venerdì 7 ottobre 2022

CONVIVENZA DI INIZIO CORSO (Porto S. Giorgio, 29 settembre - 2 ottobre 2022) - Venerdi.

 CONVIVENZA DI INIZIO CORSO

Porto S. Giorgio, 29 settembre - 2 ottobre 2022


Quello che segue è, ovviamente, SOLO LO SCHEMA delle Convivenze di riporto, con allegati testi biblici di riferimento e meditazioni che possano aiutare.
(ndr)


Venerdi

Lodi

Lettura: Rm. 4,1 - 5, 11

2 ore di preghiera con la Scrittura, scrutando Rm. 5, 2+:

 4


[1] Che diremo dunque di Abramo, nostro antenato secondo la carne?

[2] Se infatti Abramo è stato giustificato per le opere, certo ha di che gloriarsi, ma non davanti a Dio.

[3] Ora, che cosa dice la Scrittura? Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia.

[4] A chi lavora, il salario non viene calcolato come un dono, ma come debito;

[5] a chi invece non lavora, ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia.

[6] Così anche Davide proclama beato l'uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere:

[7] Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate
e i peccati sono stati ricoperti;

[8] beato l'uomo al quale il Signore non mette in conto
il peccato!

[9] Orbene, questa beatitudine riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso? Noi diciamo infatti che la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia.

[10] Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima.

[11] Infatti egli ricevette il segno della circoncisione quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a loro venisse accreditata la giustizia

[12] e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo hanno la circoncisione, ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione.

[13] Non infatti in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede;

[14] poiché se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa.

[15] La legge infatti provoca l'ira; al contrario, dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione.

[16] Eredi quindi si diventa per la fede, perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi.

[17] Infatti sta scritto: Ti ho costituito padre di molti popoli; (è nostro padre) davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono.

[18] Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza.

[19] Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara.

[20] Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio,

[21] pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento.

[22] Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.

[23] E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia,

[24] ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore,

[25] il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

5


[1] Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo;

[2] per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio.

[3] E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata

[4] e la virtù provata la speranza.

[5] La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

[6] Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito.

[7] Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene.

[8] Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

[9] A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui.

[10] Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.

[11] Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione.

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TESTO DELLA NOTA DALLA BIBBIA DI GERUSALEMME

+: "CI VANTIAMO, SALDI NELLA SPERANZA": LA SPERANZA CRISTIANA E' L'ATTESA DEI BENI ESCATOLOGICI: LA RESURREZIONE DEL CORPO.......

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Come aiuto alla Scrutatio, propongo la seguente meditazione:

LA SPERANZA CHE NON DELUDE E LA PREGHIERA

 (Introduzione agli Atti sul Convegno “La speranza non delude”, organizzato dal centro studi Amore misericordioso, Collevalenza 2009,  del padre Aurelio Pérez, Superiore generale dei Figli dell’Amore misericordioso)

Iniziamo stasera a chiedere allo Spirito Santo che ci doni la grazia di crescere in questa virtù teologale della speranza. Teniamo presente che le virtù teologali vanno sempre insieme, non c’è l’una senza l’altra. Conosciamo il testo della lettera di S. Paolo ai Romani:

1 Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. 2Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l'accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio3E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, 4la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. 5La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. (Rom 5, 1-5)

Ma che cos’è la speranza? A prima vista parlare di speranza, oggi, può suonare a illusione consolatoria. Speranza in tempo di Covid? Che significa sperare quando una persona sta soffrendo e sembra che non vede nessuna via di uscita? "Nell’attuale contesto di preoccupazione in cui viviamo e in cui tutto sembra fragile e incerto, parlare di speranza potrebbe sembrare una provocazione." (Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2021). Mi ha colpito molto ciò che il papa ha detto ai vescovi, sacerdoti, religiosi/e, seminaristi e catechisti lo scorso 5 marzo a Bagdad:

"Sappiamo quanto sia facile essere contagiati dal virus dello scoraggiamento che a volte sembra diffondersi intorno a noi. Eppure il Signore ci ha dato un vaccino efficace contro questo brutto virus: è la speranza. La speranza che nasce dalla preghiera perseverante e dalla fedeltà quotidiana al nostro apostolato. Con questo vaccino possiamo andare avanti con energia sempre nuova, per condividere la gioia del Vangelo, come discepoli missionari e segni viventi della presenza del Regno di Dio, Regno di santità, di giustizia e di pace."

