domenica 25 ottobre 2015

Il Sinodo. La Chiesa dell' integrazione, amica di chi soffre




La Chiesa dell' integrazione, amica di chi soffre
Sole 24 Ore
(Bruno Forte) È veramente lo spirito del Concilio Vaticano II quello che si è respirato nel Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, che si conclude oggi. Lo è anzitutto per la figura di Papa Francesco, che tanto richiama i Papi del Concilio, unendo ai tratti di bontà e di profonda umanità di Giovanni XXIII aspetti fondamentali che lo accomunano all' altra figura non meno grande di Paolo VI, come la capacità di dialogare con la complessità delle culture e il desiderio di una Chiesa che sia sempre più vicina alle donne e agli uomini di oggi, nella varietà delle sfide che essi si trovano ad affrontare. È poi soprattutto la volontà di annunciare il Vangelo nella concretezza della storia ciò che ha fatto di questo Sinodo un' attualizzazione forte e profonda del Vaticano II, da una parte con l' aprire gli occhi dinanzi alle tante situazioni delle famiglie del mondo che esigono non giudizi distaccati e freddi, ma comprensione, calore, solidarietà e partecipazione, dall' altra proponendo la luce e la gioia della buona novella il più possibile a tutti. senza escludere nessuno dall' abbraccio della misericordia annunciata e donata da Gesù, il Redentore dell' uomo. Questo desiderio di far giungere a ogni persona umana il dono dell' amore che libera e salva, proponendone la realizzazione bella specialmente nella vita familiare, ha attraversato i lavori sinodali soprattutto attraverso l' uso di tre categorie, che descrivono altrettanti atteggiamenti pastorali di fondo: l' accompagnamento, il discernimento e l' integrazione. Una Chiesa che "accompagna" le donne e gli uomini del nostro tempo è una comunità che si fa prossima alle loro gioie e ai loro dolori, alle loro attese e alle loro speranze: tutt' altro che una Chiesa pronta a dispensare soltanto giudizi e condanne, si tratta di una comunità viva, amica di tutto quanto è umano, che non rinuncia in nulla a proporre la verità liberante del Vangelo, ma lo fa sull' esempio di Gesù camminando sulle strade dove passa ogni giorno la vita della gente comune, impastata di sudore e di consolazioni, di lacrime e di speranze. L' abbraccio della Chiesa di Papa Francesco va in primo luogo a tutte le famiglie del mondo, mettendo in luce la bellezza della loro vocazione, la dignità delle loro fatiche, la possibilità di affrontare con amore le inevitabili prove della quotidianità e le risorse che l' amore che le unisce sa sprigionare nelle situazioni più diverse. Questo abbraccio accogliente si estende a tutte le cosiddette famiglie ferite, a chi vive le crisi a volte laceranti dei rapporti affettivi, a chi sperimenta il fallimento dell' alleanza, a chi è entrato nella solitudine della separazione o ha cercato nuovo futuro nel ricorso a nuove nozze. Accompagnare queste persone accogliendole in profondità con rispetto e amore non è in alcun modo tradire la verità del Vangelo, ma esattamente al contrario renderla visibile nella prossimità dell' ascolto e della condivisione, nella carità che comprende e sostiene, nel dire parole di vita pronunciate con tenerezza e dolcezza soprattutto quando richiamano alle esigenze alte della sequela di Gesù. All' accompagnamento si unisce nelle proposte che il Sinodo offre alla Chiesa il cammino del discernimento: chi discerne non giudica tagliando con l' accetta il bene e il male, ma cerca anzitutto di comprendere tutti gli elementi in gioco, di valutarli con l' altro, di illuminarli alla luce della Parola di Dio, che è sempre e soprattutto parola di perdono e di salvezza. Una Chiesa compagna di strada, che spezza il pane della vita con l' altro, soprattutto se questi fatica ad avanzare sotto il peso delle sue sofferenze e delle sue possibili, a volte difficilmente evitabili, contraddizioni. È la Chiesa che quotidianamente incontrano tante donne e uomini che vengono ai nostri confessionali, e che oggi si esprime col volto universale del Papa e dei Vescovi come famiglia che si riconosce amata gratuitamente dal Suo Signore e di questo amore vorrebbe essere testimone per tutti, nessuno escluso. Infine, quella che emerge dal Sinodo di Papa Francesco è la Chiesa dell' integrazione, che non vuole escludere nessuno, trovando uno spazio vitale per tutti, nella varietà dei doni effusi da Dio e delle possibilità concrete delle nostre comunità. Una Chiesa che chiede di far cadere antiche forme di esclusione, dicendo a tutti, specie a chi si sente o pensa di essere fuori di essa a causa della propria situazione di amore ferito o fallito, parole di fiducia, di incoraggiamento, di accoglienza e di misericordia. Così, coloro che sono in situazioni difficili, come ad esempio i battezzati divorziati e risposati civilmente, "sono fratelli e sorelle" nostri, in cui "lo Spirito riversa doni e carismi per il bene di tutti". Essi pertanto "non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo". Al di là di tutte le decisioni pastorali che queste scelte del Sinodo comporteranno, ciò che emerge di bello e di importante è lo stile di una Chiesa fraterna, umile, non dirimpettaia delle fatiche umane, ma solidale con essa e amica di chi soffre. La Chiesa di cui Papa Francesco è immagine viva ed eloquente con la semplicità dei suoi gesti, il calore delle sue parole, la forza irradiante della sua fede e della sua carità.

