioni accademiche parigine rinnovano così una tradizione di collaborazione ecumenica che si manifesta, da anni, anche con la celebrazione di una conferenza annuale. 
Il convegno si colloca nell’orizzonte delle iniziative, molte delle quali ecumeniche, che vogliono ricordare il 1700° anniversario dell’Editto di Milano, anche se è evidente, fin dalla lettura della presentazione dell’incontro, come le tre istituzioni accademiche si propongano di andare oltre alla celebrazione di una data tanto importante per la storia del cristianesimo. Si tratta di offrire un contributo a un ulteriore approfondimento della testimonianza ecumenica nella società contemporanea. «Sono tre i motivi per i quali i cristiani devono parlare al mondo», ha detto Jacques-Noël Pérès, direttore dell’Iseo. Il primo è di carattere teologico, perché così richiede la Scrittura e la pluralità delle tradizioni cristiane; il secondo, strettamente dipendente dal primo, è di natura spirituale poiché proprio la lettura della Scrittura invita a cambiare la società, soprattutto quando si tratta di promuovere la lotta contro la povertà e la salvaguardia del creato. Il terzo motivo è morale: «Le Chiese e i cristiani sono chiamati a garantire che la società sia sempre più fraterna», spiega Pérès, il quale ha osservato quanto questo sia un campo nel quale i cristiani possono giocare un ruolo particolare per superare le discriminazioni.
Il programma del convegno si apre con una riflessione dogmatica ed ecclesiale che affronta la questione del ruolo della Chiesa nello spazio pubblico a partire dalla tradizione protestante, per passare poi alle sfide poste dalla nuova evangelizzazione, che costituisce un punto centrale nel cammino ecumenico contemporaneo. Sempre sulla dimensione pubblica della religione in senso lato si approfondirà poi il caso del Regno Unito alla luce del dibattito in corso, cercando di capire se si tratta di un caso isolato oppure se questo fa parte di una storia di rapporti tra Chiese e istituzioni politiche che si sta costruendo in Europa. La sessione successiva è dedicata alla testimonianza ecumenica delle Chiese nella società, attraverso la presentazione di una serie di casi specifici: dal ruolo dei cristiani nel processo di pacificazione in Nuova Caledonia, sollecitato dal Governo francese in carica, all’opera di rinnovamento delle Chiese nella Germania Orientale durante la dittatura comunista, al posto e al ruolo della Chiesa ortodossa bulgara nella società all’epoca del passaggio dalla dittatura alla democrazia.
In due momenti distinti verrà discusso prima il rapporto con la Scrittura, come fonte privilegiata nel dialogo ecumenico, poi si dedicherà una sessione alla «lezione della storia» per analizzare come, in tempi e luoghi diversi, i cristiani abbiano cercato di risolvere il dilemma di come tenere insieme la fedeltà all’evangelo e la presenza nel mondo. Per questo si parlerà delle istituzioni ecclesiastiche a Bisanzio, della «riforma radicale» del XVI secolo e infine si delineerà «un ecumenismo teologico-politico» che non sia subalterno alle richieste che provengono dalle istituzioni politiche internazionali e nazionali, ma sia in grado di offrire un contributo reale e innovativo per la riscoperta dei valori cristiani, senza i quali non è possibile pensare a una società del XXI secolo. Strettamente legato alla definizione di un «ecumenismo teologico-politico» è la riflessione su come i cristiani possono farsi ascoltare dalle istituzioni e dalla società; si tratta di trovare una strada con la quale uscire dalle difficoltà che le Chiese e le comunità ecclesiali incontrano nel presentare la loro posizione, soprattutto su alcuni temi, come l’accoglienza dell’altro, sui quali è evidente la distanza tra la testimonianza ecumenica e la politica europea.
Un momento particolarmente importante del convegno sarà la conferenza del cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti: il tema del suo intervento è la presenza cristiana in un contesto teocratico alla luce dell’esperienza plurisecolare dei maroniti, che ha assunto nuove forme in questi ultimi anni, anche in conseguenza delle mutate situazioni politiche del Medio Oriente. Questa finestra sul Mediterraneo risponde a uno degli scopi del convegno, che è rivolto soprattutto alla Francia, anche per le peculiarità della sua storia e della sua legislazione, ma vuole essere un momento di riflessione e di dibattito che va oltre la dimensione locale per sottolineare, ancora una volta, che il dialogo ecumenico unisce uomini e donne al di là dei propri confini nazionali, recuperando la vocazione universale alla missione della Chiesa.
L'Osservatore Romano 10 aprile 2013