Il recente viaggio del papa in Irak, caratterizzato da tanta preoccupazione per la situazione geopolitica di quella regione e per l’attuale pandemia, penso che vada visto, in questo nostro tempo, proprio come un segno di grande speranza, una speranza invincibile che va oltre i calcoli degli interessi di parte di qualunque genere.

È ancora notte del mondo. Con il suo inquietante carico di morti, paure, crisi economiche, relazioni sospese. La pandemia non dà tregua. E interroga, oltre alla scienza, anche il pensiero. Credenti e non credenti, tutti in crisi d’identità, cercano parole di certezza e speranza… La sintesi del significato del viaggio, come ha illustrato il direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni, risiederà così in due parole: fraternità e speranza. Era stato lo stesso Papa Francesco, l’otto gennaio scorso, a parlarne al corpo diplomatico, riferendosi anche alla pandemia in atto. Disse: "Fraternità e speranza sono medicine di cui oggi il mondo ha bisogno, al pari dei vaccini".(Intervento di Massimo Enrico Milone, direttore Rai Vaticano 3.3.2021)

 

La speranza che non delude e le speranze che deludono

È importante saper distinguere quando si parla di speranza. In effetti ci sono speranze che deludono, forse dovremmo chiamarle attese illusorie più che speranze. Di fronte a queste c’è una speranza che non delude? Come credenti diciamo di sì, e non basandoci su noi stessi o sulle nostre capacità di controllare e gestire il mondo, perché abbiamo visto che basta un piccolo virus, invisibile allo sguardo e visibile solo con un microscopio, per mettere in ginocchio tutto il mondo. Allora dov’è il fondamento della speranza che non delude? Abbiamo ascoltato la risposta nella lettera ai Romani di S. Paolo.

Verso metà novembre del 2007 il nostro Centro Studi Amore Misericordioso ha organizzato, qui a Collevalenza, un Convegno che aveva questo titolo: "La speranza non delude". Vi rimando agli Atti del Convegno, dalla cui introduzione leggo:

"Delicata come un fiore e solida come una montagna è la speranza. Tanti, delusi dalla vita, l’hanno perduta e l’hanno poi ritenuta una ingannevole illusione. Per qualcuno è un sentimento che aiuta a vivere, per altri è una forza o un’utopia che insegna a lottare. È la prima a nascere e l’ultima a morire. Può risultare sconfitta dai molti colpi che la vita offre, ma si fa anche strada in mezzo al gelo della morte e rinasce dalle ceneri come un’araba fenice. Per noi credenti in Cristo Gesù, la speranza non è solo un sentimento, una forza, una idea, ma una persona, è Gesù stesso: "Cristo nostra speranza è risorto!", è vivo, è con noi "tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Nella santa umanità di Cristo Gesù possediamo quest’ancora solida della speranza, che ci immerge nel cuore stesso di Dio."(1)

Eppure il cammino della speranza non è facile, anzi è molto travagliato. Ma questo fa parte della sua natura e ci introduce ad un’altra considerazione.

 

Il travaglio della speranza. "Sperare contro ogni speranza"

Parlando della fede abbiamo rivolto lo sguardo ad Abramo Ma proprio in Abramo noi vediamo il legame fortissimo che c’è tra la fede e la speranza, fino al punto che S. Paolo, parlando di Abramo, dice sempre nella lettera ai Romani: "Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli" (Rom 4,18).

La difficoltà della speranza è che tu non possiedi ancora ciò che speri, anzi neanche lo vedi. E siccome noi siamo persone concrete, che dicono "meglio un uccello nella mano che mille in volo", allora facciamo fatica a sperare. Ma se ci fidiamo di Dio, perché ci sentiamo amati da Lui, siamo certi che Lui è fedele alle sue promesse, le compie. Questa è la forza della speranza. Allora la precarietà, il limite, nostro, degli altri, la fragilità dell’esistenza, il nostro stesso peccato, la malvagità del mondo, e tutto il male che sperimentiamo in mille forme non è capace di distruggere in noi la speranza, che è un’ancora che mantiene ferma la nave in mezzo alle tempeste della vita. È bella e significativa l’immagine dell’ancora che l’autore della lettera agli Ebrei collega proprio alla speranza:

18b … noi, che abbiamo cercato rifugio in Dio, abbiamo un forte incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. 19In essa infatti abbiamo come un'ancora sicura e salda per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario, 20dove Gesù è entrato come precursore per noi (Eb 6, 18b-20a)

