giovedì 7 agosto 2014

Come fu, così è ancora.



Comunicato della Congregazione per le Chiese Orientali sulla situazione in Iraq   

Il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ringrazia di cuore Papa Francesco per la vicinanza tanto sollecita espressa agli oltre centomila cristiani che nella notte hanno dovuto lasciare le proprie case, chiese e villaggi della biblica piana di Ninive in Iraq ed ora vagano verso la città di Erbil in condizioni impossibili alla ricerca di rifugio e sopravvivenza sempre più incerti. Interpretando il dolore immenso e lo sdegno dei pastori e dei fedeli orientali cattolici sparsi nel mondo, rinnova la più intensa preghiera al Signore per le popolazioni duramente colpite da barbarie totalmente contrarie alla dignità umana e la piena solidarietà umana e cristiana nei loro confronti. Ed auspica che il mondo civile, le pubbliche autorità e gli organismi internazionali, nella estrema gravità della situazione, non attardino gli indispensabili interventi umanitari e ad ogni altro livello per fermare, specie in Iraq e in Siria, il doloroso e profondamente ingiusto esodo dei cristiani dalle terre che abitano da duemila anni. Si tratta di atti contro Dio e contro ogni senso di umanità. In costante contatto con SB Sako, Patriarca Caldeo, con la Rappresentanza Pontificia a Bagdad e i Vescovi locali, la Congregazione per le Chiese Orientali incoraggia i responsabili e quanti sono sensibili alla sorte dei cristiani d’Oriente affinché si compia con urgenza quanto è indispensabile per alleviarne le sofferenze: privi di acqua e cibo, e di ogni altro genere di prima necessità, specie i bambini, gli anziani e i malati, sono nella più insopportabile tribolazione. Si teme, purtroppo, un epilogo catastrofico se non si pone fine alla marcata insicurezza generale alimentata dalla indifferenza di molti più volte denunciata.

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Migliaia i cristiani in fuga: Pressante appello del Papa alla comunità internazionale

Decine di migliaia di cristiani in preda al terrore stanno fuggendo dai propri villaggi nel tentativo di sottrarsi alle efferate violenze dei jihadisti. La situazione si è fatta ancora più drammatica all’alba di oggi quando i miliziani dello Stato islamico (Is) hanno conquistato Qaraqosh, la più grande città cristiana dell’Iraq dopo Mosul, come ricorda la France Presse.
Papa Francesco — come sottolinea una dichiarazione del gesuita Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede — segue con viva preoccupazione la tragedia di questo «popolo in fuga» e rinnova il suo appello alla preghiera e all’impegno della comunità internazionale. Sempre oggi l’arcivescovo di Kirkuk dei Caldei, Yousif Thomas Mirkis, citato dalla France Presse, ha parlato di una vera e propria «catastrofe», sollecitando «l’immediato intervento» del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