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"Non vincono gli atei di sinistra, ma la strategia gesuita unita alla tradizione mistica"
La Stampa
(Giacomo Galeazzi)«Tra forti resistenze, Francesco ricompone un’antica disputa». Il filosofo Massimo Cacciari  attribuisce al fondatore dei gesuiti, Sant’Ignazio «questa vittoria al Sinodo». 
Riammissione ai sacramenti caso per caso. Cosa significa? 
«Un nobile compromesso della Compagnia di Gesù. Il Sinodo ha seguito le orme di Sant’Ignazio.  Non è mettersi d’accordo fingendo di ignorare le differenze. È il riconoscimento della complessità  civile ed etica del contesto mondano, con la necessità di accompagnarlo nelle valutazioni. Non è  cedere a principi e comportamenti mondani. È riconoscere la realtà per cambiarla». 
Una strategia «politica»? 
«Sì. Francesco non si confonde con l’etica mondana, ma si colloca all’interno per influenzarla. È la  linea dei gesuiti in Sud America, Cina, India: sempre avversata da reazionari e radicali come  Giansenio e Pascal, per i quali il Vangelo è una spada: o sì o no. In Curia ci sono ostilità di cui si fa  portavoce anche Giuliano Ferrara, contro la presa d’atto delle trasformazioni etiche e  comportamentali. Accusano il Papa di cedimento, di resa al mondo moderno. Non è così». 
Non condivide queste critiche? 
«No. La Chiesa è più complessa della riforma del Senato o della minoranza Pd. Francesco applica la comprensione ignaziana della contemporaneità. Non è tatticismo politico come pensano i suoi  nemici interni: viene dalla grande mistica umanistica. Sant’Ignazio aveva come riferimento Erasmo  da Rotterdam e venerava San Francesco. Bergoglio non ha scelto il nome del santo di Assisi per  arruffianarsi il moderno ecologismo. Sa sciogliere lentamente i nodi, ha una prospettiva di secoli.  La Chiesa termina con la fine dei tempi. Lo scontro emerso al Sinodo è vero, reale, profondo. Non  finirà col Sinodo, non si può prevedere come andrà a finire. La pazienza è virtù raccomandata dai  Padri della Chiesa, insieme a un’obbedienza non passiva e servile, ma consapevole che la Chiesa ha tutto il tempo per formare i fedeli all’ascolto. Si giudica Francesco solo da questa prospettiva». 
Cosa minaccia il pontificato? 
«L’eterogenesi dei fini è un pericolo sempre presente nella storia della Chiesa. Bergoglio deve  affrontare due tipi di ostilità alla sua azione. Un’opposizione reazionaria trova espressione in una  fronda minoritaria destinata all’irrilevanza: sono pezzi di vecchio apparato che provano a boicottare Bergoglio per spirito di conservazione e che sono arroccati in trincee devastate. C’è poi una  resistenza più intelligente che ho riscontrato in dialoghi con alcuni vescovi. Mi dicono che di fatto  la comunione ai divorziati risposati la danno già e che è una prassi diffusa. Però temono di metterla  nero su bianco come se sancire la riammissione ai sacramenti faccia venir meno la sacralità del  matrimonio. Un salto che, per loro, depotenzia un principio se non viene collocato in un adeguato  contesto teologico». 