Ed è ancora S. Paolo, nella citata lettera ai Romani, a dirci in modo luminoso come la speranza ci tiene ancorati alla roccia solida dell’amore di Dio in mezzo ai travagli dell’esistenza:

18Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. 19L'ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. 20La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità - non per sua volontà, ma per volontà di colui che l'ha sottoposta - nella speranza 21che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. 22Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. 23Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. 24Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? 25Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. (Rom 8, 18-25)

Vi confesso che mi ha sempre colpito profondamente Fëdor Dostoevskij (quest’anno ricorre il bicentenario della nascita), perché ritengo che esprima, nelle sue opere, tutto il travaglio e il tormento drammatico della condizione umana,ma alla fine rimane sempre aperto alla speranza e alla redenzione, e in questo senso è profondamente biblico, pensiamo al libro di Giobbe, diversamente dalla tragedia greca, spesso chiusa nel cerchio fatalistico di un destino ineluttabile.

Ebbene Dostoevskij confessa che solo Cristo può dare senso alla sua travagliata vita e ai suoi pensieri. Egli scrive in una lettera indirizzata il 20 febbraio del 1854 alla signora Von Visine: "Vi dirò di me stesso che sono figlio di questo secolo, un figlio dell’incredulità e del dubbio, fino ad oggi e forse fino alla tomba. Quali spaventose torture mi è costata e mi costa anche ora questa sete di credere, tanto più forte nella mia anima quanto ci sono in me argomenti contrari. E tuttavia, Dio mi invia talvolta dei momenti in cui tutto mi è chiaro e sacro. È in quei momenti che ho composto un credo: credere che non c’è nulla di più bello, di più profondo, di più amabile, di più ragionevole e di più perfetto che il Cristo, e che non solo non c’è niente, ma, e me lo dico con un amore geloso, che non si può avere niente. E più ancora, se qualcuno mi avesse dimostrato che Cristo è fuori della verità, avrei preferito senza esitare restare con Cristo piuttosto che con la verità".

Questo ci introduce alle ultime due considerazioni che vorrei fare.

 

Speranza e preghiera

Proprio perché è una virtù teologale che viene da Dio e non da noi, abbiamo bisogno che Dio ci doni, come dice Dostoevskij, dei momenti in cui tutto ci è chiaro e sacro. La speranza va desiderata ardentemente e chiesta a Dio umilmente. Per questo il Papa, nel suo Messaggio per la quaresima, l’ha abbinata alla preghiera. Fede e digiuno, dicevamo le volte scorse, speranza e preghieradiciamo oggi.

"Nel raccoglimento e nella preghiera silenziosa, la speranza ci viene donata come ispirazione e luce interiore, che illumina sfide e scelte della nostra missione: ecco perché è fondamentale raccogliersi per pregare (cfr Mt 6,6) e incontrare, nel segreto, il Padre della tenerezza.

Vivere una Quaresima con speranza vuol dire sentire di essere, in Gesù Cristo, testimoni del tempo nuovo, in cui Dio "fa nuove tutte le cose" (cfr Ap 21,1-6). Significa ricevere la speranza di Cristo che dà la sua vita sulla croce e che Dio risuscita il terzo giorno, «pronti sempre a rispondere a chiunque [ci] domandi ragione della speranza che è in [noi]» (1Pt 3,15)."

Ecco perché i Salmi, e tutte le preghiere della Bibbia (pensiamo al dramma di Giobbe), sono impregnati di speranza. Ne cito alcuni:"Affida al Signore la tua via, confida in lui ed egli agirà… sta in silenzio davanti al Signore e spera in lui… spera nel Signore e custodisci la sua via" (Sal 37,5.7.34). "Spera nel Signore, sii forte! Si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore!" (Sal 27,14).

Potremmo pensare che in certe situazioni particolarmente difficili non solo siamo incapaci di sperare, ma ci riesce difficile anche pregare. Ecco che ci soccorre S. Paolo nella stessa lettera ai Romani:

26Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; 27e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.

28Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. (Rom 8, 26-28)

C’è un rapporto profondo tra Spirito Santo, speranza e preghiera. Lo Spirito Santo è un’acqua viva che mormora in noi. È l’amore di Dio effuso nei nostri cuori che fa sì che la nostra sia una speranza che non delude. È l’acqua che Gesù prometteva alla Samaritana, ben diversa dalle acque delle nostre povere speranze umane nelle quali cerchiamo di inutilmente di estinguere la nostra sete:

"La samaritana, alla quale Gesù chiede da bere presso il pozzo, non comprende quando Lui le dice che potrebbe offrirle un’"acqua viva" (Gv 4,10). All’inizio lei pensa naturalmente all’acqua materiale, Gesù invece intende lo Spirito Santo, quello che Lui darà in abbondanza nel Mistero pasquale e che infonde in noi la speranza che non delude. Già nell’annunciare la sua passione e morte Gesù annuncia la speranza, quando dice: «e il terzo giorno risorgerà» (Mt 20,19). Gesù ci parla del futuro spalancato dalla misericordia del Padre. Sperare con Lui e grazie a Lui vuol dire credere che la storia non si chiude sui nostri errori, sulle nostre violenze e ingiustizie e sul peccato che crocifigge l’Amore. Significa attingere dal suo Cuore aperto il perdono del Padre". (Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima)

"Cristo nostra speranza è risorto!": così cantiamo nella sequenza del giorno di Pasqua. E il libro dell’Apocalisse, che pure descrive tante catastrofi e sconvolgimenti, figura di tutti i drammi della nostra storia, si chiude con una preghiera che è l’ardente desiderio dello Spirito e della Chiesa-Sposa: "Maranatha! Vieni Signore Gesù!"

La Chiesa, con la riforma del Concilio Vat. II, ha cercato di recuperare questa dimensione che chiamiamo escatologica anche nella liturgia eucaristica, nella proclamazione solenne dopo la Consacrazione del pane e del vino: "Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta!", edopo la preghiera del Padre nostro: "nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo".

È importante chiedere con molta fiducia al Signore che aumenti in noi, con l’azione del suo Spirito, questa speranza invincibile nelle promesse di Dio che sempre si compiono. È importante credere che Dio non sempre esaudisce le nostre preghiere, proprio perché noi spesso non sappiamo che cosa è conveniente domandare, ma sicuramente lui compie sempre le sue promesse. Possiamo pregarlo con le parole che papa Francesco ha rivolto a Dio nell’incontro interreligioso dei giorni scorsi a Ur dei Caldei, con la "preghiera dei Figli di Abramo":

Ti chiediamo, Dio del nostro padre Abramo e Dio nostro, di concederci una fede forte, operosa nel bene, una fede che apra i nostri cuori a Te e a tutti i nostri fratelli e sorelle; e una speranza insopprimibile, capace di scorgere ovunque la fedeltà delle tue promesse.

 

Rendere ragione della speranza che è in noi attraverso i gesti dell’amore

Papa Francesco, nel suo messaggio per la quaresima ci ricorda che, insieme alla preghiera, la vita liturgica e sacramentale, soprattutto l’esperienza dei sacramenti della riconciliazione e dell’Eucaristia, occorre tradurre la nostra speranza in gesti di amore. A volte è l’unico modo che abbiamo di rendere ragione della speranza che è in noi, anche senza parole:

"Ricevendo il perdono, nel Sacramento che è al cuore del nostro processo di conversione, diventiamo a nostra volta diffusori del perdono: avendolo noi stessi ricevuto, possiamo offrirlo attraverso la capacità di vivere un dialogo premuroso e adottando un comportamento che conforta chi è ferito. Il perdono di Dio, anche attraverso le nostre parole e i nostri gesti, permette di vivere una Pasqua di fraternità.

Nella Quaresima, stiamo più attenti a «dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano» (Enc. Fratelli tutti [FT], 223). A volte, per dare speranza, basta essere «una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza» (ibid., 224)." (Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima)

Il card. Spidlik, nel suo bellissimo intervento durante il Convegno sulla "Speranza che non delude", illustratutto ciò con un esempio tratto dalla biografia di una santa:"Essa curava una malata di cancro, molto sofferente. La esortò: "Pregate un po’". Ma la malata rispose: "Non prego, Dio non esiste, perché se Dio esistesse non sarei in queste condizioni". La suora continuò a curarla silenziosamente. Un giorno, inaspettatamente, la malata le disse: "Dio deve proprio esistere!". La suora le chiese: "Come siete arrivata a questa conclusione?". La malata rispose: "Il bene che mi fate non può andare perduto". È un’affermazione profonda. Ogni vero bene che facciamo qui nel tempo ha un valore eterno ed è oggetto della speranza cristiana. Cristo morto è risorto, e tornato alla vita e lo stesso promette a noi. Facendo il bene, offriamo la nostra vita come il pane sull’altare per il sacrificio eucaristico e come ricompensa riceviamo dall’altare lo stesso pane consacrato. È il simbolo della nostra vita che deve risorgere insieme con Cristo. Nell’eternità anche le cose piccole divengono grandi.