E riferendo notizie fornite dalle suore caldee Figlie di Maria Immacolata, il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha denunciato il fatto che «questa notte sono entrati nella piana di Ninive gli uomini dell’autoproclamato “califfato” e hanno cacciato via le migliaia di cristiani che vivono nei villaggi della zona». Il porporato, citato dall’agenzia Fides, ha detto che «i cristiani hanno dovuto abbandonare tutto, persino le scarpe, e scalzi sono stati instradati a forza verso l’area del Kurdistan». La situazione dei cristiani, ha precisato, «è disperata perché ad Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, non sono intenzionati ad accoglierli perché non sanno come ospitare queste migliaia di persone».
Anche durante la fuga i cristiani, come riferiscono fonti locali, sono fatti oggetto di attacchi da parte dei miliziani. La furia dei miliziani si accanisce anche contro persone appartenenti alla minoranza religiosa degli yazidi: nei giorni scorsi quaranta bambini, per mancanza di acqua e di cibo, sono morti mentre fuggivano dalle violenze e si teme che altri piccoli, se non sarà fornita presto la necessaria assistenza, subiranno la stessa tragica sorte. Nel frattempo centinaia di donne appartenenti a questa minoranza religiosa sono state rapite dai jihadisti.Ieri intanto nei pressi di Mosul sono divampati aspri combattimenti fra i miliziani e le forze curde dei peshmerga. La Bbc, che cita fonti locali, ha poi riferito che più di trenta miliziani sono rimasti uccisi in un raid aereo condotto su Mosul dall’aviazione di Baghdad. Mentre avveniva questo raid, le forze peshmerga curde attaccavano le zone orientali della città, uccidendo numerosi jihadisti. Mosul è finita sotto il controllo dei miliziani dell’Is a giugno e da allora è cominciato, ininterrotto, l’esodo dei cristiani per sfuggire ad abusi e a soprusi. Domenica il primo ministro iracheno, lo sciita Nouri Al Maliki, aveva dato ordine all’aviazione di dare supporto ai peshmerga impegnati contro i jihadisti: un fatto significativo, come hanno sottolineato gli osservatori, perché tale decisione, di fronte all’offensiva dei miliziani, ha segnato un ravvicinamento tra il premier sciita e i curdi.
Anche Baghdad è tornata a essere teatro di violenze. Cinque attentati dinamitardi hanno causato la morte di trenta persone: più di settanta i feriti. Due attacchi hanno avuto luogo nel quartiere sciita di Sadr City; un’altra auobomba è deflagrata vicino a un mercato nel distretto di Ur. Attentati sono poi stati compiuti nel quartiere di Al Jadida e in quello di Zafaraniya. Si segnala poi che in questo generale scenario di violenza sarebbe stato danneggiato anche il mausoleo di Saddam Hussein, a sud di Tikrit, eretto sette anni fa. Fonti locali nel villaggio di Auja, dove l’antica casa di Saddam era stata scelta come il luogo di sepoltura delle sue spoglie, hanno riferito che il mausoleo è stato seriamente danneggiato durante gli scontri seguiti a un attacco lanciato dai miliziani la sera di lunedì e durati tutta la notte. I miliziani dell’Is erano scesi da Tikrit, ma avevano trovato un’accanita resistenza da parte delle forze irachene, che sarebbero riuscite a respingerli. Non si sa, al momento, dove siano ora le spoglie di Saddam: fonti locali hanno riferito che i famigliari potrebbero averle spostate in una località segreta per evitare che vengano profanate.
Di fronte a questo scenario sempre più critico è giunta la dichiarazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede: il Papa «segue con viva preoccupazione le drammatiche notizie che giungono dal nord dell’Iraq e che interessano popolazioni inermi. Particolarmente colpite sono le comunità cristiane: è un popolo in fuga dai propri villaggi a causa della violenza che in questi giorni sta imperversando e sconvolgendo la regione».
Facendo riferimento all’Angelus dello scorso 20 luglio, padre Lombardi ha detto che il Pontefice «rinnova la sua vicinanza spirituale a quanti stanno attraversando questa dolorosissima prova e si unisce agli appelli accorati dei vescovi locali chiedendo, insieme a loro e per le loro comunità tribolate, che salga incessante da tutta la Chiesa una preghiera corale per invocare dallo Spirito Santo il dono della pace». Papa Francesco «rivolge il suo pressante appello alla comunità internazionale affinché attivandosi per porre fine al dramma umanitario in atto ci si adoperi per proteggere quanti sono interessati o minacciati dalla violenza e per assicurare gli aiuti necessari, soprattutto quelli più urgenti, a così tanti sfollati la cui sorte dipende dalla solidarietà altrui».
L'Osservatore Romano

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Vicini ai cristiani di Ninive


La notte scorsa gli uomini dell’autoproclamato “Califfato” sono entrati nella piana di Ninive e hanno cacciato via le migliaia di cristiani che vivono nei villaggi della zona. La notizia è stata data dal cardinale Fernando Filoni ed è rilanciata dall’Agenzia Fides della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. “I cristiani hanno dovuto abbandonare tutto, persino le scarpe, e scalzi sono stati instradati a forza verso l’area del Kurdistan. La situazione dei cristiani cacciati è disperata - ha detto Filoni – perché ad Arbil, la capitale del Kurdistan iracheno, non sono intenzionati ad accoglierli perché non sanno come ospitare queste migliaia di persone. Queste notizie mi sono state riferite dalle Suore Caldee Figlie di Maria Immacolata” ha precisato il porporato, che in precedenza era stato nunzio apostolico in Iraq.
“Siamo di fronte ad una grave situazione umanitaria. Queste persone sono lasciate a loro stesse di fronte ad un confine chiuso e non sanno dove andare. Già si contano i primi morti, tre o quattro ragazzi hanno perso la vita. Occorre intervenire subito in loro aiuto” ha concluso Filoni. (A. Tornielli)
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Il “Califfato” espelle i cristiani dalla Piana di Ninive

Costretti a fuggire nella notte da città e villaggi dove le comunità autoctone erano insediate da sempre. Appello del cardinale Filoni

GIANNI VALENTEROMA
Dopo Mosul, cadono nelle mani dei jihadisti dello Stato Islamico anche i villaggi della Piana di Ninive che da tempo immemore rappresentavano i caposaldi storici delle comunità cristiane autoctone nello spazio dell’antica Mesopotamia. La notte scorsa a Qaraqosh, Kramles, Talkief, Bartalla e negli altri centri dell’area l’offensiva delle milizie dell’autoproclamato Califfato Islamico ha travolto la resistenza rappresentata finora dai Peshmerga curdi e dalle forze armate regolari che rispondono al governo autonomo del Kurdistan iracheno.