La dottrina è solo un pretesto? 
«Negare l’Eucarestia ai divorziati risposati non ha un fondamento dogmatico. Si basa sulla  tradizione. Chi non è d’accordo con le aperture di Francesco denota un eccesso di timore e di  prudenza. Ma avere paura è un errore. Al Sinodo si è riproposto un secolare dissidio nella Chiesa.  Francesco è coerentemente un gesuita, nella sua accezione più nobile. Alla fine è riuscito a  trascinare con sé la maggioranza dei padri sinodali.  Ora il Papa è più forte, ma l’esito della partita rimane imprevedibile. Deve diffidare dell’appoggio  laicista di quanti vogliono appropriarsi del Papa per ecologismo o altre battaglie che nulla hanno a  che vedere con la profondità del suo messaggio di fede. Gli atei di sinistra rischiano di provocare al  pontificato di Bergoglio gli stessi danni che gli atei devoti e i tecon hanno causato a quello di  Ratzinger».

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«Risultati concreti. Ha fallito chi voleva danneggiare il Papa»
Corriere della Sera
(P. Conti) Monsignor Enrico Solmi, vescovo di Parma e, fino all’estate scorsa, presidente della  commissione episcopale della Cei per la famiglia e la vita. Che idea di famiglia emerge dal  Sinodo?
«Una famiglia reale, che ha avuto verso la Chiesa molte attese, e chiede di essere ascoltata, non  giudicata, e sostenuta. Si è parlato nel Sinodo di famiglia “tradizionale” ma con un valore semantico nuovo. Non solo la famiglia occidentale, ma anche quella africana, con il tema del matrimonio a  tappe. Le famiglie perseguitate nel Medio Oriente, o quelle orientali che vogliono vedere nel  cristianesimo una tensione morale alta. La Chiesa si è messa in un atteggiamento di ascolto non  giudicante verso la concretezza della vita quotidiana, dei suoi problemi». 
Molti in Italia sostengono che la Chiesa difende un modello sorpassato, quasi irreale di  famiglia. 
«Ritengo di no. Ho alle spalle 15 anni di vita pastorale dedicata a quel tema e per 10 anni ho diretto  un consultorio familiare a Modena. Ho visto situazioni problematiche in cui la realtà supera la  fantasia, e il grande desiderio di famiglia e di figli di molti giovani. Incontro famiglie desiderose di  vita normale. E che chiedono un contesto sociale che le aiuti».
Pensa che le politiche familiari italiane siano insufficienti? 
«La domanda è: come mai nel nostro Paese non riesce a decollare una politica familiare appena  sufficiente ad aiutare le famiglie nel tirare avanti? Perché non si presta attenzione al bisogno di  fecondità di tanti giovani? Siamo in pieno regresso demografico, un fenomeno che ci porterà assai  poco lontano. I modelli di politiche familiari non mancano. Forse è vero che la Chiesa talvolta è  distratta da un modello ideale di famiglia. Ma il suo vivere quotidianamente con la gente la riporta  alla realtà. E pensiamo che ciò che la Chiesa propone sulla famiglia è nelle attese della stragrande  maggioranza degli italiani».
In quanto alle unioni omosessuali?
«Ho incontrato e incontro tante persone con tendenze omosessuali che desiderano vivere insieme.  Occorre grande rispetto e la loro richiesta di diritti va ascoltata perché riguarda la dignità della  persona, magari modificando adeguatamente il codice civile. Ma non è un matrimonio. È un’altra  cosa».
La possibilità di dare la comunione ai divorziati è passata per un solo voto... 
«È diverso. C’è la possibilità di un percorso di discernimento caso per caso. Il quorum dei due terzi  è significativo, frutto di un confronto aperto e trasparente. Tutto ciò mette il Santo Padre nella  condizione di avere una visione realistica del parere dei padri sinodali in vista dell’esortazione  pastorale che ci attendiamo da lui».
Quanto ha pesato nel Sinodo la notizia della falsa malattia del Papa?
«Assolutamente nulla, come altre recenti eclatanti notizie. Il clima è stato sereno. Se l’intenzione  era perturbarlo, quella maldestra operazione non ha funzionato».