Ricordiamo la piccola Teresa di Gesù Bambino e il suo scritto Storia di un’anima… Scoprì che l’unica cosa veramente grande è l’Amore. E questo grande Amore può realizzarsi nelle piccole cose di ogni giorno. Hanno un valore eterno. Ecco la speranza! Anche la nostra."

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- CELEBRAZIONE PENITENZIALE

- PROIEZIONE DEI VIDEO

- Sulle dipendenze, a cura di Massimo Gandolfini



Nasce a Roma il 31 agosto del 1951 Nel 1977 consegue la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano con il massimo dei voti e lode. Nel 1981 si specializza in Neurochirurgia, sempre a Milano, e nel 1991 in Psichiatria, presso l’Università Statale di Brescia. Dal 1997 dirige il Dipartimento di Neurochirurgia-Neurologia di un ospedale bresciano. Fa parte del Cammino Neocatecumenale. Padre di 7 figli adottati. Presidente dell’Associazione Family DAY.

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- Testimonianza di Massimo e Patrizia Paloni, itineranti in Olanda, data in occasione della X Giornata Mondiale della Famiglia, Roma, 22-26 Giugno 2022: "Trasmettere la fede ai giovani d'oggi"

- Udienza di Papa Francesco del 27 giugno 2022



Riporto da: vaticannews.va

Sul palco dell’Aula Paolo VI per offrire la loro testimonianza su come “Trasmettere la fede ai giovani di oggi”, i coniugi Massimo e Patrizia Paloni, genitori di 12 figli, suggeriscono di “riscoprire, attraverso l’iniziazione cristiana, la radicalità del Vangelo, come avveniva per i primi cristiani in mezzo a un mondo pagano”. Originari di Roma, hanno abbracciato il Cammino Neocatecumenale, come i loro genitori, e da 18 anni sono missionari itineranti in Olanda. Al loro seguito, al X Incontro Mondiale delle Famiglie, i loro figli, 6 maschi e 6 femmine, ai quali insegnano quotidianamente a relazionarsi con la Parola di Dio perché illumini la loro vita. Ma sono ragazzi come tutti gli altri, ci spiegano, con le loro crisi e problematiche legate all’età che vivono. A volte ci sono anche incomprensioni o difficoltà di dialogo, ma la luce del Vangelo o i suggerimenti e gli aiuti di altre famiglie sciolgono i nodi e i confronti tornano sereni.

I tre altari nella famiglia

“Ci è stato trasmesso che al centro della famiglia ci sono tre altari - raccontano alle famiglie che li ascoltano - il primo è la mensa della Santa Eucaristia, su cui Gesù Cristo offre il sacrificio della sua vita e la sua resurrezione per la nostra salvezza; il secondo è il talamo nuziale, dove si compie il Sacramento del Matrimonio nell’offrirsi l’uno all’altro e si dà il miracolo dell’amore e della nuova vita; il terzo è la mensa, dove la famiglia si riunisce per mangiare, benedicendo il Signore per i suoi doni. Così, ogni pasto diventa un incontro in cui si discutono i temi e i problemi incontrati nella vita o nella scuola e dove tutti partecipano e si vive la comunione”.

Il vino nuovo di Gesù nella vita matrimoniale

E di problemi non sono stati esenti Massimo e Patrizia, sposi giovanissimi, 24 anni lui, 20 lei. Hanno scelto di formare una famiglia cristiana con le migliori intenzioni, ma nei primi anni di matrimonio scoprendo le loro diversità e i loro difetti hanno rischiato di chiudersi totalmente in sé stessi. Poi, grazie alla comunità neocatecumenale in cui erano inseriti, hanno cominciato a parlarsi con sincerità, a guardarsi dentro e riconoscere i propri errori e ciò che sbarrava la strada al loro cammino coniugale, ed è stato per loro “un nuovo inizio, come nelle nozze di Cana”. “Dopo essersi esaurito il ‘vino’ dell’innamoramento e del volersi bene basato sui nostri sforzi, Gesù Cristo ci ha donato gratuitamente il vino nuovo e inebriante del perdono - sottolineano -. Abbiamo scoperto che l’apertura alla vita non è una legge gravosa ma la liberazione dall’egoismo, senza la quale il matrimonio vacilla. Con grande sorpresa, Dio ci ha donato di desiderare ogni figlio che ci ha regalato”.