Con l’arrivo dei miliziani jihadisti - riferisce anche il cardinale Fernando Filoni in un appello diffuso attraverso l’Agenzia Fides - «i cristiani hanno dovuto abbandonare tutto, persino le scarpe, e scalzi sono stati instradati a forza verso l’area del Kurdistan». Alle ultime venti famiglie cristiane ancora rimaste a Qaraqosh è stato intimato di lasciare la città a piedi entro stasera, se vogliono sopravvivere. L’esodo rischia di assumere i connotati di un dramma collettivo, visto che a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno – aggiunge il Prefetto di Propaganda Fide «non sono intenzionati ad accoglierli perché non sanno come ospitare queste migliaia di persone». Il Porporato attraverso Fides richiama le responsabilità della comunità internazionale davanti a quella che definisce «una grave situazione umanitaria. Queste persone sono lasciate a loro stesse di fronte a un confine chiuso e non sanno dove andare. Già si contano i primi morti, tre o quattro ragazzi hanno perso la vita. Occorre intervenire subito in loro aiuto».

Negli ultimi due mesi, da quando – lo scorso 9 giugno – Mosul era stata conquistata dagli insorti sunniti guidati dai Jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), i cristiani della seconda città irachena avevano in gran parte trovato rifugio proprio presso i villaggi della Piana di Ninive.

A Mosul i militanti dell’auto-proclamato Califfato Islamico avevano poi occupato chiese e conventi, distrutto statue mariane, divelto croci, bruciato l’arcivescovato siro-cattolico e imposto ai cristiani l’ultimatum: o andate via, lasciando le vostre case e i vostri beni, o pagate la “tassa di protezione”, o vi convertite all’Islam, o morite.

Nei villaggi della Piana di Ninive finora un argine alle incursioni degli islamisti era assicurata dalle milizie curde Pashmerga, che alla fine di giugno avevano già respinto un’offensiva tentata dai jihadisti contro la città di Qaraqosh. «Noi moriremo tutti insieme, o continueremo a vivere tutti insieme con dignità» aveva detto lo scorso 23 luglio Masud Barzani, presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, rivolto al patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I Sako e agli altri rappresentanti delle Chiese del nord dell'Iraq. Nell’incontro con il Patriarca e i vescovi, il leader curdo aveva anche ribadito la disponibilità della regione autonoma del Kurdistan ad accogliere e soccorrere i profughi e a proteggere «le loro vite e la loro terra» contro quelli che aveva definito «terroristi».

Il Patriarca caldeo e i  vescovi delle Chiese cristiane del nord iracheno, dal canto loro, avevano anche proposto la creazione di un «comitato congiunto tra il governo regionale e i rappresentanti del nostro popolo per venire incontro alla sofferenza delle famiglie di rifugiati e migliorare le loro condizioni». Ma già a fine giugno, il responsabile Unicef in Iraq Marzio Babille aveva delineato il disegno politico sotteso all'offensiva dei jihadisti: «Le zone attaccate» aveva riferito il medico triestino all’Agenzia Fides «vengono di fatto “ripulite” dei gruppi etnici e religiosi minoritari. Non capita solo ai cristiani, ma anche ai turkmeni che sono dovuti fuggire dalle aree sudorientali del Kurdistan iracheno e sono bersaglio di attacchi mirati anche a Kirkuk. È evidente che si vuole riconfigurare la regione definendo le “aree” dove i diversi gruppi possono o non possono vivere».

Adesso, la nuova offensiva del Califfato sembra spazzare via ogni residua speranza di stabilizzare la fragile condizione creatasi negli ultimi mesi nella Piana di Ninive in virtù della protezione dei Peshmerga curdi. Proprio intorno alla Piana di Ninive si coltivava da tempo immemore in seno a settori delle comunità cristiane irachene il disegno di trasformare quell’area in una regione autonoma da assegnare ai cristiani, per realizzare almeno in parte il sogno ancestrale di un “focolare nazionale” indipendente riservato alle comunità caldee, assire e sire. «Adesso», spiega a Vatican Insider il sacerdote siro cattolico Nizar Semaan, collaboratore dell’arcivescovo di Mosul dei Siri Yohanna Petros Moshe, «si può davvero dire che non c’è futuro per i cristiani in quella parte dell’Iraq dove la fede in Cristo era stata confessata fin dall’inizio. Consideriamo responsabili di tutto questo anche i governi occidentali, col loro silenzio e le loro politiche sconsiderate in Iraq e in tutto il Medio Oriente, interessate solo a difendere i propri interessi economici. Spero che i capi delle nazioni e i leader della comunità internazionale ci risparmino almeno lo spettacolo ridicolo delle dichiarazioni di solidarietà e dell’indignazione parolaia. La loro passività è complice dei crimini perpetrati in Iraq contro i cristiani sotto gli occhi di tutti, e sarà giudicata dalla storia».

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Iraq, il Papa: fermare il dramma umanitario in atto


Esprime vicinanza ai cristiani in fuga, chiede di assicurare gli aiuti ai profughi, domanda a tutta la Chiesa una preghiera corale per la pace

IACOPO SCARAMUZZICITTÀ DEL VATICANO

Appello di papa Francesco alla comunità internazionale affinché ponga fine al “dramma umanitario” in corso in Iraq, protegga le vittime della violenza di queste ore e assicuri gli aiuti agli sfollati. Mentre gli jihadisti dell’autoproclamato Stato islamico avanzano nella piana di Ninive ed espellono i cristiani dalle loro città, la Santa Sede ha diramato nel primo pomeriggio un comunicato con il quale torna a esprimere la vicinanza del Pontefice argentino alle popolazioni cristiane, come aveva già fatto all’Angelus del 20 luglio quando cadeva Mosul (“Carissimi fratelli e sorelle tanto perseguitati, io so quanto soffrite, io so che siete spogliati di tutto”) e chiede a tutta la Chiesa “una preghiera corale per invocare dallo Spirito Santo il dono della pace”.

“Il Santo Padre segue con viva preoccupazione le drammatiche notizie che giungono dal nord dell’Iraq e che interessano popolazioni inermi”, è il testo del comunicato letto dal portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, a conclusione di un briefing sul prossimo viaggio del Papa in Corea. “Particolarmente colpite sono le comunità cristiane: è un Popolo in fuga dai propri villaggi a causa della violenza che in questi giorni sta imperversando e sconvolgendo la regione”.

Durante la preghiera dell’Angelus, lo scorso 20 luglio – prosegue la nota – papa Francesco aveva esclamato con dolore: “I nostri fratelli sono perseguitati, sono cacciati via, devono lasciare le loro case senza avere la possibilità di portare niente con loro. A queste famiglie e a queste persone voglio esprimere la mia vicinanza e la mia costante preghiera. Carissimi fratelli e sorelle tanto perseguitati, io so quanto soffrite, io so che siete spogliati di tutto. Sono con voi nella fede in Colui che ha vinto il male!”.

“Alla luce degli angosciosi eventi, il Santo Padre rinnova la sua vicinanza spirituale a quanti stanno attraversando questa dolorosissima prova e si unisce agli appelli accorati dei Vescovi locali, chiedendo, insieme a loro e per le loro comunità tribolate, che salga incessante da tutta la Chiesa una preghiera corale per invocare dallo Spirito Santo il dono della pace. Sua Santità – sottolinea la nota della Santa Sede – rivolge inoltre il suo pressante appello alla comunità internazionale, affinché, attivandosi per porre fine al dramma umanitario in atto, ci si adoperi per proteggere quanti sono interessati o minacciati dalla violenza e per assicurare gli aiuti necessari, soprattutto quelli più urgenti, a così tanti sfollati, la cui sorte dipende dalla solidarietà altrui”.

Il Papa, infine, “fa appello alla coscienza di tutti” e – riecheggiando sempre le parole pronunciate all’Angelus del 20 luglio e pronunciate, in quell’occasione, in riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente – a ogni credente, conclude la nota, egli ripete: “Il Dio della pace susciti in tutti un autentico desiderio di dialogo e di riconciliazione. La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace! Preghiamo in silenzio, chiedendo la pace; tutti, in silenzio…. Maria Regina della pace, prega per noi!”.