I giovani hanno bisogno della testimonianza d’amore delle famiglie

Con la loro esperienza - riportata anche nel Sinodo sulla famiglia del 2015 - possono affermare che trasmettere la fede ai giovani del mondo contemporaneo è “un compito di importanza cruciale che attende oggi la Chiesa e ogni battezzato”. Soprattutto di fronte alla perdita del senso di Dio e a tutto ciò che viene proposto alle nuove generazioni: pornografia via internet, droghe, confusione sull’identità. E poi ci sono quei ragazzi che vivono in famiglie monoparentali perché i genitori si sono separati o perché nati al di fuori del matrimonio. “Senza il supporto e l’aiuto della scuola, molti giovani si ritrovano senza alcun punto fermo e si smarriscono”, chiariscono i coniugi Paloni che però riferiscono di piccoli gruppi di giovani che si riuniscono con famiglie di fede provata e adulta, che offrono loro una “testimonianza di servizio”. “Gli adolescenti sono attratti dalla famiglia cristiana in cui vedono una fede viva. In questi gruppi i giovani cominciano a leggere la Parola di Dio, riflettono sui comandamenti come cammino di vita, riscoprono il Sacramento della Riconciliazione e vengono a contatto con la vita cristiana di una famiglia concreta”. Ma per i Paloni non c’è un metodo o una tecnica da seguire in astratto. “Nessuno può dare ciò che prima non ha ricevuto... Nella pastorale dei giovani, è di fondamentale importanza, la testimonianza di famiglie che, avendo prima ricevuto l’amore gratuito di Cristo e della Chiesa, accolgano in tale amore” i giovani lontani presentandolo loro come vivo e attuale. “La forza attrattiva del cristianesimo consiste tutta nella forza della testimonianza”, conclude la coppia, e la testimonianza dei cristiani è l’amore che ci ha insegnato Cristo. (Campisi, vatican news)


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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALLE COMUNITÀ NEOCATECUMENALI

Aula Paolo VI
Lunedì, 27 giugno 2022


Abbiamo sentito la missione di Gesù: “Andate, date testimonianza, predicate il Vangelo”. E da quel giorno gli apostoli, i discepoli, la gente tutta è andata avanti con la stessa forza di quello che Gesù aveva dato loro: è la forza che viene dallo Spirito. “Andate e predicate… Battezzate…”.

Ma sappiamo che, una volta che abbiamo battezzato, la comunità che nasce da quel Battesimo è libera, è una nuova Chiesa; e noi dobbiamo lasciarla crescere, aiutarla a crescere con le proprie modalità, con la propria cultura… È questa la storia dell’evangelizzazione. Tutti uguali in quanto alla fede: credo in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, il Figlio che si è incarnato, è morto e risorto per noi, lo Spirito che ci aiuta e ci fa crescere: la stessa fede. Ma tutti con la modalità della propria cultura o della cultura del posto dove è stata predicata la fede.

E questo lavoro, questa ricchezza pluriculturale del Vangelo, che nasce dalla predicazione di Gesù Cristo e si fa cultura, è un po’ la storia della Chiesa: tante culture ma lo stesso Vangelo. Tanti popoli, lo stesso Gesù Cristo. Tante buone volontà, lo stesso Spirito. E a questo siamo chiamati: andare avanti con la forza dello Spirito, portando il Vangelo nel cuore e nelle mani. Il Vangelo di Gesù Cristo, non il mio: è di Gesù Cristo, che si adegua alle diverse culture, ma è lo stesso. La fede cresce, la fede si incultura, ma la fede è sempre la stessa.

Questo spirito missionario, cioè di lasciarsi inviare, è un’ispirazione per tutti voi. Vi ringrazio di questo, e vi chiedo docilità allo Spirito che vi invia, docilità e obbedienza a Gesù Cristo nella sua Chiesa. Tutto nella Chiesa, niente fuori dalla Chiesa. Questa è la spiritualità che deve accompagnarci sempre: predicare Gesù Cristo con la forza dello Spirito nella Chiesa e con la Chiesa. E quello che è il capo – diciamo – delle diverse Chiese è il vescovo: sempre andare avanti con il vescovo, sempre. È lui il capo della Chiesa, in questo Paese, in questo Stato…

Andate avanti. Coraggio! Grazie della vostra generosità. Non dimenticatevi dello sguardo di Gesù, che ha inviato ognuno di voi a predicare e a obbedire alla Chiesa. Grazie tante!

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H. 21.00: Cena